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Lisbona

4 Gennaio 2008 4 commenti

una vista di lisbona dal belvedere di graçaLisbona ricorda molto il Sudamerica, o forse viceversa in effetti, riempito però di liguri, parenti più prossimi da un punto di vista antropologico-culturale ai portoghesi: lo stesso mix di chiusura e generosità, di resilienza al cambiamento e attaccamento alle sensazioni più malinconiche e romantiche. notte a lisbonaLisbona è molto bella: salite e discese, alti e bassi della ricchezza negli ornamenti, nella cura, nella rifinitura di palazzi, strade, luoghi. E’ difficile definirla, non è proprio magica, forse languida è la parola giusta, lentamente e inesorabilmente languida. Sicuramente un posto di cui ti puoi innamorare, come è difficile trovarne tra le moderne metropoli, troppo indaffarate a mostrarsi per ammiccare, troppo lucide e splendenti per avvolgerti come i veli di un odalisca.

Il clima è mite, e nonostante sia capodanno ci sono 14 gradi di giorno e una decina di notte. una buganvillee gigantesca in fiore il 29 dicembreDormiamo alla Perola da Baixa, un posto modesto ma economico, in cui scopriamo subito che con un extra di due euro ti affittano una stufetta elettrica determinante per vivere meglio. Tanto per citare le relazioni con l’antropologia ligure: le braccine gliel’hanno cucite alla spalla anche ai lusitani! 🙂
La città è molto più grande di quanto mi aspettassi anche se il centro è abbastanza ridotto: proprio da Praça do Restauradores, dove dormiamo, cominciano a snodarsi le avenidas che raggiungono le periferie lontane della città, che nel corso dei decenni ha inglobato sobborghi celebri per un motivo o per l’altro… Anzi, di solito per un solo motivo: il calcio: parliamo infatti dei sobborghi di Benfica e di Belem (da cui trae il suo nome il Belenenses).

La prima sera arriviamo a Lisbona e ci scontriamo con la genovesità dei suoi abitanti: sono le otto di sera e ogni posto dove mangiare è chiuso, o sta chiudendo, senza appello. Finalmente arranchiamo verso il Bairro Alto, la zona dei "localini", una specie di quartiere Isola della capitale portoghese, e scoviamo un baretto minuscolo, si e no quindici metri quadri, incastonato nell’angolo di un palazzo ricoperto di azulejos verdi e bianche, con una vistosa e desueta insegna farmacia. Entriamo nel bar e la ventina di occhi seduti ai due tavolini minuscoli addossati alla vetrina e ai cinque sgabelli di legno ci scrutano per capire che cosa ci facciamo lì: blanca è l’unica donna, e subito dopo di noi entra un portoghese dalle braccia solide e la barba sfatta che mentre spiega al vecchietto dietro il banco come funzionano i cellulari si accomoda su alcune casse di birra rovesciate coperte da una lastra di marmo a fare da pianale per il proprio culo. Ci sediamo sugli ultimi due sgabelli liberi e chiediamo il baccalao a minhota, ovvero il baccalà fritto, piatto tipico. Il tipo ci analizza con lo sguardo di traverso e ci dice: "c’è solo la testa e la coda. non è rimasto altro". In altre parole: baccalà? Finito! Come direbbero alcuni comici savonesi. il castello nelle nuvoleNoi accettiamo, e piano piano il vecchietto si scioglie, commosso dalla nostra indefessa determinazione nel mangiare il piatto locale. Mentre il vecchietto ci chiede di dove siamo e cosa facciamo, il tipo nerboruto seduto sulle casse di birra spolpa un pezzo enorme di baccalà fino a succhiarsi una per una le vertebre: la mia ammirazione per la sua capacità di lucidare il piatto fino all’ultima spina di pesce mi muove quasi a un applauso. Mi trattengo per decoro. La vera sorpresa è a fine pasto: 14 euro in due, compreso caffè, bibite, e due piatti unici con contorno.

Il livello di vita vero del Portogallo è questo: sono chiaramente più poveri, e il costo delle cose è la metà che da noi, ovvero un quarto che in Inghilterra. Ovviamente se vai in un ristorante anziché al baretto arrivi a 30 euro in due per un pasto al ristorante, ma direi che è ampiamente meno di quanto si spenda qui. Anche al ristorante i portoghesi si gemellano con i genovesi: i piatti costano poco, ma prima che ti arrivi il menù in tavola, tu la ritrovi imbandita di stuzzicherie varie, su cui normalmente ti fiondi ammirato per l’ospitalità. In realtà ogni stuzzichino si paga a parte, alla fine, ma lo scopri solo una volta che avrai potuto guardare il menù. Mortacci. Ovviamente noi ci siamo fatti fregare nel posto più costoso che abbiamo frequentato in cinque giorni, ma devo dire che per l’atmosfera ne valeva la pena.

azulejos Mentre attraversiamo per una giornata intera i quartieri di Lisbona per visitare chiese e fotografare azulejos – le mattonelle dipinte che ornano moltissimi palazzi e che sono una vera e propria mania portoghese, tanto da dedicarli un museo splendido a ridosso del quartiere Alfama – testiamo vari luoghi di degustazione di pesce: passiamo dal cafè in mezzo alla strada con le sue crocchette di patate e baccalà, alla mensa dei portuali, dove ci abbuffiamo come maiali di salmone e altro pesce alla griglia, buonissimo.

