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Genova 2001 e la storia italiana

21 Giugno 2007

 

Proprio in questi giorni mi ero messo a risistemare i riassunti dei processi per un nuovo printi di supportolegale, e un articolo un po' a metà tra riassunto e commento per carmylla per riportare l'attenzione sulla conclusione del processo ai 25 (che proprio tra questa e la prossima settimana vedrà la conclusione dei testimoni e quindi l'imbocco della dirittura d'arrivo verso la sentenza). I fatti di ieri mi obbligheranno a scriverne un altro quando saranno più chiare le strategie degli apparati di sicurezza: direi settimana prossima o quella dopo. Nel frattempo vi ripropongo qui l'articolo pubblicato su carmilla (tnx valerio! 🙂

 

Genova 2001 e la storia italiana

di Blicero (Collettivo Supportolegale)

I fatti del G8 di Genova entrano di diritto nelle tormentate storia e identità culturale italiane. In questi giorni di Mio Fratello è Figlio Unico
e di interventi di giornalisti americani che cercano di spiegare ai
loro figli nati in Italia le matrici culturali del Bel Paese (v. ultimi
numeri di Internazionale), c'è un evento forse unico nella
nostra storia recente che ha le caratteristiche per costituire un
ulteriore capitolo nella formazione della memoria collettiva del
popolino italico.
Ciò che accadde il 20 e 21 luglio 2001 a Genova infatti è un muro
contro il quale si infrange l'identità di ognuno di noi: difendere i
manifestanti, accusare la polizia, difendere lo Stato, accusare i
teppisti, disegnare complotti da un lato o dall'altro.

Fortunatamente il tentativo disperato da parte di media e
istituzioni culturali e politiche del paese di far calare il sipario su
un evento così importante per tutti coloro che lo hanno vissuto
direttamente o indirettamente e per la storia non solo del paese, ma
anche e soprattutto dei conflitti politici a livello internazionale,
sta andando incontro a una sconfitta sempre più netta.
E' pure vero che per ora sui manuali di storia delle superiori troviamo
pagine e pagine per giustificare l'11 settembre e le guerre che ne sono
state l'inevitabile reazione (o origine, forse siamo noi che non
abbiamo capito nulla!), mentre non troviamo neanche un paragrafo sul G8
di Genova. Ma la memoria delle persone è diventata più viva negli
ultimi anni, anche grazie al lavoro di molti gruppi, collettivi e
individualità che non si sono stancate di seguire ciò che è rimasto di
quegli eventi: i processi.

 

Seguire i processi di Genova non è un hobby molto raffinato, anzi è
qualcosa che ti costringe a ingoiare quintali di bile e di delusioni,
di ghigni dietro le spalle di avvocati difensori che credono di aver
capito tutto della vita e di chi sono i vincenti (loro) e chi i
perdenti (noi), di tribunali che si compiacciono alla sola visione di
un dirigente delle forze dell'ordine e che ti costringono ai salti
mortali per dimostrare loro anche le cose più banali. Non è molto
divertente, ma per alcuni è un'attività necessaria per evitare che la
memoria collettiva perda pezzi, subendo la violenza della spugna
aggressiva e arrogante di chi esercita il potere e la forza in maniera
esclusiva nella “democrazia italiana”.
Sono passati ormai sei anni dai giorni di Genova, e tra ventiquattro
mesi un nuovo G8 verrà ospitato nell'isola della Maddalena, nascosto da
tutto e da tutti, all'interno di una base militare (e magari con
qualche avanzo di armamento giusto per stare tranquilli).

Intanto i processi vanno avanti: decine di processi civili per
arresti illegali, pestaggi gratuiti, presunte resistenze che si
rivelano semplici giustificazioni per una manganellata inutile e
violenta. Ma anche cinque importantissimi processi penali, molti dei
quali vedranno la loro conclusione nell'arco del 2008.
Proviamo a fare il punto della situazione su questi ultimi.

