Lontani i verdi campi elisi della Terra dei Cachi, remote le viscere della terra ottenebrate dalla nebbia e dall’umidità del purgatorio del volger dell’anno, il prode Leopardo dalla schiena ritta trascina i nostri beneamati nel loro ambiente naturale: non più omelie e salamelecchi, pelosi elogi e viziosi panegirici, ma l’azione, nient’altro che l’azione. I proteiformi eroi nerazzurri indossano i panni delle belve e attirano i poveri pulcinella un po’ impettiti per un campionato al di sopra delle aspettative (e grazie a svariati gol oltre il 92esimo) e che fanno della corsa e dell’agonismo la principale qualità nella giungla più fitta.
Qui finalmente in mezzo alle fiere ritroviamo, ed è la notizia più lieta, il Principe della Foresta: si muove come un tempo, scatta come un tempo (almeno per 70 minuti) e poco manca che la butti in fondo al sacco come un tempo. Ma i tifosi interisti sanno aver pazienza. Anche perché avere come compagno di reparto il Bradipo Panda, capace di partire con dieci metri di vantaggio su Piolo Cannavaro e di arrivare un secondo in ritardo sul difensore al pallone, trasforma il recupero della perfetta forma in un impresa francamente improba. D’altronde si sa che i Panda priviligiano svaccarsi su una pietra con in bocca un bastoncino di bambù, troppo pigri anche solo per essere carnivori (sono sempre orsi, anche se la loro dieta tradisce qualche piccolo problema di dinamismo).
Dietro alle due punte finalmente il pesce preferito per giocare nel trito campionato del Paese-che-non-c’è, il luogo a cui fa bene che i nostri cugini biretrocessi vincano, per diktat del padrone della ferriera: il rombo. Ei fu. Un Drago Stankovic a pieno regime e scatenato su tutto il fronte, il Sindaco Motta, ormai noto come la Mangusta, la Volpe glabra Cambiasso e il Bue d’Acciaio, il nostro infaticabile capitano, che ancora un po’ dopo l’ennesima discesa piazza un diagonale millimetrico che rischierebbe di avviare anzitempo i lavori per il nuovo stadio. Io per primo avrei iniziato a smontare le gradinate per portarmi a casa un souvenir di una serata in cui avviene cotanta azione.
In difesa davanti a un’improbabile Gatto di Marmo con il nome di Castellazzi, legato con liane e rampicanti ai tronchi della porta, un ottimo Ghiru (che non dorme per nulla, aiutato a turno dalla Mangusta o dal Cuchu), un Orco Lucio di proporzioni bibliche, un Topolino Cordoba che compie recuperi impensabili per un 35enne e un Maicon Facocero dalle discese sempre più rade. Nonostante tutto ciò e nonostante la sofferenza ad ogni palla spiovente in mezzo all’area, prendiamo solo un gol quando pulcinella Pazienza si infila come una freccia nella difesa.
Per i napoletani è solo il temporaneo pareggio della rete incredibile che confezionano la Mangusta e il Drago con un triangolo da antologia e sinistro nell’angolino. Dopo il pareggio la canea nerazzurra riprende il controllo della partita, ma sembra faticare a sfruttare al meglio le molte occasioni che si creano, lasciando qualche speranza agli avversari. Proprio dopo tanti moccoli all’indirizzo del Facocero brasiliano, questo compie la sua prima discesa stagionale e scocca un cross perfetto su cui El Cuchu, sapido come una volpe pelata argentina può essere, si lancia come una freccia per il 2-1.
Il secondo tempo ripete il copione del primo tempo: noi attenti, coperti, abbastanza corti, con la difesa bassa e la voglia di ribaltare l’azione. Lasciamo spesso l’iniziativa all’avversario e sui pallone a spiovere tra il Gatto di Marmo e la poca mobilità dei difensori andiamo in difficoltà, senza sbandare. Sul corner che ormai tutti disperavano che il Panda Bradipo fosse in grado di battere, il miracolo: non solo scodella la palla in area, ma il Sindaco Mangusta sale più in alto di tutti e beffa il portiere partenopeo. Partita in ghiacciaia e solo voglia di chiuderla. Ci riusciremo trasformando la giungla nelle sabbie mobili e rischiando di quadruplicare con il capitano e non solo.
Non si può più scherzare: i giocatori ci mettono l’anima, le gambe e il cervello. C’è ancora molto da migliorare, soprattutto in fase difensiva e davanti con un Pandev inguardabile nonostante gli sforzi che fa per non sembrare un ex atleta. Alcuni uomini sono ancora a mezzo servizio, ma si vede che è cambiato il modo di affrontare gli impegni. Se serviva che Benny se ne andasse per vedere tutto ciò, viva l’esonero. Per ora la formazione la fanno i senatori, ma servirà cambiare per crederci.