vicolo in alfama La seconda sera sbarchiamo nel quartiere Alfama per il nostro momento di turismo verace: la cena al ristorante con fado dal vivo. azulejos sul fadoNella giornata precedente avevamo puntato un posticino sotterraneo e sufficientemente dubbio da essere interessante. Scendiamo e un vecchietto che incarna lo stereotipo del portoghese ci fa accomodare a lume di candela. Il vecchio asciugato dal sole e con due folti baffi grigi ci guida proprio di fronte al gruppo che sta per suonare: due suonatori che sembrano usciti da un film di tarantino e due sciantose over 50 che fumano come delle turche: Maria e Annabelle. Mitiche. Lo scantinato è tappezzato anche all’interno di panorami di Lisbona e azulejos. Dopo alcuni minuti comincia lo show e scopriamo che i fadistas sono Maria e il vecchietto che fa anche da maitre e cameriere: l’antifona è chiara. E’ tutta una truffa turistica organizzata su base famigliare per sbarcare il lunario. Noi siamo felici di vedere l’organizzazione criminale di piccolo cabotaggio organizzata ai danni dei turisti deficienti, e loro sono felici di cantare e servirci piatti prelibati. Che si può volere di più? Il top della serata è rappresentato dalla signora Maria che a metà del suo numero lusingata dal baciamano di un francese piacione lo guarda seduto di fianco alla moglie e si propone indicando l’anulare sgombro da anelli con un languido: "yo, no marry!", ammiccando chiaramente. La serata scorre liscia e il baccalà a bras – ovvero saltato con uova e patate – è ottimo, anche se vengo ingiustamente aggredito da lische che non dovevano esserci. Pazienza.

Il giorno dopo ci è toccato Oceanario e Museo delle Azulejos: l’acquario di Lisbona è costruito nel quartiere nuovo costruito con i soldi della World Expo 1998, un salto di 100 anni avanti rispetto al resto di Lisbona; è il secondo acquario più grande del Mondo, e ci si arriva usando la metrò pulitissima e efficientissima che mi ricorda la provincialità di Milano e dell’Italia in generale. nutria marina si gratta le guanceIl concetto di pubblico è più avanzato in Portogallo che da noi, che in teoria abbiamo fior di scuole sociologiche in merito… Pietà. Tanto per dirne un’altra: i residenti entrano gratis nei musei, che comunque hanno un costo contenuto, intorno ai 4 euro.
Le attrazioni dell’Oceanario sono due: un’enorme vasca centrale con svariate specie, tra cui molti squali, e un pesce semidinosauro del peso di due tonnellate, e le nutrie marine. Dire che sono umane è dire poco, infatti sono costantemente circondate dall’attenzione del pubblico che ricambiano con atteggiamente strafottenti degni dei migliori artisti da circo.

 

Il Museo delle Azulejos è splendido e ospita ceramiche che datano dal 1500 in avanti, fino ad arrivare a un enorme pannello in piastrelle che mostra il panorama di Lisbona prima dell’incendio del 1755 che l’ha rasa al suolo: è lungo una trentina di metri e alto uno e mezzo! I colori delle azulejos che trovate nel museo sono incredibili, e valgono una visita.

Per concludere con i consigli turistici, l’unico luogo extra che abbiamo visitato è stata Sintra: un luogo magico, arroccato nell’interno, i cui due principali castelli – il Palacio Nacional e il Palacio de la Pena – sono veramente splendidi. In particolare il secondo sembra uscito da una fiaba e merita una visita quando passate dalle parti del Portogallo. A questo andrebbe aggiunto il Mosteiro dos Jeronimos a Belem, uno splendore tra il gotico e il barocco, a cui in coda potreste aggiungere una tappa allo Stop do Bairro, un ristorantino a conduzione familiare nella zona di Campo do Ouarte, in cui amano andare calciatori e sportivi: noi ci abbiamo trovato Camacho, l’attuale allenatore del Benfica!

Il resto è vagabondaggio quotidiano, vinho do porto, strade che si trasformano nel giro di dieci metri da viette trendy in stradine popolari con le case abbandonate a sé stesse. Qualcuno ha descritto Lisbona e il Portogallo come una signora decaduta, ma io aggiungerei che è una condizione temporanea, e che la capacità di valorizzare la propria bellezza potrebbe trasformare Lisbona in una splendida Nobildonna. Ci sarebbero mille aneddoti e mille racconti da fare, come per ogni viaggio, anche solo di cinque giorni, ma la stanchezza presto vince la voglia di narrare, aiutata dalla sensazione di svilire sensazioni uniche con la reiterazione del racconto troppo rapido e poco ricco di densità emotiva. Allora forse meglio aspettare che qualche decina di parole meriti di riacciuffare dalla memoria un particolare di questo viaggio, per raccontarlo di nuovo e con una prospettiva ogni volta diversa.

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