Un nuovo racconto dalla cripta di Blackswift: Freezer, il mostro dell’inverno
"E perché
sono tutti nervosi (I volti intorno
si fanno gravi). Perché piazze e strade
si vuotano e ognuno torna a casa?".
"E che fa buio e i Barbari non vengono,
e chi arriva di là dalla frontiera
dice che non ce n’è più neppur l’ombra".
"E ora che faremo senza i Barbari?
(Era una soluzione come un’altra,
dopo tutto…)".
[ E. Montale che traduce Kafavis]
Contenuti della newsletter 03, inverno 2007/2008
- Inverno
- Quanti libri ha venduto Blackswift?
- Attualità
- Il nuovo racconto: Freezer, il mostro dell’inverno
L’inverno – si sa – intorpidisce le membra e i neuroni, ci spinge a rintanarci in casa, desiderosi di un camino da accendere, di compagnie da riscaldare e di coltri con cui coprirci. Il freddo intirizzisce, ma allo stesso tempo una folata di vento gelido ci può svegliare come poco altro al mondo, e con effetti collaterali decisamente minori di una secchiata d’acqua. Allora i mesi intorno al cambio dell’anno conservano una duplice potenzialità, l’ipotesi di due strade divergenti da percorrere.
Il mondo che ci circonda sembra essersi calato in un inverno perenne, congelato nella sua incapacità di evolvere e di offrire delle gemme a qualche sole o dei semi a qualche alito di brezza, inondato di un freddo senza neve che possa preludere a una rinascita. Intorno niente sembra cambiare, eppure tutto cambia, l’informazione ci offre costantemente una prospettiva nuova, magnifica e progressiva, e tutti noi ci offriamo lieti di parlarne, come si discute di quanto durerà un ciocco nel camino travestendo l’argomento di novità.
Anche questo inverno forse è come quello che viviamo camminando nelle strade delle nostre città, gravido di percorsi diversi e punti di arrivo nuovi. Forse spetta ad ognuno decidere se farsi cullare da caleidoscopiche menzogne, o porgere la sua migliore gota allo schiaffo della bufera gelida.
Blackswift – Quanto ha venduto il libro?
I tempi editoriali sono quelli che sono: c’è voluto più di un anno dalla uscita nelle librerie di Monocromatica per avere una idea di quanto ha venduto. Il dato non è preciso perché avere qualcosa di definito numericamente da Sandrone Dazieri è impresa ardua, ma si dovrebbe aggirare intorno alle 3.000 copie, centinaio più centinaio meno.
Più o meno sta nel range delle vendite della Colorado Noir, quindi è facile pensare che il grosso del merito di questo numero discreto per uno pseudonimo esterofilo privo di pubblicità e di tour organizzato per presentare il libro dignitosamente, sia da ricercare nel pubblico che segue le collane della casa editrice.
In ogni caso siamo soddisfatti, ed è difficile numerare i download dal sito della versione integrale del libro, che lo ricordiamo è stata messa online in contemporanea – anzi in anticipo nella sua versione primigenia. I numeri di questo si aggirano intorno alle migliaia anche in questo caso.
Se dobbiamo essere onesti pensiamo che il libro sia ancora acerbo, soprattutto nella malizia necessaria a gestire una storia evocativa di per sé. Siamo stati molto criticati ma anche elogiati, in alcuni casi riteniamo più per compiacenza che per convinzione. Il libro però è stata una esperienza divertente e che contiamo di ripetere, magari traendo insegnamento dagli errori narrativi e organizzativi che hanno reso questo libro meno di quello che poteva essere, ma conservando quegli spunti che lo hanno reso qualcosina di più.
Ringraziamo tutti coloro che lo hanno letto, che ci hanno scritto, recensito, raccontato, suggerito, criticato, aiutato. Seguiteci intanto sul sito e fateci sapere cosa ne pensate delle nostre nuove fatiche.
Per leggere il libro e trovare le recensioni: visitate il sito di noswift.org
Siete proprio sicuri di volerlo sapere?
Beh, facciamo così, facciamo un mosaico: la polizia ha fatto irruzione in un reparto ostetrico interrogando una paziente che aveva appena abortito un feto morto e malformato, insieme a tutti i medici e agli infermieri; gli esponenti del governo appena caduto dicono che il primo punto del programma è il conflitto di interessi; un ragazzo catanese è in carcere da un anno per omicidio ma viene solo condannato per resistenza aggravata e nessuno si chiede dove sia finito l’omicidio; un poliziotto in quel di arezzo ha ucciso un ragazzo sparando alzo zero, ma non è in stato di carcerazione preventiva e non si sa quando inizierà
il processo; di un altro ragazzo spunta un video di 12 minuti con i suoi carnefici che ridono dopo averlo ammazzato di botte, ma il loro processo è dimenticato; Israele, una delle poche potenze atomiche, dice che l’Iran ha le atomiche e che quindi è un pericolo per la pace mondiale; i giornali italiani parlano del matrimonio di sarkozy, mentre in kenya muoiono milioni di persone; ci sono 750.000 persone di nazionalità diversa da quella italiana che hanno chiesto di lavorare in italia, ma solo 170.000 potranno entrare nel territorio nazionale; la disoccupazione è al minimo storico calcolandola ogni tre giorni; le bollette di luce e gas aumenteranno di 300 euro per famiglia all’anno, cioè mezza mensilità di ogni membro della famiglia percepente un reddito; di solito una famiglia è ancora retta dallo stipendio di uno dei due genitori e dal lavoro in nero dell’altro; il prossimo capo del governo veste con pantaloni neri, camicia nera, è pelato e saluta con il braccio levato e il palmo disteso; no, non è mussolini, quello era stato anarchico, all’inizio della sua carriera.
