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Le teste

28 Settembre 2009

 

Devo fare una premessa, perché non voglio essere frainteso. Apprezzo molto Giuseppe Genna e quello che sta facendo insieme a tanti altri miei amici e non solo per ricucire e ripensare il panorama letterario italiano e il senso di una possibile operazione culturale profonda per rifondare i cervelli italiani. Apprezzo anche il fatto che non si sia mai tirato indietro quando c’era da discutere di molte cose e di mettere firme scomode, senza menarsela. Per questo quello che scriverò sul suo ultimo libro è da prendere come una critica fatta senza cattiveria, ma solo seguendo il mio personale gusto. Insomma: Giuseppe, se ti capita di leggermi, non ti offendere anche se non ho apprezzato molto un po’ tutta la tua ultima fase letteraria!

Già perché Le Teste rappresenta decisamente il punto di incontro tra gli ultimi libri di Genna – la cui prosa involuta, imbevuta di psicosi e houellebecq, di lessico e sintassi troppo ricercati per colpire al cuore, così concentrati come sono sul lambiccare il cervello – e i magnifici romanzi del ciclo dell’Ispettore Guido Lopez. Per sua stessa ammissione Genna odia il suo personaggio, lo vuole distruggere, e devo dire che per questo omicidio non c’è modo migliore di quello che ha scelto: trasformare Lopez nel sè autobiografico e autopoietico dei suoi ultimi libri, fonderlo con la propria ricerca letteraria, snaturarlo e storpiarlo, fino a trucidarlo sia narrativamente che letterariamente. Io non ho apprezzato, onestamente. 

La sezione del libro dedicata alla storia di Lopez è decisamente atipica, ma si potrebbe anche goderne: le false soluzioni, il gioco di specchi e di rimandi, una trama caleidoscopica di buon livello. Ma metà del libro è occupato da un secondo libro, dal libro di Genna che incarna Lopez e viceversa, dall’ego di Genna che parla attraverso le sue parole, gli ossimori, la ricerca ossessiva ed estetica del Verbo.  Houellebecq in salsa italiana. Che può essere amato da chi ama anche H. Cioé non da me. E il coup finale in cui il secondo libro diventa più importante nell’economia del libro rispetto al primo è una coltellata nella schiena. La mia schiena 🙂 Soprattutto dato che del Digesto delle Teste ho smesso di leggere i brani ben prima della metà. Li ho riletti alla fine. E non sono riuscito ad apprezzarne il valore. 

Giuseppe: non era obbligatorio scrivere l’ultimo capitolo della saga di Lopez. Alcune cose sono splendide proprio perché sospese. Un po’ come il ponte di Mostar, che non saprei dire se mi piaceva di più prima delle bombe o dopo. Forse non è necessario bombardare la propria storia per costruirne una nuova. Con immutato affetto. Voto: 6.

 

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  1. 4 Ottobre 2009 a 13:12 | #1

    Perché dovrei offendermi? La tua mi pare una critica sensata, il gusto mediato da un ragionamento. Sei tu uno dei giudici dell’esito testuale. Io posso solo muovermi rispetto a intenzioni che “arrivano”. Tra queste intenzioni, non c’è quella di sovrapporre Giuseppe Genna a Lopez, ma sicuramente quella di rappresentare “io”, esattamente coi suoi lambiccamenti labirintici mentali. Questo, per me, è metà Occidente, nell’accezione non geografica. Così, anche nell’ultima produzione, il tutto è centrato su “io”, che a volte è la maschera “Giuseppe Genna”, altre volte no. Comprendo perfettamente che possa non convincere! Tuttavia nella vita si subiscono mutazioni, arretramenti rispetto a punti che chissà se sono effettivi. Inoltre non mi è mai passato per la capa che ciò che scrivo possa essere fondamentale “oggettivamente”: lo è nella misura in cui incontro un altro, e quando ci si incontra non è detto che sia un incontro all’insegna della levità gioiosa!
    :* gius (grazie!)

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