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Archivio per la categoria ‘oscuro scrutare’

Genova, sicurezza e auspicabile crisi di governo

31 Ottobre 2007 3 commenti

 

Intanto che lavoro freneticamente per la chiusura del prossimo numero di city of gods, gli eventi intorno a genova e alla questione repressione/sicurezza tengono banco nella politica nazionale. Mi diletto in un breve post per cercare di mettere alcune castagne sul fuoco che secondo me vengono un po' prese alla leggera.

Ieri il governo è riuscito ad approvare un pacchetto sicurezza palesemente anticostituzionale, in cui le misure più gravi portano la firma invisibile del trio parisi/violante/amato: l'allungamento dei tempi di prescrizione (che per la sinistra giustizialista à la violante  equivale a minacciare i "criminali" che non sfuggiranno alla legge, ma che di fatto significa intasamento ulteriore delle aule di giustizia per tutta una serie di reati minori che rimarranno appesi per ulteriori anni in attesa di giudizio) e carcere diretto dopo il primo grado per i reati che causano allarme sociale. Ora ci sono due problemi gravissimi in questa seconda misura: il primo è la definizione di reati che causano allarme sociale, che include la rapina, ad esempio. Forse non tutti frequentano le aule di tribunale e non sanno che una rapina è anche quando io ti strappo un giubbino di dosso, in pratica un furto con esercizio anche di moderata violenza su una persona per il codice si chiama rapina. Questo significa che tutta una serie di furtarelli ridicoli come anche quelli dei cellulari tra pischelli a scuola saranno punibili con il carcere dopo il primo grado, con implicazioni non difficili da prevedere: affollamento di carceri, vite spezzate, in generale una situazione che più lontano dal fine rieducativo della pena non si può. Inoltre il problema è che questa norma causerà un cambiamento radicale negli appelli di secondo grado, che spesso ora si concludono con una riduzione di pena o addirittura con un ribaltamento della sentenza di primo grado. Gli appelli avvengono dopo un anno e rotto dalla prima sentenza, e vorrò vedere quale giudice in secondo grado ribalterà la sentenza costringendo lo stato a pagare indennizzi per ingiusta detenzione a  mezzo mondo. Anche qui sono evidenti le implicazioni: appelli duri, e in pratica una svalutazione dei successivi gradi di giudizio. Giustizialismo come si diceva.

Come se non bastasse, ieri Italia dei Valori e Udeur, nella loro lotta intestina contro la "sinitra radicale" hanno votato insieme alla destra per bocciare il progetto di commissione parlamentare sul g8, al grido di "non si può processare la polizia". Attenzione perché questo grido, che era già stato sollevato quando la commissione era stata messa all'ordine del giorno dall'avvocato Ligotti, sottosegretario della commissione giustizia in forza a IdV e difensore di uno dei più alti papaveri coinvolti nel processo Diaz, Francesco Gratteri, è  uno specchietto per le allodole che nasconde movide politiche ben più tristi sulla pelle della storia e della gente.  Io in realtà sono contento che la commissione sia stata bocciata – su questo ho già litigato con tutti quindi potete aggiungervi alla lista di chi mi insulta – per diversi motivi: la forza di chi proponeva la commissione come parte del programma (inclusa la povera Heidi che su questo prende secondo me un grave abbaglio anche se in buona fede) è pari allo zero assoluto, cosa chiarissima sin da quando per uno dei garanti della commissione era stato proposto il nome di Gianni De Gennaro. La commissione in queste condizioni avrebbe avuto una conclusione scontata: "ci sono state sì violenze, ma ad opera di poche mele marce delle forze dell'ordine e in ogni caso per colpa dell'attività sconsiderata della parte violenta dei manifestanti"; in pratica tutta colpa del bb. Per questa versione della storia, non abbiamo bisogno di una commissione parlamentare bulgara che dia man forte all'operazione giudiziaria di insabbiamento della verità molto più complessa che si cela dietro gli eventi di Genova, e perseguire con forza l'obiettivo (un po' sbandierato) della commissione senza avere la forza di garantirne una funzione realmente storica è un errore politico marchiano.

Ma c'è un altro motivo per cui non è un male che la commissione sia stata bocciata. Forse Rifondazione e compagnia varia a furia di prendere portellate in faccia (di cui quelle citate sopra sono solo le ultime due) si renderà conto che questo governo è in preda a una crisi democratica che ricorda veramente il sudamerica dei tempi andati, in balia di interessi forti e obiettivi miseri di politicanti da strapazzo. Manca poco e metteranno fuori legge pure la bestemmia, o il lavoro forzato come misura di redenzione dei criminali. Non mi stupirei più di nulla. Forse sarebbe il caso che Rifondazione (che negli ultimi giorni ci ha fatto sudare cinquanta camicie prima confermare la propria partecipazione al 17 di novembre al corteo genovese, lamentandosi della mossa disobbediente di indire il corteo senza confronto – cosa vera, ma di cui si lamentano solo perché non hanno potuto farlo loro al posto dei veneti, per cui un po' in malafede) si decidesse a dare una spallata a sta crisi, e facesse cadere questo governo di merda. Forse un bagno nella palta dell'incertezza istituzionale e dei veri problemi di territori e persone farebbe bene a molti che siedono nei palazzi. 

Ho scritto di fretta e alcuni passaggi saranno abbozzati, ma se non lo facevo adesso non avrei più trovato il tempo.

 

Genova non è finita… e due

26 Ottobre 2007 Commenti chiusi

 

Nuovo articolo per nazione indiana, mentre oggi si sono espresse le difese per gli imputati per i fatti dell'11 marzo a Milano. Un 2007 maledetto nei tribunali. Vi copio qui l'articolo per nazione indiana, e vi rimando al mio socio per il riassunto dell'udienza per l'11 marzo, mentre su supporto c'è la trascrizione completa. PS: lo stato, tanto per confermare da che parte sta ha chiesto 2 milioni e mezzo di euro di danni a 25 persone imputate per devastazione e saccheggio. come se la galera non bastasse.

