Fottuti geni
Undici anni dopo…
Faster activist, kill kill kill!
[una politica lezione storica (o viceversa)]
La sentenza del 13 luglio 2012, 11 anni dopo i fatti del G8 di Genova, condanna 5 persone a una 50ina di anni di carcere. Per altre 5 rinvia la condanna a un’altra 50ina d’anni di qualche mese per far riesaminare a un tribunale alcune circostanze. Tutti sono o saranno condannati per aver devastato e saccheggiato la città di Genova. In 10. Devastato e saccheggiato. Che dire? Complimenti. Traiamone alcune conseguenze.
Se per caso aveste voglia di menare le mani impunemente, ricordate di arruolarvi prima nella Polizia di Stato, preferibilmente nel Reparto Celere, ma anche gli altri reparti non disdegnato di sfogarsi quando si può (in particolare i reparti antisommossa della Guardia di Finanza sono noti per avere ampia mano libera). Tranquilli, nessuno verrà a chiedervi conto di quello che avete fatto, e ogni denuncia per lesioni verrà derubricata al massimo ad eccessi benintenzionati. Non vi sognate di dire che avete menato qualcuno perché portava una celtica o perché aggrediva un negro, la cosa potrebbe costarvi molto molto cara.
Se per caso aveste voglia di spacciare grandi quantità di droga, magari in combutta con un’organizzazione criminale, invece, il vostro posto sono i ROS: anche se veniste condannati ad anni di galera, nessuno penserebbe mai di rinchiudervi in una cella. Al massimo vi riterrebbero poco furbi e poco accorti nella gestione delle vostre questioni personali. Se vi beccano con un po’ di ganja, ricordate di dire che era di Ganzer.
Se preferite invece sedervi sul petto di qualcuno fino a soffocarlo, dovrete riprendere in mano la vostra candidatura in PS, possibilmente con le volanti. Anche per l’uso di bastoni e mazze da baseball riferitevi alla stessa istituzione. Se avete un penchant per Carabinieri o Polizia Stradale invece ultimamente significa che non volete andare per il sottile: armi da fuoco a go-go, che sia da una camionetta, in mezzo a un’autostrada oppure a bruciapelo. Se prediligete la morte per maltrattamenti e digiuno, o la simulazione di suicidio, di solito è il corpo della Polizia Penitenziaria il più indicato.
Se siete interessati alla prostituzione o alla pedofilia (pratica o organizzazione delle stesse sono solo declinazioni della questione), invece, vi tocca un percorso più tortuoso: nella chiesa o in un partito, costruzione di rapporti, copertura istituzionale. Alla fine però, state sereni, nessuno pretenderà che veramente vi facciate carico di quello che combinate. Se volete rovinare la vita di migliaia di persone rubando i loro risparmi e mandandoli sul lastrico, oppure direttamente affamandoli con prestiti usurai, anche qui con la Politica vi toccherà avere a che fare, ma solo per garantivi spazio di manovra. Carcere e punizioni, non c’è da temere manco l’ombra.
Perché, soprattutto per quanto riguarda soldi e beni materiali, il problema non è tanto se ve ne appropriate e se lo fate con metodi violenti o subdoli: l’importante è che non lo facciate per motivi politici. Se dovete fare un furto, dite che l’avete fatto per avidità, o alla peggio per noia, ma non vi sognate di dire che l’avete fatto per fame o come atto dimostrativo: processo e condanne saranno assicurate, e non certo lievi. Non c’è problema a fare una rapina, l’importante è che non sia autofinanziamento. Così come non c’è alcun problema a distruggere un bar se avete una divisa o se avete litigato con la morosa, ma non vi sognate di dire che lo avete fatto per fermare l’avanzata di un plotone di miliziani e per difendervi: primo non vi crederà nessuno, e anche se vi credessero vi darebbero 6 anni per devastazione e saccheggio.
