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我喜欢中国人 : Milano e la psicosi delle bandiere rosse

13 Aprile 2007

 

Come volevasi dimostrare le trasmissioni televisive e i quotidiani di oggi sono un rullo compressore a senso unico: gli scontri nella Chinatown milanese di giovedì 12 aprile sono un aggressione premeditata all'ordine costituito da parte di immigrati illegali che vogliono sovvertire l'ordine costituito della magnificente capitale economica del paese. Quando Milano ha un problema, quando viene segnata dai conflitti che storicamente le appartengono, dalle frizioni tipiche di un luogo in cui la pressione economica per la sopravvivenza è sempre alta, la scena che gli opinion-wannabe-maker dipingono è sempre la stessa: l'apocalisse, la crisi dell'ordine costituito, l'attacco al senso di ineluttabilità del modo in cui le cose funzionano qui da noi, in Italia

Basta ovviamente spostare leggermente gli occhi dal pensiero unico propagandato con prosopopea di tromboni ovunque per farsi venire più che qualche legittimo dubbio. Con una importante nota: non stiamo parlando di una rivolta proletaria, nonostante il terrore che l'esposizione delle bandiere della Repubblica Popolare Cinese ha evocato in tutti i benpensanti milanesi, ma dell'esplosione della frustrazione di una comunità fortemente conservatrice, fortemente "borghese", anche se vorrebbero farci credere il contrario per accorpare il mostro immigrato al mostro economicamente subalterno e "rivoluzionario".

I cinesi si sono iniziati a stabilire a milano sin dai lontani anni Venti, e la zona di Paolo Sarpi è stato sempre l'epicentro di questa comunità. In quella zona i cittadini cinesi si sono comprati a suon di centinaia di migliaia di euro i negozi e gli appartamenti della zona, hanno pagato le loro licenze (anche per la vendita all'ingrosso), hanno pagato le loro mazzette ai vigili urbani. Ora, in assenza di cose più utili da fare, Letizia Moratti (che traghetta la destra nel suo quattordicesimo anno di governo nella metropoli) ha ben pensato di invocare "la legge uguale per tutti" e di decidere arbitrariamente che via Paolo Sarpi è l'unico posto a Milano dove il trasporto su carrello delle merci è proibito. La legittimità di una misura discriminante di questo tipo è più che dubbia, il fatto che si inserisca nella battaglia per misure legali uguale per tutti è assolutamente escluso. 

Ma non basta: non solo la Moratti predica uguaglianza di fronte alla legalità e poi pratica il contrario, ma ovviamente l'applicazione della cosa è totalmente a senso unico. Gli italiani continuano a scaricare le bibite per i bar della zona con il loro carrellino, mentre i cinesi non possono farlo. Vorrei capire dove sta la differenza tra uno e l'altro, e vorrei capire perché in corso Vittorio Emanuele posso girare con un carrellino e in via Paolo Sarpi no. 

Come se non bastasse, il Fuhrer cittadino ha deciso bene di proporre Paolo Sarpi come prossima zona pedonale. I motivi di questa scelta sono quanto meno nebulosi, dato che Paolo Sarpi non è una zona ricca di attrazioni turistiche o di altro. Se è per facilitare lo shopping, allora dovrebbe proporre la stessa cosa anche in corso Buenos Aires, ma ho il sospetto che non se lo possa permettere (proprio in termini di viabilità, prima ancora che di "economie locali"). 

Se confrontiamo tutte queste misure alle proteste che le hanno generate ("non riesco a camminare sui marciapiedi che sono troppo stretti" [come se non bastasse allargare i marciapiedi]; "non ci sono più negozi italiani" [come se i negozi si fossero venduti da soli]) ci risulta un po' fuori misura il tutto. Se poi sommiamo l'ultima illuminante proposta della destra i dubbi diventano anche peggiori: perché la proposta formale della Moratti è  "delocalizzare i cinesi", tradotto in parole povere deportare le persone che hanno comprato a caro prezzo case e negozi, alimentando i nuovi borghesucci milanesi, in periferia.

Pensare che io credevo che la Moratti fosse liberista, ma deve essere un vizio dei liberisti nostrani quello di invocare il libero mercato e poi gettarsi nel protezionismo più becero e nel controllo della produzione e del territorio come neanche la fu Unione Sovietica si sarebbe azzardata a fare.  Quello che mi chiedo è perché nessuno noti questa lievissima idiosincrasia.

