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Brigate Nonni: un ottimo libro una volta tradotto lo snobismo

12 Dicembre 2011

Brigate Nonni parte da un’intuizione geniale (mi è testimone ppn con cui avevamo in mente l’idea della Brigata Gatling, ma Matteo Speroni mi ha battuto sul tempo, maledizione!): in un’Italia futura ma fin troppo presente le pensioni sono state praticamente abolite e un gruppo di vecchietti privi di speranza decide di organizzare un gruppo terrorista per cambiare le cose. La storia è avvincente e ben strutturata, il finale malinconico ma molto condivisibile da un antico devoluzionista come me, la prosa scorrevole. Sarebbe veramente una pietra miliare… se Matteo Speroni non fosse uno snob, o almeno così si evince dal suo libro (personalmente non lo conosco): che bisogno c’è di infilare in un libro per il resto piacevole il vezzo degli elenchi senza punteggiatura? Mentre si legge è come un pugno in un occhio, un tocco presuntuoso che vorrebbe autoconsegnare patente di “sperimentalismo” a un libro che è bello nella sua semplicità di storia romanzata, senza necessità di darsi un tono. E poi che cosa c’entra l’accanimento contro il calcio? Come i cavoli a merenda, l’autore infila tirate trite e ritrite sul “calcio oppio dei popoli” che con la trama e con il suo flusso non hanno nulla a che vedere: sono un semplice rigurgito di quell’intellettualismo che ha consegnato molti settori popolari alla destra più becera (e che forse ha generato anche l’orda che conclude il libro). A parte questi due dettagli un libro sentitamente consigliato.

Voto: 7,5

  1. Matteo Speroni
    13 Dicembre 2011 a 13:20 | #1

    Caro Nero, grazie di cuore per la recensione, che intercetta molto bene le intenzioni e lo spirito del romanzo. Grazie anche del consiglio finale ai lettori, per me prezioso e incoraggiante. Ne approfitto anche per invitarti un giorno (senza impegno, prima o poi, quando riusciamo) a un aperitivo o a un’occasione per conoscerci (io abito a Milano nella zona di via Padova). Magari ci facciamo un bianchino spruzzato e non uno spritz (ormai da snob). Scherzo, non me la sono assolutamete presa per lo “snob”, visto che nel ventaglio dei miei difetti, che periodicamente passo in rassegna, questo non c’è proprio. Lo stile della scrittura, secondo me, è anche ricerca e frusta per il ritmo del pensiero, che possa piacere o no. Sul punto (anzi… la virgola) di cui parli, per esempio, ho ricevuto giudizi negativi (come il tuo) più o meno pari ai commenti positivi. E questo mi piace. Nel prossimo romanzo organizzerò le pause del pensiero in modo ancora diverso (ci si diverte anche così). Per quanto riguarda il calcio, ti ricordo solo che è usato da decenni proprio dalla destra estrema per fare rombare la violenza nelle casse toraciche eccitate. E che nel quartiere popolare dove vivo, nel bar dove vado spesso, gestito e frequentato da albanesi e altri immigrati, proprio le partite di calcio sono motivo per trovarsi, urlare e lasciarsi sfuggire qualche “heil hitler”. Al contrario, io credo che sia “ultra-snob” assecondare questa grande truffa ai danni del portafogli e del cervello dei popoli (ancora più di quella del rock’n’roll smascherata dai Sex Pistols), per mostrare un atteggiamento “popolare”. Ho amici che sono stati molto tifosi e che, da quando il calcio è diventata una (sporca) macchina di denaro, di maleducazione (anche in campo), di potere e di arroganza – da quando insomma non ha più nulla a che fare con lo sport – non lo seguono più (in alternativa, ci sono rugby, pallavolo e tanto altro). Ma di tutto ciò si potrà discutere. Piccolo spazio pubblicità: ti segnalo anche il mio primo romanzo “I diavoli di via Padova” (Cooper, 2010). Grazie ancora, un caro saluto e a presto. Matteo

  2. ppn
    13 Dicembre 2011 a 14:40 | #2

    Ecco, a parte che come hai intuito ci hai fottuto l’idea, e peraltro senza includere nessun gatling, il che mi pare uno spreco (in generale), se può servirti, avevo fregato al neraccio il tuo libro, tanto lui fa solo finta di saper leggere, e gliel’ho ridato dopo averne letto solo qualche decina di pagine. Il che mi capita molto poco spesso. E mi dispiace sempre tremendamente, perchè può significare solo che:
    -ho degli amici che mi prestano dei libri veramente del cazzo
    -ho io stesso dei gusti orrendi

