Venezia a Milano, cinque: la conferma
La giornata di oggi è stata la conferma dei dubbi sollevati nei precedenti giorni di proiezioni: un festival di scarsa qualità, ripieno di materiali del vecchio continente e del nuovo continente, ma non dei continenti con qualcosa da dire, vittima dell’aridità culturale, sociale e finanche esistenziale d’Europa e d’America. Non è un caso che i due film migliori visti finora arrivino uno dalla riedizione di un film degli anni 60 italiano e l’altro dall’Etiopia.
Il primo film della giornata è il primo vero pacco rifilatoci dalla penisola di anatolia: la nostra fiducia nei turchi ci ha traditi, scaraventandoci a vedere Due Linee, un pasticcio pseudo psicologico che ci racconta dell’incomprensione di una coppia su come scopare: ci sono modi più interessanti per farlo (almeno ci avessero regalato un po’ di porno gratis) e soprattutto per dirlo. Voto: 5.
Il secondo film già ci ridà un po’ di fiato: Jerichow non è male, forse gli manca la scintilla che l’avrebbe fatto diventare abbondantemente sopra la media. Il dramma tra Ali – immigrato turco proprietario di 45 snack bar, alcolista e sospettoso della moglie comprata in cambio dei debiti della donna – Laura e Thomas si risolve in una novella sulla natura umana. Un colpo di scena finale dedicato all’astuzia di Ali sarebbe stato degno del miglior Coen. In ogni caso un film che merita la sufficienza e il nostro rispetto per non averci fatto perdere tempo. Voto: 6.
Il terzo film è un film per intenditori: se non vi piacciono i B-movie horror con tanto sangue e attori che sembrano usciti dall’uovo di pasqua, Encarnacao do Demonio non fa per voi. Se invece amate Bela Lugosi e Christopher Lee vi godrete lo spettacolo fino in fondo. A me ha sollevato il morale, e devo dire che la pellicola ha anche uno dei montaggisti migliori visti finora in rassegna. Voto: 7.
L’ultimo film è la ciliegina sulla torta, nonché l’origine del titolo del post. Teza è un film etiope sull’Etiopia. Anzi, Teza è un film etiope sulla natura umana, sulla storia e sui limiti della storia interpretata dal genere umano. Di un lirismo che ormai solo i registi africani sembrano avere, con una trama ben sceneggiata e una regia ben impacchettata, il film commuove, spiega, coinvolge, provoca i sentimenti e i cervelli degli astanti. Come già capitato ovviamente non ha raccolto alcun premio, ma forse le parole del Presidente di Giuria stesso sono un ottimo commento alla cosa: Wim Wenders ha dichiarato infatti di non voler più fare parte di una giuria d’ora in avanti. Forse alcuni rimarranno dispiaciuti, ma io sono pronto a festeggiare la conclusione della carriera di giurato filoamericano di un regista che ho amato molto ma che si è completamente rincoglionito. L’ignoranza di questo grande film meritano una vendetta. Voto: 8.