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Una Storia Italiana del Nuovo Corso

25 Maggio 2008

 

Vi racconto una storia. Una storia che ha molto a che fare sul decadimento del paese in cui viviamo in termini di civilità, di democrazia e di umanità. E’ un esempio, piccolo, ma molto denso.

Ho un amico che viene dal Brasile. Ha antenati italiani e vive in Italia da ormai tre anni e mezzo. Ci vive da clandestino perché nonostante tutti i suoi sforzi non ha potuto prendere un permesso di soggiorno, nonostante lavori 17 ore al giorno in una cucina e nonostante il suo datore di lavoro sia andato con lui in prefettura, abbia fatto le richieste necessarie e abbia già pronto il contratto. E’ un ragazzo simpatico, parla italiano perfettamente, gli piacciono i modellini e nelle poche ore in cui non lavora va su un prato a far volare aeroplani insieme ad altri strippati. Avrebbe preso la cittadinanza ma dopo due anni a cercare documenti, il comune gli ha detto che deve farli timbrare dal consolato brasiliano; inoltre è clandestino, e quindi non può fare richiesta fino a che non esce dall’Italia e torna con un visto turistico (che dura 3 mesi). Ogni volta che vede un poliziotto deve scappare, perché con l’aria che tira adesso rischia di farsi 18 mesi in carcere. Ieri sera mi raccontava che vorrebbe prendere una casa, ma non può, perché è clandestino e deve vivere con i clandestini, in una casa piena di gente del cazzo che si ubriaca e che non lo fa dormire, e lo fa vivere male. Vorrebbe prendere un motorino per spostarsi dal lavoro, dove finisce alle due di notte, quando tutti i mezzi non vanno più, a casa, che è dall’altra parte della città, ma non può, perché è clandestino e quindi non può fare neanche quello. Ieri mi raccontava che odia non poter fare una cosa che lui ritiene normalissima, che continua a sentirsi una non persona, come un fantasma il cui ricordo è solo il lavoro che fa, e le cui memorie non includono una vita normale, una fidanzata, un momento di divertimento, un momento di relax. Ieri notte mentre lo accompagnavamo a casa ci ha detto con gli occhi tristi e la voce segnata dall’ennesimo rinvio per ottenere la cittadinanza: "io non ce la faccio più. Ho deciso che torno in Brasile. Io vorrei restare qui, mi piace, sto bene, ma non posso vivere così altri due anni in attesa di una cittadinanza per cui la legge cambierà ancora e io non potrò comunque averla. Non è giusto". Questo mio amico è veramente una persona intelligente, sensibile, un gran lavoratore, onesto e simpatico, e si è sbattuto, e con lui i suoi datori di lavoro, per non eludere "la Legge" e diventare "regolarizzare". Ma non possono. Perché la Legge, la nostra società non sono più guidate dal buon senso e da valori facilmente condivisibili, ma sono dominate dalla paura, dalla violenza, dalla ottusità. Non serve cercare esempi aulici, quella del mio amico è la storia di milioni – si leggete bene perché sono milioni – di persone in Italia. Ed è la storia che molti italiani avvallano. Amici migranti, tornatevene a casa, lasciate in merda questo popolo di barbari e imbecilli, lasciate che debbano accudire i propri vecchi, che debbano costruire le proprie case, pulire i propri giardini, asfaltare le proprie strade, lavorare nelle loro fabbriche per due soldi. Non vi meritano e voi non meritate di vivere così. Ieri mentre tornavo a casa mi vergognavo di essere cittadino di questo paese, non che abbia grande amor di patria, normalmente, ma constatare con estrema concretezza quanto il posto dove vivi sia lontano dalla civiltà è sempre triste. Mi auguro il tracollo di questo Paese, e quando gli italiani piangeranno, forse ricorderanno che cosa vuol dire desiderare una vita dignitosa e libera. Fino ad allora gioite di come quello di fianco a voi venga maltrattato per farvi avere l’illusione di stare bene. Durerà poco. E alla fine farà male.

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  1. mina
    26 Maggio 2008 a 18:02 | #1

    no gli italiani non meritano la incredibile mole di persone normali e sensate che vengono ad arricchire (monetariamente e culturalmente) questo paese. è anche vero che io non mi merito i miei connazionali in effetti.
    le storie sono in gran parte assurde: ho un’amica filippina che si è vista negare il ricongiungimento familiare perchè la sua casa non aveva la metratura necessaria. peccato che sul contratto di affitto ce l’avesse: il padrone di casa le aveva mentito.ovviamente non l’ha denunciato. ha cambiato casa e ha ricominciato da capo. le hanno fatto aspettare un anno (mesi 12) la risposta dalla questura.non credo sia possibile immaginare quanto costi aspettare 365 fottuti giorni per sapere se puoi rivedere tuo figlio.

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