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Babel

31 Ottobre 2006

Babel è il terzo film di Iñárritu (El Timbre non conta), dopo il superlativo Amores Perros e il buon 21 Grammi: la regia è eccellente, gli attori bravi, la fotografia precisa, la musica molto ben pesata, il montaggio senza pecche, la trama funziona, ma tutto sommato non convince. I temi sono lì, appaiono e scompaiono nel giro di un baleno, senza mai venire approfonditi: è come se Kubrick si fosse messo a girare filmini in casa anziché fare un film. Ha la decenza di non sbrodolare in un lieto fine a tutto tondo, ma il suo realismo accanito, la sua impietosa voglia di raccontare le cose come finiscono veramente e non come le si vorrebbe far finire nei sogni di Hollywood e dell'America tutta, non sono ai livelli che conosciamo. 

Provaci ancora, Alejandro. 

Voto complessivo: 6,5

 

Categorie:cinema Tag:
  1. #g.
    18 Dicembre 2006 a 2:35 | #1

    Non ho ancora visto Babel. Spero di vederlo presto. Ho visto Amores perros e 21 grammi.
    Inserisco qui questo mio commento che riguarda varie cose.

    Leggevo da qualche parte come in italia non ci sia un cinema politico vero e proprio [film alla Loach per intendersi][un film settario, politico, univoco, unidirezionale, di classe].

    Perche’ non scrivi qualcosa che possa essere la base per un film politico, oggi?
    Di cosa potrebbe parlare oggi un film politico italiano?
    Quale storia potrebbe raccontare?
    Di chi dovrebbe parlare?

    Di immigrati?
    Di precari?
    Chi sono gli opppressi oggi?
    Qual’e’ la loro vita?
    Si puo’ parlare oggi di oppressione senza parlare di categorie come quella dell’immigrazione o dei precari?
    Quale nuova categoria trasversale potrebbe scivolare su quelle categorie e andare a recuperare l’essenziale che si e’ smarrito?

    Senza andare a realizzare un amarcord vedi Il film di Chiesa [Radio Alice]. Senza pensare ad un amarcord indyano, insomma. E’ troppo presto! Per un libro no! Ma per un film o un documentario penso di si’. Anche se mi piacerebbe molto realizzarlo.

    Come scivolare su quelle categorie gia’ inflazionate e trovare un percorso trasversale che intersechi molte altre esperienze? E parlare di politica? E mettere in luce l’oppressione?
    O ci resta sola di parlare delle nostre paure, della nostra codardia, della nostra mancanza di onesta’ e dignita’? Parlo per me’!

    Perche’ poi nella letteratura, nella scrittura si e’ arrivati a formare delle opere collettive mentre nel cinema non ci si riesce?
    Perche’ non pensare a dei lavori cinematografici collettivi. In cui storie e cortometraggi realizzati indipendentemente possano confluire in un’opera collettiva, una specie di isole nella rete ops! [Isole nel cinema].
    Perche’ non si potrebbe coinvolgere un insieme di registi per realizzare dei pezzi di un’opera collettiva. E trovare l’occasione per girare almeno una parte del film tutti insieme?
    Come dire Indy ci ha portato a confrontarci con i media piu’ tradizionali.
    Ed e’ giusto che sia cosi’!

    Indy e’ cresciuta, maturata, cambiata, trasformata.
    Bisognerebbe lasciarla in mano a giovani che non hanno partecipato alla vecchia indy. A giovani che non abbiano vissuto nel bene e nel male quanto e’ accaduto. Coloro che vi hanno partecipato a lungo dovrebbero diventare semplicemente dei consulenti, disponibili ad aiutare. Ma dovrebbero permettere a gente nuova di giocare con questo strumento per imparare qualcosa.

    #g.

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