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Milano da odiare e da dimenticare

11 Ottobre 2010

Sos Fornace: proprietà privata abbandonata, area Expo, sotto sgombero imminente

Cox 18:  proprietà comunale, sede Archivio Primo Moroni da 20 anni, sotto sgombero un filo meno imminente (ma non troppo)

Cascina Autogestita Torchiera: proprietà comunale dimenticata da Dio fino a quando non è stata resuscitata, sotto sgombero elettorale quasi imminente

Ambulatorio Medico Popolare (e sede Casa Occupata via dei Transiti 28): proprietà privata ex proprietà pubblica, sotto sgombero da tempo (tanto il lavoro dell’Ambulatorio lo fanno le ASL, vero?)

La Bottiglieria via Savona: sotto sgombero (praticamente dal momento in cui hanno occupato) sgomberata (14 ott) rioccupa in via giannon 8 (16 ott), olé!!!!

C.S. Leoncavallo: considerato come sta per finire la vicenda dei terreni di Cabassi per l’Expo dubito che anche il Leo avrà vita molto facile (il giochino terreni a Cabassi per non rompere le palle sul Leo e togliere un problema all’amministrazione comunale mi sa che non andrà in porto)

Ci rimangono ancora: Centro Sociale Vittoria (ma pagando un affitto dovrebbe salvarsi); Casa Loca (grazie papà Moratti, poi mi si dice perché sono interista);  Cantiere (misteri della fede, ma meno male, nonostante i miei dissapori con la Linea =D); Ponte della Ghisolfa; Micene; case occupate sparse che meno sembrano politicizzate e forse più dureranno.

Sarà che si avvicinano le elezioni, ma forse questa città e i suoi militanti meritano di restare più desolati che mai. A furia di dimenticarci, stiamo scomparendo. E non è che sia un male in generale, considerato quanto poco abbiamo saputo dare ultimamente alle strade che percorriamo ogni giorno, ma avrei preferito sopravvivere e vederci sopraffatti da giovani convinti ancora dell’utopia, che vedere tutta questa gentaglia che vorrebbe sputarmi in un occhio per le mie vecchie trombonate aggirarsi in un non luogo svuotato di possibilità. Chi ha sbagliato, scaglia la prima pietra.

  1. 12 Ottobre 2010 a 11:39 | #1

    Eccomi, scaglio la mia.

    La voglia di utopia è una delle cose che con più impegno l’attuale “sistema” ha fatto in modo di far sparire. E in questo non c’è nulla di strano.

    Ma anche “noi”, del movimento, c’abbiamo messo del nostro, con un realismo più reale del re, e con un arrivismo che in confronto gli yuppies degli anni ’80 gli facevano ‘na sega…

    Un modello sociale è saltato, un altro si sta formando (quale? boh), e i vecchi giochi non funzionano più.
    Dirò una cosa brutta, ma più che salvare il vecchio (la fabbrica, il lavoro fisso, il centro sociale), dovremmo metterci ad inventari il futuro (prima che ce lo portino via del tutto).

    E’ da mo’ che non lo facciamo più, forse perché non ne siamo più capaci.

    Speriamo nelle nuove generazioni…

  2. pinke
    12 Ottobre 2010 a 12:31 | #2

    quanto sono d’accordo capa…
    (tranne sulle nuove generazioni, su cui nutro sentimenti contrastanti)

  3. nero
    12 Ottobre 2010 a 16:05 | #3

    Ma infatti sono d’accordo. Ma il problema è che qui non salviamo il “vecchio” e di idee per il nuovo non ne abbiamo manco mezza. In questa situazione già far sopravvivere qualche isoletta male non sarebbe eh…

  4. espanz
    12 Ottobre 2010 a 23:04 | #4

    humm che noia.. eppure li frequentate i ragazzetti..
    Pero’ non riuscite a vedere come sono elastici e capaci di intercettare un sacco di discorsi, sono in cerca di prospettive e di brutto pure. Bisogna scontrarcisi un pochetto, ti mangiano i polpacci, pero’ ci sono. In genere li massacriamo di sfiducia.

    Io invece non passo giorno in cui non incontro cose interessanti, gente intelligente che ha delle proposte da fare. Peccato che pero’ siano tutti isolati, convinti che i propri sforzi e le proprie idee cadranno nel vuoto e sono finalizzate solo al soddisfacimento del proprio piacere (se non altro).

    Allo stesso tempo ho attraversato diversi degli spazi sociali che menzioni e sinceramente non ho trovato tutto sto fermento, ma anche prevalentemente stanchezza legata alla repressione che si subisce tutti i giorni, o se vuoi anche un incartamento dei processi, delle relazioni, della abitudini ai ruoli, che proprio non sento mio.