Le sentenze di Genova sono un’importante lezione. Ci spiegano che per la nostra società non è assolutamente rilevante quello che facciamo o quello che non facciamo, ma che il motivo per cui compiamo le nostre azioni è esiziale. Per questo è importante sapere da che parte stare, e imparare a fare quello che deve essere fatto, senza tanti proclami e fino in fondo. Perché il mondo in cui viviamo non merita la speranza che abbiamo riposto in esso in quei dannati, infiniti, lunghissimi giorni genovesi. Non merita che noi ci esponiamo per cambiarlo, che cerchiamo di comunicare con il mondo perché bisognerebbe fare tabula rasa del presente e del futuro che è stato pensato e deciso per tutti gli abitanti del pianeta (noi inclusi) senza che questi venissero interpellati. Soprattutto non lo meritano molti esseri umani. E ora sarà anche facile sapere chi. Basterà chiedere che cosa ne pensano di una sentenza. Nessuna giustizia, nessuna pace.
Faster activist, kill kill kill!
[a political history lesson, or the other way around]
2012, July 13th: the sentence convicting 5 people to more or less 50 years of jail concludes 11 years of court case history. For 5 more people it’s only a matter of some months before they are convicted to some 50 years more of jail. All of them have been found guilty of devastating and sacking Genoa. 10 people only, to devastate and sack. What can we say? You’ve got to be really good at it. But let’s try to draw the line on the implications of the Genoa court cases.
If you plan to beat the shit out of people, always remember to join the police before doing it, preferably the riot police, but there are also other corps with a free hand in guiltless beating (like the riot squads of the Guardia di Finanza, the financial policing corp of the Italian State). Nobody will ever bother you to account for what you did, and any court case about injuries and the like will be waved away considering you will have just exceeded in violence for the sake of “Good”. Don’t ever, ever go around trying to justify your violent action with antifascism or the defense of human rights, because you could pay dearly for that. Just say you were angry, or something. That happens to anyone, you know.
If you ever plan to deal drugs and smuggle them, then the special investigation corps of the Carabinieri is the place you may want to enroll in: even if you get convicted (it happens), you will never go to jail and probably they will ask you to keep doing what you have always done (so well).
If you fancy sitting on someone’s breast until he or she suffocates, then it’s still the police you want to be in, preferably the criminal squad. Shooting people is more for the Carabinieri or the Highway Patrol, but don’t worry about it: you can always claim it was legitimate defense or that you wanted to stop a robbery, or something. Death by hunger and beating or fake suicide is the field of the Penitentiary Police. Be careful to choose correctly if you plan to murder someone, or you will have more trouble than necessary to get away with it.
If you are more interested in prostitution or pedophilia, though, you should climb up the stairs of power: you’ll need to be a politician or a bishop to cover that up, but it can be done, of course. Jail? Punishment? No way. Just spend some time far from the limelight and everything will be fixed.
Especially if the stuff you plan involves money or material goods, the issue is not if you are going to get them violently or cunningly: what matters is you don’t do it for political reasons. If you plan a robbery, just say you did it for greed, or because you were bored. Never ever go on about it being a demonstrative action or something: prosecution and conviction are assured should you stay political. Don’t bother justifying a robbery, as long as it is not aimed at raising funds for someone or for some cause. And you won’t have any trouble after destroying a cafe if you are wearing a uniform or if you had a fight with your girlfriend: just don’t try to tell someone you did it to protect yourselves and your dear ones. Nobody would believe you, and even if they do, they’d sentence you anyway to 6 years in prison for devastating and sacking the bar.