Genova non è finita – 2

Sapevo che ottobre non sarebbe stato un mese entusiasmante per
seguire i processi genovesi, ma saperlo non aiuta a reprimere le
emozioni che ascoltare ogni martedì e ogni venerdì i pubblici ministeri
Anna Canepa e Andrea Canciani mi provoca. Il mese di ottobre è stato il
mese che i pm si sono presi per rileggere i fatti di Genova a modo
loro, per riuscire a presentare al mondo la loro versione della storia,
la loro versione della verità, dei torti e delle ragioni. Non c’è
bisogno di dire che non è la stessa che ho vissuto io. O voi.
Le loro conclusioni sono più eloquenti di ogni altra cosa: “chiamiamo
genova per quello che è stata, devastazione e saccheggio.” In termini
di richiesta di condanna vuol dire pene dai 6 ai 16 anni per le 25
persone che l’accusa di Genova ha ritenuto responsabili di tutto ciò
che è accaduto a Genova. Vuol dire che persone che sono ritratte in
decine di foto mentre non fanno nulla o tutt’al più lanciano due sassi
dovrebbero essere condannate secondo l’accusa di Genova a tanti anni
quanto la Franzoni per aver ammazzato suo figlio piccolo. Il bello è
che mentre parlano i pm si vede che si sentono i portatori di una nuova
morale nelle lande devastate e saccheggiate della storia italiana.
Una nuova interpretazione del diritto che si riassume nella frase: “la
responsabilità morale in questi casi è più importante della
responsabilità materiale”. Quanti di voi si sentono “moralmente”
responsabili di Genova? o anche solo “politicamente responsabili”?
Ecco, tutti noi, tutti, secondo questi pm dovremmo essere imputati di
un reato che risale all’anteguerra e che dovrebbe portarci anni in
galera. Tanti anni.
Una nuova interpretazione della storia e del buon senso quando Canepa e
Canciani si soffermano su quei giorni: “le persone hanno
deliberatamente scelto di proseguire gli scontri. Dopo la prima carica
contro le tute bianche, ad esempio, che comunque e’ stata breve e non
particolarmente violenta, potevano sempre tornarsene indietro e
eventualmente denunciare le violenze di cui sono stati testimoni”.
Oppure: “le forze dell’ordine possono aver sbagliato a decidere la
carica, ma quando hanno deciso, hanno agito coerentemente e non
particolarmente male”. E ancora: “alla fine dobbiamo ricordare che i
cassonetti le persone li hanno messi in strada ben prima che i blindati
caricassero a folle velocità, cosa che comunque è avvenuta solo due o
tre volte”. I pm, gli uomini nuovi della verità e della giustizia,
stanno minimizzando tutto quello che hanno combinato le forze
dell’ordine in una delle loro più note e più terribili debacle.
Il colmo lo raggiungono quando per lavarsi la coscienza, i pm si
auspicano che “la medesima severità che stiamo chiedendo sia usata nei
confronti dei massacri compiuti dalle forze dell’ordine e che vanno
condannati”. Penso che il problema sia di intendersi sul termine
massacro, e forse anche sul termine ordine. Perché secondo i pm quelli
compiuti sotto i portici di via Gastaldi a Genova, o nel cortiletto
della Metalfer, o durante la carica di via Tolemaide, o il sabato
pomeriggio sul lungo mare, non sono massacri, ma legittime cariche per
disperdere i facinorosi. E sempre secondo i pm “tutela dell’ordine
pubblico” vuol dire anche quello che si è fatto a genova, “forse era
meglio lasciare tutto in mano ai manifestanti, qualcuno ci vorrà dire!”
– ha gridato Canciani. Io penso per un’istante che se fosse stato
lasciato fare ai manifestanti ci si sarebbe limitati a un po’ di reati
contro il patrimonio. E continuo a pensare che qualche vetrina
spaccata, qualche auto bruciata, non valgano la vita di una persona.
Perché continuo ad arrovellarmi e non riesco a capire come si possa
mettere le cose sullo stesso piano. Come sia possibile che i pm che
hanno raccolto la testimonianza di Placanica, continuino a ritenere
legittimo quell’atto e non la resistenza di centinaia di migliaia di
persone. Come sia possibile che uno dei pm chiamati mentre si stava
procedendo alla operazione alla Diaz, abbia il coraggio di chiedere
giustizia per quella notte. Perché poi il vero problema è che questi pm
sanno benissimo che i reati con cui si stanno imputando i poliziotti
nel processo Diaz si prescriveranno nel 2009, come anche quelli del
processo di Bolzaneto, mentre il reato dell’articolo 419 del codice
penale, devastazione e saccheggio, si prescriverà nel 2024. E sanno
anche che non esiste il reato di massacro, o anche solo la volontà di
trasformare delle condanne in qualcosa di realistico e politicamente
significativo.
Per settimane ho passato e ripassato questi pensieri, accorgendomi che
tutti intorno a me continuano a pensare che un delitto contro una cosa
è peggio di un delitto contro una persona, e che per questo 25 persone,
prese a caso tra 300.000 manifestanti paghino per tutti.
Chiamiamo Genova per quello che è stata: una rivolta; qualcosa che ha
gelato il sangue nelle vene del potere. E l’acrimonia dei pm nella loro
requisitoria finale, la loro voglia di passare alla storia e di punire
severamente chi sono riusciti a trovarsi per le mani, è la
testimonianza più efficace della voglia di vendetta che anima chi si
sente il cuore e il guardiano di un sistema che chi era a Genova voleva
combattere.
Non è ancora troppo tardi per far sentire la nostra voce e dimostrare che Genova non è finita.

[un appello qui]

 

Venerdì 26 ottobre: un incontro per parlare di processi e di come affrontarli

25 Ottobre 2007 1 commento

 

Riporto l'appello per un'assemblea pubblica per confrontarsi su processi e forme di supporto e appoggio per affrontare la dimensione repressiva. L'appuntamento è per venerdì 26 ottobre 2007, ore 21.00 al Teatro Barrios in via Boffalora 51, in Barona, a Milano.

