La minima distanza tra Ohio, Italia e Port Royal
Sono rimasto un po’ indietro sulle recensioni. Me ne scuso, ma sono settimane un po’ dense, tra lavori e impegni di altra natura. La prossima sarà pure peggio stretta intorno alla Mayday Parade, di cui avete già avuto un assaggio con il video del precedente post.
Ne approfitto e faccio in un colpo solo le recensioni dei tre libri che sono riuscito a leggere in questo mesetto. Ho battuto un po’ la fiacca, ma per metà del tempo mi sono rifiutato di leggere per non incasinare la traduzione che stavo facendo. Chiedo venia. Stranamente, ma forse neanche troppo, i tre libri che ho letto sono uniti da un fil rouge che trasporta il lettore attraverso la cruda realtà del mondo moderno e delle sue origini. Infatti il libro migliore tra i tre che ho spiluccato è certamente l’ultima fatica di Valerio Evangelisti, Tortuga. E’ stato un libro molto criticato, perché differisce da tante altre opere di autori del medesimo giro di Valerio nella lettura del fenomeno della pirateria. Il grafomane bolognese – lo dico con ammirazione non con vituperio sia chiaro – indaga con piglio storico feroce il periodo finale delle libere repubbliche piratesche, quando alla spontaneità delle prime esperienza si è già iniziato a sostituire il cinismo della ragione di stato. Quale stato è tutto da decifrare. Io come molti altri rimango fortemente affascinato dalla storia e dalla cultura dei pirati, ma devo ammettere di apprezzare anche il realismo della ricostruzione di Evangelisti: la società dei pirati come l’estremizzazione della società capitalista, un anarchismo stirneriano nella sua accezione peggiore, la grettezza eletta a unica ragione di vita, il profitto e la sopravvivenza nonostante tutto come principio imperante. Truce, vero, senza sconti per nessuno. La cosa più terribile e al tempo stesso splendida è che Tortuga non parla solo dei pirati, ma parla di noi, del mondo che ci circonda e di come è finito: in questo senso – direbbe Wu Ming – New Italian Epic a go-go, anche se un etica un po’ distopica. Dal punto di vista di noi blackswiftiani, una reality fiction storica di grandissima classe. Ogni tanto mi trovo a desiderare che Valerio non scriva altro che romanzi storici et simila. Il suo Noi saremo tutto rimane ancora uno dei migliori romanzi italiani degli ultimi 20 anni. Per me almeno. Voto: 7
A questo scorcio cinico sulla storia e sulle origini della cultura dominante nel mondo che ci circonda fa da contraltare l’attualità tremebonda di Knockemstiff di Donald Ray Pollock: il libro edito in Italia da Elliot Edizioni – di cui sapete che apprezzo molto le scelte editoriali – è veramente feroce. Mentre lo leggevo era difficile conservare un tono diverso dal nero sulle mie emozioni e le vicende che vi sono narrate difficilmente vi eviteranno una pessima settimana. E’ come entrare in un lunedì e non uscirne più. Quando l’ho finito non volevo consigliarlo molto, anche perché lo stile di scrittura – forse complice una traduzione non impeccabile – non è entusiasmante, e soprattutto lo spazio per scorgere un fiore in mezzo al mare di merda che il libro ti lancia addosso (e che circonda ognuno di noi) è veramente minimo. Quando però ho capito che i racconti non erano inventati, ma erano la più classica delle reality fiction ho rivalutato molto l’operazione del libro. Se esiste un luogo come Knockemstiff, il mondo è un luogo orribile e la fine della razza umana è segnata. Ogni cosa, ogni più piccolo atto che ci allontana da essere i discendenti legittimi di Tortuga e i coetanei non da meno degli abitanti della cittadina dell’Ohio è una piccola speranza. Voto: 6,5
Piccola speranza che il buon Giuseppe Genna non condivide. La sua ultima fatica, Italia De Profundis, conclude un trittico ideale sospeso tra Dies Irae e Medium – con l’intervallo poco distante di Hitler. Devo dire che ho amato molto il Genna di genere – come scrittore dico – almeno tanto quanto non riesco ad apprezzare la convoluzione dei suoi ultimi lavori: mi pare che si sia ritorto su sé stesso, nella ricerca di uno specchio per l’Italia orribile in cui viviamo. Forse è successo anche a me. Forse la mia scelta di smettere di scrivere per un po’ è più clemente. Con me stesso e con gli altri. Non sono riuscito ad andare oltre i primi capitoli ed è un fenomeno che mi è successo solo con Houellebecq. Voto: 5,5 (spero non mi odierai per questo 🙁
Bene, ora mi sono sfogato. Ho preso in mano l’ultimo di Scurati – che dalle prime battute è molto più arioso come stile – e presto acquisterò l’ultimo di Hap e Leo, dell’immortale Lansdale – Sotto un cielo cremisi. Con Infinite Jest di David Foster Wallace che mi attende a casa, non mi mancano certo le letture. Come il solito sarà il tempo ad essere tiranno.
Aspettatevi un po’ di post sulla mayday e le azioni premayday nei prossimi giorni.
se me lo dicevi te lo prestavo io Italia de profundis. sono arrivato a metà e poi l’ho chiuso, tu potevi leggere il resto:)