    Perche’ non ci si riesce piu’ ad aggregare? Non ci si crede piu’? Costa troppa fatica? Boh. Ma i motivi sono se non altro davvero tanti.

    IO non li so elencare insieme e non ho soluzioni, passo anche io la mia giornata da sola a pensare alle cose che mi piacciono (che significa che ascolto un botto di musica mentre mi faccio le seghe 🙂 ). Pero’ ho anche le antenne pronte a buttarmi in qualcosa da fare con chi getta l’amo.

  5. nero
    12 Ottobre 2010 a 23:59 | #5

    Espanz i ragazzini li frequento e vedo quanto sono disperati. Di entusiasmi ne vedo tanti, ma da vecchio trombone quale sono mi paiono estremamente effimeri, stereotipati, commercializzati. Vedo la genuinità e la spontaneità, ma questo non basta a farmi credere che si trasformerà in voglia di cambiamento. Poi sono certo che non li capiremo e ci stupiranno, prendendoci a calci in culo. Ma deve ancora arrivare il momento in cui questo accade.

    Intanto non sono ragazzini, però quei dementi dei nazisti serbi dimostrano facilmente come in 300 determinati si può fare un discreto macello e imporre la propria volontà di potenza su quella di forze dell’ordine e potere costituito. Se non lo capissero solo i nazisti già sarebbe più interessante 🙂

  6. retroguard1a
    13 Ottobre 2010 a 0:50 | #6

    mmm
    mi perplime tutto ciò…
    il problema non è tanto giovani, vecchi, isole di felicità, secondo me.

    In parte condivido caparossa…poi io che sono ‘na regazzetta che s’è già trovata tutto pronto, delibera del ’94 compresa, la difficoltà non l’ho avuta ad occupare-autogestire, ma a parlare con i compagni, che mi piacevano tanto (ah che bei tempi!) e mi sembravano un po’ dei mostri sacri, distanti e inabbordabili, chiusi nei loro piccoli circoli (del tennis). Sarà poi per rifiuto, sarà per sfiga, mo non mi sembrano così belli e bravi e dunque porto rancore, mi ingrigisco e col cazzo che mi si avvicinano ragazzine e ragazzini con cui potrei avere cose in comune, tra un concerto e un volantinaggio.

    (il primo passo per essere accattivanti è divertirsi e dovrò dar ragione a un “vecchio” compagno quando diceva che è necessario, ora come ora, sedurre… io al movimento mi sono avvicinata anche perché sedotta da un’estetica, un immaginario, e ora che sarebbe il mio momento mi sento un po’ frustrata dal non mettere niente in campo, quindi ‘sto commento forse è più polemico nei confronti miei che di chi c’è da un po’).

    riassumendo umilmente il mio pensiero:
    – la prima cosa è evitare i settarismi
    – gli spazi sono liberi e liberati, non carceri da cui non si potrà mai più uscire (a volte è meglio stare per strada che chiuse tra quattro mura pure se dentro ci si sente meglio), e poi vojo vedè se nun je la damo na pista a sti naziserbi
    – fare le coccole ai giovani che fanno politica perché pijano tanti calci in bocca (forse voi ne avrete presi altrettanti e allora è giusto e doveroso coccolarli, se ne avete presi di meno ancor di più, se invece ne avete presi veramente troppi, non je lo fate pesà: per i calci in bocca c’è sempre tempo…)
    – divertirsi, piacersi e piacere, giusto per dare un assaggio del mondo come lo vorremmo.

    (una un po’ più giovane)

  7. 13 Ottobre 2010 a 17:16 | #7

    Mazza, vi siete messi a fare una vera discussione seria nei commenti di un blog! Che ggente…
    Cmq, nero, senza dubbio sarebbe meglio “far sopravvivere qualche isoletta”; ma se non ci riusciamo, o se ci riusciamo sempre di meno, forse è perché abbiamo qualche problema di base.
    I pochi centri sociali rimasti o sono luoghi del “divertimento alternativo” (il Leo, il Forte, etc), o luoghi dei “bei tempi andati” (il Vittoria, etc); sono pochi i luoghi creativi (che conosco), che provano a mettersi in gioco – quindi in discussione – e si aprono a qualcosa di diverso dal conosciuto.
    Quanto ai giovani, nel mio piccolo li ho tirati in ballo perché rimango sempre più convinto che sia vero che “non bisogna mai fidarsi di chi ha più di 30 anni” (gente che lavora, che ha famiglia, il mutuo e tutta sta merda addosso è difficile che riesca a mandare tutto ‘affanculo e si metta a fare le storie sul serio; ma magari sbaglio…), e perché se non viene da loro l’energia e la voglia di ribaltare tutto, allora siamo veramente nella merda.
    Certo che noi non li abbiamo aiutati parecchio, visto che gli abbiamo lasciato in dote poco più che macerie. E vecchi rompicazzo(ovaie) sempre lì a brontolare e a lamentarsi.
    E’ il motivo per cui sono fuggito in montagna: per non scassare troppo con il mio pessimismo cosmico (oltre che per allenarmi alla vita partigiana, come dice il mio amico boka tutte le volte che mi viene a trovare… ;).