The latest decision in the Genoa court case is an important lesson. It tells us that our society is not interested in the least with what we do or don’t do, and that the reasons why we do something are crucial to their effects. That is why it is so important to know which side we are going to take, and to learn that there are things that need to be done, through to the end, without boasting about it. Because the world we live in does not deserve the hope we trusted it with during those damned, endless days in Genoa. It does not deserve that we step forward to try and change it, trying to explain why we should level the present and the future someone has already decided over the planet’s population head. And it is especially and tragically most of the humans who do not deserve our hope and struggle. And now it will be easier to know who’s who: just ask any of them what they think of the July 13th sentence. No justice, no peace.
Genova 2001: la storia della Diaz è finita 11 anni fa // Diaz story has already ended 11 years ago
Oggi, 5 luglio 2012, la Cassazione ha definitivamente condannato una dozzina di alti papaveri della polizia italiana per aver mentito, falsificato prove e verbali che giustificassero l’operazione di giustizia sommaria portata a termine la notte del 21 luglio 2001 alla scuola Diaz-Pertini e Diaz-Pascoli dove si trovava un dormitorio e il media center di chi si era mobilitato contro il G8 di Genova e tutto ciò che rappresentava. Nel corso di questi 11 anni di processi più di metà degli imputati e delle imputazioni sono scivolate via, divorate dalla prescrizione e dal desiderio di insabbiare quello che è accaduto quella notte. Non è bastato, e per una volta siamo qui a fare i conti con una verità in tribunale che quanto meno rende merito del fatto che qualcosa di assurdo, di atroce e di terribile sia accaduto in quei giorni.
Però la storia di quell’irruzione, della sua insensatezza, dell’arroganza di chi l’ha ordita cercando vendetta e seminando violenza su gente inerme e addormentata, solo per rifarsi dell’umiliazione politica e di strada subita durante i due giorni genovesi, è finita molto tempo fa. La storia non si fa nei tribunali. I tribunali sono funzionali al potere di cui fanno parte e al massimo possono farsi carico di giudicare una parte della storia (che non tutti i fatti sono rilevanti per un giudice e per la giustizia). La storia siamo noi; la storia è quella che tutti quelli che erano lì hanno vissuto e raccontato in questi anni, ed è molto più terribile di una manciata d’anni di condanne e della consolazione di una richiesta (che non verrà esaudita) di vedere questa gente espulsa da ciò che li rende più tronfi (il corpo); è quella che tutti coloro che erano incollati alla televisione non potranno mai dimenticati, l’atterrimento e lo sgomento provato, la sensazione di quanto effimera sia la democrazia di fronte alla necessità del potere di non mettersi in discussione.
E’ una soddisfazione per chi era lì con me? Penso di sì, tanti anni spesi per avere almeno uno straccio di carta da sventolare di fronte agli imbecilli a secco di informazioni. Ma non allevia la preoccupazione per quanto succederà settimana prossima. Quando 10 persone verranno giudicate e potenzialmente accusate di tutto quello che è successo a Genova. Loro erano lì. Come me, come molti di quelli che mi leggono. E Genova eravamo tutti noi. Ma pagheranno loro. Mentre molti di noi staranno a guardare. Avrei scambiato volentieri un colpo di spugna mal mascherato oggi con un’assoluzione tra una settimana. Ma non sarà così. E saranno anni lunghi in cui stare vicino a chi pagherà anche per me. Per noi.
Genova non è finita. Genova brucia ancora.
La storia siamo noi.
Today, July 5th 2012, the Supreme Court has definitively convicted a dozen of the highest ranking officials of the Italian police for having organized the raid in the Diaz-Pertini and Diaz-Pascoli schools where people slept and did media during Genoa G8 days back in 2001. They have been convicted particularly for having falsified evidence and for having lied about the reasons and the circumstances of the raid. During these 11 years of trials and courts most of the defendants and of the accusations have been washed away, gnawed at by the statute of limitation and by the desire of all the institutions to dump what happened that night and those days in the most hidden of places. Still they did not succeed into having people forget and forgive, and for once we are here dealing with a judicial truth that at least does not ignore that something shameful, horrible and unbelievable happened in those days and in that night.
