Cannes a Milano, tre e quattro: continua la sagra dello spaccamento di palle, con poche eccezioni (meritevoli)
Faccio due giorni in uno dato che ieri ho visto un solo film, We Own the Night, motto della NYPD: è la versione americana di Mio Fratello è Figlio Unico, con gli sbirri al posto dei comunisti e i malfattori al posto dei fascisti… Perplessi? Non siete gli unici! L'ottica statunitense sui problemi sostituisce la politica (comunque nobile) con la morale, con evidenti risultati. Polpettone da megaplex che riuscirebbe guardato con sufficienza anche dai tabbozzi del mio quartiere originario. Voto: 5,5.
Da menzionare la palma d'oro per la regia Le scaphandre et le Papillon, che non sono andato a vedere ma oggi tutti osannavano in tutte le sale in cui sono andato. Deve valere la pena. Voto: 7 (sulla fiducia 🙂
Oggi è il turno di Control, due ore di film sulla vita e la morte di Ian Curtis, mai troppo compianto leader dei Joy Division. Il film si fa guardare e non annoia. Se vi piacciono i mitici JD, vi piacerà anche il film, tutto sommato, anche solo per un po' di goduria nell'ascoltare Isolation al cinema 🙂 Voto: 6.
Subito dopo passiamo all'ennesima rottura di coglioni di sto festival (e con questa fanno quattro su nove film). Il livello è decisamente basso, e La Influencia non contribuisce certo a migliorare la media. Film lento, abulico come la protagonista, borghese e fastidioso nella sua noia. Che la vita moderna sia vuota e priva di stimoli non è una novità, ma che ci siano modi migliori di raccontare la tragedia della quotidianità moderna troppo coltivata per essere goduta, è una certezza. Voto: 4.
Infatti il brasiliano Mutum ci risolleva un po' lo spirito: vita difficile di un bimbo nelle zone più periferiche e desolate del Brasile. Nessuno sconto e nessun pietismo, ma solo tanta cruda realtà in tutta la sua semplicissima poesia. Da vedere appena possibile. Voto: 7.
Ultimo film della giornata è Auf der anderen Seite, produzione turco greco germanica e premio meritato per la miglior sceneggiatura. Il film è ben dosato e ben realizzato, gli attori meritano (in particolare Nejat, suo padre e Yeter, nonché menzione speciale per Hannah Schygulla, che è riemersa dalle battute della mia infanzia sul cinema), e la storia regge. L'affresco sulla Turchia è impietoso e innamorato al tempo stesso, e i momenti d'ironia sulla "democrazia turca" e la "democrazia europea" danno una certa soddisfazione. Voto: 7+.