PS: né ieri al processo né alla serata i buoni si sono visti. Chissà dove trovano il loro coiffeur by night <grin>

Un incontro per discutere sui processi contro i movimenti

L'azione durissima della magistratura nel processo sugli scontri dell’11 marzo 2006 in corso Buenos Aires a Milano s'inserisce nel generale clima di repressione che colpisce le vite di decine e decine di persone dalla Sardegna a Cosenza, fino ad arrivare al capoluogo lombrado,attraverso l'uso di reati associativi e similari (reati di pericolo come devastazione e saccheggio ad esempio) e di inchieste gestite mediaticamente in stile "sbatti il mostro in prima pagina", attraverso lo stillicidio di denunce contro singoli per reati "minori", lo sgombero forzato degli spazi sociali occupati, la repressione del diritto alla mobilità come per esempio la vicenda dei treni per il corteo contro Bush a Roma.
In una prospettiva più generale gli spazi di agibilità politica delle varie forme di protesta, resistenza e antagonismo che si muovono al di fuori degli schemi precostituiti vengono ad essere profondamente limitati.

In prospettiva del processo di appello per la manifestazione antifascista del 11 marzo 2006 a Milano nasce un ambito composto da alcuni imputati, da compagni e compagne milanesi, “LibereRibelli”, con l’esigenza di riprendere il dibattito e di formulare una proposta collettiva di mobilitazione.
Un ambito che nasce dall’esigenza di rilanciare il dibattito e la mobilitazione, partendo dalla vicenda degli arresti di C.so Buones Aires, per aprire una riflessione sullo sviluppo delle politiche repressive in un contesto più generale di deriva autoritaria della società.
All’interno di una più articolata campagna di informazione e di lotta abbiamo individuato la necessità di costruire un convegno/incontro che diventi un momento di discussione e di approfondimento per connettere le varie esperienze, le vicende processuali e le campagne di liberazione e d’informazione che si sono sviluppate.
La questione che è necessario affrontare è se stia maturando “un salto nel livello repressivo dello Stato” nei molteplici procedimenti giudiziari che si stanno svolgendo nel nostro paese contro il “movimento”, contro i suoi attivisti e le lotte a cui partecipano.

Il processo per gli scontri dell'11 marzo 2006 ne è un esempio: in corso Buenos Aires scoppiavano scontri fra la polizia e i manifestanti, 43 persone venivano rastrellate e arrestate dalle forze dell' "ordine" perché trovati nei pressi del luogo.
Per 25 antifasciste/i dei fermati vengono confermati gli arresti, mentre nel clima di campagna elettorale i mass media e tutto l'arco politico e istituzionale già pronunciano la sentenza di condanna stigmatizzando la manifestazione come teppismo politico e gli arrestati come i nuovi barbari.
I 25 restano in carcere preventivo per 4 mesi fino alla fine del processo di primo grado che ne condanna 18 a 6 anni, scontati a 4 per il rito abbreviato, ai sensi del reato di "devastazione e saccheggio", un reato in disuso dall'immediato dopoguerra, con una pena prevista dagli 8 ai 15 anni di reclusione, che attraverso la gravità delle imputazione consente lunghe misure preventive di detenzione tra carcere, arresti domiciliari e obblighi di firma.
Dopo un tentativo fallito a Torino alla fine degli anni ’90 e un primo uso nei confronti degli ultrà, dal G8 di Genova in poi la magistratura sta tentando di contestarlo regolarmente nelle inchieste relative ai disordini di piazza.
A Milano si vuole creare un precedente molto grave nell’applicazione del reato di “devastazione e saccheggio” applicandolo alla protesta politica. L’escamotage di utilizzare il "concorso morale" ha infine consentito al giudice di condannare 18 persone a 4 anni di carcere, senza bisogno di contestare prove ed episodi specifici.
Una pena collettiva che ha una funzione di monito generale in quanto punisce la semplice partecipazione ad una manifestazione.
A fronte di questa stretta repressiva è apparsa evidente la complessiva impreparazione di tutti coloro che dovevano occuparsi di dare una risposta.

Adesso è importante iniziare nuovamente a discutere, far circolare informazioni e collettivizzare le esperienze.
Quindi l’idea di un incontro che partendo dal racconto degli avvocati, degli imputati, delle realtà di movimento, dei comitati di genitori o altro, di come hanno operato, di come hanno reagito di fronte al fenomeno repressivo, si possa costruire un confronto e conoscenza reciproca.

La complessità della materia in oggetto anche in relazione al fatto che molteplici sarebbero le vicende da analizzare ci ha fatto considerare l’ipotesi di costruire un convegno su più momenti assembleari.

Momenti assembleari che innanzitutto si strutturino attraverso blocchi tematici di confronto, che noi abbiamo individuato in:

 

  • elementi giuridico / politici (quali reati contestati, quale interpretazione e uso politico ne è stato fatto)
  • reti di appoggio e mobilitazione (familiari, comitati, ecc)
  • reti di appoggio legale
  • reti di avvocati
  • rapporti tra imputati
  • strategie processuali
  • strategie mediatiche

 

Un altro elemento importante per la costruzione degli incontri è l’individuazione delle esperienze processuali, e la disponibilità di che a vario titolo ne è coinvolto.
Sono molti i processi che si stanno celebrando, in via di conclusione e che a breve partiranno, e abbiamo l’esigenza di analizzarne alcuni, discutere le varie problematiche e criticità per valorizzarne gli aspetti positivi.

Infine il convegno si concluderà con un momento di discussione finalizzato, nelle nostre aspettative, a risaldare rapporti di scambio,solidarietà e dibattito tra le esperienze e soprattutto a lanciare iniziative di mobilitazioni che coinvolgano diverse realtà sul territorio nazionale.

Aggiornamenti sul caso simbolo dell’articolo 129a in germania

25 Ottobre 2007 Commenti chiusi

L'articolo 129a del codice penale tedesco è l'analogo del 270 bis e seguenti del codice italiano: leggi pensate per fare fronte all'incapacità da parte dello stato di incriminare movimenti e nuove forme di organizzazione politica e militante, e per creare ad hoc le necessarie emergenze che tengano a galla la sensazione diffusa di paura e la conseguente abiura delle proprie libertà fondamentali in cambio di una aleatoria sicurezza. Questi articoli in sostanza consento ai giudici di sviluppare inchieste (spesso sobbillati dalle solerti forze dell'ordine) senza lo straccio di una prova, di usare con molta libertà e leggerezza misure preventive estremamente aggressive, con il risultato netto finale di una bellissima prima pagina di giornale comodissima per tutti tranne che per quelli che ci si ritrovano infilati in mezzo.

