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La retorica del decoro e del quieto vivere e la cancellazione della storia

6 Settembre 2007

 

Negli ultimi giorni di quest'estate ordinaria e pigra, i quotidiani e il dibattito politico italiano sono stati monopolizzati da un pesante ritorno alla retorica del decoro e del quieto vivere: un evento che non fa che rinforzare la sensazione di un revival degli anni ottanta prepotente. L'ultima vittima in senso cronologico di questa vicenda, dopo mendicanti, lavavetri, prostitute, writers, ragazzini vocianti e via dicendo, è il murales in ricordo di Dax sulla darsena in quartiere ticinese. 

Dax, Davide, era un militante della zona sud di Milano. Stava in un centro sociale e faceva attività di quartiere sul diritto alla casa e sull'antifascismo. Una terribile notte, il 16 marzo 2003, ha incrociato per strada tre tizi (padre, figlio e amico naziskin il cui cane si chiama Rommel, tanto per smentire il capogruppo Fidanza a Milano che sostiene che non ci fosse un movente politico dietro la tragedia) che lo accoltellano alla schiena, uccidendolo. Un paio di persone che sono con lui sono ferite gravemente, ma sopravvivono. In memoria di Dax dal giorno dopo praticamente c'è un murales periodicamente rinnovato sul muro della darsena di Milano, da altrettanti anni un cantiere a cielo aperto per la costruzione di un parcheggio in uno dei pochi luoghi che si erano preservati nella loro versione originale e storica di Milano. Non era un murales brutto e abbozzato, nè una collezione di tag, non stava sul muro di una casa privata, né sui vetri di un tram: questo per dire che l'appello al decoro dietro il quale l'assessore Cadeo ha celato la richiesta all'amsa di cancellazione, non è minimamente fondata neanche rispetto all'ideologia benpensante e mediocre di cui si ammantano giunta di Milano e milanesi in genere. Esiste quindi un preciso disegno politico.

La solerte amministrazione milanese non è soddisfatta di cancellare l'identità popolare di Milano con i progetti edilizi e i cambi di piano regolatore, di cui la trasformazione della darsena in parcheggio e dell'isola in quartiere di grattacieli amministrativi, o la trasformazione del parco giochi delle varesine in nuova città della moda sono solo alcuni degli esempi più eclatanti, ma mostra con questo atto la sua determinazione a aggredire la storia sociale della città. Milano non è solo terra di confindustria e di imprenditori, di persone per bene e di gente che vuole stare bene a scapito degli altri, ma è una città di confiltto, di scontro. Lo è sempre stata. 

La domanda allora più interessante è: la storia che le persone ricordano è quella che ha incrociato la loro vita, una storia popolare e sociale, che non trova spesso spazio nei libri di storia, occupati a convincerci che solo i grandi nomi e gli atti ufficiali hanno un valore storico. Quella storia è testimoniata in mille modi sul territorio urbano e andrebbe difesa, con forza, anziché lasciata scivolare via nelle prepotenze dei nuovi padroni di un territorio. Genova e Dax non ci sono sui libri di storia (rispettivamente mondiali e italiani), perché testimoniano una versione non pacificata dei conflitti che non piace a chi pretende di guardare tutto con obiettività e distacco, lontano dalle strade e da quello che vi accade.

E' questa operazione ampia e precisa che deve incontrare il nostro odio e il nostro disprezzo. E la nostra capacità di contrastarla. La storia è nostra. La città è nostra. Noi siamo la città e la nostra storia. Non dobbiamo dimenticarlo mai.

da Wu Ming, un brano sulle pulsioni reazionarie che dominano il dibattito politico e sul disprezzo.

