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Il Nuovo Moderno

15 Aprile 2008

Visto che un’opinione sulle elezioni la danno tutti, ho pensato di poter parlare anche io. D’altronde nonostante ormai non vada a votare da almeno tre legislature (forse quattro non ricordo) ciò non significa che io sia indifferente alle mutazioni del panorama politico complessivo, come non lo dovrebbe essere chiunque decida di fare della politica un punto di vista rilevante nella propria vita.
Non è difficile fare una valutazione complessiva di queste elezioni, e onestamente sono andate esattamente come mi aspettavo, salvo per quanto riguarda la Lega, di cui non prevedevo un exploit così clamoroso, con il senno di poi per nulla difficile da interpretare. Come molti quotidiani hanno titolato, queste elezioni fanno da battistrada alla Terza Repubblica, e non tanto per il leit motif del "bipolarismo" quanto per l’intervento sollecito e immediato che il centro-destra predisporrà a livello istituzionale, riforma costituzionale in primis – d’altronde dopo aver concluso una rivoluzione culturale rispetto all’eredità post-bellica, è tempo per Fini-Berlusconi-Bossi di attaccare il cuore dello Stato, l’ultimo barlume di speranza che ci era rimasto, la Costituzione (e non è un caso che anche un senza legge né dio come il sottoscritto provi per quel documento ormai da tutti considerato vetusto un certo rispetto e una certa ammirazione).

Questo dimostra ancora di più il vero dato politico di queste elezioni: la scarsità e la miopia della classe politica del centro-sinistra e della sinistra. E adesso vi spiego perché. Partiamo dalle fucilate sulla croce rossa, che alla fine sono anche la cosa più divertente: la cosiddetta sinistra radicale, rinominata Sinistra Arcobaleno paga un pegno durissimo, riuscendo nel poco invidiabile record di farsi escludere dal Parlamento per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana, un primato che sono convinto si sarebbero tutti risparmiati volentieri. Il risultato era facilmente prevedibile, e in politica più che i proclami conta la capacità di leggere realtà e dinamiche in atto: è su questa incapacità di lettura tattica e di visione strategica che la sinistra italiana paga dazio, ed è per questo che il dito va puntato contro la sua classe dirigente. Inutile prendersela con "la gente", quella è quello che è, ovvero, soprattutto in Italia, un branco di becere pecore tendenzialmente reazionarie. Lo è sempre stato, e lo sarà ancora di più.
In particolare due cose erano evidenti a tutti (tranne che ai leader della Sinistra Arcobaleno evidentemente): qualcuno avrebbe preso la colpa del poco soddisfacente governo Prodi – il PD – ma a Bertinotti & Co nessuno avrebbe tolto il marchio di coprofago per antonomasia. Ovvero: dopo due anni passati a ingoiare di tutto pur di restare in sella a un governo impopolare, nessuno ha più creduto ai proclami bolsi di alternativa dietro cui si è voluto celare il progetto inesistente della Sinistra Arcobaleno. Forse per renderlo più credibile si sarebbero dovuti buttare a mare tutti i soggetti con un ruolo nel vecchio governo, cercando di sostanziare la promessa di "nuovo" con delle figure reali. E poi era ovvio che la tendenza fosse quella al bipartitismo conclamato: in politica i concetti di giusto e sbagliato, di vero e falso, sono del tutto relativi. Chiaramente non è vero che il bipartitismo è un sistema "migliore" o "più moderno" della presenza di una decina di partiti in grado di formare alleanze variabili, ma è diventato vero grazie al lavoro di martellamento mediatico e "opinionistico" a cui si sono prestati tutti. Mi direte che con il principale beneficiario di questo cambiamento proprietario delle principali televisioni, delle principali radio e editore dei principali quotidiani la cosa era scontata, ma proprio per questo bisognava capire che non si poteva non tenere in considerazione questa svolta. Il PD per dire l’ha capito, e l’ha cavalcato, e il 7% che manca alla Sinistra Arcobaleno si è distribuito tra astensionisti e votanti con il naso turato alla formazione veltroniana. Su questo punto non c’era ritorno possibile, la Sinistra Arcobaleno lo doveva sapere, e doveva agire di conseguenza: una volta coprofago, per sempre coprofago. Tanto valeva infilarsi nel PD e garantirsi una posizione di "corrente occulta interna" con nomi nuovi (che Veltroni e D’Alema non sono deficienti e altrimenti lo capivano subito il giochino): il modello realistico per la sinistra in Italia, in queste condizioni storiche era solo quello del Partito Laburista, a meno di scegliere di fare opposizione sociale – come si diceva un tempo – fuori dal Parlamento e nelle strade, ma la sensazione che emanava dal progetto della Sinistra Arcobaleno era del tutto opposta a questa. Ripeto: non è il modello che mi piace, o che auspico, ma l’unico modello che avrebbe consentito a una sinistra più "genuina" di accedere al Parlamento e di contare qualcosa nell’arena del saccheggio costituzionale a cui assisteremo.
Dal punto di vista di quelli come me la sconfitta della Sinistra Arcobaleno è cinicamente un grande successo: un tot di gente dovrà tornare a sgobbare e conoscere cosa vuol dire lavorare, nonché accettare di tornare sulla terra e prendere i calci in culo che merita. Inoltre un tot di risorse umane si renderanno disponibili di nuovo per fare agitazione sul territorio, e la vittoria della Lega, in grado di strappare la base alla sinistra storica è un segnale di quanto questo percorso sia obbligato per i rimasugli della sinistra italiana. Anche qui però i limiti di visione della classe dirigente sinistrorsa sono evidenti. Tutti sanno, Marx incluso, che i lavoratori quando si stringe la cinghia diventano reazionari, protezionisti, beceri e xenofobi (intendendo con xeno qualcosa di più che lo straniero, ma qualsiasi cosa che non sia un vantaggio per la propria sopravvivenza). All’opera nelle classi più umili italiane ma non solo ci sono sempre due forze: il darwinismo e la cultura sociale. Il primo banalmente spinge le persone a cercare un vantaggio per sopravvivere, a spese di chicchessia; il secondo rappresenta la forza contrapposta, quella che dovrebbe arginare la giungla della guerra fra poveri. Se non si è in grado di intercettare il primo e di impostare correttamente il secondo, si perde, e si consegnano milioni di persone al populismo becero e facilone del mors tua vita mea. Inutile dire che i recettori di tutto questo sono i leghisti, e inutile farsi venire voglia di prendere a pugni il prossimo: se vuoi fare politica di palazzo devi convincerlo, non picchiarlo (il contrario è vero per altri e più bui tempi).