Il recente caso tedesco è emblematico del senso dell'articolo 129a: 3 persone sono state arrestate con l'accusa di partecipazione ad un gruppo terroristico la cui attività consisterebbe nell'incendio di alcuni veicoli dell'esercito senza alcun danno alle persone. Anche se fossero colpevoli in uno stato di diritto verrebbero imputati di incendio doloso e danneggiamento. Invece no: articolo 129a, carcere preventivo e isolamento 23 ore al giorno, senza possibilità di incontrare il proprio avvocato se non una volta alla settimana e sotto il controllo delle forze dell'ordine. Qualcuno dovrebbe spiegarci cosa c'è di "democratico" e di "moderno" in questo trattamento settecentesco. Ma non finisce qui.

Altre quattro persone vengono arrestate in quanto "teste" dell'organizzazione: si tratta di sociologi e ricercatori, considerati leader di questo fantomatico gruppo perché  colti a usare parole come "gentrification", "precarizzazione", "marxismo-leninismo" nei propri articoli, e perché in quanto aventi la possibilità di accedere a biblioteche in grado di dotarsi degli strumenti per scrivere i volantini del gruppo. Il trait d'union tra i due gruppi di arrestati sarebbero due incontri avvenuti in un pub tra alcuni dei primi arrestati e Andrej H., uno dei ricercatori, sospetti in quanto avvenuti senza il proprio telefono cellulare. Quindi, occhio per tutti: non dimenticatevi mai il cellulare, sarete sospettati di terrorismo!

Di questa vicenda avevo tradotto un buon articolo scritto per statewatch, e ne riparlo ora perché eravamo rimasti al punto in cui un giudice doveva decidere dell'appello che aveva portato alla scarcerazione di Andrej, un mio amico e compagno tra le altre cose. Il giudice avrebbe dovuto sostanzialmente decidere se la definizione di terrorismo usata nell'inchiesta al fine di contestare il 129a fosse consistente con le direttive europee in termini di definizione dell'attività terroristica.

Purtroppo ieri, 24 ottobre, il giudice ha deciso di non pronunciarsi nel merito, ma solo di confermare l'annullamento del mandato di arresto per Andrej, una bella notizia, ma che lascia in sospeso una questione fondamentale per smontare il dispositivo giuridico-repressivo che sta dominando le civiltà occidentali dagli anni settanta in poi. Il giorno che riusciremo a distruggere l'uso strumentale della parola terrorismo e il conseguente uso di tutta una serie di leggi ad hoc che hanno minato le fondamenta delle nostre libertà fondamentali, sarà un giorno da festeggiare in grande stile. Ma è un giorno di cui chi governa ha una paura fottuta. 

Maggiori informazioni:  http://einstellung.so36.net/en

 

Tutto per la gloria

24 Ottobre 2007 Commenti chiusi

 

Martedì 23 ottobre 2007, a più di sei anni di distanza dai fatti del g8 di Genova, i pm di Genova Andrea Canciani e Anna Canepa hanno chiuso la loro requisitoria nel processo che vede 25 persone imputate del reato di devastazione e saccheggio, un articolo del nostro codice penale desueto e inteso per ben altre situazioni. La requisitoria si è chiusa con la richiesta di 225 anni di carcere per i 25 imputati, una richiesta introdotta da una stucchevole, moralistica e arrogante lezioncina intesa per il tribunale, per gli imputati e soprattutto per la stampa, accorsa in massa per l'occasione in cui finalmente i due pm riusciranno a mettere il loro meschino nome di fianco a "un processo che farà storia".
"Vogliamo pene severe, non esemplari, perché il reato che abbiamo scelto di usare per il capo di imputazione prevede già una pena minima molto alta. Pensiamo si debba avere il coraggio di chiamare quello che è successo a Genova con il suo nome, ovvero devastazione e saccheggio, così come con il suo nome vanno i chiamati i massacri della Diaz". Strano che il reato di massacro non esista, e che quello di strage non sia stato usato per i dirigenti delle forze dell'ordine imputati per la Diaz e per Bolzaneto. Ancora più strano che queste parole vengano fuori da un magistrato che la notte della Diaz venne chiamato per l'operazione e che decise di continuare a dormire senza alcun rimorso di coscienza. Ulteriormente strano che questo corso accelerato di morale venga dalla bocca di chi per sei anni si è guardato bene dall'indagare gli abusi della polizia in piazza e da chi continua a giustificare il gesto di Placanica, pur essendo stato il magistrato che ha interrogato il carabiniere dopo i fatti di piazza alimonda. E infine che nessuno ci dica che i processi per le forze dell'ordine andranno tutti prescritti, mentre la prescrizione per il reato scelto per i manifestanti è di 22 anni e mezzo, con buona pace della giustizia giusta del duo genovese

Ma l'arroganza con cui è stato condotto questo processo non si esaurisce in tutto questo. Il pm ha scelto, nonostante il passare degli anni avrebbe forse indotto a miglior consiglio, di porre il tribunale di fronte al solito dilemma: fare un torto a un altro magistrato o fare torto alla storia? Perché la richiesta di condannare per devastazione e saccheggio tutti indistintamente i 25 imputati, evidenti capri espiatori di un evento storico con cui nessuno è stato né ha voluto fare i conti, costringe il tribunale a sconfessare tutto l'operato del pm, cosa che di solito i magistrati sono restii a fare se non altro per solidarietà di casta e di presunzione come depositari della verità assoluta, oppure a confermare la tesi accusatoria e distruggere la vita di 25 persone, e con essa la storia che abbiamo vissuto tutti insieme in quei giorni a Genova.
Le parole dei pm di Genova, se fossero lette fuori dalla bagarre spettacolare in cui sguazzano da anni, farebbero rabbrividire: "sono casi come questi che rendono evidente come il concorso morale sia più importante del concorso materiale; se io incito 20 persone a lanciare un sasso sono più responsabile materialmente del reato che non se io ne lancio cinque personalmente." La ricostruzione delle giornate di Genova è un agghiacciante susseguirsi di minimizzazioni degli abusi delle forze dell'ordine ("la carica in via tolemaide è durata solo due minuti"; "i blindati hanno caricato all'impazzata solo due o tre volte"; "l'assalto al blindato poteva risolversi con un bilancio molto più grave dei seppur tragici fatti di piazza alimonda, comprensibilmente") e di affermazioni assurde sulle reazioni delle persone in piazza ("i cassonetti sono stati messi ben prima che i blindati caricassero", e pensate cosa sarebbe successo senza quei cassonetti; "la scelta di contrapporsi è stata deliberata, perché la gente poteva anche andarsene e poi fare la sua bella causa civile", che per inciso sono quasi tutte finite nel nulla cosmico della giustizia italiana).never enough!

