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Archivio per la categoria ‘movimenti tellurici’

Anche quest’anno un successo

2 Maggio 2008 5 commenti

Il risultato della mayday quest’anno non era per nulla scontato. Nel clima generale di recessione dalla partecipazione attiva alla vita politica del mondo che ci circonda e dal protagonismo nelle lotte sociali, era lecito temere che la mayday parade soffrisse un pesante contraccolpo. In realtà non è stato così, anzi: molti parlano di una partecipazione intorno agli  80-100.000, ovvero un buon 30% in più dell’anno scorso, ma io ho percepito una sostanziale tenuta numerica della manifestazione. La questione non cambia di molto: tenere i numeri della principale manifestazione dei precari e delle precarie in Italia nel contesto politico in cui siamo stati volenti o nolenti costretti è un risultato di per sé eccellente. Ma c’è di più: se si va a guardare la rappresentatività della partecipazione e la sua qualità c’è di che essere entusiasti. Questo ovviamente non lo leggerete sui giornali e non lo vedrete in tv, in cui parleranno dei sindacati di base e della sparuta presenza di partitini e correntine in fondo al corteo come della caratteristica saliente della giornata del primo maggio milanese, ma ieri la stragrande maggioranza delle persone sono venute in corteo non rispondendo all’appello di nessuna organizzazoine, come individui e precari che vedono nella mayday parade l’unico momento in cui essere protagonisti e non strumenti degli interessi politici altrui. E questo lo puoi notare nella gioia e nella spontaneità con cui le persone partecipano alla parata, passando di carro in carro, fermandosi a chiacchierare (qualcuno direbbe cospirare) qua e là in giro per le strade attraversate dal fiume di persone.

Quest’anno la rete dell’Intelligence Precaria ha provveduto a fornire diversi gadgets: in primis un nuovo city pocket che fa il punto delle molte lotte che si sono sviluppate durante l’anno e che tuttora sono in cantiere; poi un divertente puzzle da comporre rincorrendo i vari camion; infine un simpatico tatuaggio che recitava "Non avrete la mia pelle". Dopo lo spezzone di testa dei migranti – per la prima volta organizzati e fortemente presenti in tutto il percorso di costruzione della mayday – c’erano 5-6 bilici di IP e il carro degli studenti di Asso. A chiudere questo spezzone autorganizzato c’era il carro delle Donne Precarie che ha veramente spaccato con due dj indiavolate che hanno aizzato la folla rispondendo alla pischella che si dimenava sul carro dei lavoratori dei call-center che dal punto di vista fonico era effettivamente potente. Menzione speciale per il carro ecologico completamente mosso e sostenuto da energie rinnovabili: mirabile intento e mirabile realizzazione. Ci sarebbero mille cose da dire, ma penso che presto blanca scaricherà le foto sul suo sito e parleranno da sole. Adesso ci aspetta un anno per capire cosa cazzo fare e soprattutto farlo.

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A Sbancor

30 Aprile 2008 1 commento

Rigiro da carmilla questa brutta notizia. Non uso altre parole perché quelle di Valerio mi paiono le più adatte. 🙁 

Abbiamo appreso da meno di un’ora della morte di Sbancor.

Era – e per quel che ci riguarda rimane – collaboratore di Carmilla,
autore di libri ("Diario di guerra", 2000, e "American Nightmare",
2003), mediattivista e militante anarchico, esperto di economia e
finanza, persona appassionata. Suoi interventi sono apparsi, oltre che
su questo sito, su Rekombinant, Indymedia e Giap.

Sbancor è per noi la voce sferica e baritonale che, mesi prima dell’11 Settembre 2001, diede forma a una previsione: la guerra contro l’Afghanistan.
Da allora, non abbiamo mai sottovalutato un suo giudizio, una sua intuizione, finanche una sua battuta.

Risalgono al 2002 questi suoi "aforismi sul movimento":

Muovendosi cambia. Solo a questa condizione un movimento produce un mutamento.

Il movimento è la sottrazione
dell’intelligenza all’organizzazione sociale del consenso. Il che la
rende più deficiente. Probabilmente anche più cattiva. L’intelligenza
sottratta al sistema di organizzazione sociale è intelligenza libera.
L’intelligenza libera è destinata al nihilismo.

Fermare questo ciclo del "samsara" è il
"mantra" dei mutamenti. L’unico soggetto che appartiene a questo
scenario è "l’io sono tutti i nomi della Storia" di Nietzsche.

La persona che adottava lo pseudonimo non desiderava fosse usato il suo vero nome.
Certamente nei prossimi giorni potrete leggerlo, su qualche giornale o nei ricordi di chi gli ha voluto bene.
Ma per ora, per oggi, qui su Carmilla, noi lo chiameremo soltanto "Sbancor".