Certo il PD non è stato scevro da errori di valutazione, ma io resto convinto che la sconfitta sia per Veltroni & Co una ritirata strategica, scelta a ragion veduta: sapevano che qualcuno lo scotto di un governo prodiano che si è concentrato sulle misure economiche – non per senso dello Stato ma per la necessità di rispondere agli unici sponsor credibili che ha avuto, la Confindustria allergica al berlusconismo scarsamente liberista e le banche – a scapito del necessario intervento su un livello istituzionale l’avrebbe pagato. Tutti i partecipanti del governo Prodi pagheranno carissimo questo errore di priorità, e purtroppo il cinismo di una parte prodiana (quella confluita nel PD) e la miopia di un’altra (quella che si è travasata nella Sinistra Arcobaleno) lo pagheremo caro noi, intendendo con noi quelli che ancora sperano in un modello di società improntato ad altri e più alti principi come la solidarietà, il rispetto, la condivisione delle risorse.
Veltroni aveva due obiettivi: primariamente spazzare via la sinistra e levarsi di torno un branco di incapaci e di "zavorre"; secondariamente sfondare al centro. Primo obiettivo centrato in pieno, grazie alla collaborazione della stupidità arcobaleno. Secondo obiettivo rimandato. Diversamente da me, Uolter ha come modello il Partito Democratico, è un figlio della borghesia e vuole solamente un modello di società dei ricchi dal volto buono, non un modello di società realmente egualitario. Dal suo punto di vista si è mosso bene, stava a quelli come noi mettergli i bastoni tra le ruote. Ha fatto piazza pultia della sinistra, riuscendo a farla uscire dal Parlamente dopo 60 anni e facendo gridare di gioia Feltri, Fini e compagnia cantante. Non è un caso che siano loro a ringraziarlo più sentitamente, perchè essendo più capaci politicamente della sinistra italiana si rendono conto che questo apre realmente a quella che viene già battezzata la Terza Repubblica, che al contrario della Seconda Repubblica sarà fondata su un vero e proprio smottamento dei principi fondanti dello Stato Repubblicano Italiano.
Infatti Veltroni e Berlusconi si sono dati subito segnali di reciproca disponibilità ad affrontare il nodo cruciale: riforma della Costituzione, riforma della legge elettorale (in realtà una volta spazzata via la sinistra va bene pure questa e ieri in tv si sono affrettati a dirlo smentendo le strali che avevano sparso in tutto il periodo pre election day), consolidamento dello status quo bipartitico per evitare recuperi a cavallo del discontento prossimo venturo – che il governo dovrà sucarsi necessariamente considerata la crisi economica da tempo conclamata e ormai priva di qualsiasi prospettiva di palliativi. Per entrambi non è un problema lasciare temporaneamente il governo al proprio opposto, ma solo a patto che il sistema preveda solo due possibilità: riformisti democratici e liberali moderni, nuove etichette per moderati e reazionari, gli uni o gli altri, e nessun’altro a spartirsi la torta. Tanto su economia e sicurezza di ricette alternative, di visioni, non ce ne sono, e infatti i due schieramenti sono praticamente identici. Sul resto, sui diritti civili c’e’ margine di intervento, ma su quello c’e’ scarsa voglia di costruire ipotesi di società contrapposte e alternative. E quindi alla fine, uno o l’altro le ricette quelle saranno, con buona pace di chi vorrebbe un mondo diverso da quello in cui vive.