  8. nero
    14 Ottobre 2010 a 0:12 | #8

    Quoto capa

  9. pinke
    14 Ottobre 2010 a 14:44 | #9

    e’ che secondo me siamo in un periodo storico estremamente strano e per certi versi molto interessante.
    e’ come se fossimo al crepuscolo di un qualcosa, non vi sembra?
    e’ vero che abbiamo lasciato solo macerie ai ggiovani (e a noi stessi, che mica siamo morti!), pero’ stiamo anche lasciando (probabilmente non per merito nostro) le macerie di quello che ci faceva schifo.
    non so voi, io ho aspettato per anni che lo stato se ne sparisse e mi lasciasse in pace a organizzarmi la vita come piacerebbe a me. se penso alla dc, ad andreotti, agli anni settanta per l’appunto.. chi si trovava a vivere in quegli anni aveva si’ un bel movimento alle spalle, ma pure uno stato forte che voleva imporre con buone e cattive la propria visione del mondo. ora a me sembra che di quello stato sia rimasta solo una grottesca parodia. non che mentre cerca di annaspare nel fango non faccia danni, eh, ma rimane sempre una parodia di se’ stessa.
    e noi, invece rimaniamo spesso attaccati al bordo del baratro in fondo rimpiangendo quello che c’era prima per paura di stare a vedere cosa succede ora.
    in fondo chiedendo solo alle istituzioni di accudirci meglio di come fanno.
    anch’io come espanz noto in giro un sacco di spunti e fermenti incredibilmente vivi.
    a volte se ne stanno rintanati in un capannone che lotta per la sopravvivenza, piu’ spesso in un posto dove non ce li immagineremmo. in tutti quegli esperimenti di autorganizzazione che stanno spuntando come funghi e che spesso ignoriamo troppo presi da noi stessi e dalle nostre paure.
    uff troppo poco lo spazio di un commento per spiegarmi a modino..

  10. nero
    15 Ottobre 2010 a 20:18 | #10

    Cara pinke,
    guarda che il tuo punto di vista è curioso. Non perché non parta da sogni che abbiamo condiviso, ma quanto perché vede l’incarnazione di parte di quei sogni in una barbarie che non si avvicinerà neanche per sbaglio alle nostre utopie.
    Io non chiedevo allo stato di scomparire, chiedevo all’autorganizzazione, alle comunità di autogovernarsi e di inventarsi modi per essere autonomi dallo stato, da un grande macigno che decide per me/noi/essi.
    Quello che succede ora è che lo stato scompare, ma non è sostituito da una comunità solidale, ma solo da una specie di giungla, fomentata da chi ha sottratto lo stato (che in questa fase io vedo onestamente come migliore mediazione delle istanze individualistiche che non la politica).
    Non è mica la stessa cosa. Purtroppo.
    E le cose che vedi in giro e che tu interpreti come pulsioni antistatuali e autonomiste, io in media le leggo come esperimenti (spesso puerilli) e tutti mirati alla cooptazione (nel senso che l’obiettivo fondamentale di quegli esperimenti in media è essere assorbiti e valorizzati dal sistema produttivo stesso). Cosa che mi fa sfavare non poco.
    Certamente “le sinistre” potevano prendere la spinta verso la dimensione locale/comunitaria come una grande opportunità per ricostruirsi una base genuina, ma la realtà è che la Lega (almeno da queste parti) le ha bruciate sul tempo. E adesso noi sinistroidi siamo rimasti senza la capacità di articolare un modello sociale che non sia un mero tamponamento di quello autoritario/autocratico/clientelare delle destre. E’ un bel problema.
    Io non rimpiango quello che c’era prima. Ha fatto il suo tempo. Ma quello che c’è ora mi pare un bel po’ discutibile. E su quello che ancora ha da venire rimango tutto occhi e orecchie, ma il mio istinto di meteorologo sociale non mi porta bei segnali.