L’amore che mi ha dato alla luce lo riporto alla mia Origine senza perdita, fluttuo sopra chi vomita
esaltato dalla mia assenza di morte, esaltato da quest’assenza di fine che gioco ai dadi e seppellisco
vieni poeta taci mangia il mio verbo, e assaggia la mia bocca nel tuo orecchio
.
(Allen Ginsberg, The End)

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Anche quest’anno Mayday Mayday

29 Aprile 2008 6 commenti

 

Un breve incipit per appoggiare parola per parola il post sfogo del mio socio, consapevole che bisognerebbe avere il tempo di capire che cazzo fare e il pelo sullo stomaco di non guardare in faccia a nessuno e come qualcuno metteva nei commenti al mio post dopo-elezioni prendere il potere contro le masse per le masse. Noi questo pelo non ce lo abbiamo, e la cosa è dimostrata da chi "rappresenta" la sinistra in questo scorcio di nuovo millennio: se avessimo voglia ce li saremmo mangiati tutti sto branco di imbecilli. Cmq, adesso si avvicina la concretizzazione dei cazzi acidi che tutti hanno paventato per diverso tempo, e spero che gli italiani se li puppino fino in fondo.

Al di là di questo dettaglio anche quest’anno si avvicina il primo maggio e con esso la mayday parade, giunta alla sua ottava edizione: chi la vede come una cartina al tornasole della risposta dei movimenti alle elezioni sbaglia, perché va intesa come saggio delle basi su cui costruire qualcosa. Non sono per nulla certo che siano basi buone, né tantomeno ampie, ma è il poco che ci rimane. D’altronde forse bisognava toccare il fondo per iniziare a guardare in cielo e scorgere la luna, anche se il mio utopismo è morto e sepolto da tempo, e penso che si tratterrà di scavare ancora un po’ nella merda prima di trovare qualcosa che valga la pena di gettare il cuore oltre l’ostacolo. In ogni caso il primo maggio e il venticinque aprile sono ancora tra le poche cose che mi smuovono qualcosa in fondo allo stomaco, per cui penso che tutti dovrebbero correre in piazza se non altro per guardarsi un po’ in faccia e complottare l’impossibile e l’improbabile. I say I say, Mayday Parade!

EuroMayDay008: il primo maggio precario che travolge i confini del futuro!

Ci rivolgiamo a tutti e a tutte; uomini e donne, precari e precarie,
native e migranti, lavoratrici e lavoratori dei call center, degli
aeroporti, dello spettacolo e della moda, dell’informazione e della
formazione, delle ricerca, delle cooperative sociali, della
distribuzione. Ci rivolgiamo agli operai e alle operaie, delle
fabbriche e dei servizi, agli studenti, alle associazioni, ai centri
sociali, alle mille forme di resistenza e di autorganizzazione che
ri-generano i territori e le metropoli martoriati dal vampirismo
neoliberista.

La precarietà picchia duro, nel lavoro e nella vita. Non è “sfiga”. Non
è cosa passeggera. Non è un problema sociale tra gli altri ne’ un
titolo di un giornale. Non è semplicemente la perversa proliferazione
di contratti atipici ne’ un dazio che le giovani generazioni sono
costrette a pagare per entrare nel mercato del lavoro.

È il modo contemporaneo di produrre la ricchezza, di sfruttare il
lavoro, di asservire ogni stilla della nostra vita al profitto delle
imprese. La precarizzazione è la crisi della rappresentanza politica e
sindacale del lavoro e nel sociale, e segna un punto sulla linea del
tempo rispetto al quale non si può tornare indietro. È il punto da cui
è necessario ripensare e sperimentare nuove forme e strategie di lotta;
contro lo sfruttamento, le gerarchie e le povertà.

Una lotta che parli chiaro e a voce alta, perché ricca di tutto ciò
che la precarizzazione nega e riduce al silenzio. Negli ultimi anni,
l’EuroMayDay ha costruito, in Italia e in Europa, uno spazio politico e
sociale, condiviso, in cui la presa di parola e il protagonismo dei
precari e delle precarie, senza mediazioni e mediatori, ha sperimentato
forme inedite di visibilità, comunicazione e conflitto.

Ma la Mayday è un processo sociale che si evolve di anno in anno,
per tutto l’anno, e questa edizione, a Milano, rilancia a partire dal
protagonismo dei migranti. Il lavoro migrante rivela i segreti della
precarizzazione. Il controllo dei confini produce gerarchie spesso
razziste tra regolari e irregolari, tra buoni e cattivi, criminalizzati
dalle retoriche della guerra e della sicurezza che servono solo a non
parlare di coloro che di lavoro muoiono, senza nessuna sicurezza.

La specificità dei migranti è vivere una doppia precarietà. Dentro e
fuori i luoghi di lavoro il legame tra permesso di soggiorno e
contratto di lavoro li ricatta, i Cpt e le espulsioni li minacciano
costantemente. La loro condizione riguarda però tutto il lavoro, è una
leva fondamentale della precarizzazione perché alimenta la
frammentazione, perché riduce gli spazi di libertà e le possibilità di
lotta. Ma in questi anni il protagonismo dei migranti ha prodotto
esperienze significative di lotta autonoma in nome della libertà di
movimento.

Il primo maggio, a Milano, vogliamo condividere questa forza,
amplificarla, congiungerla con quella degli altri precari. Condividere
esperienze che sono transnazionali, e che danno il segno di una May Day
che attraversa l’Europa da Aachen/Aquisgrana a Berlino, Copenhagen,
Hanau, Amburgo, Helsinki, Lisbona, Madrid, Malaga, Maribor, Napoli,
Palermo, Terrassa, Vienna… e va oltre, perché passa per la Tokyo MayDay
in Giappone, e si collega alla manifestazione dei migranti negli Stati
Uniti del prossimo primo maggio.