Ieri sera alle 18.30 via Paolo Sarpi era ancora completamente militarizzata, con gli elementi più grossi, pelati e violenti del III Reparto Mobile schierati a guardare in cagnesco i cinesi che ancora tenevano chiuse tutte le saracinesche. Verso le 21.30 sono andato nel mio ristorante di fiducia, il Long Chang, (a pari merito con il Ju Bin che da vero ras del quartiere non ha neanche lontanamente pensato di tenere chiuso sfidando gli sguardi dei solerti tutori dell'ordine), e poi più tardi sono passato dal mio bar di cinesi di fiducia in quartiere Isola. Alla mia curiosità mi hanno risposto nello stesso modo (faccio una compilation): "la gente ha fatto debiti per duecento mila euro, ha una famiglia da mantenere, perché non può lavorare?"; "se non volevano i cinesi, non accettavano i soldi e non ci vendevano il negozio"; "la legge è uguale per tutti, e allora perché gli italiani possono scaricare come vogliono e io invece no?"

Molte domande per i cinesi di Milano, ma se le traduciamo sono le stesse domande che un po' tutti dovrebbero farsi sulla morale e la giustizia a corrente alternata che caratterizza da sempre il governo destro cittadino, la logica del double standard che protegge i cazzi miei a scapito dei cazzi degli altri, senza soluzione di continuità e dietro il paravento del mostro che mette in pericolo l'ordine sociale, la legalità e la sicurezza. Con la collezione di danni e scontri che in 15 anni ha raccolto la destra a Milano, chiunque con un po' di dignità si sarebbe ritirato, mentre nella illuminata metropoli gli specchietti per le allodole della necessità di 500 poliziotti, di maggiori controlli, di maggiore rigore, di maggiore questo e quello, funzionano perfettametne nel distrarre menti troppo poco allenate a ragionare e troppo spesso abituate ad obbedire.

 

  1. 13 Aprile 2007 a 12:52 | #1

    Nero, l’epicentro storico della chinatown era via canonica, via sarpi è molto più recente. A parte questo, che è una sottigliezza, sono “divertenti” le reazioni dei commercianti italiani (almeno di alcuni): sul corriere di oggi il proprietario della trattoria La veneta si lamenta che negli ultimi due anni il fatturato gli si è abbassato del 40%. La colpa è ovviamente dei cinesi, non del fatto che, probabilmente, ha aumentato i prezzi con la scusa dell’euro. E la dimostrazione sono negozi storici come le cantine isola o la salumeria poco più avanti, sempre strapieni.
    La tesi della premeditazione, poi, è patetica: cazzo le fanno li le bandiere! Sarei più propenso a credere nella premeidtazione della celere (del tipo: prima o poi succederà qualcosa, noi teniamoci pronti). Però, questa cazzata della chisura di paolo sarpi, la chisura dei phone center, i prezzi degli immobili potrebbero portare a risvolti imprevisti e interessanti nella Città del Design…

  2. Teo
    13 Aprile 2007 a 13:01 | #2

    Complimenti per quello che hai scritto. Questa volta condivido in pieno 🙂

  3. 13 Aprile 2007 a 14:47 | #3

    Mi sono permesso di riprendere il tuo pezzo su http://www.ilprimoamore.com.
    Spero non ti dispiaccia (in caso contrario fammi sapere).
    ciao,

    Sergio

  4. downwind
    14 Aprile 2007 a 9:06 | #4

    L’unico punto in cui non sono d’accordo e’ quando dici che nessuno ha rilevato quella leggerissima idiosincrasia.
    Era ben piu’ che evidente! Ma forse hai ragione tu: ho letto parecchi commenti e mi sono vergognato di essere italiano; un italiano all’estero, che ha sposato una cinese, e che non ce l’ha fatta a vivere a Milano.

    Complimenti per l’articolo. Visto che hai amici cinesi, fatti raccontare un po’ di angherie a cui sono sottoposti. Ne potrei raccontare tantissime.

    Una fra tante: mia moglie, come tutte le belle ragazze cinesi, non ama prendere il sole e nelle giornate in cui e’ proprio a picco, esce con l’ombrellino.
    La cosa e’ stata fatta notare sia a me sia ai miei genitori: “La moglie di suo figlio non si integra”, “Non siamo mica in Cina” e tutto il resto.

    Mi piacerebbe fare una lista di tutto questo, ma sarebbe troppo lunga, e non so nemmeno se hai la possibilita’ di leggermi.

