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Inter in Wonderland: uno per uno non fa male a nessuno

15 Maggio 2011 Commenti chiusi

Un biscottone di quelli che non si vedevano dai tempi di Genoa-Napoli 1-1 per salire entrambe in Serie A senza playoff. Gli ultimi dieci minuti di melina imbarazzanti, ma d’altronde i napoletani sono uomini di mondo e sanno come gira il fumo. L’Inter raggiunge il secondo posto, obiettivo stagionale in campionato, rivede Walter Samuel sul campo (il cambio Ranocchia-Samuel con due mancini in campo nessuno dei due sani e scattanti griderebbe vendetta se non fosse poco più di un’amichevole quella che si svolge al San Paolo), porta Eto’o a 35 reti stagionali (una sola per eguagliare il suo record personale, tre per eguagliare quello di Meazza e Angelillo), subisce un gol in fajolada al 46esimo del primo tempo. Tutto il resto è pura accademia. Piutost che nient l’è mej piutost.

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13 Maggio 2011 Commenti chiusi

E’ il momento per ascoltare le persone giuste: #morattiquotes. Mi sono ribaltato dal ridere. Non riesco a smettere.

La Coppa dei Cachi: mille e non più mille

12 Maggio 2011 1 commento

Considerata l’autonomia di circa 30 minuti o poco più che entrambe le squadre dal budget millionario sanno di avere, entrambe decidono per i primi 45 minuti di seminare il campo arato dalla fatica dell’uomo e dalla forza dei buoi che contrariamente a ogni buon senso va sotto il nome di campo di calcio dello stadio Meazza in San Siro. Da un lato si schierano i soliti romanisti isterici, che non riescono a fare mezzo tiro in porta in un intero tempo nonostante abbiano bisogno di un gol per riaprire i giochi per la qualificazione. Dall’altro Leopardo sfodera una formazione da film dell’orrore: 4-4-1-1 con Kharja a supporto di Pazzini e – bestemmia tra le bestemmie – Eto’o esterno sinistro di centrocampo che spesso scala a fare il terzino per coprire l’avanzata (un po’ sbilenca stasera) di Mototopo. Eto’o terzino contro una squadra di cadaveri è qualcosa che sfida ogni limite dell’umana immaginazione.


In mezzo al campo poi, troneggiano e duettano Cuchu e Mariga: in due non faranno un passaggio di dieci metri, il primo passerà 85 minuti su 90 a fare il vigile fino a quando Eto’o quasi non lo manda a quel paese, e il secondo mostra una rimarchevole tendenza a non saper cosa fare con il pallone. D’altronde Mariga che faceva perfettamente l’incursore nel 4-3-3 del Parma non si trova proprio a suo agio a dover ricoprire il ruolo di interdizione e inventore di manovra a centrocampo. Nonostante le brillanti premesse un colpo di biliardo del Leone ci mette sulla strada giusta. Basta poco per rendersi conto che con un minimo di testa (neanche di gambe) è possibile fare il secondo gol e chiudere la partita. Ma appena arriviamo al limite dell’area sembra riemergere la sindrome di Benny, quella che ci impediva di tirare se non eravamo già oltre la linea di porta.


Il Pazzo quasi riesce a rompere l’incantesimo appena prima di lasciare il posto a un Milito vagamente normoambulante, mentre Kharja lascia il posto a Motta: dall’ingresso del Sindaco di Marmo in campo non ci si capisce più un cazzo. Motta si mette dietro le punte (Eto’o-Milito), Cambiasso a fare da volante, Mariga interno destro e Zanetti però non va a fare l’interno sinistro ma rimane largo. Una roba mai vista, che ci priva di qualsiasi equilibrio. Il pressing scompare, dato che Kharja ne era il principale attore (se aspettiamo che lo facciano i due vigili di centrocampo stiamo freschi) e la linea difensiva comincia a dire i numeri con un paio di interventi mancati di Chivu e Lucio da film dell’orrore; Milito fa un movimento perfetto ma poi di sinistro tira una scamorza inguardabile. La Roma prende un doppio palo clamoroso, ma a parte quello non si fa mai viva. Poi facciamo il pasticcio: Nagatomo non esce sull’uomo mentre Cambiasso lo guarda dicendogli cosa fare anziché riparare all’errore, il romanista crossa totalmente indisturbato, Lucio si addormenta mentre Maicon non si sa dove sia, e Borriello insacca alle spalle di uno Julio Cesar che esita ad uscire (unico errore in una grandissima partita).