Vogliamo costruire una long/larga/lunga MayDay che sappia porre un
confronto serrato e continuativo, fra tutte le realtà lavorative,
sociali, sindacali che lottano, ogni giorno, in ogni dove, contro la
precarizzazione, sulle tematiche che da sempre hanno caratterizzato
l’idea del primo maggio precario: la continuità di reddito intesa come
un nuovo orizzonte delle politiche rivendicative, del welfare e la
trasformazione del protagonismo precario e migrante in un conflitto
nuovamente diffuso ed incisivo.

La precarizzazione, lo ripetiamo, picchia duro e segna una
discontinuità profonda con il passato. E’ un equilibrio sapiente fra
ricatto e consenso e agisce sul sociale in modo diverso, dividendoci e
confondendoci. Atomizza le nostre vite e saccheggia i territori e le
metropoli in cui viviamo. Milano è fresca di nomina per l’Expo 2015.
Tremiamo pensando alle conseguenze di ciò: l’orgia bipartisan
dell’orgoglio nazionale di speculazioni ed appalti allestirà il
palcoscenico nascosto per lo sfruttamento intensivo di lavoro precario
e migrante in un’oscena colata di cemento.

Non ci sono dubbi, siamo incompatibili con tutto ciò: se questa è
una vetrina che lo sia della nostra capacità di conflitto e di un’idea
di valorizzazione delle nostre vite ben differente Di questo si
discuterà nelle Fiere Precarie che precederanno, attraverseranno e
seguiranno la parade mettendo a confronto esperienze di autoproduzione,
di cooperazione e di condivisioni dei saperi.

Let’s MayDay,

Milano, primo maggio,

Porta ticinese, ore 15.00

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Teoremi, patemi, almeno una buona notizia all’anno

26 Aprile 2008 Commenti chiusi

 

So che non sono proprio sul pezzo, dato che la notizia è del 24 aprile sera e io la sto dando dopo due giorni, ma purtroppo non sono stato online: il processo di Cosenza, basato su un teorema allucinante secondo il quale organizzare la partecipazione a un corteo costituisce in sé una associazione sovversiva, si è concluso con una sentenza di assoluzione per tutti gli imputati, con la formula "perché il fatto non sussite". Da questa notizia, di cui tutti dovrebbero essere più che felici, traiamo alcuni importanti insegnamenti – sperando che li traggano anche il pm Fiordalisi e i suoi amichetti del ROS: che il 270 bis non è che proprio attecchisca molto in Italia, almeno per ora, vuoi perché è un reato che vorrebbe colpire i militanti (e non ce ne sono più molti in circolazione), vuoi perché è un reato che si basa tutto su impostazioni accusatorie totalmente indiziarie e sempre deliranti. In secondo luogo questa sentenza avrà interessanti ripercussioni sul processo Diaz, nel quale alcuni difensori degli alti papaveri indagati volevano usare il processo/teorema come giustificazione dell’intervento: mi sa tanto che l’operazione laida non gli riuscirà, e anzi gli tornerà, come dire… un po’ nei denti. Cmq tripudio!

Senzazioni

21 Aprile 2008 1 commento

Piove, e mi capita di fermarmi a riflettere: il corriere della sera mette in vendita 20 dvd sulla storia del fascismo intitolando la serie "i venti anni che hanno segnato l’italia" – senza accenni alla natura di questi venti anni; il futuro ministro dell’Interno, appartenente a un partito xenofobo, forcaiolo e buzzurro, propone di legalizzare le ronde "anti-crimine" opponendo alla loro presunta incostituzionalità affermazioni come "questi sono cavilli, ai quali antepongo la vita delle persone"; un parlamentare con una condanna per mafia a 9 anni, ma nonostante questo candidato, riverito, ed eletto, insiste nel voler leggere in pubblico in diretta nazionale i diari di Mussolini che ha comprato ad un’asta, ma che tutti gli storici considerano un falso clamoroso, e che guardacaso dipingono il duce come un puro di cuore, sensibile e sopraffatto dalla storia, non certo dalla sua mitomania dittatoriale; alle celebrazioni del 25 aprile il sindaco di alghero, dello stesso partito del futuro presidente del consiglio, vieta la canzone Bella Ciao durante le celebrazioni.
C’è un’aria strana in Italia, no? Non è per nulla salubre, ma la gente sembra non accorgersene, tanto basta buttare tutto sui "clandestini", sui "criminali", su questo e su quell’altro, ma mai su noi stessi e sul modello di società che ci siamo scelti e che abbiamo costruito in tutti questi anni. Il popolo italiano ha la memoria corta, e se ne accorgerà quando sarà troppo tardi. Ppn, mio fedele commentatore, si prepara a suo modo, ma forse a molti converrebbe semplicemente emigrare, che di mete dove si respira un’aria un filo migliore non c’è che la scelta.

PS: nel frattempo a Bolzaneto le difese degli imputati si arrampicano sugli specchi cercando di dimostrare che alla fine quello che è accaduto non è colpa di nessuno. Siamo d’accordo con loro che quanto avvenuto a Bolzaneto avviene nelle carceri tutti i giorni e che sarebbe stato bello individuare molti più autori materiali di atti gravissimi di violenza contro detenuti, ma NON siamo d’accordon con loro nel ritenere la vita nelle carceri di tutti i giorni corretta e improntanta alle necessità di sicurezza, né che gli attuali imputati siano dei santi per caso incastrati dai cattivi pm. Pietà.

