Inter in Wonderland: black out leo, game over inter
I nerazzurri scendono in campo contro una squadra con un piede in serie B con una formazione tutto sommato sensata se non per il fatto di obbligare Deki e il Capitano a correre come dei muli per tutto il centrocampo, tra l’altro entrambi per novanta minuti nonostante la palese situazione di semi-infortunio e stanchezza (rispettivamente). Gli altri elementi di perplessità non sono tanto legati alla scelta degli uomini o dello schema, quanto a quella di dare licenza di girare per tutto il campo e di giocare come e dove vogliono a due dei nostri fuoriclasse: Wesley e Eto’o. Li ritroviamo un po’ ovunque, il primo un po’ (troppo) isterico dopo non aver giocato praticamente fino a febbraio, il secondo lievemente compassato, ma indiscutibile.
Tanto che il gol che ci da il vantaggio è proprio suo. Niente da dire. Nonostante un Maicon che gioca con il freno a mano – come ogni match pre lega dei citroni – e i limiti di organizzazione del gioco, siamo in vantaggio. E il Brescia non vede quasi mai la porta se non grazie a nostri involontari assist: clamoroso quello di Deki per Caracciolo che poi lo stesso Deki sventa con strattonamenti ai limiti del regolamento.
Quando la squadra entra negli spogliatoi tutti ci aspettiamo che il serbo venga fatto rifiatare, ma come al solito un cambio prima del 60esimo è pura utopia con Leopardo. E’ venerdì, e da quando ho memoria è un giorno che ci ha sempre portato sfiga (per non parlare del fatto che è anche l’11 marzo): negli ultimi anni abbiamo vinto solo con il Genoa e facendo mezzo tiro in porta che è entrato solo grazie alla papera di Eduardo. Per il resto: derby del 6-0, partita con la lazio persa, il match di Catania dell’anno scorso con il record di Muntari di due gialli più rosso più rigore più zero palle toccate in 35 secondi. Insomma una giornata in cui aiutare la fortuna e non sperarci troppo a lungo.
In ogni caso la squadra rientra e dei cambi nemmeno l’ombra: Pandev – che peraltro non ha giocato una brutta partita – inizia la sua sequela di gol sbagliati a tu per tu con Arcari (che stanotte farà meglio ad accendere un cero alla Madonna) e di palle fermate o smorzate appena prima che arrivino sui piedi di qualche compagno pronto a spararle in porta (di solito l’isterico olandese). I tre gol mangiati davanti al portiere alla fine del match peseranno come macigni. Quando finalmente inizia la girandola dei cambi nerazzurri, viene da pensare che Leo li faccia per far smettere ai tifosi di invocarli: fuori Lucio e dentro Matrix (vabbé vorrà preservarlo); fuori il Pazzo per Kharja (ok, da fiducia a Pandev). E poi il capolavoro, il blackout che ci costerà partita e campionato (ok, non l’abbiamo perso stasera, ma a me rimarrà impresso per sempre): dentro Cordoba per Nagatomo, che stava facendo bene. Due difensori in campo, come messaggio alla squadra di chiudere la partita con un secondo gol non c’è male.
Da quando entra Sciagura Cordoba mette sempre sistematicamente la palla sui piedi dei centrocampisti e degli attaccanti bresciani. La scena madre che spiega bene la fase dell’inter alla fine della partita è quella in cui una punizione dalla tre quarti viene battuta dal colombiano per appoggiare a Matrix che spara a caso come solo lui sa fare. Un bijoux. E sarà proprio la Sciagura reduce di tante battaglie a deviare un cornere del Brescia verso l’interno dell’area proprio sulla testa di Caracciolo che come sempre ce la butta in fondo al sacco. Ma non è finita: pensate che l’Inter reagisca? Sì, caoticamente e nevroticamente, ottenendo solo che su una palla persa da un Deki spompissimo il Brescia si lanci in contropiede con Eder che viene steso un metro fuori area sempre dalla solita impersonificazione della sfiga Ivan Ramiro: espulsione, rigore e contestuali 4 minuti di recupero (appena due minuti prima Arcari è stato soccorso per 90 secondi buoni dai medici), Rocchi non si smentisce mai, e sa benissimo chi sono i suoi mandanti.
Julio Cesar para il rigore ma non riusciamo più a fare una azione da gol anche solo per far vedere che ci stiamo provando. Con l’ennesimo Venerdì Nero, questa volta soprattutto per il tecnico brasiliano che non ne azzecca molte, diciamo definitivamente addio alle speranze di rimonta, ritrovandoci verosimilmente a -7 domenica sera. D’altronde meglio così: se questo scudetto lo perdevo per un punto mi toccava andare a bruciare le macchine fuori dalla Pinetina, considerati i punti sbattuti via nel girone di andata. Meglio un sano distacco che non mi faccia prudere le mani. La doppia sfida con il Brescia verrà comunque ricordata come l’esempio dei match in cui abbiamo vanificato la superiorità calcistica che ci avrebbe potuto dare il primato anche quest’anno: all’andata un match anonimo in cui Milito sbaglia il gol della vittoria al 93esimo contestualmente stirandosi una gamba; al ritorno un match che sarebbe dovuto finire 0-4 buttato nel cesso al minuto 86. Non sempre si può vincere è vero, ma se devi recuperare un girone giocato come i gamberi è l’unica cosa che puoi e devi fare. Ma ormai non conta più molto. Game Over.