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You need an I

30 Novembre 2006

 

Tre giorni fa è arrivato a Milano Andres, un videomaker (in realtà fa montaggio e audio, ma non è rilevante questo dettaglio) argentino che ha realizzato insieme all'allampanato dj/regista Raphael il film/documentario I the film, che parla di argentina, indymedia, e movimenti. In realtà questo è quello che c'è scritto nella sintesi per attirare le persone, ma il film, le cui riprese sono state girate nello stesso periodo in cui io ero a Buenos Aires, parla di tutt'altro.

Il tema principale del film secondo Andres/Raphael è il meccanismo reticolare con cui indy ha segnato un passaggio incontrovertibile delle forme di organizzazione politica. Secondo me invece questo è semplicemente uno dei quadri che dipinge il documentario, ma non è per nulla l'aspetto più rilevante.  Su indymedia ho visto produrre molte cose, alcune belle, altre delle ciofeche incredibili. Il film di Andres e Raphael ha il pregio di essere stato costruito con calma in 4 anni, e quindi di avere un punto di vista un filo più distaccato e meno agiografico di altri lavori che ho visto. Mi piace il modo in cui segnala le cose belle, e in cui non nasconde le cose che non sono riuscite o che potenzialmente non riusciranno. Un progetto è fatto dei suoi orizzonti e anche dei suoi limiti.

Ho rivisto moltissime persone che conosco nelle immagini, e mi sono ricordato delle scommesse che facevano i pibe di Lanus su quanto tempo ci avrei messo a tornare per una seconda visita. Io avrei scommesso sui due anni, ma intanto ne sono passati 4, e ancora non vedo alla distanza i soldi o l'occasione per tornare in un posto che per me è come una seconda casa. Ho riascoltato persone incredibili, che senza nascondersi hanno sempre cercato di dare il meglio di cui erano capaci per un sogno, quello di essere la voce dei senza voce. 

Il testo di Sebastian che ascoltate alla fine è un documento che si mandò alle liste internazionali di indymedia, al tempo in cui c'era una fronda italo-greco-latinoamericana contro i nordamericani che volevano prendere un finanziamento da Ford per non si sapeva bene quale fantomatica necessità economica. Il testo di Sebastian, che è il fondatore di indymedia argentina e uno dei migliori giornalisti e scrittori che io conosca, è uno dei testi più belli scritti su una delle due componenti fondamentali del sogno che c'era dietro il progetto di indymedia: essere uno strumento per amplificare la voce di chiunque combatta lo stato di cose presenti. Per un testo che inizi a rivelare anche l'altro pezzo del sogno potete provare a incrociare in un ibrido medio raro il film di Andres e Raphael e il mio post su indy di qualche giorno fa'.

Nel frattempo l'attuale collettivo di indymedia è andato avanti con il progetto che avevano delineato dieci giorni fa': una chiusura temporanea in attesa di spostare il sito altrove e di ridefinirne le funzioni (più che altro tecnicamente). Sulle liste si sono improvvisamente accorti che esiste un aspetto tecnico di manutenzione e finanziamento che non pensavano esistesse, e contemporaneamente si sono accorti di quanto l'attuale uso e abuso di indymedia sia lontano dal sogno che avevamo quando abbiamo cominciato. Il punto però non è una critica nostalgica di quello che mi sarebbe piaciuto, ma una visione un po' sarcastica del ritardo con cui si notano le dinamiche rispetto ai progetti che ci circondano. La sensazione che mi rimane addosso è che nessuno abbia un idea chiara di cosa vuole, e che anche la chiusura per quasi tutti sia più un atto di assoluzione indotta (se si lamenta qualcuno si riapre e si scarica la responsabilità di una scelta su chi si è lamentato; se non si lamenta nessuno allora ecco non valeva la pena continuare), facendomi pensare lontana la capacità di scegliere che è l'atto politico per eccellenza. Senza prendersi responsabilità non esiste dimensione né politica né progettuale.

Forse un giorno qualcuno andrà avanti con il lavoro che avevo iniziato a fare tre anni fa di raccolta e sistematizzazione di una storia delle liste, delle feature e del newswire, che rendesse merito di come il progetto di indymedia si andava evolvendo nelle sue dimensioni organizzative, ma anche nell'uso che se ne faceva o che non se ne faceva. Indymedia come bacheca non è un dramma, ma solo la rappresentazione della soggettività che la sta usando in questo momento. Certo se oltre a essere una mera bacheca, è pure una bacheca che funziona male, allora non ci siamo. Ma sistemare una bacheca rotta ha più senso che chiuderla per riflettere su come farla diventare una farfalla, senza la minima nozione di biologia.

 

Categorie:cinema, movimenti tellurici Tag:
  1. red
    13 Dicembre 2006 a 1:01 | #1

    Dare voce a chi vuole cambiare lo stato di cose presente è un progetto rivoluzionario che non chiude le porte a
    nessuno e sarebbe dovuto andare oltre i
    settarismi residuali post sesant8ini.
    Il resto delle posizioni politiche sullo
    stato attuale del mezzo mediatico è egocentrico,autoreferenziale e narcisista dove l’io sormonta ogni possibile analisi oggettiva,forse per vera passione spesa, sicuramente non da’
    prendere come elemento asettico per un futuro del mezzo.

    red

  2. nero
    13 Dicembre 2006 a 18:20 | #2

    beh, si vede che vieni dal magico mondo del newswire delle grandi responsabilità, visto come gridi alla censura non rendendoti conto che è solo il filtro antispam di noblogs che è un po’ aggressivo (mette nella spam queue anche me 🙂
    a parte gli errori di grammatica, non capisco il senso del tuo commento.
    se è una critica rivolta a me quella sul narcisismo, ecc. non mi risulta molto interessante… lo so da solo che sono egocentrico 😉
    nel merito della critica a quello che sta succedendo ai movimenti e in particolare a una certa fetta di comunità che credevo di una pasta migliore da un punto di vista politico, non vedo che cazzo c’entrino i settarismi post sessantottini (non ero nato neanche durante il 77 o quasi), e altre amenità.
    Chi mi contraddice se dice cose interessanti trova spazio, se blatera a caso,no.

    adios.

  3. red
    14 Dicembre 2006 a 1:20 | #3

    Un po comodo,te la canti e ta la suoni e chi ti contraddice o critica .. censuri.
    L’OMBELICO DEL MONDO000 QUESTO È L’OMBELICO DEL MONDOOO..

    red = 😉

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