Torniamo, tornati, al lavoro sul primo Giap dopo il superamento di
quota 10.000, sovraccumulo di e-mail impossibile da smaltire, puzzo di
bruciato un poco ovunque, ci guardiamo intorno, ascoltiamo, annusiamo,
ci grattiamo le orecchie, finalmente esprimiamo un giudizio.
Non
sappiamo se la sentenza dei posteri sarà "ardua". La nostra è molto
semplice da emettere, eccola qui, chiara e risplendente:
'Sto tossico compost
di cetomediume vigliacco, eterna piccola borghesia razzista, massa
omologata individualista annegata nell'abitudine, base sociale d'ogni
fascismo e fascismetto, merda che olezza di merda… Questa ex-sinistra
ormai sub-destra che, anziché muovere guerra alla povertà, muove guerra
direttamente ai poveri e lo fa perché li odia, i poveri, li odia biliosamente, dal profondo delle budelle, prova ribrezzo
per i poveri, perché puzzano, sono d'intralcio, sono pre-moderni,
questa ex-sinistra dei vigili coi tonfa, questa ex-sinistra in piena
"modenizzazione" (non è un refuso) che firma per aprire i CPT anziché per chiuderli, che rincorre e afferra al lazo gli istinti più ferini e prevaricatori, che fa l'apologia criminogena della roba, gli sghei, e in cambio di un voto "moderato" che non esiste (che significa essere "moderati"? Essere un po' contro le unioni civili? Essere moderatamente
contro l'eutanasia? Essere al 50% come Schifani?) vende "sicurezza" a
chi è già al sicuro, al contempo deturpando la vita e la dignità di chi
campa appeso a un filo, questa ex-sinistra ormai sub-destra che ha
trasformato la mediazione al ribasso in vera e propria masturbazione,
vi si dedica gemendo di piacere, e ha come unico referente
l'Homunculus, l'Homunculus che spia dalle persiane e teme, trema e teme, ha paura di tutto e di tutti, vive un terrore prefabbricato e media-stimolato come falso veder bestia quand'ombra
(Inferno, canto II, 48)… Noi la disprezziamo, l'ex-sinistra ormai
sub-destra, dello stesso disprezzo che essa riserva ai disperati. I
lavavetri come emergenza nazionale, si scomodano i ministri, che la
farsa sia con noi. Ipocrita idolatria della "legalità", Legalità con la
Maiuscola, legalità placebo di ogni male, in un paese dove si
iper-legifera per accontentare ogni lobby e cordata e non vi è norma
che non sia in contrasto con mille altre. Questa ex-sinistra ormai
sub-destra. Questa cofferateria diffusa. Fa male constatarle ma fa bene
dirle, queste cose. Cazzo, sì, fa bene dirle. Tacendole s'intorbidano
le acque. Tacendole si uccide la speranza che rimane.
Ora il sangue s'ossigena, il fiele si stempera, il cranio si sgrava. Parliamo di noi, dei nostri progetti.

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  1. Angelo (si quello greco)
    7 Settembre 2007 a 18:16 | #1

    Concordo pienamente su tutta la linea, per farti capire il livello di rincoglionimento/speculativo diversi anni fà feci un laboratorio di sintesi finale (quello che poi dovrebbe diventare la tua tesi di laurea almeno in architettura design etc etc) con argomento guarda caso “Riqualificazione della zona garibaldi-isola-giardini di porta nuova finalizzata per la città della moda” era esplicitamente richiesto di evitare qualsiasi tipo di intervento che rimandasse all’identita del quartiere con la demente scusa del degrado.. In poche parole “è scomodo, facciamo tabula rasa e copriamo le macerie”. Un altro esempio è stato il modo di affrontare la stecca degli artigiani, guarda caso sempre in zona.’E purtoppo una tendenza che sta prendendo piede a milano.
    Al momento c’è un concorso riguardante la “riqualificazione” della zona Bovisa, più precisamente il triangolo politecnico-stazione FNM-triennale, altra zona con una forte identità storica/sociale. Dato che ho intenzione di partecipare e di proporre un mio punto di vista, molto vicino al tuo tra l’altro, magari se ci sentiamo e scambiamo un paio di opinioni mi sarebbe di aiuto.

  2. ancora io
    7 Settembre 2007 a 19:41 | #2

    Richard Benson potrebbe aiutare in questo caso.

  3. J.
    8 Settembre 2007 a 1:31 | #3

    ciao merdina. approvi solo i commenti che ti leccano, vedo. ma sei felice?
    viva Juve

  4. 14 Settembre 2007 a 14:52 | #4

    no, purtroppo stai sopravvalutando la scena. il disegno politico non c’e’, c’e’ soltanto un inseguimento a questo vago decoro senz’anima e, evidentemente, senza memoria.

    nel frattempo ho notato ieri che qualcuno ha dato una mezza mano di bianco pure su tutta la facciata dall’ex-bulk e sulla sagoma di carlo giuliani del murale sull’angolo.
    una mano anonima, abbozzata e imprecisa, non un restauro, ma soltanto un tentativo di cancellazione.

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