Il cinismo veltroniano e la stupidità sinistrorsa la pagheremo cara noi: pagheremo carissima la scelta di non fare le tre cose fondamentali per la nostra democrazia appena insediati al governo nel 2006, riforma elettorale, riforma costituzionale (con la sinistra protagonista più o meno) e conflitto di interessi. E il PD nonostante abbia portato a casa una mezza vittoria con il successo dell’operazione di ritirata strategica, avrebbe potuto raccogliere di più se ci avesse pensato per tempo: non era necessario perdere per sperare di vincere tra cinque anni, lasciando tutto in mano a Berlusconi. Si poteva evitare, e si poteva evitare di lasciare il Paese alla rappresentazione che il resto del mondo fa dell’Italia come un pezzetto di terzo mondo incastrato in Europa. Risolvendo il conflitto di interessi però non sarebbe stato possibile convincere tutti del pensiero unico del bipartitismo come luminoso futuro ormai prossimo, oliato da sapienti artisti della parola e dell’opinione. Risolvendo la questione istituzionale si sarebbe dovuto accettare che in democrazia esistono anche persone che non la pensano secondo i due pensieri dominanti e che la politica è fatta di compromessi e battaglie continue per spostare la definizione del reale. Inoltre si sarebbe dovuto accettare che i principi fondanti della costituzione, radicati nella Resistenza e nella cultura operaia, non venissero toccati, ma solo aggiornati a una loro definizione più al passo con i tempi. Avrebbe significato in pratica assecondare la propria storia politica e una base sociale possibile a tutto sfavore dei propri sponsor (banche e confindustria), cioè scegliere un’idea e non il potere. Ma va da sé che chi sta nei palazzi questa scelta l’ha già fatta da tempo, e in direzione opposta a quella che ho fatto io.

Ci aspettano certamente tempi bui, tempi violenti, barbari, corrotti, falsi e ipocriti, tempi di prepotenze con i deboli e di acquiescenza con i forti. Ma sono i tempi moderni che abbiamo scelto, e che forse il Paese e la sua popolazione meritano, con l’unica magrissima consolazione che in una montagna di merda un fiore per quanto poco significativo e visibile, è sempre molto apprezzato.

à la prochaine 

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  1. massi508
    15 Aprile 2008 a 18:43 | #1

    cazzo, sei anche riuscito a metterci dell’ottimismo…
    bravo!

  2. Kundo
    15 Aprile 2008 a 18:58 | #2

    Hai ragione… è necessario cambiare tenendo saldi i valori degli italiani… farò la tessera di forza italia!

    K

  3. milingo
    15 Aprile 2008 a 21:37 | #3

    la temuta riforma costituzionale e il bipolarismo sono gli unici motivi che mi hanno portato a votare e ora che il mio voto è stato del tutto ininfluente mi sento sinceramente sollevato, un po’ come dopo aver letto la prima pagina del manifesto di questa mattina.
    finiti gli equivoci, finalmente mani e teste libere.

