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Una storia emblematica per Milano: Macao e la Torre Galfa

15 Maggio 2012 1 commento

Non entrerò nel merito della natura e/o del valore politico dell’occupazione della Torre Galfa a Milano da parte di Macao: chi l’ha occupata non ha certo bisogno né del mio endorsement, né frega loro qualcosa delle mie eventuali perplessità e critiche, perché giustamente vivono della magia di quello che stanno facendo. Però mi pare interessante evidenziare alcune cose oggi che lo sgombero è diventato purtroppo realtà.

Per chi non lo sapesse la Torre Galfa è un grattacielo di trenta piani vicino alla Stazione Centrale di Milano a pochi passi dal grattacielo Pirelli e dal nuovo grattacielo della Regione, costruito spazzando via l’unico angolo di verde del quartiere dagli stessi costruttori proprietari della torre di via Galvani. L’edificio è abbandonato da 15 anni, impunemente, mentre Ligresti, il costruttore immacolato e santissimo (non penso servano presentazioni), continua a mietere permessi per costruire altre torri e altri palazzi, che lascerà a loro volta sfitti e vuoti. Le domande sul come faccia a ottenere i permessi e dove trovi i soldi sono naturali e legittime, ma le risposte raramente sono soddisfacenti. Anche il quesito sul motivo per cui nessuno pensi di mettere una tassa abnorme sui luoghi sfitti rimane misteriosamente senza risposta, anche da chi si ammanta di ragionamenti sulla legalità e l’equità.

L’occupazione della Torre Galfa ha visto una partecipazione obiettivamente sorprendente, con centinaia (diverse centinaia) di persone in assemblea permanente, laboratori, eventi, un’aria frizzante piena di entusiasmo e voglia di fare. Nelle strade, nelle comunità, tra le persone che vanno a vedere quello che succede in città non poteva che raccogliere sensazioni positive, che ricordavano altri periodi, più felici per la gente, a Milano.

Chi governa il territorio ha risposto in due modi: la destra è stata zitta e ha lasciato che l’iter legale continuasse senza mettere becco, ovviamente contrariata dalla pubblicità che l’occupazione ha portato sullo spreco e sulle connivenze che consentono di continuare a speculare a Milano; la sinistra è stata zitta e ha lasciato che l’iter legale continuasse senza mettere becco, ovviamente terrorizzata come sempre di prendere parte e parola. Sinceramente uno smacco per chi è arrivato a governare la città e chi vorrebbe un domani governare il paese riempiendosi la bocca di equità, di cultura, di solidarietà, di sostegno a ciò che è giusto.

E d’altronde questa sinistra, quella fintamente innovativa che riempie le pagine dei giornali italiani come contraltare a quella stantia e sempre uguale a se stessa, rappresenta una popolazione di culi pesanti che senza mai essere passati dalla Torre Galfa sentenzia ed esprime giudizi come sempre pieni di se e di ma (quando si tratta di fare la morale e di puntare il dito i se e i ma a sinistra abbondano per allontanarsi, come  quando si tratta di fare qualcosa di non comodissimo ma di sacrosanto): giusto chiedere spazi, ma non nell’illegalità; macao è bello, ma come sindaco non posso farci niente; la cultura è bella, ma bisogna chiedere le cose in un altro modo. Questa confusione terribile tra legittimità, giustizia, legalità è semplicemente il segno del vuoto intellettuale del sedicente popolo della sinistra, che dei valori che dovrebbe incarnare ha smarrito completamente la strada. Ed è questo che mi riempie di amarezza della vicenda esemplare di Macao, che evidenzia molto bene perché le poche e vane speranze riposte nei milanesi solo un anno addietro sono già arrivate a mostrare la corda.

Eppure è facile ricordarsi i motti più stringati: Ragazzi, agitatevi!