Da un lato abbiamo due processi contro i manifestanti.
Il primo è un processo indiziario definito “Processo al Sud Ribelle”,
con sede Cosenza, unica città nella quale i carabinieri dopo aver
girato per mezza Italia hanno trovato un pm compiacente. Il processo,
che coinvolge anche nomi famosi e meno famosi del movimento, è un
autentico delirio privo di alcuna ancora a fatti reali: le persone sono
processate per mail e comunicazioni che delineerebbero presunti piani
eversivi, ma senza che questi possano essere collegati a un qualsiasi
evento concreto e reale. Il processo va avanti da anni e continua nel
silenzio e nel ridicolo generale. La speranza è che presto finisca per
scoppiare come la bolla di sapone che ne potrebbe essere il simbolo.

Il secondo processo contro i manifestanti è quello che vede 25
persone (di ogni area politica) imputate di “devastazione e
saccheggio”, un reato risalente all'immediato dopoguerra e che, rimasto
impigliato nelle briglie senza tempo del codice penale sempre più da
rifare, è diventato la punizione esemplare perfetta da pensare per chi
si macchia di reati politici. Non è un caso che dopo Genova i
principali eventi politici sfociati in scontri di piazza abbiano
trovato pubblici ministeri che hanno provato con decisione a usare un
reato così grave. Chiunque disponga di un minimo senso di osservazione
si chiede come mai contemporaneamente pm di Torino, Genova, Milano,
Roma decidono di rievocare un reato di cui nessuno sentiva parlare da
decenni. A pensar male si fa peccato, ma raramente si sbaglia, no?
In Italia purtroppo esistono già 18 persone condannate per l'articolo
419 c.p.: manifestanti presenti al presidio che l'11 marzo 2006 a
Milano si è trasformato in mezz'oretta di scontri con la polizia, e che
sono stati condannati estendendo il concetto di concorso morale a
quello di concorso per presenza. Non è un caso che Canepa e Canciani (i
pm genovesi titolari del processo ai 25 per i fatti del G8) abbiano
giocato tutto sul concetto di compartecipazione psichica agli eventi
per condannare i manifestanti imputati dei disordini durante le
giornate del G8. Della serie: unisci i puntini.
A Genova rischiamo di vedere reiterare una condanna che non ha nulla di
giuridico ma molto di politico: venerdì 22 giugno 2007 andrà in scena
l'ultima testimonianza del processo ai 25, e dopo le arringhe, in
autunno, assisteremo alla sentenza, che potrebbe significare una pena
dagli 8 a 15 anni per tutti gli imputati. Su quel banco potrebbe
esserci chiunque di noi, una qualsiasi delle persone che si sono
trovate a Genova quel giorno. Se il processo si concluderà con una
condanna, finalmente lo Stato attraverso un tribunale avrà sancito che
opporsi alle forme conclamate di potere transnazionale è un reato che
va duramente represso e schiacciato. Eravamo in 300 mila in quei giorni
a pensarlo: dovremmo essere altrettanti adesso a chiedere di assolvere
i venticinque o di condannarci tutti.

