Inter in Wonderland: due più due fa sempre quattro
Nella landa desolata del Paese-che-non-c’è i cavalieri della beneamata scendono in campo con l’unico 11 possibile, considerati i degenti, gli sbarbati nerazzurri in fieri e le chiocce, una delle quali – Speedy – dovrà anche entrare in campo quasi subito al posto del Muro acciaccato. Nella bruma della prima partita autunnale risuonano rimbombi, colpi, boati, esplosioni. Gli Scrondi del Tavoliere, decisamente abbelliti dalla permanenza nella massima Serie di Oz, attoniti si guardano intorno: non capiscono se siano cannonate o il ritmico e aggressivo percuotere di tamburi. Loro non lo sanno, ma è il rumore dei nemici, che finalmente anche Ciccio assaggia anche se in versione decisamente soft.
A sfoderarne una versione hardcore ci pensa Almiron, lo scrondus maximus considerati i suoi trascorsi, a meno di 30 secondi dal calcio d’inizio, con un proiettile da 40 metri che scalfisce i pilastri della porta nerazzurra. Il problema, come dicono dalle parti in cui sono nato, è che “se esci il ferro, poi devi saperlo usare”. Forte di questa massima di periferia, l’Inter davanti alla successiva assenza di bellicosità degli Scrondi, dimostra che non c’è trippa per gatti.
I nostri eroi sbucano da ogni collina, da ogni tumulo, da ogni ripiegamento del terreno, seminando il panico tra i giocatori avversari. Li sbeffeggiano, li aggrediscono, e imbasticono mitragliate talvolta a salve, talvolta no. I rumori e le esplosioni si sono avvicinati fino a entrare in campo: e purtroppo gli Scrondi scoprono troppo tardi che sono le armi cariche dei nerazzurri. Altro che medioevo! Ed è forse solo grazie allo stress post-traumatico di tutte queste esplosioni che anche il Principe si sblocca, nel modo meno nobile, deviando di faccia l’ennesimo assist di un Leone che brucia l’erba con i piedi e gli artigli eburnei.
Nei secondi 45 minuti il monologo di raffiche e proiettili continua: due rigori, trasformati dal nuovo rigorista, il Leone; finalmente una marcatura con un missile terra aria del Principe; svariate occasioni mancate di un soffio. Il gong finale lo suona Calimero, entrato da pochi secondi, quando lascia risuonare la sua testa vuota al suono dello sterile cannone del Tavogliere su punizione. Il tuono sprigionato dalla percussione umana improvvisata suona anche come l’epitaffio su una partita mai cominciata.
L’Inter sale di condizione e sale in cattedra, ma tanto quanto la vittoria di misura contro i siculi non rendevano giustizia alla superiorità espressa in campo, così la larga goleada odierna la accentua forse esageratamente. La squadra del Tavoliere è meglio di quello che sembra da questo match. Molti giocatori stanno tornando ai loro livelli, ma la panchina è veramente cortissima e speriamo di non avere in fretta il fiatone. E merita un plauso anche la scelta di Benny di sostituire i migliori giocatori in campo per dimostrare che in squadra sono tutti uguali. Bravo!
Due più due fa sempre quattro. Se le punte lavorano così tutta la squadra gira a mille. Godiamoci i tre punti e la partita. Godiamoci anche che per ora due partite su due con la curva ospite schierata in mezzo ai tifosi normali del terzo anello rosso, grazie alla mirabolante invenzione della Tessera del Tifoso, che ha reso obsoleto il settore ospiti, una delle poche intuizioni intelligenti di chi progetta l’ordine pubblico negli stadi. Siamo tutti curiosi di vedere come finirà con i drughi in mezzo alla gente civile. Take no prisoners, suppongo. Che mestizia.