Tra le 25 persone imputate ci sono persone di cui si hanno si e no dieci foto. SN accompagna il suo ragazzo che tira un paio di pietre al blindato, ma i due non fanno nient'altro se non essere presenti in piazza in via tolemaide: la condanna richiesta è di 6 anni e 6 mesi ciascuno. AF si vede si e no in quattro foto, tira un solo sasso quasi per stizza, ma per il resto no fa nulla: la condanna richiesta è di 6 anni. Un altro imputato alla fine non fa null'altro che gironzolare per gli scontri in vespa e portarsi a casa due lasagne dal dì per dì di piazza giusti: condanna richiesta 7 anni e 6 mesi. Sono solo esempi, ma sappiate che se eravate a Genova, e avete anche solo insultato un militare che vi aveva massacrato l'amico di fianco, potreste essere imputati. Anzi, se le richieste venissero confermate dal tribunale potremmo iniziare a fare lo scherzone di denunciare un po' tutte le persone che riconosciamo nei filmati che abbiamo visto mille volte.

Ognuno di noi dovrebbe seguire questi processi come se fossero il proprio, invece fa comodo a tutti lamentarsi sterilmente della cattiva sorte toccata a 25 compagni e compagne al posto nostro. La storia siamo noi, ma se non saremo in grado di parlare, la storia ricorderà i nomi di Anna Canepa e Andrea Canciani, esaudendo il loro più grande, narcisistico e meschino desiderio, quello della gloria a scapito della vita degli altri.

Approfondimenti

Processo G8: per i 25 manifestanti chiesti 225 anni di carcere

23 Ottobre 2007 2 commenti

 

I pm Canepa e Canciani hanno chiuso la requisitoria oggi con boutade moralistiche vomitevoli, che vi incollo qua sotto. A breve dei commenti più articolati sul senso dell'operato della procura genovese nell'ambito della nostra storia collettiva.

La trascrizione integrale la trovate su supportolegale.org

A: (Canciani) Prima di lasciare la parola alla collega per le nostre richieste, io forse
chiederei a voi tutti, una volta accertata la responsabilita' delle persone, di
avere il coraggio di chiamare le cose che abbiamo visto con il loro nome, come
avremo il coraggio di chiamare massacro quello che e' avvenuto alla scuola diaz.
il pm non chiede pene esemplari, perche' si potrebbbero dare quando vi e' un
ampia scelta per il tribunale di muoversi tra un minimo e un massimo. credo che
il legislatore vi abbia tolto dall'imbarazzo, perche' se riterrete di chiamare i
fatti con il nome che merita, il legislatore ha stabilito una pena minima di 8
anni. pensavamo di metterci molto, ma in realta' ci abbiamo messo meno, perche'
le valutazioni ci hanno trovato pienamente concordi. Non delle pene esemplari ma
delle pene severe, e speriamo che analoga severita' vengano usate in altri
processi, perche' l'interessee comune e' che quello che e' avvenuto nel 2001 a
genova non accada.

A: (Canepa) (richieste di pena)
All'esito di questa necessariamente lunga discussione, l'accusa ritiene di aver
fornito prove per il reato di cui al 419 cp, contestato a tutti gli imputati. Il
collega ha gia' detto quello che e' il nostro pensiero, la pena elevata che il
legislatore ha dato a questo reato. Questo limite di pena, ha indotto i pm, a
chiedere per tutti gli imputati la concessione delle attenuanti generiche, quasi
a fini di contemperamento della pena. in alcuni casi, adesso entreremo nel
dettaglio, le attenuanti sono ritenute prevalenti sulle aggravanti, penso per
esempio all'ammissione dei fatti, mentre per altri la concessione delle
attenuanti e' valutata equivalente alle aggravanti, questo proprio per
raggiungere condanne che l'accusa ritiene giuste in ordine alla gravita' dei
fatti commessi.