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Il Nuovo Moderno

15 Aprile 2008 13 commenti

Visto che un’opinione sulle elezioni la danno tutti, ho pensato di poter parlare anche io. D’altronde nonostante ormai non vada a votare da almeno tre legislature (forse quattro non ricordo) ciò non significa che io sia indifferente alle mutazioni del panorama politico complessivo, come non lo dovrebbe essere chiunque decida di fare della politica un punto di vista rilevante nella propria vita.
Non è difficile fare una valutazione complessiva di queste elezioni, e onestamente sono andate esattamente come mi aspettavo, salvo per quanto riguarda la Lega, di cui non prevedevo un exploit così clamoroso, con il senno di poi per nulla difficile da interpretare. Come molti quotidiani hanno titolato, queste elezioni fanno da battistrada alla Terza Repubblica, e non tanto per il leit motif del "bipolarismo" quanto per l’intervento sollecito e immediato che il centro-destra predisporrà a livello istituzionale, riforma costituzionale in primis – d’altronde dopo aver concluso una rivoluzione culturale rispetto all’eredità post-bellica, è tempo per Fini-Berlusconi-Bossi di attaccare il cuore dello Stato, l’ultimo barlume di speranza che ci era rimasto, la Costituzione (e non è un caso che anche un senza legge né dio come il sottoscritto provi per quel documento ormai da tutti considerato vetusto un certo rispetto e una certa ammirazione).

Questo dimostra ancora di più il vero dato politico di queste elezioni: la scarsità e la miopia della classe politica del centro-sinistra e della sinistra. E adesso vi spiego perché. Partiamo dalle fucilate sulla croce rossa, che alla fine sono anche la cosa più divertente: la cosiddetta sinistra radicale, rinominata Sinistra Arcobaleno paga un pegno durissimo, riuscendo nel poco invidiabile record di farsi escludere dal Parlamento per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana, un primato che sono convinto si sarebbero tutti risparmiati volentieri. Il risultato era facilmente prevedibile, e in politica più che i proclami conta la capacità di leggere realtà e dinamiche in atto: è su questa incapacità di lettura tattica e di visione strategica che la sinistra italiana paga dazio, ed è per questo che il dito va puntato contro la sua classe dirigente. Inutile prendersela con "la gente", quella è quello che è, ovvero, soprattutto in Italia, un branco di becere pecore tendenzialmente reazionarie. Lo è sempre stato, e lo sarà ancora di più.
In particolare due cose erano evidenti a tutti (tranne che ai leader della Sinistra Arcobaleno evidentemente): qualcuno avrebbe preso la colpa del poco soddisfacente governo Prodi – il PD – ma a Bertinotti & Co nessuno avrebbe tolto il marchio di coprofago per antonomasia. Ovvero: dopo due anni passati a ingoiare di tutto pur di restare in sella a un governo impopolare, nessuno ha più creduto ai proclami bolsi di alternativa dietro cui si è voluto celare il progetto inesistente della Sinistra Arcobaleno. Forse per renderlo più credibile si sarebbero dovuti buttare a mare tutti i soggetti con un ruolo nel vecchio governo, cercando di sostanziare la promessa di "nuovo" con delle figure reali. E poi era ovvio che la tendenza fosse quella al bipartitismo conclamato: in politica i concetti di giusto e sbagliato, di vero e falso, sono del tutto relativi. Chiaramente non è vero che il bipartitismo è un sistema "migliore" o "più moderno" della presenza di una decina di partiti in grado di formare alleanze variabili, ma è diventato vero grazie al lavoro di martellamento mediatico e "opinionistico" a cui si sono prestati tutti. Mi direte che con il principale beneficiario di questo cambiamento proprietario delle principali televisioni, delle principali radio e editore dei principali quotidiani la cosa era scontata, ma proprio per questo bisognava capire che non si poteva non tenere in considerazione questa svolta. Il PD per dire l’ha capito, e l’ha cavalcato, e il 7% che manca alla Sinistra Arcobaleno si è distribuito tra astensionisti e votanti con il naso turato alla formazione veltroniana. Su questo punto non c’era ritorno possibile, la Sinistra Arcobaleno lo doveva sapere, e doveva agire di conseguenza: una volta coprofago, per sempre coprofago. Tanto valeva infilarsi nel PD e garantirsi una posizione di "corrente occulta interna" con nomi nuovi (che Veltroni e D’Alema non sono deficienti e altrimenti lo capivano subito il giochino): il modello realistico per la sinistra in Italia, in queste condizioni storiche era solo quello del Partito Laburista, a meno di scegliere di fare opposizione sociale – come si diceva un tempo – fuori dal Parlamento e nelle strade, ma la sensazione che emanava dal progetto della Sinistra Arcobaleno era del tutto opposta a questa. Ripeto: non è il modello che mi piace, o che auspico, ma l’unico modello che avrebbe consentito a una sinistra più "genuina" di accedere al Parlamento e di contare qualcosa nell’arena del saccheggio costituzionale a cui assisteremo.
Dal punto di vista di quelli come me la sconfitta della Sinistra Arcobaleno è cinicamente un grande successo: un tot di gente dovrà tornare a sgobbare e conoscere cosa vuol dire lavorare, nonché accettare di tornare sulla terra e prendere i calci in culo che merita. Inoltre un tot di risorse umane si renderanno disponibili di nuovo per fare agitazione sul territorio, e la vittoria della Lega, in grado di strappare la base alla sinistra storica è un segnale di quanto questo percorso sia obbligato per i rimasugli della sinistra italiana. Anche qui però i limiti di visione della classe dirigente sinistrorsa sono evidenti. Tutti sanno, Marx incluso, che i lavoratori quando si stringe la cinghia diventano reazionari, protezionisti, beceri e xenofobi (intendendo con xeno qualcosa di più che lo straniero, ma qualsiasi cosa che non sia un vantaggio per la propria sopravvivenza). All’opera nelle classi più umili italiane ma non solo ci sono sempre due forze: il darwinismo e la cultura sociale. Il primo banalmente spinge le persone a cercare un vantaggio per sopravvivere, a spese di chicchessia; il secondo rappresenta la forza contrapposta, quella che dovrebbe arginare la giungla della guerra fra poveri. Se non si è in grado di intercettare il primo e di impostare correttamente il secondo, si perde, e si consegnano milioni di persone al populismo becero e facilone del mors tua vita mea. Inutile dire che i recettori di tutto questo sono i leghisti, e inutile farsi venire voglia di prendere a pugni il prossimo: se vuoi fare politica di palazzo devi convincerlo, non picchiarlo (il contrario è vero per altri e più bui tempi).