Vi basta? Secondo me vi abbiamo scritto meno dell’1% delle cose che sono successe e che hanno un minimo di rilevanza. Fate voi, abbiamo preso le migliori.
Freezer
1. Dove
L’aria è frizzante come una bottiglia di acqua appena tolta dal freezer, ti colpisce il viso come uno schiaffo, svegliandoti anche quando non vuoi, rendendo compatti e uniformi i pori della pelle, levigando le superfici e spogliando gli alberi delle ultime foglie gialle che tenacemente rimangono ancorate ai rami degli alberi, protesi verso il cielo bianco come una scodella di latte rancido. Alle volte piove, ma non è la stessa cosa: allora il cielo è grigio come un topo morto, e la pioggia è in realtà una
nube di vapore acqueo ad altezza uomo, appena più densa della nebbia. Non è che riesci a goderti uno scroscio che ti faccia venire voglia di imitare qualche attore americano che vaga perso nei suoi pensieri fino a sciogliersi nell’acquazzone, o una pioggia fitta fitta che richiami nella tua mente immediatamente il desiderio di un caminetto, un libro, e un piccolo idillio casalingo. Allora le giornate migliori dell’inverno sono quelle più crudeli, quelle più feroci, con quell’aria che ti aggredisce, per ricordarti che non puoi mollare un attimo. E tu non molli. Per niente.
Le strade sono ingombre di auto, di tram, di autobus, motorini che sfrecciano in ogni direzione, a onde, orchestrate dal ritmo asincrono dei semafori, un po’ sincopato. Quando cammini ascoltando l’ultimo pezzo che ti sei messo nel lettore mp3, cerchi di dare un ritmo ai passi, uno scandire dei mocassini, nuovi, che segua la batteria, mentre gli sciami motorizzati li immagini danzare insieme alla melodia delle chitarre e delle tastiere. Nel tuo piccolo ti senti un artista. Se non fosse per il fastidio che ti procura ogni persona che incroci per strada e che ti pare concentrato solo a rovinare quella sinfonia perfetta che avevi orchestrato fino a quel momento. Milano sarebbe perfetta se fosse disabitata, se potessi gustarla fino alla sua ultima molecola, senza l’interferenza di tutti gli altri. Ecco, nel tuo piccolo ti senti un artista incompreso.
Nel caos quotidiano i tuoi passi non ti sentono, come se il loro suono fosse immobilizzato dalla freddezza cristallina dell’aria che dovrebbe trasmetterlo di particella in particella, fino al tuo orecchio. I colori del cemento e dell’asfalto si attutiscono, diventano meno grevi, meno opprimenti, come se decidessero di graduarsi sul bianco del marmo dei palazzi, o sul bruno delle aiuole spoglie e brulle, terrose. Potresti spalancare gli occhi senza ferirli, se non fosse per il gelo, che intirizzisce anche loro, e non avessi paura che le cornee ti si potessero crepare, come un barattolo pieno d’acqua lasciato fuori sul davanzale.
Sono pochi i giorni in cui ti sembra di poter inspirare a pieni polmoni, in una città come Milano, giorni come questo, giorni freddi, lucidi e secchi come l’idea di un genio o lo schiocco di una frusta. Allora ti fermi un secondo e ti lasci invadere dall’aria, fino a bruciarti gli alveoli, fino a scoprire parti del tuo apparato respiratorio che normalmente ignori.
Tutto questo fino a che non metti piede, dopo pochi minuti, sullo zerbino dell’ufficio in via Pisani. I tuoi pensieri, la tua arte, le tue sinfonie vengono richiuse nel loro scrigno, calpestate dalle suole dei mocassini che pulisci sulle setole. Bando alle ciance. Il lavoro è lavoro.
Il racconto completo potete leggerlo sul sito in versione [txt] [rtf] [pdf]
Nero te l’ho detto proprio oggi… il proiettile del polizziotto è stato deviato dalla rete metallica.. mi stupisco come mai se ne sia accorto solo il perito e non se ne siano accorti subito tutti.. magari poteva confessarlo anche il ferito in agonia… facevamo prima.
Non si può neanche più dire “scappiamo a cuba”
K