Una vita straordinaria ha solo bisogno di verità
Il nuovo libro di Maurizio Maggiani penso sia il più bello che l’autore ha scritto dai tempi dell’inarrivabile "La Regina Disadorna". "Meccanica Celeste" racconta del mondo che ci circonda, anche se non lo vediamo, anche se con pervicacia e sadismo cerchiamo di ignorarlo, di cancellarlo, se lo lasciamo trasformare dai molteplici lavaggi del cervello a cui ci sottopone la comune e pubblica (troppo pubblica) opinione.
Il narratore del libro, quasi un desiderata autobiografico di Maggiani, attraversa la gravidanza della propria compagna facendoci conoscere il suo mondo, il mondo degli umili, per una volta non utili idioti, né buoni selvaggi, né crudeli e feroci homo sapiens, ma solo umani troppo umani. E il narratore parla con la voce di Maggiani quando ci dice che uno dei tanti uomini che costellano il "distretto" "i suoi acquerelli li dipinge per la stessa ragione per cui io sto parlando: perché nulla vada perduto di ciò che ancora resta. Perché ciò che è rimasto è troppo poco per perderne anche solo una foglia." Perché resta troppo poco del mondo reale, della vita, della nostra stessa umanità, dopo che lo abbiamo lasciato violentare dai messaggi deformanti e meschini di chi opiniona troppo per il proprio interesse e per plasmare una diversa realtà, una verità che diventi carne nonostante tutto e tutti.
E le parole Maggiani le sceglie con cura maniacale, per cercare di immergere il lettore nella vita dei suoi personaggi, del "distretto" tra le panie, i monti duri e la durezza semplice ed eterna dell’esistenza.
"Non colleziono cimeli di mio padre, e quel ritaglio non neppure più dove è andato a finire, ma mi ha fatto piacere venire a sapere anche in quella circostanza che è tutto vero. Che una vita straordinaria ha solo bisogno di verità."
Una vita straordinaria ha solo bisogno di verità. Le nostre vite hanno solo bisogno di verità, di quel briciolo di coraggio che serve per abbandonare la rappresentazione, l’apparenza, il simbolo, e concentrarsi sull’umano, su ciò che possiamo percepire, assaporare, comprendere senza bisogno di mediazioni del cervello o di altri organi tecnologici preposti a sostituirlo.
Il narratore di Maggiani si lascia accompagnare nel suo viaggio, nel suo racconto semplice ma mai banale, di come un bambino diventa ragazzo e poi uomo, di come le cose non si possano capire con la fretta, ma come si possano comprendere rapidamente, se ci si tiene lontano dalle complicazioni artefatte della nostra esistenza moderna e futile.
"Un uomo sogna quando è più grande di quello che fa, questo mi ha voluto insegnare. Il sogno di un uomo è tutto quello che potrà essere se riuscirà a non essere più schiavo delle circostanze. […] Secondo la Duse mio padre è stato schiavo soltanto del proprio sogno. E quella non si chiama schiavitù, si chiama passione." E il pensiero, i sentimenti, l’umanità di ogni individuo è tutto ciò che conta per una vita straordinaria. E’ quello che ci obbliga a essere quello che siamo, senza sconti, quando alla fine del giorno devi fare i conti con te stesso e con quello che hai deciso di fare, con quello che hai scelto di tenere e quello che hai scelto di abbandonare, con le strade che hai percorso e con le parole che hai detto.
E Maggiani sa bene che un libro non basta, che quello che conta non è quello che raccontiamo, ma quello che viviamo, perché "scrivere è una comodità. Ma alla lunga la carta se ne va, e l’unica cosa che davvero rimane è il pensiero che hai avuto di metterci sopra. Ciò che sai. […] Il punto è che un patto, una promessa, già a metterli nero su bianco si lasciano dietro la parte del nocciolo […]: l’intenzione. La carta è troppo povera per contenerla; la carta ha poco prezzo e chiunque la può prendere per due lire. Un’intenzione non si dà via neanche volendo. L’intenzione del giusto non sarà mai del fedifrago, l’intenzione di un libero non sarà mai di un tiranno. […] Un patto scritto può diventare carta straccia, una promessa del cuore no. A meno che non si stracci il cuore."
I protagonisti della storia di Maggiani sono fantastici e ti rapiscono senza bisogno di grandi avventure, grazie alla mera semplicità della loro vita troppo vera, troppo politica nel senso più alto del termine, troppo straordinaria per essere dimenticata, come le mille storie che ci circondano sin da quando siamo bambini e che giorno dopo giorno scompaiono sotto il maglio di una realtà semplificata, di una vita ordinaria perché vissuta troppo poco, perché abbandonata alle finzioni e agli specchi deformanti attraverso cui sopportiamo di guardarla, come se non ci riguardasse. Fino alla fine del mondo.
I protagonisti del libro sono avidi lettori, come noi, come Maggiani stesso, rivendono le pagine che leggono attraverso le pagine che scrivono, coscienti che contino meno di nulla di fronte alla vita. Ma quando la gravidanza giunge al suo culmine, decidono che è il momento di abbandonare le parole, di riconciliarsi solo con l’esistenza, con le foglie, gli alberi, il fiume, le pietre della casa, la carne degli umani. E si fermano di fronte ad un libro che è anche un’eredità, un simbolo, The Purple Cloud di Oscar Wilde (in realtà è di Schiel, mi hanno fatto notare, ma per i protagonisti del libro è di Wilde, se volete sapere perché leggete Maggiani!!!). Una scelta non casuale.
"Ora noi sappiamo che la nube purpurea è già passata da un pezzo, che tutto quello che poteva essere fatto deserto è stato già raso al suolo. E non per esercizio di orgoglio, ma per pratica di umiltà, abbiamo la chiara coscienza che l’unica cosa di buono che i sopravvissuti possono fare per ravvivare ciò che è rimasto della Terra, è confidare nell’innocenza dei figli che sapranno generare. Non c’è nulla di eroico in questo, e nessuna segreta cabala; niente di romanzesco che non si sappia già scrivere per conto nostro. Abbiamo solo bisogno di farlo, e nel farlo avremo bisogno che ci siano lasciati lo stupore e la sorpresa che un romanzo prenderebbe per sé. Per una volta, che ci lascino noi a provare a scrivere il Gran Finale."
E qui e ora. Dove siamo noi adesso. E’ ancora possibile non tanto scrivere il Gran Finale, quanto vivere ciò che non è stato ancora raso al suolo? E quello che stiamo facendo basterà a salvare il poco che ancora rimane quando tutto il mondo è deserto? Maggiani ci crede. Per questo ha scritto un libro. Un altro libro. Perché un libro è un viatico di speranza. Ma non tutti riescono a permettersela.
Voto: 9