Ovviamente nel mondo delle telenovelas politiche, dei Mastella e
delle pantomime sulle intercettazioni, dei Berlusconi uber alles,
assistiamo anche al tragicomico corso di processi che cercano di
sancire con una sentenza quello che la storia già conosce: le
responsabilità delle forze dell'ordine nella repressione selvaggia del
20 e 21 luglio 2001, la tradizione della polizia e dei carabinieri in
Italia a nascondere e falsificare prove, ad autoassolversi, a pensare
sempre di poter evitare di essere giudicati come tutti gli altri in un
aula di tribunale.
Le prime vittime del proprio hubris militare sono i sei agenti della
DIGOS implicati nel cosiddetto processo Perugini (dal nome dell'allora
vice capo della DIGOS e più illustre imputato, nonché protagonista
dell'evento centrale per cui gli imputati sono a processo): Del Giacco,
Raschellà, Perugini, Mantovani, Pinzone, De Rosa sono accusati di
lesioni, falso ideologico e calunnia. De Rosa ha scelto il rito
abbreviato ed è già stato condannato a un anno e otto mesi di
reclusione, sospesi per la condizionale. Gli altri attendono l'esito
del processo che li accusa di aver pestato a sangue freddo una decina
di ragazzini (tra cui MM, 16 anni, il cui viso con lo zigomo fuori
posto di qualche centimetro è sicuramente nella mente di molti
lettori), e di aver falsificato il verbale di arresto accusandoli di
resistenza aggravata. La sentenza di questo processo sembra essere
scritta, ma nella vita italiana non si sa mai: non è certo l'ultimo
mistero buffo ad essere stato trasferito nel cestino della storia senza
alcuna verità.
Il secondo grande processo nei confronti delle forze dell'ordine è
quello per le torture di Bolzaneto, la caserma nella quale più di 300
persone furono portate per essere identificate subendo vessazioni,
minacce e botte per tre giorni filati. 47 persone tra medici, agenti
della penitenziaria, carabinieri e poliziotti sono imputati per abuso
d'ufficio e lesioni (solo in alcuni casi). Il processo ha visto
snocciolare impressionanti testimonianze che hanno fatto rimpiangere
l'inesistenza del reato di tortura (ma quello di devastazione e
saccheggio esiste, e non si vede all'orizzonte la possibilità di
vederlo eliminato dal nostro codice penale…).

L'ultimo grande processo che vede imputati metà degli attuali
vertici della Polizia Italiana e un discreto numero di dirigenti del
VII Nucleo del Reparto Mobile di Roma, è quello per il pestaggio
sanguinario e l'arresto di 93 persone che dormivano nella scuola Diaz a
Genova, di fronte al mediacenter di Indymedia e GSF. La notte del 21
luglio 2001, il VII Nucleo capeggiato da Vincenzo Canterini e
Michelangelo Fournier guida l'irruzione nella scuola Diaz, decisa in
Questura dai vertici della polizia e dagli esperti della DIGOS genovese
(Mortola, n'est pas?): la polizia afferma di aver dovuto fronteggiare
una pesantissima resistenza, di cui non c'è traccia nei filmati a
disposizione e che cozza con la molta gente aggredita nei propri sacchi
a pelo, e di essere intervenuta per la certezza di trovare
pericolosissime armi all'interno della scuola. In effetti verranno
ritrovate due bottiglie molotov (oltre a molto materiale di un cantiere
che era presente nella scuola e che verrà addebitato alle persone
arrestate), che però si scopriranno essere state poste all'interno
della scuola dagli stessi dirigenti della polizia: un video di Primo
Canale immortala infatti Gratteri, Luperi e molti altri dirigenti con
in mano un sacchetto azzurro contenente le bottiglie molotov
all'esterno della scuola. La testimonianza del vice questore aggiunto
Pasquale Guaglione, che ha ritrovato quelle stesse bottiglie sul
lungomare nel pomeriggio non lascia dubbio a pm e sani di mente in
tutta la penisola: la polizia aveva bisogno di un'operazione che
bilanciasse le figuracce rimediate nei due giorni, e piena di rabbia e
di voglia di vendetta si è scagliata in una scuola menando gente a caso
e quasi ammazzando quattro persone. Il tutto convinti della generale
impunità che la violenza di stato (esplicita o fatta realizzare da
terzi come nel caso delle bande neofasciste di tanta parte degli anni
settanta) ha sempre goduto. Il processo continua e le tesi sopra
esposte non sono più una supposizione di un partigiano come me, ma
verità che tutti, dalle vittime fino all'ex vice capo della polizia
Andreassi e allo stesso Fournier (che hanno confermato la natura
"compensatrice" dell'operazione e l'uso spropositato e gratuito della
forza da parte delle forze dell'ordine), sono venuti a raccontare in
aula per il raccapriccio della corte e di chi le ha volute ascoltare e
leggere.

