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Pantomima dei processi sul g8 di Genova: condanne pseudosimboliche, assoluzioni prevedibili, giustizialismo sulla pelle altrui

10 Maggio 2007

 

Succedono parecchie cose nel mondo della legge all'italiana: purtroppo si ha poco tempo di parlarne, e in alcuni casi anche solo di leggerne. Notoriamente il terreno delle aule di giustizia non è mai stato congeniale alla verità, tantomeno a quelle scomode o poco utili dal punto di vista dell'amministrazione dello stato (dall'amnistia di Togliatti in poi). Ma è sempre bene, per esercitare il dono dell'intelletto e del senso critico, comprendere come vanno le cose in quelle strane stanze in cui signori di nero vestiti e ben pettinati si seggono sotto la grande scritta La legge è uguale per tutti, per dimostrarti regolarmente l'esatto contrario.

La notizia più nota infatti è quella secondo la quale si sia avuta la prima condanna ai danni della polizia per i pestaggi: la notizia (ripresa dagli organi di stampa della sinistra più "democratica" e da megachip) contiene due curiose inesattezze, che andrebbero spiegate adeguatamente. La vicenda è quella dei pestaggi ai danni dei "militanti pacifisti" della Rete Lilliput: questi ultimi venerdì 20 luglio avevano la propria piazza tematica in Piazza Manin, con concertini, suorine, e tutto quanto si può volere dai migliori manifestanti innocui. In Piazza Marsala, in fondo a via Assarotti (più o meno, non mi attaccate la pippa geografica) che parte da piazza Manin, i Pink danno l'assalto alla grata con spruzzi d'acqua, canti, e corde (la famosa scena con una ragazza francese che cerca di sganciare le grate della zona rossa con una corda da alpinista… la ragazza è stata condannata, peraltro). La polizia nel dubbio li annaffia di lacrimogeni, mentre i pacifisti non si turbano minimamente per la cosa: d'altronde la polizia sa quello che fa!

Più avanti nel pomeriggio in Piazza Manin passa un po' di tutto: gente che converge da altre piazze tematiche, curiosi, gente che scappa. A un certo punto arriva anche la polizia (Reparto Mobile di Bologna e Firenze principalmente, guidati da un dirigente ben noto, Pagliazzo-Bonanno) e, dato che quelli che stava inseguendo (a mezz'ora di distanza non si capisce proprio come) non riesce a caricarli, pensa bene di ammazzare di botte suorine e mani bianche. La polizia sa quello che fa! Lo avranno meritato, no? Mai dubitare.

Ora finalmente per uno dei tanti pestaggi di quel giorno il Ministero dell'Interno viene condannato a pagare 5000 euro: quindi i poliziotti non sono stati identificati, il loro dirigente non è stato considerato responsabile, la suorina poverina almeno gli hanno dato due soldi. Conclusione? Non è la prima condanna per la polizia, sia perché non è stata condannato nessun agente, sia perché la prima condanna sta altrove.

Questa è la seconda condanna civile nei confronti del Ministero dell'Interno (la prima è quella per il pestaggio di una avvocata), e la prima condanna penale è relativa al processo contro il dirigente DIGOS Perugini e altri 7 digotti, che il 31 maggio vedrà la sua ultima udienza e le conclusioni (sperabilmente con condanne a pioggia (dorata) a settembre).

In questo processo infatti Giuseppe De Rosa, della DIGOS di Milano, è stato condannato per aver partecipato al pestaggio di un ragazzino di 14 anni con rito abbreviato prendendosi 10 mila euro di multa e 1 anno e 8 mesi. Gli altri imputati non  finiranno meglio, ma aspettiamo settembre