Nonostante l’isteria finale che ci costa la squalifica di Maicon e gli insulti di tutto lo stadio contro Burdisso l’ingrato, la partita termina in pareggio (e ci sarebbe pure un rigore grosso come le dimensioni di Rocco Siffredi su Milito) e conquistiamo la finale della Coppa dei Cachi. Ricorderemo la partita per due record, più che per la noia sugli spalti: il Capitano fa 1000 partite da professioniste, di cui quasi l’80% in nerazzurro. Non ne farà altre mille, ma probabilmente un centinaio sì: non ci sono parole. Eto’o invece eguaglia il record del più grande calciatore che abbia vestito la maglia nerazzurra quantomeno da quando il calcio è a colori: in questa stagione ha segnato 34 gol come solo Ronaldo era stato in grado di fare (record assoluto per l’inter, i 38 di Angelillo). Anche in questo caso non ci sono parole. Ed è meglio che cali il silenzio sull’atteggiamento coperto che Leopardo sembra aver scoperto solo quando è diventato troppo tardi: con una disposizione come quella di stasera forse non avremmo visto una sciagura come quella contro lo Shalke, né avremmo lasciato campo libero agli odiati cugini per lo scudetto. Meglio tardi che mai non è un detto che si applica al calcio e al tifo: doveva pensarci prima.

Inter in Wonderland: meno male che c’è Totò!

8 Maggio 2011 Commenti chiusi

I nerazzurri scendono in campo per fare passerella insieme ai viola, in una specie di rimpatriata in onore di Toldo autore di 9 stagioni con entrambe le maglie. Formazione con scelte inedite, ma tutto sommate non fuori di senno: matrix fa una delle sue ultime apparizioni al meazza, chivu torna a calcare il campo, in mezzo kharja e coutinho. Di fronte una fiorentina già in vacanza da un mese, è più che sufficiente per vincere in scioltezza.

In una partita del genere si possono fare solo alcune valutazioni individuali: Julio Cesar si conferma in buone condizioni, ma non reattivo come un tempo; Maicon è in vacanza ma è anche comprensibile; Ranocchia con di fianco Matrix fa quel che può, mentre quando entra Lucio continua a confermare la mia sensazione che non sia una coppia ben assortita, terminando la partita con un acciacco al ginocchio che ce ne priverà mercoledì purtroppo; Chivu né carne né pesce, come sempre del resto. In mezzo al campo: Zanetti sta mostrando stanchezza, ma come fargliene una colpa? Invece Kharja mostra perché non è il caso di riscattarlo: tante cose di livello decente, ma tantissime cose sbagliate con poca testa; Cambiasso davanti alla difesa si conferma nel suo ruolo ideale anche quando è in fase presepe.

La vera nota positiva è la prestazione di Coutinho: io continuo a pensare che non debba essere mandato in prestito ma fatto crescere ancora un paio di anni da noi, per poi decidere. Ovviamente la società farà il contrario regalandone la metà per prendere quel mezzo giocatori di Montolivo o il terzino non terzino più sopravvalutato del mondo Criscito, e per ripagare il mezzo cartellino 15 milioni tra due anni. Il suo gol mi ha rallegrato la giornata.

Davanti il Pazzo fa quello che sa fare (gol) ed Eto’o pure (caricarsi la squadra sulle spalle e portarla alla vittoria; peccato che non abbia fatto il 34esimo gol eguagliando il record di ronaldo). Peccato non aver potuto dare 10 minuti a Samuel in campo oltre che in panchina perché sarebbe stato il regalo più grande per tutti i tifosi.