  4. milingo
    15 Aprile 2008 a 21:57 | #4

    la crisi della sinistra è vecchia di almeno 15 anni, ma i vertici hanno preferito preservare Berlusconi per non mettere in discussione loro stessi, questi sono i risultati.
    non ritengo l’italia un paese di destra, ma vecchio anagraficamente e reazionario sì.
    la differenza è determinata dal 10-15% della popolazione e in questo senso mi sento confortato, dovrei solo trovare la forza di alzarmi dal divano, se non per manifestazioni buone solo a ricordare quando la televisione era in bianco e nero..
    May Day esclusa 😉

  5. ppn
    16 Aprile 2008 a 13:00 | #5

    Condivido in tutto e per tutto l’analisi che fai.

    Sono tre le cose che sto facendo per attrezzarmi al futuro:

    – ho iniziato un corso di speleologia
    – mi sto organizzado per qualche ora al poligono
    – sto studiandomi bene le mete più interessanti della Basilicata

    …fai i tuoi conti…!

  6. montalbano
    16 Aprile 2008 a 16:23 | #6

    bravo nero….finiremo tutti spennati come le galline dalla volpe ingorda…..pensa le galline che gli hanno dato pure il voto…… io almeno sono in quelli che si sono turati il naso e votato pd ciao Fulvio

  7. Paolo
    16 Aprile 2008 a 17:25 | #7

    Non voti, non partecipi, e pretendi di insegnare agli altri cosa avrebbero dovuto fare. Non male come presunzione. Lo trovo nel complesso un po’ contradditorio.

  8. nero
    16 Aprile 2008 a 17:45 | #8

    hai capito perfettamente: non voto, che non vuol dire che non partecipo. E’ una cosa che hanno inculcato nel cervello forse a te (come a molti altri) che l’unica forma di partecipazione politica e’ il voto. Per me non e’ che l’ultima. Se non costruisco nulla e non ragiono politicamente, di votare me ne faccio poco e nulla. Tornerò a votare quando ci sarà una formazione che non dico la vede esattamente come me, ma che almeno mi convinca di avere un progetto che posso condividere.
    Ciò non toglie che quello che accade intorno a me coinvolge anche me e ci posso ragionare. E insegnare agli altri non era la mia intenzione, magari mostrare loro un punto di vista per me evidente ma che per loro non lo è. Tanto che oggi su liberazione infatti rifcom per bocca di anubi (con cui ci conosciamo bene e quindi so che non si offende 🙂 delirava che il buon risultato nelle amministrative di massa e viareggio dice che l’avventura della sinistra arcobaleno in realtà non è andata poi così male. Insomma, mi pare che essere ciechi vada bene, ma prendersi in giro sia eccessivo.

    Cmq, grazie per il tuo commento, così mi hai dato l’occasione di rispondere a una delle critiche più tipiche a chi sceglie di non votare (che è diverso da non votare per qualunquismo imperante). Del resto sulle cose che ho scritto mi pare che non hai manco mezzo argomento da proporre, quindi a parte usarti come escamotage per aggiungere un pezzo di ragionamento non saprei che fare.

    ciao

  9. 17 Aprile 2008 a 11:22 | #9

    Complimenti per l’analisi approfondita, condivido il giudizio sulla costituzione che è davvero bellissima! (ndr Intervista Giacomo Faenza su precaria.org) aggiungo opinione su esito elettorale di Beppe Grillo meglio un nemico vero (riferendosi al berlusca) che un falso amico (veltrons e mortadella prima) Certo gli scenari sono piuttosto tetri, ma del resto come si poteva pretendere qualcosa di diverso quando la casta come una monarchia decide e il popolino sta a guardare?

  10. ppn
    18 Aprile 2008 a 10:11 | #10

    Basterebbe smetterla con la logica del “meno peggio”, da entrambe le parti. Sì, perchè, lo rendo noto ai più incalliti sulle barricate, anche nell’altra trincea molti si turano il naso sapendo di turarselo.
    Per la solita stronza logica che il voto è un diritto e meglio votare Silvio/Prodi/Veltroni che votare Prodi/Veltroni/Silvio.

    Perciò almeno a questa casta diamole il concorso di colpa, perchè senza appoggiarsi a una base di zombi di strada non ne farebbe…

  11. i.
    20 Aprile 2008 a 10:39 | #11

    Visto che secondo te “la gente” e’ “un branco di becere pecore tendenzialmente reazionarie”, cosa impedisce di sentirsi un’elite e di approfittarsi a propria volta di questa condizione? In ogni caso, se cosi’ fosse, bisognerebbe auspicare un sistema politico quanto piu’ distante dalla democrazia (diretta), no?
    O ritieni che questa natura pecoreccia sia piu’ la conseguenza, che non la causa, della condizione politica?
    In questo caso il paradigma sarebbe, mi pare, quello ben noto (e, ahime’ piuttosto paternalistico e storicamente non molto fortunato) dell’acquisizione del potere inizialmente “contro” le masse (per “il loro bene”), e della successiva collaborazione quando “avranno acquisito coscienza”.
    O sei piu’ per una sorta di “esodo”?