Certo il PD non è stato scevro da errori di valutazione, ma io resto convinto che la sconfitta sia per Veltroni & Co una ritirata strategica, scelta a ragion veduta: sapevano che qualcuno lo scotto di un governo prodiano che si è concentrato sulle misure economiche – non per senso dello Stato ma per la necessità di rispondere agli unici sponsor credibili che ha avuto, la Confindustria allergica al berlusconismo scarsamente liberista e le banche – a scapito del necessario intervento su un livello istituzionale l’avrebbe pagato. Tutti i partecipanti del governo Prodi pagheranno carissimo questo errore di priorità, e purtroppo il cinismo di una parte prodiana (quella confluita nel PD) e la miopia di un’altra (quella che si è travasata nella Sinistra Arcobaleno) lo pagheremo caro noi, intendendo con noi quelli che ancora sperano in un modello di società improntato ad altri e più alti principi come la solidarietà, il rispetto, la condivisione delle risorse.
Veltroni aveva due obiettivi: primariamente spazzare via la sinistra e levarsi di torno un branco di incapaci e di "zavorre"; secondariamente sfondare al centro. Primo obiettivo centrato in pieno, grazie alla collaborazione della stupidità arcobaleno. Secondo obiettivo rimandato. Diversamente da me, Uolter ha come modello il Partito Democratico, è un figlio della borghesia e vuole solamente un modello di società dei ricchi dal volto buono, non un modello di società realmente egualitario. Dal suo punto di vista si è mosso bene, stava a quelli come noi mettergli i bastoni tra le ruote. Ha fatto piazza pultia della sinistra, riuscendo a farla uscire dal Parlamente dopo 60 anni e facendo gridare di gioia Feltri, Fini e compagnia cantante. Non è un caso che siano loro a ringraziarlo più sentitamente, perchè essendo più capaci politicamente della sinistra italiana si rendono conto che questo apre realmente a quella che viene già battezzata la Terza Repubblica, che al contrario della Seconda Repubblica sarà fondata su un vero e proprio smottamento dei principi fondanti dello Stato Repubblicano Italiano.
Infatti Veltroni e Berlusconi si sono dati subito segnali di reciproca disponibilità ad affrontare il nodo cruciale: riforma della Costituzione, riforma della legge elettorale (in realtà una volta spazzata via la sinistra va bene pure questa e ieri in tv si sono affrettati a dirlo smentendo le strali che avevano sparso in tutto il periodo pre election day), consolidamento dello status quo bipartitico per evitare recuperi a cavallo del discontento prossimo venturo – che il governo dovrà sucarsi necessariamente considerata la crisi economica da tempo conclamata e ormai priva di qualsiasi prospettiva di palliativi. Per entrambi non è un problema lasciare temporaneamente il governo al proprio opposto, ma solo a patto che il sistema preveda solo due possibilità: riformisti democratici e liberali moderni, nuove etichette per moderati e reazionari, gli uni o gli altri, e nessun’altro a spartirsi la torta. Tanto su economia e sicurezza di ricette alternative, di visioni, non ce ne sono, e infatti i due schieramenti sono praticamente identici. Sul resto, sui diritti civili c’e’ margine di intervento, ma su quello c’e’ scarsa voglia di costruire ipotesi di società contrapposte e alternative. E quindi alla fine, uno o l’altro le ricette quelle saranno, con buona pace di chi vorrebbe un mondo diverso da quello in cui vive.