La partita di oggi sancisce la conquista del terzo obiettivo stagionale (il posto diretto in Champions League per l’anno prossimo, dopo il Mondiale per club e la Supercoppa Italiana) a fronte di tre falliti (la Supercoppa Europea, l’evitare le figure di merda in CL e il battagliare fino all’ultimo per lo Scudetto): una stagione da sei meno per ora, ma per la quale avremmo firmato tutti qualche anno fa. Ormai siamo diventati di bocca troppo esigente per il campionato italiano. L’estate ci dirà se la società intende continuare a primeggiare o tornare a veder vincere gli altri.

Inter in Wonderland: sapore di sale (in zucca?)

30 Aprile 2011 Commenti chiusi

L’Inter entra in campo a Cesena con la testa già in vacanza e una formazione né carne né pesce. La verve dei primi 45 minuti fa nascere prepotentemente il sospetto nelle menti meno innocenti di un biscottone magico: un punto per uno e affari in vista per il prossimo mercato da salvezza del Cesena con tanti nostri giovani da mettere in vetrina.

Sul campo solcato da chiari messaggi per extraterrestri l’unico mini schema dell’Inter è quello di crossare grazie ai rari momenti di lucidità di Maicon per un giocatore che non è in campo (il Pazzo). Poi c’è sempre lo schema Sindaco Motta perdi la palla e innesca il contropiede avversario, ma non sono sicuro che questo fosse studiato a tavolino. Per il resto si sente solo il rollio del mare e il fruscio della brezza sulle dune di sabbia.

Quando all’inizio del secondo tempo non si cambia nulla dell’11 iniziale i casi che affiorano alla mente del tifoso nerazzurro sono due: o Leopardo ha il cervello colonizzato da criceti che girano su una ruota e passa il tempo a chiedersi cos’è quel rumore a livello del lobo parietale, oppure ci siamo veramente messi d’accordo per un biscottone galattico.
Poi dal nulla, cross sapido e piattone in fuorigioco di Budan (al primo gol stagionale all’alba della 35esima giornata, ringrazi la nostra capacità di resurrezione dei cadaveri) per lo svantaggio casuale. Conciati come siamo in campo non potremmo rimontare mai. Fortunatamente ci pensa Ceccarelli che abbatte quella nullità di Darko Pandev e obbliga Leopardo a un cambio: finalmente dentro il giocatore che può raccogliere i cross, con Milito largo a destra nel suo ruolo naturale (sic!) e Eto’o con la voglia di muoversi di un pinguino nella giungla.

La reazione è talmente veemente che Leopardo pensa bene di tirare fuori un Motta inguardabile per il kenyota stanco, l’unico africano con la fisicità di un paguro bernardo. Se potesse giocare da fermo non sarebbe neanche male, ma il calcio è diverso dal subbuteo. Cazzeggiamo ancora per 30 lunghi minuti. Però qualcuno (non certo Leonardo) si deve accorgere che gli unici due cross che abbiamo fatto nel secondo tempo – perché ovviamente è fuori discussione che quando il Pazzo è in campo non si crossi più – sono raccolti e sparati fuori dall’ex doriano. Eto’o e Maicon ci graziano con due cross perfetti per la doppietta del Pazzo che ci regala un’insperata vittoria.

L’unica soddisfazione è quella di non consentire alle merde di festeggiare a casa loro. La grande domanda è perché Coutinho non possa giocare manco queste partite prive di alcun rilievo nel bilancio della nostra stagione: forse settimana prossima contro una squadra senza alcuna motivazione se non quella di romperci le palle, con tre o quattro centrocampisti fuori per squalifiche e infortuni, ce la faremo a vederlo in campo? Per il resto le risposte dal rettangolo verde sono vere e proprie sentenze: i giocatori sono già in vacanza e Leopardo non è e non sarà mai un’allenatore perché non è in grado di gestire minimamente la tensione andando sempre e completamente nel pallone. Nella vita a volte bisogna accontentarsi e quest’anno con due titoli in saccoccia e tanti sogni ci tocca trascinarci fino alla 38esima giornata. Amen.