But the story of the raid has already ended 11 years ago: its mindlessness; the arrogance of those who ordained it looking for vengeance and spreading violence on helpless people sleeping, trying to appease the political and “street” humiliation they had to endure during Genoa days; it’s all been there for a long time. History is not made by judges. Courts are part of the institutions and at the very most can acknowledge a side of the story people live (and everybody knows a lot of facts are not at all relevant for courts). We are history. History is what people felt and lived there that night. It’s what people told over and over these years, and it’s much more frightening than a bunch of year of conviction sown for lack of better ways to deal with what happened. It’s much more than the consolation of (maybe) seeing the accused people thrown out of what they care most for (the corps, the honour). History it’s what all the people mesmerized by the images and sound of their tv screen will never forget, aghast and ashamed of the feeling they clearly had of how feeble and faint democracy is in front of the absolute need of power not to be discussed or (worse) fought.
Are we (the ones who were there with me) satisfied? I guess so: so many years of our lives spent to wrestle at least a sodding paper to be waved under the nose of those who still won’t believe plain truth. But still all this won’t make a difference next week, when 10 people could be convicted by the Supreme Court to more than 100 years of jail, accusing them of all the things that happened in those days in genoa. They were there, of course. As I was. As we were. And Genoa was all of us. But it will be those 10 people to pay for it. And to pay dearly, while most of us will just stare still. I would have gladly traded a clumsily camouflaged coup to have the high ranking cops get away clean with an acquittal next week. But it won’t be so. And it will be so many years to not leave alone those who will pay for my struggle as well. For our struggle.
A dieci anni dall’omicidio di Dario e Maxi: presenti!
Oggi sono passati dieci anni. Dieci anni da quando due ragazzi degli MTD (Movimientos de Trabajadores Desocupados) di Lanus e Guernica vengono brutalmente assassinati da un gruppo di poliziotti capeggiati dal commissario Franchiotti al termine degli scontri per liberare il Puente Pueyrredon dal piquete che lo bloccava da giorni per chiedere dignità, lavoro e cambiamento sociale. Assassinati mentre si stanno ritirando, mentre stanno salendo sui treni per tornare nelle baracche in cui tutti i giorni organizzano mense popolari, attività sociali e produttive per alleviare le condizioni di indigenza in cui versano migliaia di persone in tutta l’Argentina, inseguiti e ammazzati a sangue freddo. Per dare una lezione: una lezione che trasformerà la morte di Dario e Maxi un simbolo sotto la cui bandiera raddoppiare gli sforzi di lotta. Ancora oggi sul ponte, a dieci anni di distanza, la pressione sociale sul potere argentino per migliorare le condizioni di vita dei più poveri non è scemata, ma continua anche in nome di Dario e Maxi a lottare.
E anche se sono passati dieci anni, è giusto non dimenticarsi di che cosa significa lottare per cambiare il mondo in cui viviamo. Perché costa caro (Dario e Maxi purtroppo non sono stati né i primi né gli ultimi morti ammazzati né in Argentina né in Italia), anche se pare che l’idea che per ottenere un cambiamento serva mettersi in gioco e rischiare in proprio sia un po’ fuori moda: ci hanno convinto che avversare lo stato di cose presente sia un esercizio di opinione, ma non è così. A chi seguirà quanto abbiamo fatto noi dobbiamo trasmettere anche che cambiare lo stato di cose presente significa combatterlo, e combattere significa mettersi in gioco. Fino in fondo. Dario e Maxi hanno pagato anche per noi. Continuare la loro lotta è il minimo che si possa fare per non dimenticarli.
La cronaca del processo per l’omicidio di Dario Santillan e Maximiliano Kosteki
L’articolo sull’anniversario di Indymedia Argentina
Il comunicato del Frente Popular Dario Santillan sulla ricorrenza
Il video Piquete en Puente Pueyrredon che realizzammo come Indymedia Italia e che racconta chi erano Dario e Maxi, che cos’era il Piquete e che cosa sono gli MTD.