Il cinismo veltroniano e la stupidità sinistrorsa la pagheremo cara noi: pagheremo carissima la scelta di non fare le tre cose fondamentali per la nostra democrazia appena insediati al governo nel 2006, riforma elettorale, riforma costituzionale (con la sinistra protagonista più o meno) e conflitto di interessi. E il PD nonostante abbia portato a casa una mezza vittoria con il successo dell’operazione di ritirata strategica, avrebbe potuto raccogliere di più se ci avesse pensato per tempo: non era necessario perdere per sperare di vincere tra cinque anni, lasciando tutto in mano a Berlusconi. Si poteva evitare, e si poteva evitare di lasciare il Paese alla rappresentazione che il resto del mondo fa dell’Italia come un pezzetto di terzo mondo incastrato in Europa. Risolvendo il conflitto di interessi però non sarebbe stato possibile convincere tutti del pensiero unico del bipartitismo come luminoso futuro ormai prossimo, oliato da sapienti artisti della parola e dell’opinione. Risolvendo la questione istituzionale si sarebbe dovuto accettare che in democrazia esistono anche persone che non la pensano secondo i due pensieri dominanti e che la politica è fatta di compromessi e battaglie continue per spostare la definizione del reale. Inoltre si sarebbe dovuto accettare che i principi fondanti della costituzione, radicati nella Resistenza e nella cultura operaia, non venissero toccati, ma solo aggiornati a una loro definizione più al passo con i tempi. Avrebbe significato in pratica assecondare la propria storia politica e una base sociale possibile a tutto sfavore dei propri sponsor (banche e confindustria), cioè scegliere un’idea e non il potere. Ma va da sé che chi sta nei palazzi questa scelta l’ha già fatta da tempo, e in direzione opposta a quella che ho fatto io.

Ci aspettano certamente tempi bui, tempi violenti, barbari, corrotti, falsi e ipocriti, tempi di prepotenze con i deboli e di acquiescenza con i forti. Ma sono i tempi moderni che abbiamo scelto, e che forse il Paese e la sua popolazione meritano, con l’unica magrissima consolazione che in una montagna di merda un fiore per quanto poco significativo e visibile, è sempre molto apprezzato.

à la prochaine 

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La dignità della polizia italiana: una valutazione delle dichiarazioni spontanee di Giovanni Luperi al processo Diaz

27 Marzo 2008 1 commento

Le avvisaglie si avevano avute già ieri con le dichiarazioni spontanee dei capisquadra, con agenti di polizia con servizio pluriennale che imbastiscono storielle su presunti corpi speciali dei black block che sono usciti non visti da nessuno e da nessun apparecchio audio-video e misteriose apparizioni delle ferite sugli occupanti della diaz probabilmente per un fenomeno mistico  simile a quello delle stimmate di Padre Pio.   Ma le dichiarazioni di oggi di Giovanni Luperi sono ampiamente al di là di quello che ci saremmo aspettati.

Giovanni Luperi all’epoca del g8 di genova nel 2001 era Consigliere Ministeriale Aggiunto in missione alla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, mentre ora è stato promosso a un non ben specificato compito alla Presidenza del Consiglio – anche se da quello che ne sapevo io era interno alla struttura che sono diventati i servizi segreti dopo l’ultima ennesima ristrutturazione. Ho studiato un po’ l’organigramma della polizia italiana, ma quando si arriva a un certo livello apicale è difficile distinguere chi sia il superiore di chi, questo perché quando uno arriva a un determinato livello è difficile fargli accettare di essere subordinato a qualcuno che non sia il padre eterno. Per ovviare a questo kafkiano problemino, di solito si procede a nominare la gente nei ruoli più disparati che sono null’altro che giri di parole per dire: altissimo livello della polizia italiana destinato a compiti superiori e di fatto senza sovraordinazione che non sia politica. Il ruolo di Luperi del 2001 significava questo, nonostante oggi in aula al processo per i fatti della  Diaz  che lo vede imputato abbia speso una buona mezz’oretta a girare intorno alla struttura della Polizia di Stato per spiegare che lui ormai è un poliziotto che fa analisi e raccoglie informazioni e che in ogni caso è subordinato ai direttori delle due principali direzioni del DCPP (la struttura che ha raccolto le varie eredità dell’UCIGOS e di altre branche dei servizi informativi della Polizia di Stato, e considerate che la modifica dell’organigramma della PS è in costante evoluzione): in pratica è tra le dieci persone più importanti nella Polizia di Stato – non saprei collocarlo con più precisione – ma vuole farsi passare per un agente scelto qualsiasi, a cui nessuno dice nulla, a cui nessuno chiede nulla e che non sente di avere alcun ruolo durante una operazione evidentemente importante (considerata la presenza di Dirigenti Generali e Prefetti come se piovessero).

