Mayday mayday 2011
Per dieci anni la Mayday Parade è stata il primo maggio dei precari e delle precarie: l’espressione della nostra creatività, il luogo dove ci siamo riconosciuti, dove abbiamo coltivato le nostre relazioni e i nostri desideri e dove abbiamo reso visibili la nostra gioia e la nostra rabbia. Decine di migliaia di precari l’hanno animata, colorata, gridata e partecipata. Dopo undici anni sappiamo che la Mayday come spazio di espressione e visibilità, come momento di inclusione e ricomposizione della precarietà, ha vinto: oggi persino il papa e il sindacato confederale parlano di precarietà, mentre nelle piazze la generazione precaria esplode di rabbia. È tempo di esigere che i nostri desideri diventino realtà.
Stiamo cavalcando la tigre della precarietà, perché viviamo ogni giorno nell’incertezza ma anche perché sappiamo qual è la nostra forza. Il governo e l’Europa ci impongono privatizzazioni, licenziamenti, austerità, tagli, sacrifici. Non temporaneamente, per effetto della crisi, ma come politica necessaria e senza alternative per gli anni a venire. Di contro, la condizione precaria è diventata un soggetto politico autonomo, che crea azione politica: pone domande, individua soluzioni e sviluppa conflitto.
Vogliamo un reddito di base universale e incondizionato, sganciato dal contratto di lavoro. Vogliamo un nuovo welfare fatto di diritti per tutte/i, di accesso ai beni comuni costituiti da saperi, conoscenza, acqua, servizi sociali, casa, mobilità sostenibile. Siamo contro la speculazione e l’Expo 2015 che aggrediscono le nostre città e i nostri territori, con Milano come banco di prova per le politiche di cementificazione più aggressive. Chiediamo cittadinanza per i migranti slegata dal contratto dal lavoro e diritto alla libera circolazione. Chiediamo la riduzione del caos delle forme contrattuali, chiediamo più soldi e un salario minimo orario, e gridiamo con forza che rivogliamo ciò che ci hanno tolto: diritto alla maternità, alla previdenza, alle ferie. In poche parole, rivogliamo il diritto alla scelta, contro il ricatto del bisogno e della paura. Pretendiamo di essere ascoltati.
Vogliamo dirlo ben chiaro al governo, ai vari Marchionne, ai precarizzatori che abusano della nostra ricattabilità, ai sindacati concertativi, all’opposizione pavida e di comodo: i precari e le precarie chiedono l’opposto di quella politica di sacrifici che volete imporci. Precari e precarie, native e migranti, saremo in piazza il primo maggio per una Mayday di festa, di gioia e di rabbia.
Vogliamo che la Mayday si trasformi in un momento di passaggio, di immaginazione, di relazione e di discussione verso il primo vero sciopero precario che costruiremo tutti insieme nei prossimi mesi: vogliamo riprenderci il diritto allo sciopero e usarlo per reclamare i nostri desideri. Lo sciopero precario sarà lo sciopero dei precari e uno sciopero nato nella precarietà e rivolto contro chi ci precarizza.
Immaginate se un giorno i call center non rispondessero alle chiamate, se i trasporti non funzionassero, se le case editrici che sfruttano il lavoro precario fossero bloccate, se le fabbriche chiudessero, se la rete ribollisse di sabotaggi, se gli hacker fermassero le reti delle grandi aziende, se i precari si prendessero la casa che non hanno, gli spazi che gli sono negati. Immaginate se i precari e le precarie incrociassero le braccia, diventassero finalmente protagonisti e dimostrassero che sono forti: il paese si bloccherebbe. Di questo parleremo alla Mayday 2011: di come mettere in pratica il primo sciopero precario. Per farlo servono la tua intelligenza, i tuoi sogni, i tuoi trucchi e i tuoi sgami.
Vogliamo cavalcare la tigre della precarietà e dimostrare che tutti insieme possiamo diventare un problema per chi ci sfrutta. Mayday 2011, verso lo sciopero precario.
Primo maggio 2011, Milano, piazza XXIV Maggio, alle 14
Mayday – da undici anni il primo maggio dei precari e delle precarie