Tutti questi processi, tutti questi nodi che cercano in un aula di
tribunale di acquisire elementi che possano corroborare i libri di
storia con il suggello dell'ufficialità istituzionale, potrebbero
vedere la loro fatidica sorte nel corso del 2008. E se è vero che la
nostra memoria è il migliore libro di storia, uno che si può tramandare
attraverso le parole, le sensazioni e le certezze di chi ha vissuto
quei giorni, è altrettanto vero che Genova non sarà un capitolo di
storia fino a quando queste vicende non vedranno una conclusione.
Rimarrà un pezzo della nostra vita che alimenta quello che facciamo e
costruiamo tutti i giorni, nel timore che prima o poi venga gettato
nell'oblio da chi cerca di convincerci che resistere e lottare non è
un'opzione percorribile. Genova è tutti i giorni, Genova è di tutti
noi, Genova non è finita, Genova è la verità sotto la pelle dello Stato.

Approfondimenti

Print riassuntivo dei processi aggiornato al giugno 2006 (presto uscirà una nuova versione);

Sito supportolegale;

Sito sui fatti dell'11 marzo (con un testo sulla devastazione e saccheggio).

  1. kundo
    22 Giugno 2007 a 10:24 | #1

    Ieri sera dopo lungo tempo finalmente sono tornatoa casa ad un ora decente… volevo leggermi un bel fumetto sdraiato sul divano con la mia bellissima gatta…
    Ma c’era uno special di minoli sui fatti di Genova che mi ha ben distratto dalle cose che volevo fare….

    Lo hai visto?? cosa ne pensi???

    Visto il canale dove era di più non si poteva sperare… (credo)

    K

    P.S. per la cronaca, dopo mi sono addormentato e nel dormiveglia ho chiuso la povera gatta in balcone…. stamattina aveva una fame che pensavo mi mangiasse un piede!

  2. nero
    22 Giugno 2007 a 10:30 | #2

    non era quello di qualche mese fa con la ricostruzione delle cariche in via tolemaide? con i ringraziamenti alla segreteria legale alla fine?

    per la gatta: sai che io sono per l’estinzione di tutte le forme di vita domestiche….

  3. kundo
    22 Giugno 2007 a 10:58 | #3

    Non credo fosse quello…. c’era l’intervista a Caplanica (e qua già cisarebbe da discutere molto… come fa un giovano assolutamente non sveglio ad esser lì, sembra che abbia delle difficoltà di ragionamento!), parlavano dell’intervento alla Diaz ed hanno accennato ai fatti di bolzaneto in maniera piuttosto critica… ma mi ha colpito l’utilizzo sistematico di determinate immagini sicuramente “colpevolizzanti” per la PS… sempre nei limiti si intende.

    K

    P.S. estingui quel che ti pare ma non Sissy. Cordialità

  4. tabozzo
    24 Giugno 2007 a 20:04 | #4

    Ma com’e` che la benemerita non se l’inchiappettano mai?

  5. nero
    25 Giugno 2007 a 9:53 | #5

    non mi pare si siano inchiappettati nessuno (a parte noi). è tutto un teatrino di favori… vedi il mio ultimo post sull’avvicendamento con manganelli.

  6. tabozzo
    26 Giugno 2007 a 16:09 | #6

    In un ambito giudizial poliziesco che non mette in dubbio la parola del birro, ma riscrive i fatti ad uso proprio, già il fatto di poter affermare che i birri mentono viene letto dagli stessi come “inchiappettamento”.
    Le madame nemmeno quando sparano in faccia vengono sfiorate dal dubbio di colpevolezza.
    Sarò paranoico ma tendo a preoccuparmi maggiormente quando mi si parano di fronte i plotoni antisommossa dei caramba.
    Non che cambi molto se ti ritrovi sotto i loro colpi, ma il confronto tra pula e caramba è simile a quello che passa tra un gruppo di bulli di quartiere e un organizzazione mafiosa.

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