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Memoria a ostacoli: 62esimo anniversario della Liberazione

26 Aprile 2007

 

Da quando sono nato sono stato abituato al fatto che il 25 aprile è un giorno speciale. I miei non sono questo mostro di impegno sociale (mia madre già qualcosa di più di mio padre), ma il 25 aprile è sempre stato un giorno che mi è appartenuto, e penso che le canzoni partigiane sono una delle poche cose che mi muove a commozione. Con il passare degli anni, l'esercizio della memoria, della più pura e semplice delle attività, quella di ripercorrere con il pensiero alcuni eventi e di riflettervi, è diventata sempre più ardua, nell'impetuoso mare del revisionismo, delle scuse non richieste, della riconciliazione a tutti i costi nel nome di una misurata farsa democratica che mi fa vomitare.

Da ormai alcuni anni a questa parte il mio 25 aprile comincia con il rito più intimo e significativo del giro delle lapidi dedicate ai partigiani in quartiere Isola: un gruppo via via più sparuto (ogni anno si perdono almeno 2-3 persone) fa un giro in macchina (già una cosa sfigata di suo, ma comprensibile considerata l'età media di 70 anni) a deporre le corone di alloro con il tricolore dell'ANPI e del Comune, presso una ventina di lapidi divise tra la zona di Lagosta, Centrale, Gioia. Il giro è molto intimo, e assolve perfettamente il compito di riconciliarti con un pezzo di storia che non hai vissuto direttamente ma che senti sulla tua pelle come qualcosa di vivo. Una sensazione evidentemente sempre meno diffusa.

Pensavo che avremmo raggiunto il minimo storico di questi giri di lapide due o tre anni fa quando ci litigammo la lapide in piazza Clotilde con un altro gruppo di persone, ma oggi quando in via Confalonieri, durante il giro delle lapidi del 25 aprile, i vecchietti del PSI hanno voluto mettere anche una corona sotto la targa dedicata a Bettino Craxi, quasi finisce in rissa. D'altronde di questi tempi mettere sullo stesso piano chi si è fatto ammazzare per cacciare i fascisti e chi ha rubato i soldi di metà della popolazione per poi morire in piena crisi di vittimismo dopo essere scappato dall'Italia ad Hammamet, è proprio il minimo del revisionismo che si possa accettare. Dopo un po' di insulti a mezza voce, il primo ostacolo è saltato.

Dopo 100 metri secondo ostacolo: il monumento ai caduti della Resistenza vicino a Largo De Benedetti è chiuso nelle lamiere del cantiere di Garibaldi Repubblica. Per poter mettere le DUE corone devo: scavalcare la recinzione del cantiere, scalare un impalcatura, appendermi al monumento e finalmente appoggiare le corone. Poi dopo questo improvvisato e provvido parkour, posso scendere e tornare alla macchina e ripartire per le ultime lapidi.

Uno pensa che per ricordare una cosa che dovrebbe essere nel dna di tutti, io abbia gia' fatto abbastanza fatica. Ma no.

Vado a Bergamo per il pranzo del 25 aprile. Quando arrivo a Dalmine (l'uscita per il Paci Paciana) scopro che fino al 6 maggio è chiusa in arrivo da Milano. Ok. Esco a quella dopo. Mi faccio 15 minuti di coda al casello per rientrare in autostrada, tornare indietro 5 km, pagare 30 centesimi e finalmente arrivare al Paci. Dove però il pranzo è in ritardo di due ore. Meno male che mi vogliono bene e mi danno da mangiare in anticipo di straforo (raga' mi sono dimenticato di lasciare la sottoscrizione, che pezzente!).

Torno a Milano per l'inizio del corteo. Decido di ascoltare Radio Popolare. La tesi della radio è che la nascita del partito democratico sia il motivo fondante di rinnovata partecipazione al 25 aprile. Una tesi bislacca, ma che nella ressa di puttanate che sentiamo e leggiamo tutti i giorni non fa una grinza. Se non che tutti gli intervistati danno addosso al governo e alla mancanza di memoria storica, e affermano di essere al corteo per i motivi di sempre: ricordare i valori fondanti della nostra vita moderna come cittadini di una società moderna. Il commento dell'intervistatore di Radio Popolare, evidentemente scontento che la realtà non si confaccia alla linea della radio, cerca prima di rimediare con un militante dei DS di venti anni che è entusiasta del PD come "momento in cui vrrà finalmente dato spazio a noi giovani" (PIETA'). La chiosa del giornalista è che i pareri raccolti a parte quello del giovani militante "non fanno statistica": nel senso che in Italia siamo riusciti a trasformare in un esercizio dialettico anche la più banale delle scienze.

Spengo la radio innervosito. Passso da casa e poi finisco in Porta Venezia. Alle 15.30 la coda del corteo (normalmente ancora in Loreto) è già oltre Palestro. Becco i popolarini e dico: "poca gente quest'anno". Loro: "ma va, molta di più". Certo d'altronde sono stati invitati sul palco il lider maximo Bertinotti e quell'arpia della Moratti, che c'entra con il 25 aprile come un cetriolo sottaceto nel caffelatte.

Mentre giro per il corteo ormai affranto, solo pochi attimi di felicità quando vedo 12 ragazzi dei campi palestinesi agitare una bandiera della Palestina su una asta lunghissima che si vedrà dalla prima all'ultima fila del corteo. Poi mi giro e vedo un cretino con una bandana nera con la celtica e una tipa con il cappellino bianco che fanno foto, mentre nessuno gli dice un cazzo. Lo prendo a male parole sperando che reagisca per accartocciarlo su un palo. Non funziona. Fa finta di non sentirmi e in qualche modo riusciamo a fotografarli (presto online). 

E' il simbolo di questo momento di memoria ad ostacoli: annacquato da ogni gruppetto alla ricerca di farvi rientrare qualsiasi querelle, dimenticato, strumentalizzato,  frammentato, sfottuto dai fascisti, ignorato dalle persone normali, che difficilmente sapranno dirti chi era contro chi nel 1943. Che tristezza. Mi allontano dal corteo mentre in piazza si consuma l'ennesimo suicidio politico della sinistra, che afflitta dal senso di colpa ha invitato la Moratti a parlare dal palco, completa vittima di sé stessa.

Almeno il successivo cinema brechtiano con Le vite degli altri mi ha risollevato dalla depressione più nera, un film in cui si riafferma come le decisioni degli uomini abbiano più valore di quello che si vorrebbe far sembrare per farci accontentare di una vita senza opinioni, senza tempo, senza spazio, senza voglia e senza possibilità. 

PS: sono cotto dal sonno e non rileggo. non mi crocefiggete troppo 

  1. kundo
    26 Aprile 2007 a 6:24 | #1

    Ragazzo mio dovresti saperlo che la vita è un abisso di tristezza ed ultimamente solo l’astio e l’odio tiene in piedi le persone e il mondo…. il problema è che dovrebbe essere sorretto da tutt’altro.

    Non so se il consiglio giusto è “resisti” forse è “fatti una bella birra” (e non sono parole a caso).

    Ti avevo detto che era bello le vite degli altri, spero ti sia piaciuto…

    K

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