Dario y Maxi: presenti!
Meglio ammazzare con una divisa che sognare la rivoluzione
La Cassazione ha rigettato il ricorso dei quattro poliziotti (Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri) che hanno ammazzato Federico Aldrovandi durante un “normale” controllo, confermando la condanna a 3 anni e 6 mesi. Poliziotti a tuttora in servizio, perché per loro a differenza dei comuni mortali vale la presunzione d’innocenza. Per loro e per tutti quelli che in qualche modo “gestiscono” o “esercitano” una qualche forma di compatibilità allo stato di cose presente e al potere. E’ inutile sottolineare la solidarietà nei confronti della famiglia di Federico, che non lo riavrà con questa sentenza, ma che quanto meno potrà affermare di non aver visto la verità calpestata in nome della ragione di stato.
Soffermiamoci però su altri dati di fatto: quattro persone in divisa hanno ammazzato un ragazzino innocente e sono stati condannati in via definitiva a tre anni (3) e sei mesi (6). Nei giorni e mesi scorsi sono arrivate le condanne per gli scontri del 15 ottobre: tre anni (3). Qualche anno fa una trentina di persone coinvolte in una barricata data alle fiamme (nessun ferito, qualche danno alle cose, ma poca roba) in mezzo a Corso Buenos Aires a Milano sono state condannate per devastazione e saccheggio a 4 anni e rotti di carcere (solo perché hanno fatto il rito abbreviato). E tra pochi giorni (un mesetto circa) 10 dei 25 imputati per i fatti del G8 di Genova rischiano una condanna a pene che variano tra i 10 e i 15 anni di carcere, accusati di aver messo a ferro e fuoco la città (se fosse vero gli faremmo comunque i complimenti perché in 10 è una vera impresa!).
Rileggete bene e fermatevi a pensare per una volta, non scorrete queste righe come un sottotitolo di SKY TG 24 o come una cosa spiattellata sulla bacheca di Facebook o sulla timeline di Twitter. Dieci persone accusate di aver distrutto cose rischiano di dover passare 15 anni in carcere, quattro persone che hanno spento la vita di un ragazzo di poco più di 15 anni senza alcuna ragione sono state condannate a 3 e mezzo. Notate anche voi qualcosa che non va?
Non è una novità. Il modo in cui funziona la giustizia italiana (che ovviamente è uno strumento per difendere lo status quo) non può essere giusto. Ma quando è così distorto sembra volerci convincere che, alla fine, per la nostra società, è meglio ammazzare un ragazzino indossando una divisa che spaccare (dieci o cento non importa) vetrine sognando di fare la rivoluzione. Evidentemente nonostante i tanti proclami la vita per il mondo in cui viviamo vale molto meno di soldi e oggetti. Per questo un sistema di questo tipo merita di essere distrutto e tutti coloro che ci hanno provato meritano la nostra solidarietà.
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Maggiori info sul G8 di Genova:
Supportolegale.org
Processig8.org
Lombardia, unica via! Le presentazioni di +Kaos di questa settimana!
Dopo la prima presentazione alla Baracca Occupata, il tour delle presentazioni del nostro libro sbarca in Lombardia per una serie fittissima e interessantissima di date. Si parte con Bergamo, per poi passare a Milano, Rho, Arcore e finire con Abbiategrasso. Date un’occhiata al programma sotto e scegliete la data che fa per voi!! Ovviamente in ogni luogo troverete il banchetto con il libro in versione cartacea da acquistare per finanziare A/I.
Giovedì 14 giugno: Bergamo – Paci Paciana
Venerdì 15 giugno: Milano – Piano Terra
Sabato 16 giugno: Rho (MI) – SOS Fornace (giornata pienissima!!!)
