La Coppa dei Cachi: mille e non più mille
Considerata l’autonomia di circa 30 minuti o poco più che entrambe le squadre dal budget millionario sanno di avere, entrambe decidono per i primi 45 minuti di seminare il campo arato dalla fatica dell’uomo e dalla forza dei buoi che contrariamente a ogni buon senso va sotto il nome di campo di calcio dello stadio Meazza in San Siro. Da un lato si schierano i soliti romanisti isterici, che non riescono a fare mezzo tiro in porta in un intero tempo nonostante abbiano bisogno di un gol per riaprire i giochi per la qualificazione. Dall’altro Leopardo sfodera una formazione da film dell’orrore: 4-4-1-1 con Kharja a supporto di Pazzini e – bestemmia tra le bestemmie – Eto’o esterno sinistro di centrocampo che spesso scala a fare il terzino per coprire l’avanzata (un po’ sbilenca stasera) di Mototopo. Eto’o terzino contro una squadra di cadaveri è qualcosa che sfida ogni limite dell’umana immaginazione.
In mezzo al campo poi, troneggiano e duettano Cuchu e Mariga: in due non faranno un passaggio di dieci metri, il primo passerà 85 minuti su 90 a fare il vigile fino a quando Eto’o quasi non lo manda a quel paese, e il secondo mostra una rimarchevole tendenza a non saper cosa fare con il pallone. D’altronde Mariga che faceva perfettamente l’incursore nel 4-3-3 del Parma non si trova proprio a suo agio a dover ricoprire il ruolo di interdizione e inventore di manovra a centrocampo. Nonostante le brillanti premesse un colpo di biliardo del Leone ci mette sulla strada giusta. Basta poco per rendersi conto che con un minimo di testa (neanche di gambe) è possibile fare il secondo gol e chiudere la partita. Ma appena arriviamo al limite dell’area sembra riemergere la sindrome di Benny, quella che ci impediva di tirare se non eravamo già oltre la linea di porta.
Il Pazzo quasi riesce a rompere l’incantesimo appena prima di lasciare il posto a un Milito vagamente normoambulante, mentre Kharja lascia il posto a Motta: dall’ingresso del Sindaco di Marmo in campo non ci si capisce più un cazzo. Motta si mette dietro le punte (Eto’o-Milito), Cambiasso a fare da volante, Mariga interno destro e Zanetti però non va a fare l’interno sinistro ma rimane largo. Una roba mai vista, che ci priva di qualsiasi equilibrio. Il pressing scompare, dato che Kharja ne era il principale attore (se aspettiamo che lo facciano i due vigili di centrocampo stiamo freschi) e la linea difensiva comincia a dire i numeri con un paio di interventi mancati di Chivu e Lucio da film dell’orrore; Milito fa un movimento perfetto ma poi di sinistro tira una scamorza inguardabile. La Roma prende un doppio palo clamoroso, ma a parte quello non si fa mai viva. Poi facciamo il pasticcio: Nagatomo non esce sull’uomo mentre Cambiasso lo guarda dicendogli cosa fare anziché riparare all’errore, il romanista crossa totalmente indisturbato, Lucio si addormenta mentre Maicon non si sa dove sia, e Borriello insacca alle spalle di uno Julio Cesar che esita ad uscire (unico errore in una grandissima partita).
Nonostante l’isteria finale che ci costa la squalifica di Maicon e gli insulti di tutto lo stadio contro Burdisso l’ingrato, la partita termina in pareggio (e ci sarebbe pure un rigore grosso come le dimensioni di Rocco Siffredi su Milito) e conquistiamo la finale della Coppa dei Cachi. Ricorderemo la partita per due record, più che per la noia sugli spalti: il Capitano fa 1000 partite da professioniste, di cui quasi l’80% in nerazzurro. Non ne farà altre mille, ma probabilmente un centinaio sì: non ci sono parole. Eto’o invece eguaglia il record del più grande calciatore che abbia vestito la maglia nerazzurra quantomeno da quando il calcio è a colori: in questa stagione ha segnato 34 gol come solo Ronaldo era stato in grado di fare (record assoluto per l’inter, i 38 di Angelillo). Anche in questo caso non ci sono parole. Ed è meglio che cali il silenzio sull’atteggiamento coperto che Leopardo sembra aver scoperto solo quando è diventato troppo tardi: con una disposizione come quella di stasera forse non avremmo visto una sciagura come quella contro lo Shalke, né avremmo lasciato campo libero agli odiati cugini per lo scudetto. Meglio tardi che mai non è un detto che si applica al calcio e al tifo: doveva pensarci prima.
grande nero…inguardabile lo schieramento tattico con l’ingresso di motta…dilettantismo di Leo