Mayday mayday 2011

28 Aprile 2011 2 commenti

Per dieci anni la Mayday Parade è stata il primo maggio dei precari e delle precarie: l’espressione della nostra creatività, il luogo dove ci siamo riconosciuti, dove abbiamo coltivato le nostre relazioni e i nostri desideri e dove abbiamo reso visibili la nostra gioia e la nostra rabbia. Decine di migliaia di precari l’hanno animata, colorata, gridata e partecipata. Dopo undici anni sappiamo che la Mayday come spazio di espressione e visibilità, come momento di inclusione e ricomposizione della precarietà, ha vinto: oggi persino il papa e il sindacato confederale parlano di precarietà, mentre nelle piazze la generazione precaria esplode di rabbia. È tempo di esigere che i nostri desideri diventino realtà.

Stiamo cavalcando la tigre della precarietà, perché viviamo ogni giorno nell’incertezza ma anche perché sappiamo qual è la nostra forza. Il governo e l’Europa ci impongono privatizzazioni, licenziamenti, austerità, tagli, sacrifici. Non temporaneamente, per effetto della crisi, ma come politica necessaria e senza alternative per gli anni a venire. Di contro, la condizione precaria è diventata un soggetto politico autonomo, che crea azione politica: pone domande, individua soluzioni e sviluppa conflitto.

Vogliamo un reddito di base universale e incondizionato, sganciato dal contratto di lavoro. Vogliamo un nuovo welfare fatto di diritti per tutte/i, di accesso ai beni comuni costituiti da saperi, conoscenza, acqua, servizi sociali, casa, mobilità sostenibile. Siamo contro la speculazione e l’Expo 2015 che aggrediscono le nostre città e i nostri territori, con Milano come banco di prova per le politiche di cementificazione più aggressive. Chiediamo cittadinanza per i migranti slegata dal contratto dal lavoro e diritto alla libera circolazione. Chiediamo la riduzione del caos delle forme contrattuali, chiediamo più soldi e un salario minimo orario, e gridiamo con forza che rivogliamo ciò che ci hanno tolto: diritto alla maternità, alla previdenza, alle ferie. In poche parole, rivogliamo il diritto alla scelta, contro il ricatto del bisogno e della paura. Pretendiamo di essere ascoltati.

Vogliamo dirlo ben chiaro al governo, ai vari Marchionne, ai precarizzatori che abusano della nostra ricattabilità, ai sindacati concertativi, all’opposizione pavida e di comodo: i precari e le precarie chiedono l’opposto di quella politica di sacrifici che volete imporci. Precari e precarie, native e migranti, saremo in piazza il primo maggio per una Mayday di festa, di gioia e di rabbia.

Vogliamo che la Mayday si trasformi in un momento di passaggio, di immaginazione, di relazione e di discussione verso il primo vero sciopero precario che costruiremo tutti insieme nei prossimi mesi: vogliamo riprenderci il diritto allo sciopero e usarlo per reclamare i nostri desideri. Lo sciopero precario sarà lo sciopero dei precari e uno sciopero nato nella precarietà e rivolto contro chi ci precarizza.

Immaginate se un giorno i call center non rispondessero alle chiamate, se i trasporti non funzionassero, se le case editrici che sfruttano il lavoro precario fossero bloccate, se le fabbriche chiudessero, se la rete ribollisse di sabotaggi, se gli hacker fermassero le reti delle grandi aziende, se i precari si prendessero la casa che non hanno, gli spazi che gli sono negati. Immaginate se i precari e le precarie incrociassero le braccia, diventassero finalmente protagonisti e dimostrassero che sono forti: il paese si bloccherebbe. Di questo parleremo alla Mayday 2011: di come mettere in pratica il primo sciopero precario. Per farlo servono la tua intelligenza, i tuoi sogni, i tuoi trucchi e i tuoi sgami.