AC: da una pena base di anni 10, con attenutanti prevalenti, si raggiunge una
pena di anni 7 e mesi 6, ma con la continuazione, anni 10. Assoluzione per i
capi 5,6,7 per la fabbricazione e detenzione di una delle molotov. dice di non
procedere per i capi 9 e 10 per prescrizione
BD: pena base di anni 8, con attenutanti prevalenti, anni 5 mesi 4, aumentata
per la continuazione ad anni 6 mesi 6. non procedere per prescrizione al capo 58
CS: pena base di anni 8, con attenuanti prevalenti a anni 5 mesi 4, aumentata
per continuazione di anni 6 e mesi 6.
CD
: pena base di anni 8, con attenuanti prevalenti a anni 5 mesi 4, aumentata per
continuazione di anni 6 e mesi 6.
CC: pena base di anni 10, con attenuanti equivalenti, aumentata per
continuazione di anni 12. non doversi procedere per il reato di capo 16
CM: pena base di anni 14, con attenuanti equivalenti, aumentata per
continuazione di anni 16. non procedere per prescrizione di cui ai capi 22 e 25
DP: pena base di anni 10, con attenuanti prevalenti a anni 6 mesi 8, aumentata
per continuazione di anni 7 e mesi 6. non procedere per prescrizione per capo 28
DRF: pena base di anni 8, con attenuanti prevalenti a anni 5 mesi 4, aumentata
per continuazione e recidiva infraquinquennale di anni 8. […]
DAFi: pena base di anni 8, con attenuanti prevalenti a anni 5 mesi 4, aumentata
per continuazione di anni 6 e mesi 6. non procedere per i capi 58
DAFa: pena base di anni 8, con attenuanti prevalenti a anni 6, aumentata per
continuazione di anni 7 mesi 6. non procedere per capo 58.
MDI: recidivo. pena base di anni 10, con attenuanti prevalenti a anni 6 mesi 8,
aumentata per continuazione di anni 8 e mesi 6. non procedere per il capo 31
DPA: pena base di anni 8, con attenuanti prevalenti a anni 5 mesi 4, aumentata
per continuazione di anni 6.
AF: recidivo. pena base di anni 8, con attenuanti prevalenti a anni 5 mesi 4,
aumentata per continuazione di anni 6.
LF: recidivo. pena base di anni 10, con attenuanti equivalenti, aumentata per
continuazione di anni 12. non procedere per i capi 38 e 39
FH: pena base di anni 8, con attenuanti prevalenti a anni 5 mesi 4, aumentata
per continuazione di anni 6 e mesi 6. non procedere per capo 58
AFu: pena base di anni 13, con attenuanti equivalenti, aumentata per
continuazione di anni 15. non procedere per il capo 47
MM: recidivo reiterato infraquinquennale. pena base di anni 8, con attenuanti
prevalenti a anni 6 mesi 6, aumentata per continuazione di anni 9. non procedere
per il capo 58
MI: recidiva reiterata specifica. pena base di anni 10, con attenuanti
prevalenti a anni 6 mesi 8, aumentata per continuazione di anni 8 e mesi 6. non
procedere per capo 66
FP: recidiva reiterata infraquinquennale. reato piu' grave al capo 48. pena base
di anni 14, con attenuanti prevalenti a anni 12, aumentata per continuazione di
anni 15. […]
PP: pena base di anni 8, con attenuanti prevalenti a anni 5 mesi 4, aumentata
per continuazione di anni 6 e mesi 6. non procedere capo 58 e 59
SN: pena base di anni 8, con attenuanti prevalenti a anni 5 mesi 4, aumentata
per continuazione di anni 6.
TF: pena base di anni 8, con attenuanti prevalenti a anni 5 mesi 4, aumentata
per continuazione di anni 6 e mesi 6. non procedere per il capo 58
UD: pena base di anni 10, con attenuanti prevalenti a anni 6 mesi 8, aumentata
per continuazione di anni 8 e mesi 6. non procedere per il capo 66
VA: pena base di anni 10, con attenuanti prevalenti a anni 7 mesi 6, aumentata
per continuazione di anni 10. assoluzione per i capi 5,6,7 per la fabbricazione
di una molotov. non procedere per capi 9 e 10.
VV: pena base di anni 8 e 1800 euro di multa, con attenuanti equivalenti,
aumentata per continuazione di anni 14 e 2500 euro di multa. non procedere per
capi 22 e 24.

Alla fine sono solo sei anni

12 Ottobre 2007 Commenti chiusi

Sei anni: da genova sono passati sei anni, e nessuno sembra più voler ricordare o volersi scandalizzare delle enormità che vengono dette nelle aule di tribunale da pm sempre più compiacenti a una visione del mondo che sembra essere stata pensata da una divisa [ unoduetrequattro ], o della faccia tosta di testimoni falsi come giuda (che forse di secondo nome fa Toccafondi). Mentre a genova si consuma lo stupro della nostra memoria collettiva (v. sotto l'editoriale a firma SupportoLegale uscito su Liberazione e Manifesto mercoledì), a Milano è cominciato il processo di appello per i fatti dell'11 marzo. Da un pezzo sul mio blog e da uno sul blog del mio socio blackswift ha elaborato un intervento su carmilla dedicato alla nouvelle vague culturale da cui stiamo venendo invasi.

In compenso sei anni sono anche il numero di anni che i nuovi lavoratori vedranno come tempo minimo di contratto a termine grazie all'ipocrita e vergognoso patto sul welfare che in tutta fretta dopo un referendum bulgaro (tra l'altro caratterizzato da scarsa partecipazione e dubbi sistemi di votazione) i sindacati confederali si sono affrettati a sostenere e il Governo a trasformare in ddl. Nulla di buono uscirà da questo accordo, che non è nient'altro che un altro passaggio nel quale i precari vengono presi in giro, i problemi della ristrutturazione del mercato del lavoro esasperati, il tutto camuffato da un generico appello al welfare che con il benestare delle persone non ha nulla a che fare. Mi ricorda la situazione in cui mia madre mandò finalmente affanculo i sindacati confederali, dopo l'accordo sulla scala mobile: direi che il salto nella merda è abbastanza analogo, con buona pace di democratici e "innovatori" di sinistra alla ichino. Se dobbiamo essere governati da ragionamenti di destra, ridatemi quella vera, almeno lo scontro è senza maschere.

Sembrano due cose distanti, ma il problema è che non lo sono per niente. L'offensiva culturale e politica che subiamo è la stessa, è bipartisan, e gli unici a non farne parte sono quelli nella nostra stessa situazione di merda. O forse anche loro sono parte di quella platea silente, ipocrita e compiacente, che non si smuove mai, a meno che non si tocchino quelle poche schifosissime cose da cui è coinvolta direttamente. Troppo facile così. Troppo facile lo scandalo a tempi alterni.  

PS: ah, dimenticavo quasi, hanno dato il Nobel per la pace ad Al Gore e il Nobel per la letteratura a Doris Lessing. QUalcuno ha ancora dei dubbi sulla regressione cerebrale planetaria?

 

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I reati associativi in Germania: l’articolo 129a (analogo del nostrano 270 bis e seguenti)

8 Ottobre 2007 1 commento

Ripropongo qua sotto la traduzione di un testo che verrà pubblicato su Statewatch a breve, scritto da una dei loro attivisti, circa la vicenda che ha visto recentemente sollevarsi un certo putiferio in Germania: tre attivisti e quattro sociologici vicini al movimento sono stati arrestati con l'accusa di fare parte di un gruppo terroristico. Le prove, soprattutto per i sociologici, starebbero nelle parole che usano nei loro articoli ("gentrification", "marxista-leninista") e nella possibilità di accedere alle biblioteche universitarei, oltre al fatto di aver dimenticato il proprio telefono a casa una sera andando a bere una birra con uno degli attivisti arrestati. Questo popò di prove basta usando le misure dell'articolo 129a del codice penale tedesco (analogo al nostro 270/bis) per portare una persona normale a farsi oltre un mese di isolamento 23 ore al giorno, nelle forme detentive più dure inaugurate per punire i rivoluzionari della RAF ma tuttora usate come una sorta di Guantanamo tedesca. Il testo è molto completo e secondo me vale una lettura. Per maggiori informazioni: il sito della campagna.