E’ francamente un po’  allibente sentire Giovanni Luperi che dice che durante la riunione con tutti i più alti in grado della PS in cui si decide dell’operazione lui non si rende conto di nulla perché "esce a sciacquarsi la faccia", "gioca a cambiare la suoneria del telefonino di Fiorentino", o "fuma una sigaretta". Vi ricordate la canzone di Elio che usava come scusa per non parlare dei problemi con la tipa "ho un gomito che fa contatto con il piede"? Beh non ci andiamo molto lontani. Nella descrizione di Luperi poi lui semplicemente per dovere accompagna il prefetto La Barbera: da questo punto in poi il suo interrogatorio è un indecoroso scarica barile su altri imputati, possibilmente defunti e quindi in condizione di non controbattere. In pratica il capo di tutto sarebbe il prefetto La Barbera (pace all’anima sua), in subordine Berrettoni che doveva essere lì al suo posto, ma non c’è; della perquisizione sarebbero responsabili i dirigenti locali della DIGOS e della mobile che li dovevano guidare lì e che erano i più alti in grado con funzioni di polizia giudiziaria (che lui si guarda bene dal fare nelle sue parole, e più va avanti e più uno si chiede perché prenda lo stipendio); dei pestaggi sono responsabili gli agenti del Reparto Mobile e in particolare Canterini che li nega in sua presenza più volte, anche se erano giustificati secondo Luperi dalle aggressioni subite e che gli avevano raccontato sul posto (tipo Nucera); infine delle Molotov che lui non sa da dove vengano e perché finiscano in mano proprio a lui che è un povero agente scelto che non conta nulla, sono responsabili "coloro che illegalmente le portarono lì" (Troiani, Burgio, Di Bernardini, per chi non avesse seguito il processo, ovvero altri poliziotti). Onestamente ci saremmo aspettati qualcosa di meglio per giustificare tutto quello che è successo che patetiche scuse e una specie di grottesco gioco "ce l’hai" con i morti e i propri subordinati (quantomeno gerarchicamente se non funzionalmente come amerebbe dire il Dirigente).

Ah, dimenticavo il modo in cui racconta gli eventi. Passi che debba raccontare un sacco di balle per salvarsi la carriera, lui che ben prima di altri aveva individuato i membri delle nuove BR-PCC (con tutta sta gente che ha fatto cose contro le BR non si capisce come questi possano aver fatto due omicidi, o sono dei maghi o la polizia italiana è un branco di dementi), ma che si permetta di fare ipotesi fantasiose circa la gente che ha rischiato di lasciarci la pelle nella Diaz per "rimettere sulla bilancia" la situazione (come dice lo stesso Luperi, lapsus freudiano forse) è veramente al di là del bene e del male: "io quando sono entrato nell’atrio ho visto una quarantina di persone e un sacco di operatori che andavano e venivano, di sangue non ne ho visto, non escludo che le pozze che si vedono in tanti documenti video possano essersi creato quando le persone sono state portate dai piani superiori o fossero celate sotto le persone sedute che io avevo visto". Ovvio, no? D’altronde ci eravamo dimenticati di dire che l’operazione alla Diaz l’ha diretta Babbo Natale a cui si sa tutti i poliziotti di buon cuore, compreso il Capo della Polizia, sono subordinati. Ci saremmo aspettati una misura un po’ più ampia della dignità della Polizia Italiana che questa volgare dimostrazione di pochezza e di viltà. Con tutta franchezza, nonostante il fatto che siamo e saremo sempre dall’altra parte della barricata: abbiamo diritto ad avversari più degni di così. <g>

Processo Diaz: settimana densa di parole da leggere e ascoltare

25 Marzo 2008 Commenti chiusi

 

Questa settimana i processi nei confronti delle forze dell’ordine per fatti collegati al g8 vivranno giorni abbastanza importanti e interessanti. Sul fronte del processo Bolzaneto, conclusa l’arringa dei pm con la richiesta di 76 anni di carcere per 44 imputati e concluse le arringhe dei difensori di parte civile (le vittime per semplificare), arriva il momento del responsabile civile (lo Stato che dovrà dire come e quanto farà fronte ai risarcimenti) e degli avvocati della difesa: proprio questi ci forniranno l’ottimo spettacolo di sgusciare tra prove evidenti alla ricerca di una via d’uscita per i loro assistiti, se non dai fatti almeno dal processo (i cavilli sono sempre in agguato).

Nel processo per i fatti della Diaz invece assisteremo alla conclusione dell’istruttoria (salvo imprevisti e qualche altro testo settimana prossima): tra mercoledì e giovedì infatti oltre agli ultimi testi dovrebbero presentarsi a rendere spontanee dichiarazioni (dopo anni di assenza dall’aula di tribunale che li vede protagonisti) alcuni imputati tra cui certamente i capi squadra (difesi dal candidato della Fiamma Tricolore avvocato Porciani) e soprattutto Giovanni Luperi, uno dei due imputati più alti in grado coinvolti nel processo (l’altro è il "benemerito" e benvoluto dalla sinistra Francesco Gratteri), che ha preannunciato che parlerà per circa due ore. Chi era lì e chi ha a cuore la memoria di Genova potrebbe decidere di fare un salto giovedì 27 marzo per il suo piccolo show (dovevate vedere la faccia di Di Bugno quando il presidente della corte gli ha detto che non avrebbe avuto un’udienza tutta per lui, il dr Luperi… gli toccherà dividere le telecamere con qualcuno… eheh!)

