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Venezia a Milano, otto: il vero leone d’oro

17 Settembre 2007

 

Dopo un giorno di riposo a mente fresca mi affaccio all'Anteo per vedere l'unico vero capolavoro di questo festival: La Graine et le Mulet. Il film di  Abdel Kechiche è una storia di quotidiana fatica e orgoglio, una storia senza eroi e senza retorica sull'ipocrisia delle nostre società, sulla vita e sul lavoro, che insegna il senso della parola dignità. Due ore e mezza che non pesano e che ci guidano con sicurezza attraverso la vita che potrebbe essere anche la nostra e che ci fanno riscoprire un sentimento che dovremmo ricordarci più spesso: l'odio di classe. Questo festival ha premiato i kolossal cinesi e hollywoodiani (che piacciono anche a me, ci mancherebbe), ma dopo aver visto questo film la sensazione è che il premio sia stato assegnato più per compiacere alcune industrie cinematografiche che fanno girare l'economia, una nascente e una morente come quella cinese e quella americana, che non per il vero valore del film. Per ora l'unico film americano che meriterebbe un premio a un festival di cinema e non al botteghino è quello di Todd Haynes. Intanto il nostro personale Leone D'Oro lo avremmo dato a questo regista tunisino di grande talento. Voto: 9.

L'ultimo film della rassegna a onorare le mie pupille è Atonement, altro filmone da botteghino di una qualità decisamente superiore agli altri prodotti di hollywood di questa edizione del festival di Venezia. Il film è una storia vera e potrà essere per sempre citato nei corsi di scrittura e sceneggiatura come "il film dove vi spiegano il perché dei lieti fini". Ben diretto e ben sceneggiato, il suo punto di forza è sicuramente la musica e la coreografia. Gli attori servivano belli e relativamente espressivi, anche perché chiedere a Keira Knightley più di una espressione è un'impresa improba. Molto brave tutte le Briony Tallis. Voto: 7.

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