  11. retroguard1a
    16 Ottobre 2010 a 11:21 | #11

    nero :

    Io non chiedevo allo stato di scomparire, chiedevo all’autorganizzazione, alle comunità di autogovernarsi e di inventarsi modi per essere autonomi dallo stato, da un grande macigno che decide per me/noi/essi.

    Ma chiedere all’autorganizzazione o a se stess*?
    A me sembra che il problema sia stato (non sempre ma spesso) lo scimmiottamento di pratiche di potere (almeno dalle mie parti) più che la reinvenzione di nuove forme di socialità.
    Poi stai lì per esempio a sentire i discorsi di gente che sta male, perché non riesce a fare coppia serenamente, perché la coppia è borghese e chiusa e tocca fasse mille pippe di decostruzione su quanto si è afflitti dal capitale e dalla normalizzazione sociale, mentre intorno ci stanno gerarchie dappertutto (giustizia da nessuna parte!) o socialità che pervertiscono presunti modelli “di strada” (del tipo: prima te meno poi te chiedo come va). Questo non dappertutto, non da tutti, non sempre…ma capita e non poco.
    Insomma questo per dire che il problema che ci frustra non è tanto la capacità o meno di abbattere il mondo esistente per farne uno nuovo, quanto piuttosto l’incapacità nostra nel cambiare noi. E non c’entra l’aver o meno superato i trenta (come dice caparossa), perché i modelli imitativi ci riguardano da quando iniziamo a far politica (anche da prima, ma è un altro discorso).

    Il buono di tutto questo però è che a mettere in pratica relazioni “nuove” o a tentare di cambiare si può fare sempre…stato o non stato.
    Poi in ‘sto momento sto in fissa con le reti di solidarietà*, laddove una volta c’era il mutuo soccorso ora ci dovrebbero essere appunto le relazioni e gli aiuti, partendo da basi concrete e unificanti, visto che il precariato (e non solo) ci smantella come gruppi e individue. Che poi è una cosa che ho imparato con le donne: non s’esce dalla violenza senza avere dei punti d’appoggio (tua sorella, la tua amica, il corso di danza del ventre o il cazzo che te pare), ma siamo sicur* che non s’esca così anche dalla violenza e dall’atomizzazione che ci suggeriscono le destre più o meno estreme?

    Comunque n’altro commento pessimista e comincio sul serio ad attuare il piano “marito ricco”, al che avrete una giovane de movimento in meno sulla coscienza!
    Bella!
    (con l’impressione d’aver fatto un discorso senza capo ne coda)

    *che fra l’altro, mi pare che stiano crescendo negli ultimi anni, z.B. con il “fenomeno” gas e gap.

  12. nero
    16 Ottobre 2010 a 12:34 | #12

    @retroguard1a

    C’è da dire che se ti capiterà mai di avere qualche problema serio ti accorgerai di come le reti di relazioni siano fragili. E questo certamente è uno dei nodi principali del problema.
    Sul chiedere a sé stessi o all’autorganizzazione la discussione è oziosa dato che non si dà autorganizzazione senza soggetti e senza includersi nei soggetti protagonisti.
    Il piano “marito ricco” mi sembra un ottimo piano di questi tempi. Se ne hai la possibilità perseguilo con tutta te stessa. Fai sempre in tempo a trasformarlo nel “piano feltrinelli” =D

  13. retroguard1a
    16 Ottobre 2010 a 13:15 | #13

    In verità, quest’anno mi è capitato di essere toccata (per fortuna? non in primissima persona) da vari problemi seri, poi è chiaro che dipende dalla natura degli stessi, ma senza dubbio, ho visto che molti di questi problemi se si ha di fronte una rete “solidale” vengono affrontati e (a volte) risolti meglio che da soli.
    E’ un po’ il discorso che ci fa lo Stato, quando ci dice: certo non c’è il welfare, ma c’è la famiglia! Il discorso è sensato e funziona, sarebbe bello se non funzionasse solo sulla biologia, no?
    Le reti e le relazioni sono fragili, è chiaro, ma sono anche l’unica risposta che mi sentirei di dare a questi tempi bui. Ieri ne parlavo con una compagna, l’ideale sarebbe creare reti di comunità, come fossero vasi comunicanti tra relazioni durature e meno effimere, ma poi si va sull’utopia…

    [Il piano marito ricco cerco di perseguirlo tutti i giorni, ma purtroppo ce ne passano pochi per gli spazi che attraverso!]