    Invece qui la faccenda è che, tutto sommato, la storia mi attira (che, ti ricordo, ce l’hai rubata e niente canne rotanti per giunta), è tutto scritto piacevolmente -vedi sopra quanto dice il neraccio- ma sì, la punteggiatura mi ha bloccato. Mi vengono in mente un tot di esempi di libri che ho amato, che attraverso una punteggiatura “non convenzionale” riuscivano a imporre il loro ritmo alla lettura, per esigenze varie e con esito, di solito, convincente. Qui io la punteggiatura non l’ho capita -difficile per me stesso capire se sia mio o tuo il problema, anche se in ultima analisi il problema è mio, che non posso manco leggermi la storia che ci hai rubato senza canne rotanti eccetera-. Non mi ha aiutato a leggere i dialoghi come più “veri”, dando loro quel ritmo che tante punteggiature non possono dare, se non a dialoghi esistenti solo nei romanzi, appunto. Anzi, mi ha costretto spesso a rileggere. E’ il contrario del concetto di scorrevolezza. Non l’ho nemmeno percepita come soluzione “creativa”, tipo espressionismo scritto, per dire. Insomma, per farne un discorso da bar col piacere di poterlo fare direttamente con l’autore, l’ho trovato un fastidioso ostacolo alla lettura, al punto da abbandonare.

    Per quel che può servirti saperlo e con la promessa, che faccio più a me che a te, di riprendere in mano il tuo libro (anche per vedere se almeno dopo qualche canna rotante c’è…).

    🙂

  3. Matteo Speroni
    13 Dicembre 2011 a 15:59 | #3

    canna c’è. sussultante. pagina 1. vecchia marca. ak47.

  4. nero
    13 Dicembre 2011 a 16:11 | #4

    Sono piacevolmente sorpreso che l’autore si prenda la briga di interagire con i suoi lettori su un blog di uno scoppiato frequentato da peggiori scoppiati.

    La questione della punteggiatura secondo me non è secondaria: trovo ovviamente estremamente interessante sperimentare con la lingua per imporre il proprio ritmo alla narrazione. E’ proprio la sperimentazione scelta che mi pare poco fruttuosa, soprattutto perché limitata alla sola elencazione. Avrei trovato più stimolante separare il momento del pensiero e quello dell’azione (o viceversa) con flussi di coscienza contrapposti a narrazione ordinaria. Così mi sembra solo una roba buttata lì, ma più come divertissment (come dici tu) che come studio stilistico. Ovviamente non ho in tasca nessuna patente per dire così, ma ragiono sulle sensazioni avute durante la lettura.

    Sulla questione calcistica dissento profondamente: io stesso per dieci anni travolto dalla vis politica ho fatto altro e ho seguito il calcio di striscio, vedendolo sprofondare lentamente nelle mani di balordi, mafiosi e nazisti. Il fatto che un luogo popolare (come i trani o i baracci) in cui eravamo presenti sia stato lasciato andare alla deriva è una responsabilità pesante per chi come noi pensa che la relazione con le persone sia l’antidoto migliore all’intolleranza e alla stupidità generalizzate. Se ci fossimo stati, molte cose sarebbero diverse, molte periferie sarebbero anche nostre.

    E’ un po’ quello che accade a Vincent: pensa di combattere per tutti, mentre non si accorge che tutti sono diventati diversi da quelli che conosceva lui, proprio perché lui non c’era mentre combatteva. Almeno questa è una chiave di lettura. Spero di essermi stato capito 🙂

  5. ppn
    15 Dicembre 2011 a 10:59 | #5

    Ti do invece la mia visione naif, del perchè il calcio mi piace. No, riformulo, del perchè sono interista -è importante essere precisi-. Perchè è un gioco. Se lo vivi così. Come tutto del resto. Il calcio è divertente perchè è una rappresentazione piuttosto complessa, pur nella sua miniaturizzazione, del nostro mondo. Come potrebbero esserlo gli scacchi, ma con molti più giocatori e piani di gioco. Una torta matrimoniale di scacchi. Certo, devi, per viverlo come un gioco, estraniarti da mafiosi e nazisti del cazzo -quindi ad esempio quando un altro interista ti chiede per quale squadra tieni devi spesso rispondere che non segui il calcio- ma questa è una delle componenti imprescindibili del gioco. Come quando facevi correre le macchinine sul pavimento, da bambino. Era new york, e il bello è che non sapevi neanche bene dove fosse new york. Guarda Nero: fa la stessa cosa eh, solo che la sua visione del mondo è una raffica di socio-pippe strampalate. Ma ci sta. E’ tutto piuttosto semplice, anche se ammetto di provare più stima, a dover scegliere, verso chi il calcio lo ignora…ma anche questo fa parte del mio gioco…

    PS
    armi:
    si chiaro, i cari vecchi eichei. Purtroppo il sibilo ipnotizzante di sei canne rotanti che fanno a turno per contribuire alla narrazione è stato, non so perchè, relegato sempre e solo a qualche comparsata in certi film d’azione di serie B. Io spero sempre che qualcuno si prenda l’impegno di risollevarne la dignità.

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