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Una partita da capolista

25 Ottobre 2006

Quasi non ci credo di aver passato novanta minuti tranquillo a San Siro, però evidentemente la vita è fatta per smentirmi. Finalmente con un Livorno comunque quarto in classifica a 12 punti tiriamo fuori una partita da capolista, dominando la gara dall'inizio alla fine, eccezion fatta per i consueti 10 minuti di blackout a metà del secondo tempo che ci costano un gol (più che altro è Julio Cesar che ci costa il solito gol dimenticandosi di uscire e prendere un pallone che sapeva acchiappare anche un bambino di tre anni).

Arrivo trafelato allo stadio per colpa del traffico e quando mi siedo hanno appena finito di leggere la panchina dell'Inter ("con il numero 4 Zanetti"). Il polpettone mi fa su e giù nello stomaco per la corsa su per i gradini e la coreografia della curva interista non mi aiuta a digerire: palloncini a formare il tricolore, e striscione raffazzonato in spray su tela bianca di bassa qualità con scritto "per vostra informazione questo è il simbolo della nostra nazione". Reprimo un conato di vomito antipatriottico, e scruto il campo per capire chi cazzo ha messo in campo Mancini. Per una volta non mi viene un coccolone: in difesa Samuel e Materazzi centrali sono una sicurezza, Grosso e Maicon a dare spinta compensano una non grandissima capacità difensiva con un po' di polmoni (era ora!). Meno male, perché ogni palla che arriva in area è un rischio con Julio Cesar, che se tra i pali se la cava con gran classe appena deve fare un passo lontano dalla riga di porta gli viene nostalgia e si deprime peggio di Adriano. A centrocampo schiera Stankovic con il rischio che si faccia ammonire, ma il serbo è troppo in forma per rinunciarvi. Fa coppia con Vieira, non ancora tonico come le prime gare, ma già più vicino al centrocampista fenomenale che conosciamo. Sulle ali un Solari che ha fatto almeno un 50% di gare buone e Figo, che mancini fa giocare alla Alessandro Bianchi sul filo del fuori gioco: non chiedetemi perché, che non me lo spiego. Coppia d'attacco Recoba (capitano per l'occasione) e Cruz.

Recoba dura meno di 30', dimostrando di non riuscire a giocare più di 90' senza infortunarsi o incartarsi. Se non fosse per il piede sinistro che ha (ma oggi il primo assist lo fa di destro incredibilmente) sarebbe già stato mandato in pensione. Cruz ci mette l'anima, anche se ha un vistosissimo calo a metà del primo tempo che mi fa temere per il peggio. Il centrocampo regge e giochiamo forse un po' troppo insistentemente sulle fasce, senza nessuno che aiuti Cruz a tagliare in verticale. La partita comincia in discesa con un autorete incredibile del Palermo che ci spalanca le porte e un raddoppio à la Matrix che mi scalda il cuore con il suo sorrisone. Sul 2 a 0 cresciamo e amministriamo la partita: Cruz sfiora un gol stellare scheggiando l'incrocio, e anche Figo semina il panico a centrocampo con e senza palla, non a caso appena si accentra… ma forse Mancini non ci vede.

Il Livorno entra  in campo nel secondo tempo per recuperare, e la leggerezza dell'Inter (o meglio di Julio Cesar) gli consentono di accorciare le distanze. Reagiamo da capolista riportandoci sul 3 a 1 in un minuto con Ibra che non esulta al gol inspiegabilmente (la sua arroganza arriva a tanto?). In compenso lo stadio esplode inneggiando allo svedese. Dopo cinque minuti a bordo campo si alza il tabellino del quarto uomo che segnala il cambio di Crespo per Cruz: c'è tempo per un calcio d'angolo e el jardinero infila la porta, uscendo in una standing ovation di tutto lo stadio. Negli ultimi dieci minuti avremmo potuto portarci sul 6 o 7 a 1, ma graziamo i livornesi più volte. C'è tempo per una standing ovation anche per Stankovic che lascia spazio all'esordiente minorenne Marooufi, che ben si comporta a centrocampo nello sprazzo di partita che gioca, con tanto di un paio di assist per Crespo che quasi infila la porta.

Ultima nota per l'arbitro Saccani, che evidentemente ha imparato a usare il fischietto in Inghilterra, dove si risparmia il fiato per correre anziché fermare il gioco, e per i suoi collaboratori Toscano e Romagnoli, che dovrebbero andare a scuola dalla Cini, visto che non azzeccano un fuorigioco manco a raccontarglielo per telefono. In ogni caso la gioia per una prestazione cosìè tale da non lasciare spazio a troppe lamentele. Tra quattro giorni ci aspetta la prova del fuoco dei cugini rossoneri: chi non salta rossonero è.

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