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Cannes a Milano, cinque: un po’ di poesia e le campagne turche, un pizzico di nazismo e marxismo, e il flop della Deneuve

16 Giugno 2007

Oggi giornata tutto sommata fortunata, che a parte il solito flop francese ci regala diverse cose interessanti.

La Question Humaine ha una sola grande pecca: è lungo due ore e venti, vittima di uno script tratta da un buon libro ma dalla quale non si scorciano molti pezzi a cui la sceneggiatrice non riesce a rinunciare, lasciandoli appesi a mezz'aria (es: cinque minuti di cantante spagnolo che si sgola; il rapporto con la biondazza senza alcuna vera funzione all'interno della narrazione; lo stesso rapporto con la fidanzata del protagonista un po' sfilacciato e sconclusionato). A parte questo è un buon film, che narra con successo la disumanizzazione dei simboli e degli immaginari, principale veicolo di una ideologia efficientista e tecnica, che nutre le radici tanto del capitalismo moderno quanto del nazismo. Un film che non piacerà a molti perché gli sbatte in faccia una verità tutt'altro che digeribile: la continuità dei quadri economici tra pre e post seconda guerra mondiale, non è stata solo una necessità di stabilità politica, ma anche un giudizio implicito sulle basi delle "moderne democrazie". L'attore protagonista scelto con grande intelligenza (il suo sguardo è perfetto) e i dialoghi inchiodano il senso del film senza scampo (in uno stile tutto francese e quindi antitetico all'action tarantiniana). Voto: 7,5.

Il secondo film che mi è toccato è Apres Lui, il film che Catherine Deneuve ha fatto dopo aver rifiutato De Oliveira e il suo Belle Toujours: "io mi scelgo da sola quali film fare e non fare!". Certo cara Catherine, però non ti scegliere delle schifezze inenarrabili la cui unica funzione è quella di metterti al centro dello schermo. Con il vecchio Manuel e il vecchio Piccoli saresti rimasta nel nostro cuore e in quello di tutti i cinefili, mentre così rimani sola davanti allo specchio. Voto: 4,5.

Fortunatamente la poesia e il lirismo di un film turco, Yumurta,  immancabilmente lento (ma i film da festival non sono certo dotati normalmente di ritmi particolarmente sincopati), ma che stempera con uno sketch ogni 15-20 minuti che ti consente di sopravvivere e goderti la storia. Un poeta turco torna nel suo paese d'origine per la morte della madre, e la ragazza, parente alla lontana, che curava la madre, lo convince ad adempiere a un voto fatto dalla sua genitrice e a sacrificare un montone. Il tutto è lo sfondo all'innamoramento di uno per l'altra, coronato dopo una notte di riflessioni in balia di un cane pastore gigante, dal ritorno a casa del poeta dalla giovane studentessa. Le vecchie zie di entrambi sono di gran lunga i personaggi migliori: oracoli e sentenza del romanticismo del film. Voto: 6,5.

L'Age des Tenebres di Denys Arcand è un film intelligente, ironico, lucidamente triste. Per questo è un bel film: si guarda volentieri e non si può evitare di pensare. Senza contare il pregio non indifferente di essere fatto bene dal punto di vista tecnico. Voto: 7,5.

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  1. nzemen
    16 Giugno 2007 a 21:28 | #1

    a parte che solo tu puoi cuccarti tutti sti films in un giorno, ma………..
    non si “scorciano”? 🙂

  2. billie
    1 Agosto 2007 a 10:43 | #2

    scusa bli, ma è la seconda volta che leggo le recensioni e che mi dico.. quando torno a milano me li scarico blabla..
    ogni volta rido, che è davvero buffa la recensione per la denueve: si, ma cara denueve, allora non ti scegliere schifezze! ahahahah
    geniale!

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