Inter in Wonderland: go(od)bbye sogni di gloria
In campo all’Olimpico va la stessa squadra che ha affrontato la Roma solo sette giorni fa, ma la mentalità dei giocatori in campo sembra quella dell’Imperia: nessuno che detta il passaggio, tutti che tirano indietro la gamba, troppi desaparecidos in ogni zona del campo. Dietro Ranocchia fa solo un errore ma rischia di costarci carissimo, mentre Cordoba riesce a commettere l’errore determinante per il risultato finale.
In mezzo al campo Kharja ci mostra perché i genoani l’hanno voluto vedere il prima possibile su un Intercity verso Milano, e anche Sneijder anziché passare la settimana a lanciare proclami potrebbe pensare a giocare a calcio. In ogni caso di fronte a noi abbiamo il nulla cosmico, ma come da tradizione riusciamo nella nostra specialità: la Resurrezione dei Morti Viventi. Al 30esimo il Cuchu – costantemente fuori posizione per tutta la partita, una pena inguardabile – non esce su Sorensen che la mette in mezzo, Cordoba marca Matri a 2 metri di distanza e siamo sotto di un gol.
Reazioni? Nessuna. Viene il dubbio che ci sia un gentlemen agreement tra le due squadre: noi vi concediamo di vincere questo match, dato che non combinerete un cazzo per il resto della stagione. Il volto umano dell’Inter. Il volto che spaccherei su una superficie tagliente di specchi. Gli stessi specchi in cui la squadra continua a specchiarsi per 70 minuti.
Neanche l’ingresso di un Panda un po’ meglio del solito e di un giapponese che subisce il blocco mentale dei più rinomati campioni che ha intorno riescono a cambiare gli equilibri. La vera Inter si sveglia intorno al settantesimo e chiude i gobbi maledetti nella loro area. Quando un tiro a botta sicura dell’Olandesina viene parato dal Panda, quando il Leone si fa stoppare quasi ogni pallone da un pischello danese di 20 anni, quando lo stesso Black Mamba spara sulla traversa una palla che doveva solo essere spinta in porta, è evidente che la partita non la raddrizzeremo più.
Se gli scontri diretti ci dovevano dire quanta voglia avessimo di provarci veramente, questo ha dato segnali diametralmente opposti al match di settimana scorsa. Gli unici pericoli per 70 minuti sono stati tre (3) cross di Maicon, poi qualche verticalizzazione di Sneijder improvvisamente apparso in campo. Leonardo non ha molte colpe, se non quella di dover essere in grado di valutare la stanchezza dei propri giocatori: il Cuchu interno non riesce a trovare mai la posizione; fortunatamente il Sindaco si fa ammonire al 48esimo per saltare la partita con la Fiorentina e riposare, riportando Esteban davanti alla difesa dove si trova a suo agio. Non schierare Nagatomo dall’inizio e preferirgli Kharja si è rivelato un errore, ma il problema principale dell’Inter stasera è stata la testa dei nerazzurri in campo: svuotati, fragili, bloccati, come se avessero paura di giocare contro una squadra di cadaveri come quella bianconera, ormai trasformata nell’Inter dei tempi bui.
Ora è tutto più difficile, e sono purtroppo costretto ad ammettere che il treno dei sogni di gloria forse lo abbiamo salutato stasera. Peccato. Ci avevo quasi creduto.