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Una settimana densa di segnali

7 Ottobre 2007 3 commenti

 

E' stata una settimana intensa, dura da digerire, in cui
controllare la voglia di spaccare i banchi delle aule di tribunale è
stato tutt'altro che facile. E' stata una settimana che ha aperto con
decisione la chiusura di alcuni tra i processi più importanti della
nostra fase di movimenti, che ne definiranno la coda repressiva e la
verità storica che molti associeranno agli eventi oggetto del caso
processuale. In questi giorni sia io che il mio socio stiamo
riflettendo molto sul senso del lavoro che ormai da qualche anno
facciamo nello stare dietro ai processi, ai loro meccanismi
comunicativo/burocratici e al loro senso politico, anche perché le
operazioni in atto sono di fatto convergenti (che avesse ragione
Mastella? 🙂

Infatti a Genova si stanno lentamente esaurendo le
testimonianze degli imputati del processo di Bolzaneto, l'unico in cui
forse giudici e procuratori trattano le forze dell'ordine con il
sarcasmo necessario: sarà anche perché è il processo in cui queste
ultime rischiano meno. In ogni caso le panzane che tutto il personale
del lager di Bolzaneto è venuto a raccontare in aula non sono
meritevoli di attenzione, se non per iniziare a far salire il livello
di bile.

In compenso nel processo contro 25 manifestanti per
devastazione e saccheggio relativo agli scontri di piazza i pm Anna
Canepa e Andrea Canciani hanno esordito con una requisitoria
estremamente politica pur dichiarando dall'inizio che loro malgrado si
devono occupare solo dei fatti del processo, ovvero dei crimini
commessi dai manifestanti. Condannano le violenze della polizia e dei
carabinieri, e la loro incapacità di gestire l'ordine pubblico in
maniera diversa da quella di una guerra tra bande, ma di fatto offrono
agli avvocati difensori della polizia nel processo Diaz elementi facili
da strumentalizzare per portare un attacco ai pm che hanno causato le
dimissioni di Gianni De Gennaro e l'unico processo politico ai vertici
della polizia italiana a memoria di uomo. Quello che si dice
solidarietà professionale. 

Canepa e Canciani sono infuriati,
questa è la verità: ma non tanto con i manifestanti, che comunque
secondo loro si arrogano il diritto di manifestare e protestare sopra
le righe (o forse fuori dalle linee), ma soprattutto con politici, con
leader, con tutti coloro che sono venuti a testimoniare solo per
partito preso, ricordandosi le violenze della polizia e non quelle dei
manifestanti. I pm sono la verità incarnata, si sa, si sentono
depositari del verbo e non tollerano che qualcuno a parte loro si
permetta di fare politica in un'aula di tribunale. Quindi la loro
rabbia va verso chi si permette di ricordarsi il sangue dei
manifestanti e non che l'assalto al blindato poteva finire in una
tragedia dieci volte maggiore che non quella del defender in piazza
alimonda, oppure che alla fine della fiera le cariche sono durate in
tutto un paio di minuti, in termini di contatto corpo a corpo, e che
quindi non possono giustificare tutta questa enfasi sulla reazione dei
manifestanti totalmente illegittima.

Canepa e Canciani, come farà
anche il capo procuratore Fontana nell'appello del processo per i fatti
dell'11 marzo a Milano, confermano di negare in apertura di
requisitoria, proprio il senso ultimo delle loro arringhe: manifestare
a genova con qualsiasi cosa che non fosse pura testimonianza era ed è
reato, la reazione delle forze dell'ordine è stata esagerata ma neanche
troppo, e se non fosse stato per loro ci sarebbero state più vittime, e
tutto quanto è avvenuto a genova è avvenuto con la imperdonabile
copertura di politici che non sono capaci di fare il loro mestiere,
ovvero governare il potere per conto del potere. I due pm prevedono le
linee difensive e le impugnano, gridano come ossessi contro chi
cercherà di dimostrare che la reazione dei manifestanti era legittima e
che le forze dell'ordine hanno fatto alcunché. Quello che di male
potrebbero aver fatto sta in altri processi e non ci riguarda, perché è
evidente a tutti che non si tratta di un'unità temporale definita, in
cui ogni evento influenza gli altri, o meglio lo è ma solo per lo stato
psicologico delle forze dell'ordine.

L'aggressione politica dei
pm a tutto ciò che non è la loro personale visione della democrazia e
dell'ipocrita moralità della legge, è netta e senza alcun tentativo di
diplomazia. I difensori dei 25 siano avvisati.

Intanto l'altro
processo genovese, quello per l'irruzione alla Diaz e al mediacenter,
entra nella fase della guerra totale: se da un lato la procura ha
tirato in ballo il capo della polizia come concorso in istigazione in
falsa testimonianza, inanellando una serie di richieste di indagine per
false testimonianze a carico di pubblici ufficiali che non si vedevano
da tempo (ma che tutti sanno avvenire regolarmente quando ci sono da
coprire le malefatte del corpo), dall'altro gli avvocati delle difese
rilanciano usando i tipici strumenti di chi non trova nei fatti alcuna
salvezza: attacchi mediatici ai pm, accuse di furto ai danni dello
Stato, tentativi di dilazione nel tempo, sarcasmo e l'attesa e
innegabile complicità del tribunale, che piuttosto che ammettere il
marcio che si annida nelle forze dell'ordine nostrane si taglierebbe
tutte e due le mani, nonostante le evidenze.

In questo contesto
processuale si è inserito l'appello per i fatti dell'11 marzo a Milano.
L'apertura del capo sostituto procuratore ci dice esattamente di che
cosa si tratta, attraverso una negazione (excusatio non petita…):
"questo non è un processo politico; le scelte fatte dal pm Basilone non
sono state delle operazioni di speculazione policia". Come a dire: non
provate a dire che i magistrati fanno parte del meccanismo del potere,
perché vi spezziamo le reni, pezzenti che non siete altro!

Infatti
è chiaro a tutti che una condanna a 4 anni (in realtà 6 ma ridotta per
il rito abbreviato) per essere presente a qualche metro da una
barricata in fiamme, non è per nulla una conduzione politica di un
processo. Come le scazzottate su un treno con un fascistello divenute
rapina con 3 anni e 8 mesi di condanna non lo sono. O l'assoluzione
delle forze dell'ordine che irruppero nel pronto soccorso del San
Paolo. O gente che è in autoesilio per essere stata condannata a 4 anni
per aver rubato un prosciutto. Tutto questo non è politico e non è
strumentale: anche dire che il fatto più grave è l'incendio dell'AN
point in un palazzo chiaramente abitato (è disabitato da dieci anni ed
è anche stato occupato circa un anno prima dei fatti a scopo
dimostrativo). 