  14. pinke
    16 Ottobre 2010 a 18:44 | #14

    caro Nero,
    questa nostra storica differente lettura delle cose, che in realta’ ha punti comuni in tanti nervi, spiega evidentemente perche’ tu ti chiami nero e io pinke. 😉 anche se poi io so bene quanto a volte tu sia poco nero e tu sappia benissimo quanto il mio pinke con il rosa non c’entri niente.
    io sono sicura di poche cose, una delle probabilita’ e’ che tu abbia ragione e io sia una povera illusa. ma siamo fin troppo grandi per sapere che la realta’ spesso non e’ ne’ rosa ne’ nera e che probabilmente quello che succedera’ nei prossimi anni stupira’ sia me che te.
    la lettura che abbiamo sul (non)futuro e sul presente e’ influenzata dai nostri occhi, ma anche dalle cose che ci capita di guardare. non credo che gli esempi che mi fanno essere buffamente ottimista siano gli stessi che hai in mente te. io non so se le cose volgeranno a nostro vantaggio o se gli anni in cui viviamo si possono solo drasticamente definire una barbarie che non puo’ che peggiorare. so che negli ultimi anni ho trovato cose estremamente interessanti dove non le cercavo e alcune di queste credo non siano affatto semplici da riassorbire.
    questo non vuol dire che credo di vivere in anni edificanti dal futuro radioso.
    credo che anzi, il cosiddetto movimento (uahahah) stia sbagliando un sacco di cose, la prima delle quali e’ la mancanza di coraggio. guarda che come sempre quello che diciamo e’ differente solo ad uno sguardo superficiale, c’e’ una grossa differenza tra uno spunto interessante e un esperimento riuscito.
    tu dici:
    “Quello che succede ora è che lo stato scompare, ma non è sostituito da una comunità solidale, ma solo da una specie di giungla, fomentata da chi ha sottratto lo stato..”
    e non e’ molto diverso da quello che intendo io.
    se questa comunita’ solidale non esiste non e’ perche’ lo stato (o chi ne ha preso il posto) sia un nemico cosi’ forte, ma perche’ siamo noi ad essere estremamente deboli e pavidi. il che mi porta a pensare che se non lo fossimo potremmo ottenere una situazione migliore. migliore almeno della staticita’.
    pero’, io ho nelle vene diversi litri di sangue psicanalitico e sono convinta che il primo passo sia riconoscere il problema. ecco, a me pare che apparte in questa buffa agora’ che e’ il tuo blog e in pochi altri contesti, non si riesca neanche a vedere il problema. il che forse mi fa essere nera quanto te nel credere che si possa riuscire un giorno a superarlo.
    ma magari ci riuscira’ qualcuno che non siamo noi. chissa’. per tornare alla psicanalisi, sono convinta che il mondo vada avanti a furia di pulsioni di morte e di istinto di sopravvivenza. ecco, negli ultimissimi tempi oltre al solito impulso di morte ho iniziato a vedere anche un po’ di istinto di sopravvivenza. il che basta per farmi uscire di casa.

  15. nero
    18 Ottobre 2010 a 18:23 | #15

    @retroguard1a

    Si vede che ti ha detto culo (sulle relazioni) o che milano è un posto più sfigato da quel punto di vista di roma. Ma ho i miei dubbi.

  16. nero
    18 Ottobre 2010 a 18:24 | #16

    pinke :
    pero’, io ho nelle vene diversi litri di sangue psicanalitico e sono convinta che il primo passo sia riconoscere il problema. ecco, a me pare che apparte in questa buffa agora’ che e’ il tuo blog e in pochi altri contesti, non si riesca neanche a vedere il problema. il che forse mi fa essere nera quanto te nel credere che si possa riuscire un giorno a superarlo.
    ma magari ci riuscira’ qualcuno che non siamo noi. chissa’. per tornare alla psicanalisi, sono convinta che il mondo vada avanti a furia di pulsioni di morte e di istinto di sopravvivenza. ecco, negli ultimissimi tempi oltre al solito impulso di morte ho iniziato a vedere anche un po’ di istinto di sopravvivenza. il che basta per farmi uscire di casa.

    Ecco. Magari =D

  17. espanz
    18 Ottobre 2010 a 22:21 | #17

    pinke :
    caro Nero,
    questa nostra storica differente lettura delle cose, che in realta’ ha punti comuni in tanti nervi, spiega evidentemente perche’ tu ti chiami nero e io pinke. ….. negli ultimissimi tempi oltre al solito impulso di morte ho iniziato a vedere anche un po’ di istinto di sopravvivenza. il che basta per farmi uscire di casa.

    quoto pinke in toto anche se di psicanalisi non ci capisco nulla
    nero che il tuo pessimismo taccia per sempre
    smettila di lagnarti e fai gli gnocchi per tutti!

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