Domenica 17 giugno: Arcore – Arci Blob
Giovedì 21 giugno: Abbiategrasso (MI) – Folletto (di cui vedete sotto il fantastico volantino!)
Una storia emblematica per Milano: Macao e la Torre Galfa
Non entrerò nel merito della natura e/o del valore politico dell’occupazione della Torre Galfa a Milano da parte di Macao: chi l’ha occupata non ha certo bisogno né del mio endorsement, né frega loro qualcosa delle mie eventuali perplessità e critiche, perché giustamente vivono della magia di quello che stanno facendo. Però mi pare interessante evidenziare alcune cose oggi che lo sgombero è diventato purtroppo realtà.
Per chi non lo sapesse la Torre Galfa è un grattacielo di trenta piani vicino alla Stazione Centrale di Milano a pochi passi dal grattacielo Pirelli e dal nuovo grattacielo della Regione, costruito spazzando via l’unico angolo di verde del quartiere dagli stessi costruttori proprietari della torre di via Galvani. L’edificio è abbandonato da 15 anni, impunemente, mentre Ligresti, il costruttore immacolato e santissimo (non penso servano presentazioni), continua a mietere permessi per costruire altre torri e altri palazzi, che lascerà a loro volta sfitti e vuoti. Le domande sul come faccia a ottenere i permessi e dove trovi i soldi sono naturali e legittime, ma le risposte raramente sono soddisfacenti. Anche il quesito sul motivo per cui nessuno pensi di mettere una tassa abnorme sui luoghi sfitti rimane misteriosamente senza risposta, anche da chi si ammanta di ragionamenti sulla legalità e l’equità.
L’occupazione della Torre Galfa ha visto una partecipazione obiettivamente sorprendente, con centinaia (diverse centinaia) di persone in assemblea permanente, laboratori, eventi, un’aria frizzante piena di entusiasmo e voglia di fare. Nelle strade, nelle comunità, tra le persone che vanno a vedere quello che succede in città non poteva che raccogliere sensazioni positive, che ricordavano altri periodi, più felici per la gente, a Milano.
Chi governa il territorio ha risposto in due modi: la destra è stata zitta e ha lasciato che l’iter legale continuasse senza mettere becco, ovviamente contrariata dalla pubblicità che l’occupazione ha portato sullo spreco e sulle connivenze che consentono di continuare a speculare a Milano; la sinistra è stata zitta e ha lasciato che l’iter legale continuasse senza mettere becco, ovviamente terrorizzata come sempre di prendere parte e parola. Sinceramente uno smacco per chi è arrivato a governare la città e chi vorrebbe un domani governare il paese riempiendosi la bocca di equità, di cultura, di solidarietà, di sostegno a ciò che è giusto.
E d’altronde questa sinistra, quella fintamente innovativa che riempie le pagine dei giornali italiani come contraltare a quella stantia e sempre uguale a se stessa, rappresenta una popolazione di culi pesanti che senza mai essere passati dalla Torre Galfa sentenzia ed esprime giudizi come sempre pieni di se e di ma (quando si tratta di fare la morale e di puntare il dito i se e i ma a sinistra abbondano per allontanarsi, come quando si tratta di fare qualcosa di non comodissimo ma di sacrosanto): giusto chiedere spazi, ma non nell’illegalità; macao è bello, ma come sindaco non posso farci niente; la cultura è bella, ma bisogna chiedere le cose in un altro modo. Questa confusione terribile tra legittimità, giustizia, legalità è semplicemente il segno del vuoto intellettuale del sedicente popolo della sinistra, che dei valori che dovrebbe incarnare ha smarrito completamente la strada. Ed è questo che mi riempie di amarezza della vicenda esemplare di Macao, che evidenzia molto bene perché le poche e vane speranze riposte nei milanesi solo un anno addietro sono già arrivate a mostrare la corda.
Eppure è facile ricordarsi i motti più stringati: Ragazzi, agitatevi!