  12. nero
    20 Aprile 2008 a 11:29 | #12

    L’argomento è intrigante, proprio per la sua paradossalità. Devo dire che l’affermazione nel post è più dovuta alla frustrazione della percezione delle persone che mi circondano che non a un’impostazione ideologica.
    Da quando ho iniziato a fare politica sono sempre stato un convinto assertore dell’inutilità delle avanguardie, per cui non mi smentirò certo adesso. Io sono convinto che le persone si possano convincere ad agire in modo diverso e possano essere coinvolte in modelli societari differenti da quelli dominanti, altrimenti non avrei fatto tutto quello che ho fatto nella mia vita. E’ altrettanto vero che il mio cinismo e’ sempre più rampante e quindi faccio fatica ad auto-convincermi dell’attualità di questa mia posizione.
    Quando ero più piccolo la teoria dell’esodo esercitava un certo fascino su di me, ma devo dire che crescendo l’ho trovata un po’ puerile e narcisistica.
    Penso che il paradosso possa essere risolto solo ammettendo che non in tutte le condizioni storiche l’operazione di coinvolgimento delle masse in modelli societari diversi ha la stessa possibilità di riuscita, e che l’operazione coinvolge anche un gioco di rapporti di forza tra chi lavora in direzioni differenti.

    Tradotto: io penso che il lavoro di base all’interno delle “masse” come le definisci tu, alla ricerca di soggettività affini e potenzialmente portatrici di forza sociale e di modelli alternativi sia l’unica possibilità. Senza paternalismo e senza idealismo, con la consapevolezza che il lavoro di cui sopra è un lavoro sporco e pieno di difficili compromessi.

    Non ho una ricetta facile. In ogni caso il mio post era teso a evidenziare una condizione non a sottolineare grandi prospettive strategiche. Era anche mirato a una critica dell’operato di chi crede nella logica della rappresentanza parlamentare come unica o principale forma della politica, e che di conseguenza dovrebbe strutturare le sue strategie per massimizzare la sua efficacia in questo ambito. NOn era mirato a tracciare un piano strategico per come faccio IO politica.

    Penso che in questo momento bisogna stare a guardare cosa succede e inserirsi (o reinserirsi) nel tessuto sociale. Da lì in poi c’è tutto da cogliere e da costruire, o da convincersi della sconfitta finale 🙂

  13. Giangaleazzo
    29 Aprile 2008 a 12:54 | #13

    hanno vinto e continuano a farlo perché dall’altra parte c’é il vuoto spinto.
    in assenza di idee è ovvio che la gente voti per le uniche che si trova sul campo.
    come si fa a votare rutelli? o un veltroni-prodi?

    sul fatto che avremmo potuto mangiarceli quando volevamo (altro post) è un falso storico. in quanto avremmo voluto ma non lo abbiamo fatto.

    loro hanno continuato a ragionare ad organizzarsi attorno ad idee politiche, non a chiacchiere e ignavia.
    pratiche che la sinistra tutta ha preferito abbandonare da anni,
    rifugiandosi o nel nulla o nel migliore dei casi in qualche ghetto intellettuale.

    e non mi riferisco solo a quella parlamentare, ma anche a quella extra, anche a quella di chi non vota, ma poi alla fine qualcosa gli frega comunque.

    divisi fra diversità minime, si è smesso di parlare alla gente rifiutando strumenti e linguaggi ad essi comprensibili, spesso in nome a cinismo e autoreferenzialità che ora stanno dando i loro frutti

    la destra questo non ha mai smesso di farlo, e la destra sociale non e’ becera come alcuni vorrebberlo liquidarla superficialmente

    ora l’egemonia fascista da culturale è diventata anche politica, era solo questione di tempo

    mi chiedo a sinistra da dove si voglia ripartire
    dai partiti? da Marx? dall’operaismo? o da HilaryClinton?

    il panorama è ancora peggiore perché nella maggioranza della sinistra sembra non si senta nemmeno il bisogno di ricominciare

    pensieri sparsi
    per gente sparsa

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