Intanto i processi più noti relativi ai fatti del G8 di Genova vanno avanti: da un lato abbiamo il processo contro 29 agenti (tra cui i più alti dirigenti della polizia italiana dopo capo e vicecapo della polizia) per l'irruzione alla scuola Diaz che costò 61 feriti e 93 arresti privi di alcuna prova (le uniche valide le hanno piazzate gli stessi dirigenti nella forma di due bottiglie molotov trovate su corso Italia nel corso della giornata). In questo processo siamo arrivati ad ascoltare i massimi dirigenti e la potenza del senso di giustizia italiano si manifesta ben presto nell'ultima scelta del pm: rinunciare ad ascoltare il capo della polizia Gianni De Gennaro. Infatti negli ultimi mesi i massimi vertici dello stato si sono presentati in aula al meglio facendo finta di non sapere nulla di quella notte, al peggio difendendo a spada tratta i propri collaboratori, cambiando le proprie dichiarazioni, ed ergendosi nella loro arroganza quando qualcuno faceva loro notare che in altre sedi, quando gli tremavano le gambe per la promozione, tutti loro erano stati molto più omertosi e imprecisi. Il lei non sa chi sono io di fantozziana memoria sembrerebbe stonare in un aula in cui si celebrano i riti civili più importanti per una democrazia (quelli della giustizia), ma la corte a cui è stato assegnato il giudizio non ha il coraggio di processare la polizia e di mostrarsi al di sopra del potere esecutivo di coloro che vestono una divisa. E' un peccato e un'occasione persa (come molte altre nella storia) per dimostrare che anche gli sbirri che sbagliano pagano (almeno formalmente): non è successo con aldovrandi, non è successo con il san paolo, con le stragi degli anni sessanta e settanta, non è successo con rumesh, e continua a non succedere. Mille ottime occasioni per rendere un servizio alla memoria collettiva e per dimostrare di essere civilmente evoluti, e neanche una colta.

Ovviamente la solfa cambia quando si prendono in considerazione coloro che si oppongono all'ordine costituito, all'arroganza dello stato e dei suoi mille schiavetti ipocriti: le 25 persone che sono sotto processo per gli scontri avvenuti il 20 e 21 luglio 2001, prima di luglio vedranno una condanna sulle loro teste, e il mio intuito mi dice che sarà anche peggio della condanna piovuta addosso a 18 persone (nessuna delle quali con uno straccio di prova) per i fatti dell'11 marzo a Milano in corso Buenos Aires: tutti quanti fanno finta di non sapere che a luglio arriveranno 20 condanne per 10 anni a cranio. Nella democraticissima Italia si dimostra ancora una volta che la legge non è per nulla uguale per tutti, e che chi ha più potere se ne può fregare, e continuare a fare quello che vuole con la compiacente connivenza di aule di tribunali e di tutto l'apparato della legge italiana. E' una conclusione amara, ma a chi ha in odio le strutture della democrazia, non dovrebbe far sorgere nessuno stupore.

Quello che dispiace è il silenzio che circonda ciò che accade. Un ingiustizia si tollera con rabbia e determinazione. Il silenzio rompe gli argini della disperazione e della sfiducia nel genere umano.

 

  1. fastidio
    10 Maggio 2007 a 15:43 | #1

    “condanne a pioggia (dorata)”

    grazie

  2. leo
    10 Maggio 2007 a 18:00 | #2

    Vediamo se finisce manifestanti condannati a dieci anni sbirri a 1.
    Il pessimismo in Italia non è mai troppo, ma forse sarebbe il caso di non fare l’oracolo prima del dovuto.
    In fondo nessuno si aspettava di vederli sfilare a uno a uno in procura.
    Certo la risposta dovrebbe venire anche dalla poltica, ma nn mi sembra che in questo momento nè la politica istituzionale, nè quella diciamo “informale” sia in grado di dare risposte.
    Il dato triste è che siamo sempre nella logica perfetta della repressione, vedi germania, ma anche che i computer usati in un certo modo e le forme di opposizione danno fastidio.
    Forse si sarebbe dovuto lavorare per cercare il consenso ampio e non dividersi in mille rivoli…
    E soprattutto non avere più o quasi media fortemente indipendenti…

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