Vogliamo cavalcare la tigre della precarietà e dimostrare che tutti insieme possiamo diventare un problema per chi ci sfrutta. Mayday 2011, verso lo sciopero precario.

Primo maggio 2011, Milano, piazza XXIV Maggio, alle 14
Mayday – da undici anni il primo maggio dei precari e delle precarie

Ricordare significa resistere

25 Aprile 2011 Commenti chiusi

Ricordare è un atto piccolo se confrontato con altri più impegnativi, ma è il contributo che ciascuno può dare per continuare una battaglia che è cominciata quasi 70 anni fa e che è lungi dall’essere terminata. Purtroppo il fascismo e le miserie umane che lo hanno permesso e alimentato sono ancora al nostro fianco tutti i giorni ed è una guerra quotidiana che non possiamo smettere di combattere. Neanche per un minuto. Ricordare significa resistere.

http://www.youtube.com/watch?v=kQPJfrBuEUw

Inter in Wonderland: incredibilmente 2

23 Aprile 2011 4 commenti

Quando arrivi fisicamente a pezzi a uno spareggio per il terzo posto dopo aver sognato l’aggancio del primo posto e essere naufragato di fronte a una squadra di molto inferiore a te in una competizione importante come la Champions League, e il Palazzo ti mette di fronte un arbitro confesso laziale e a fine carriera (con nulla da perdere da eventuali scandali), sai già di che morte dovrai morire in campo. I tifosi si affacciano quindi alla gogna di un San Siro in cui si possono ammirare gli ottimi risultati di Tessera del Tifoso e sicurezza gestita dagli stewart: i laziali occupano il secondo blu, costringendo schiere di interisti a spostarsi per poter vedere oltre i bandieroni e gli ultras in piedi, con gli stewart che se la prendono con gli interisti che osano protestare. Grazie Maroni, ci voleva un genio come te per far funzionare l’ordine e la disciplina negli stadi italiani. Pietà.

In ogni caso la sentenza è presto eseguita: in 24 minuti l’Inter non soffre e non punge ma sembra poter amministrare una gara che sulla carta poteva essere più ostica. Ci pensa il buon Morganti (che quando ci arbitra fa sempre rima con merda – notare i miei post in tempi non sospetti) a indirizzare la gara: Zarate si beve la nostra colpevole difesa, Julio esce, Zarate cerca e trova il contatto, ma Ranocchia e Lucio sono in traiettoria. Il regolamente fiscale che si applica solo all’Inter prevede rigore ed espulsione, mettendoci di fronte all’incubo di 70 minuti in 10 contro 11.

E’ qui che finalmente si rivede il carattere di un gruppo che ha regalato tutto ai suoi tifosi e che merita di essere sostenuto (e rinnovato, per non esporsi più a figure che non gli si confanno): in 10 contro 11 l’Inter prende in mano la gara trascinata da un Deki gigantesco (fino all’infortunio che avremmo potuto tutti prevedere), da un Mototopo vera freccia gialla nerazzurra, da un Eto’o per cui si possono solo sprecare aggettivi e da ritrovati Maicon (fai del tuo meglio per cinque partite e poi vai dove ti porta il cuore), Wesley e Cambiasso (stranamente con lui davanti alla difesa abbiamo vinto tipo 9 partite su 10 o qualcosa del genere, speriamo Thiagone segua infortunato per il bene dell’Inter fino a che Leopardo non cambierà idea sul suo posizionamento in campo).

Gran punizia dai trenta metri e al quarantesimo siamo in parità. Morganti ovviamente non ha smesso con l’arbitraggio scandaloso dopo il rigore: i laziali possono entrare come vogliono e prendono un giallo ogni tre interventi allucinanti, gli interisti alla prima occasione; senza contare il prezioso ausilio del collaboratore pelato sotto la Sud, che non vede scarpate a non finire a un metro da lui e cambia idea appena ce n’è la possibilità per favorire i laziali.