La bile sale. I processi che affrontiamo sono
un'offensiva assoluta non solo contro alcune persone, presi come
vittime sacrificali della chiusura di una fase storica, ma anche contro
la realtà storica di quello che è avvenuto e di quello che ha
significato. Intorno non accade nulla: quelle trecentomila persone che
sul lungo mare sono state violentate dalle cariche e dai lacrimogeni
per ore non sentono il bisogno di gridare a canciani che i lanci non
"erano esclusivamente limitati a piazza Rossetti"? O che la sensazione
delle cariche in via Tolemaide era molto di più che quella di "un paio
di minuti di corpo a corpo"? O che ancora quando ci racconta che tutti
gli attacchi più gravi delle forze dell'ordine contro i manifestanti
(Manin, Tolemaide, Corso Italia) diversamente da quanto sbandierato
sono stati iniziati proprio dalla polizia e dai carabinieri, dovrebbe
vergognarsi? Dove sono queste trecentomila persone? Si nascondono in
una vita che gli faccia dimenticare di vivere in un regime più subdolo
di quello che c'era mezzo secolo fa, ma che non è molto diverso in
termini di obiettivi? E dove sono le persone che hanno reso Milano
medaglia d'oro della resistenza? Stanno facendo una faccia schifata
mentre fascisti di ogni risma se la ridono nei salotti buoni e nel
consiglio comunale? Che cosa fanno per cambiare qualcosa? Nulla.

Perché
agire è sbagliato. E' immorale. E' pericoloso, soprattutto perché
rischierebbe di convincere un po' tutti che è la cosa più normale e
naturale da fare.

Materiali

Udienze di Bolzaneto: PeruginiGugliottaPoggiTolomeo e FornasiereNurchis

Udienze Diaz

Udienze 25: prima parte e seconda parte della requisitoria del PM

Processo 11 marzo: requisitoria PM all'appellodovevadoevado

Processo San PaoloI fatti del San Paolo

I punti di vista al volo miei e del mio socio

Supportolegale

Mentre a Genova vola la merda, a Milano speriamo torni il bel tempo

4 Ottobre 2007 3 commenti

 

UPDATE: io e il mio socio come blackswift abbiamo pubblicato un testo estrapolato dai nostri rispettivi interventi anche su carmillaonlineleggere per credere! 🙂

A Genova tra procura e difese dei poliziotti implicati nell'irruzione alla Diaz vola letteralmente la merda, complici pennivendoli e gente che continua a preferire una finta buona fede di gente in divisa che la cruda verità delle persone normali, a Milano domani venerdì cinque ottobre 2007 inizia il processo di appello per i fatti dell'11 marzo.

L'11 marzo un gruppo di 200-300 persone circa ha cercato di impedire che circa mille neofascisti sfilassero nel centro della città. Non riuscendo a raggiungerli per l'imponente schieramento di polizia in piazza Oberdan (Porta Venezia), i presenti hanno eretto delle barricate e ingaggiato un rapido scambio di lanci con le forze dell'ordine (durato in tutto 30 minuti). Durante la carica le forze dell'ordine hanno arrestato 45 persone, di cui un terzo sono state rilasciate perché non c'entravano nulla facendosi però qualche giorno di galera, un altro terzo è stato assolto perché non vi era una sola prova che avessero fatto alcunché, un terzo è stato condannato a 4 anni (ovvero 8, ridotti a 6 per le attenuanti e a 4 per il rito abbreviato) per devastazione e saccheggio. Questi ultimi hanno almeno una foto che li ritrae travisati in piazza (notare che sono stati sparati decine di lacrimogeni). Solo due o tre di questi hanno foto in cui lanciano uno o due sassi. Nessuno di questi si e' reso protagonista di incendi, di lancio di razzi, o di lancio di bombe carta imbottite di chiodi (che non ci sono mai state, dato che la foto a cui viene associato questa affermazione della polizia è in realtà il tipico cartone in cui ti vendono i chiodi a tre punte in un qualsiasi ferramenta). Quattro anni per essere presente a una manifestazione che degenera. I naziskin che hanno accoltellato quattro persone fuori da conchetta (di cui due in pericolo di vita) hanno visto in appello derubricato il tentato omicidio in lesioni: due anni e condizionale. Forse l'indicazione è: smettetela di giocare e datevi sul serio alla barbarie. Dovremmo tenerne conto.

In occasione del processo contro i 29 imputati per devastazione e saccheggio per i fatti dell'11 marzo, complici le elezioni e un sempre più spinto moralismo che confonde violenza e sicurezza, barbarie e legalitarismo, nonché la contemporaneità delle elezioni comunali, nessuno ha avuto la coscienza di affermare che l'uso politico dei reati del codice penale è ormai totalmente fuori controllo. Il comitato dei genitori e i pochi che si sono spesi per difendere le persone accusate sono stati lasciati sostanzialmente da soli per mesi, mentre 27 persone (di cui poi 9 assolte) passavano mesi in galera.

Ora è passato del tempo. Non ci sono più le elezioni. Non c'è più lo shock mediatico di mezza barricata che brucia in mezzo alle vetrine di Milano. E' tempo di ridare alle persone la loro libertà per una cosa che non è come la si è voluta dipingere con la complicità di Basilone (il pm titolare dell'inchiesta) e dei favori che deve ai carabinieri (che sono i veri "spingitori" dell'inchiesta). E' tempo per tutti di ammettere di essere stati vittima di un abbaglio misero e moralista, e di aver lasciato soli persone che non lo meritavano. E' ora di capire che se un tentato omicidio diventa lesioni, allora le nostre accuse per devastazione e saccheggio, rapina, e chi più ne ha più ne metta dovrebbero smettere di esistere. A meno che le "toghe rosse" continuino a operare come quando c'era il PCI, per eliminare tutti coloro che stanno a sinistra e per mettere in difficoltà mediatica, ma senza colpire veramente gli avversari politici che però combattono per le stesse poltrone. A buon intenditor…