UPDATE 26 MARZO: Mercoledì sono venuti a rendere dichiarazioni spontanee i capisquadra Ledoti, Zaccaria, Stranieri e Cenni. Le loro parole le trovate su supportolegale, qui vi faccio una sintesi. Ledoti sembra Pieraccioni agente del reparto mobile con l’accento del centro sud, arriva ancora zoppicando e accentua la cosa quando si allontana dal banco degli imputati dicendo che dopo la diaz si è fatto refertare una distorsione al ginocchio; ovviamente lui è un buon samaritano che non tocca nessuno, ma che anzi viene aggredito e nonostante questo salva una povera giovane scortandola fino al piano terra, ma non nota nulla di altro pur essendo tra i primi dentro la scuola. Stranieri è un marcantonio di due metri per centotrenta chili, fa veramente brutto, ed è un po’ ridicolo sentirlo raccontare di come sia stato aggredito e sia rimasto contuso, dato che io anche armato contro di lui a mani nude probabilmente non gli farei nulla; ovviamente si accorge di qualche collutazione ma nulla di che. Zaccaria sembra uscito da Il Padrino Parte Terza, e racconta anche lui la solita solfa, solo che tutti i particolari sono sballati, sarà confusione o solo amore? Il peggiore è Cenni: questo come introduzione fa tutta una tirata sulla sua carriera in cui ha fatto da scorta anche ad Arafat quando aveva un mandato di cattura internazionale sulla testa e all’onorevole Berlinguer, e poi racconta il suo arrivo in cui lui per una serie fortuita di circostanze arriva dopo l’ingresso di tutti, trova i suoi uomini tutti contusi, e poi accompagna i primi arrestati regalando loro dell’acqua da brav’uomo qual e’. Oltrettutto è un medium: mentre arriva per ultimo vede dal retro della scuola allontanarsi una trentina di ragazzi incappucciati e vestiti di nero, con dei caschi che non si muovevano a caso, ma con ordine, quasi marciando. Strano che tra tutti i presenti e tutti quelli che hanno sorvolato, visto, raccontato, ripensato a quella notte, questo plotone di gente altamente addestrata non lo ricordi nessuno. Saranno un po’ come le molotov? Domani è il gran giorno, attendete le panzane che ci rifilerà Luperi…

Bolzaneto, la coscienza sporca e il cinismo

21 Marzo 2008 1 commento

 Riprendo brevemente un intervento del mio socio, secondo me perfettamente centrato, tanto che avrei voluto scriverne io prima, su Bolzaneto e la campagna sulla sentenza del processo che sta occupando la sinistra (o cosiddetta tale) e i suoi media, in particolare La Repubblica e L’Unità. Sintetizzo l’intervento del mio socio: dopo anni in cui tutti se ne sono fottuti del processo Diaz e del processo Bolzaneto, promuovendo tutti i protagonisti e ignorando le vittime, lasciando pm e magistratura nel marasma più completo, e cercando di non far coinvolgere la fazione della PS più vicina o più lontana al politico in voga al momento, il PD e i media ad esso collegati in piena campagna elettorale scoprono che Bolzaneto è stato un atto gravissimo. Questo perché porta voti da sinistra, ma anche perché prepara bene il terreno alla "necessaria" conclusione del processo Diaz, ben più grave considerato che coinvolge tutti gli apici della Polizia italiana: condannare gli esecutori materiali dei pestaggi e non toccare i Super Sbirri. Perché le mele marce, si sa, ci sono dappertutto, tra i manifestanti come tra i poliziotti, e questa è la loro verità su Genova, quella che vorrebbero sancire definitivamente con la famosa Commissione Parlamentare, quella che deve passare nei libri di storia (sempre che ci arrivi al posto di Berlusconi come statista di fine millennio): non sia mai che nei libri di storia Genova passi come il momento in cui la foglia di fico sulla natura delle forze dell’ordine italiane come agenti dei poteri forti e tutt’altro che limpidi è caduta, o come il momento in cui diverse migliaia di persone si sono rotte le palle di accettare passivamente i palazzi. No, Genova è la storia di una grande manifestazione e delle mele marce che rovinano la politica con i loro "estremismi", con la loro "irragionevolezza". Per cementare questa operazione oggi Repubblica è riuscita a riesumare dal sarcofago addirittura Amato, sì proprio il Dottor Sottile, che non le manda a dire e spiega per filo e per segno la strategia. C’è molto da imparare su come si concludono i pezzi di storia, ma noi italiani siamo abituati a non imparare mai.  

Coming Soon: un’analisi delle motivazioni della sentenza dei 25

19 Marzo 2008 3 commenti

Il 14 marzo sono state pubblicate le motivazioni della sentenza di condanna per 24 dei 25 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio per gli scontri accaduti durante le manifestazioni contro il g8 nel luglio 2001 a Genova. Il tomo sono quasi 700 pagine e la sua lettura non è banale, per cui serve un po’ di tempo per rifletterci. A occhio e croce quello che risulta più evidente è una volontà di ricostruzione dei fatti molto approfondita (pericoloso considerato che un processo non conosce tutto quanto è avvenuto nelle strade di Genova di quei giorni, ma da questa parzialità ne trae delle conclusioni) e l’appoggio a un concetto di concorso sinceramente spaventoso (e analogo a quello usato per condannare 15 persone per i fatti dell’11 marzo 2006 a Milano). Datemi qualche giorno e spero di poter andare più nei dettagli: intanto se volete fare da voi, le motivazioni le trovate su supportolegale.org (ripulite dai nomi degli imputati ovviamente, ma non servono per capire di cosa si parla).