    Grazie di pensare

  5. tucz
    14 Aprile 2007 a 9:49 | #5

    ma finalmente che si fa una multa ai cinesi. ma diobono. c’hanno le colture di pesci nei sottoscala, sono commercianti borghesucci arricchiti per lo piu’ del peggior tipo, di quelli che se fossero italiani faresti la scritta “infame” sulla saracinesca, che sfruttano i loro compatrioti rinchiudendoli per 20 ore nel sottoscala affianco a quello dei pesci per qualche dollaro in piu’, che ci faranno con le bandiere rosse proprio non lo so, ma veramente non vi sembra premeditato tutto cio’ con lo striscione gia’ pronto nel sottoscala appena cucito dai compatrioti sfruttati che se son bianchi e perche’ non li e’ permesso vedere la luce del giorno, come i pesci affianco.
    non muoiono mai, non finiscono mai in un cpt, non finiscono mai.
    non e’ sempre meglio poi un’isola pedonale in piu’? che carico scarico tutti i giorni, prova a bloccargli il traffico con una bici e vedi come ti reagiscono.
    mediamente, ovviamente.
    Si sono comprati negozi e case buttando fuori l’altro piccolo immigrato che magari a malapena riusciva a pagare l’affitto.

    cioe’ so stronzi,mediamente, piu’ o meno come l’italiani, e non sono una minoranza.

  6. giuliomozzi
    15 Aprile 2007 a 1:52 | #6

    Leggo: “Come volevasi dimostrare le trasmissioni televisive e i quotidiani di oggi sono un rullo compressore a senso unico: gli scontri nella Chinatown milanese di giovedì 12 aprile sono un aggressione premeditata all’ordine costituito da parte di immigrati illegali”. Non so le trasmissioni televisive, ma nessuno dei quotidiani che ho letti in questi giorni (“Corriere della sera” – non ho vista la cronaca di Milano, ma solo la parte generale – , “Il Foglio”, “il manifesto”) parla di qualcosa che somigli a una “aggressione premeditata all’ordine costituito da parte di immigrati illegali”. Così mi sembra.

  7. nero
    15 Aprile 2007 a 9:49 | #7

    beh, giulio, si vede che non leggi né il corriere (l’editoriale del giorno dopo è di un razzismo inaccettabile), libero (“perché hanno fatto bene a reprimerli – a manganellate”), repubblica, e via dicendo.
    Si sono salvati solo Luca Fazio sul Manifesto (incredibile, non ci avrei scommesso mille lire) e Colaprico.

    Dai loro articoli non si parla d’altro che di: illegalità (ma tutti questi hanno le licenze per l’ingrosso date dallo stesso comune), extraterritorialità, pericolo per l’identità della città e del territorio, ecc ecc… il melting pot pare vada bene solo se è pulitino pulitino

  8. nero
    15 Aprile 2007 a 9:54 | #8

    Attenzione, tucz: io non mi sono mai sognato di difendere il modello sociale dell’enclave cinese. Il dito lo sto puntando contro chi si straccia le vesti e grida allo scandalo e all’intervento repressivo solo per difendere particolarissimi interessi con scuse inaccettabili.
    Se trasformassero tutto il centro di milano in un’area pedonale con zone di scambio, obbligando tutti a comportarsi in maniera civile, non avrei nulla da ridire. Cosi’ come se facessero una bella ispezione negli scantinati cinesi insieme a tutte le aziende del circondario milanese in cui i contratti degli operai sono diventati 11 co.co.pro in due anni.

    Quello che mi infastidisce e per cui questa protesta mi pare interessante (oltre che per la dinamica di comunicazione sociale che i cinesi intuitivamente dimostrano) è il senso di giustizia a corrente alternata, la presa di parola e azione solo quando fa comodo a qualcuno che potrebbe votarti. E’ un metodo strisciante e ipocrita tipico della cultura di cui questi anni sono impregnati…

    mi sono spiegato meglio ? 🙂

  9. Kundo
    16 Aprile 2007 a 22:03 | #9

    Sono giorni che nei post e nei commenti parlate di licenze per la vendita all’ingrosso: qualcuno riesce a darmene una definizione esatta non mi risulta che esista….
    Grazie

  10. nero
    16 Aprile 2007 a 22:27 | #10

    io circa la questione commerciale riporto quanto ho desunto dai quotidiani e dalle letture incrociate. come tu ben sai di commercio e tasse non ne capisco un cazzo, ma magari potresti illuminarci: sicuramente i negozi che operano in sarpi godono di normalissime licenze e sono “legali” (ovviamente si escludono i laboratori in cantina et similia).

    a ben rivedere anche la Moratti e soci parlano di licenze per l’ingrosso, per cui magari potrebbero spiegarmelo anche loro che cazzo sono….

  11. Kundo
    16 Aprile 2007 a 23:12 | #11

    Buona parte delle licenze sono state soppresse anni fa e per determinate attività oggi bastano solo comunicazioni…. solitamente quindi è errato parlare di licenza… certo poi la cosa va esaminata caso per caso.
    Ad esempio per il posto che tu sai e maldestramente frequenti necessita di alcune autorizzazioni in più che, ad esempio, il commercio all’ingroso di chincaglieri importate dalla Cina.
    (preciso per tutto che stiamo semplificando per ovvi motivi)
    Buona giornata a todos

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