Il secondo tempo segue lo stesso copione, ma un gran lancio del Capitano fa a fette la difesa laziele liberando Eto’o in area: dribbling sul portiere e colpo moscio ed esausto verso la porta per il vantaggio. Per fortuna alla malafede di Morganti ci pensa quel rossonero impunito di Mauri che senza motivo scalcia da terra il mitico Mototopo, facendosi espellere e riportando la gara in parità numerica. Nonostante la traversa e il tentato omicidio di Kozak (oh, ma questo ne ammazza uno a partita, sarà normale?) è l’Inter che rischia di dilagare se per stanchezza e poca lucidità Eto’o, Obi, Mariga e Maicon non si mangiassero l’impossibile in contropiede. Per fortuna non subiamo la dura legge del contrappasso e portiamo a casa tre punti pesantissimi, che grazie al tramonto dei pulcinella dipinti su cartongesso peggio dei tifosi della Triestina ci vede incredibilmente secondi. Pensare che sarebbe bastato giocare anche il girone di andata… ach, le lacrime di coccodrillo nerazzurro…

La Coppa dei Cachi: vittoria in contumacia

19 Aprile 2011 2 commenti

Ho visto solo il secondo tempo. Con tre dei miei studenti. Traumatizzati. Ma vincenti. Anche se da quel che ho visto ancora pesantemente sulle gambe. Mi riservo di aggiungere commenti quando avro’ tempo di ragionare meglio sul match. Almeno abbiamo vinto. Vedi come siamo ridotti.

Inter in Hell: Mister lo vuole il recupero?

16 Aprile 2011 Commenti chiusi

E’ bello rinfrescare le vecchie tradizioni: un finale di campionato palpitante alla ricerca del terzo posto per evitare i preliminari se non peggio; una squadra svuotata di coraggio e di dignità prima ancora che di energie, che rischia di farsi umiliare da un gol in rabona di un proprio ex di 37 anni cmq meglio di almeno 1/4 del proprio attuale reparto d’attacco; i tuoi avversari storici davanti a farti le pernacchie.

Per carità, un anno così dopo tanti trionfi può anche capitare, ma si può anche perdere con maggiore decenza. La squadra entra in campo con un centrocampo in cui chi non è immobile (Cuchu-Deki-Pupi), semplicemente non è (Kharja) e uno dei due terzini che non è in grado di fare uno scatto neanche se vedesse un cobra pronto a morderlo fatalmente (Chivu), senza contare due attaccanti statici (Pazzo) o completamente spompati (Eto’o). 7 giocatori su 11 in una condizione da serie B sono troppi per affrontare con qualche speranza qualsiasi squadra, figuriamoci una squadra con la necessità di fare punti salvezza e con qualche giocatore di qualità.

Prendiamo due pere, una per tempo, da due gobbi maledetti e impenitenti, tirando in tutto 3 volte in porta. Come si fa ad argomentare qualcosa contro questi dati di realtà. La pochezza di gioco espressa dalla squadra da ormai un mese a questa parte è francamente imbarazzante e fa venire da piangere. I tifosi sopportano e supportano, ma la situazione è obiettivamente deprimente.

Portiamo a casa l’ennesima prova abietta, e per 4 volte in cinque partite nella mia mente torna l’immagine dell’arbitro che si volta verso Leopardo chiedendo sommessamente: “Mister, lo vuole il recupero?”. Io avrei declinato, che poteva solo andare peggio stasera. Vorrei recuperare un po’ di giocatori a una forma umana, almeno per qualche partita, e poi pensare all’anno prossimo, l’anno dopo aver fatto vincere “la squadra che fa bene all’Italia”. Se non era un motivo questo per asfaltarli quest’anno, quale poteva essere uno migliore?