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Inter in Wonderland: sei politico

20 Febbraio 2011 Commenti chiusi

Lo zoo nerazzurro torna tra le mura casalinghe, nella giungla a misura di interista, dove tutte le liane sono al loro posto, i cespugli dove te li aspetti e financo le sabbie mobili non si spostano mai improvvisamente per tenderti un agguato. Purtroppo le nostre fiere, messe a loro agio, si trasformano tutti in paciosi micioni alla ricerca di un angolino da colonizzare per una grassa dormita in attesa di essere proiettati sul pianeta alieno dei Citroni. E così la partita dell’Inter dura si e no dieci minuti, mentre quella dei tifosi 95 lunghissime sessantesimi di ora.

Intendiamoci: non è che i nostri eroi non abbiano giocato, ma si è avuta l’impressione di transitare in un limbo verde popolato da 22 omini che rincorrevano un pallone senza un’idea chiarissima di cosa farci una volta conquistato. Non che non ci siano stati motivi di divertimento allo stadio, andandoli a cercare con il lanternino: pronti via e ci sarebbe l’ennesimo rigore per l’Inter, che però ormai pare non poterne ricevere per decreto divino; nonostante questo conquistiamo diversi palloni e una punizione, che battuta rapida ci porta al minuto 7 ad essere in vantaggio con tanto di fuorigioco della Rana. Tutto lo stadio è talmente in bambola che crede che abbia segnato Kharja inaugurando il coro che aspettavano di fare da quando il marocchino è arrivato in nerazzurro: siam venuti fin qua, siam venuti fin qua, per vedere segnare Kharja!

Peraltro il Kharjaleonte gioca una buona partita, mettendoci molta più gamba di tutti i suoi più blasonati colleghi e merita l’applauso che lo accoglie quando lascia il campo verso il 70esimo. Un altro che inaspettatamente merita una menzione è il Bradipo Panda: per 30 minuti sembra addirittura un giocatore di calcio, e tira anche due volte in porta a una velocità maggiore di 25 km/h. Il canto del cigno della serata arriva al trentesimo: cross dalla trequarti sul secondo palo, dove c’è lui che mulina le braccia e le gambe come una specie di elicottero umano, cercando di librarsi nell’aria, poi si raccoglie a uovo per provare a realizzare il mitico colpo di testa delle cento rane. Non gli riesce e la palla si spegne sul fondo mentre lui crolla a terra esausto.

E quella che prova il Bradipo è solo una delle cento mosse ninja che Mototopo sta trasmettendo ai suoi discepoli in campo e sugli spalti. Per questo i cagliaritani lo picchiano senza sosta per 90 minuti, senza che l’arbitro senta il bisogno di intervenire. Dieci anni di Mai Dire Banzai hanno anche questo effetto: signor Celi, guardi che anche i giapponesi sentono dolore, eh! Peraltro il giovane virgulto nipponico è un altro che mette tutto quello che ha in campo e a parte una palla persa che innesca un sagace contropiede sprecato dal Casteddu, non demerita assolutamente, arando la fascia come raramente si è visto da tempi immemori sulla sinistra.

Anche perché sulla destra il Facocero è in serata altalenante: per mezz’ora tutto bene. Poi litiga con Motta per un passaggio clamorosamente cannato che spegne sul nascere un bel contropiede, si offende e smette di giocare. Allo stadio ci tocca subirci pure i capricci. Che raggiungono l’apoteosi quando il Capitano recupera un pallone facendo una corsa da un lato all’altro del campo e il Facocero lo guarda destreggiarsi, scartare due giocatori senza fare un passo avanti per offrire un appoggio al nostro superuomo in nerazzurro. Quando finalmente Zanetti riesce a liberare il Facocero lo guarda e lo applaude con uno sguardo ammirato: meno male che Pupi ha molta pazienza, che se c’ero in campo io le bestemmie si sentivano fino in piazza Duomo.

La partita scorre via, senza che si possa menzionare in alcun modo i nostri attaccanti, e finisce uno a zero per noi, nonostante negli ultimi 15 minuti più recupero ogni tifoso interista abbia rischiato più volte l’infarto, in particolare su un tiro deviato che il Gatto-che-ride-sotto-i-baffi che abbiamo in porta guarda sconsolato e controtempo lambire il palo. Anche quei due flipper da 2 minuti e mezzo in cui la palla non si è mai allontanata dalla nostra area non sono stati particolarmente teneri con le valvole cardiache di chi era allo stadio, ma il grido liberatorio al triplice fischio è proporzionale sempre alla sofferenza.

Partita giocata sottoritmo e con la sola voglia di far passare i novanta minuti più in fretta possibile. Sarebbero bastati trenta minuti di un’Inter normale per mettere la partita in ghiacciaia con tre pere. Invece ne abbiamo messi 5. Sono bastati per fortuna. Ergo: sei politico per tutti. Ma è stata una vera sofferenza, come sempre prima dei turni di Champions (non so se qualcuno si ricorda le tragedie dell’anno scorso). Adesso che è passata la possiamo mettere sul ridere. Ma durante la partita ho perso cinque chili. E non so neanche se sia vero che abbiamo ottenuto con minima spesa la massima resa.

Inter in Wonderland: il narco-castello

18 Ottobre 2010 1 commento

Arriviamo sull’isola inondata di luce e di pace. Tutto è silente nei dintorni dello stadio e le due squadre si affrontano su una piana sgombra di vento e di passioni. Sembra di assistere a una foto più che a un evento dotato anche di figure in movimento. Tra le fila nerazzurre tornano a calcare il campo il Capitano Duracell e la coppia difensiva Muro-Orco, mentre davanti il Leone è affiancato dai soliti giovani virgulti. Il Castello è sorvegliato dagli unidici titolari rossoblù, con qualche qualità, ma non troppe, giusto per non esagerare.

La partita si snoda senza sussulti, mentre i nerazzurri lentamente avvolgono le mura medievali e i merli degli spalti in una fitta ragnatela: dopo aver bloccato il castello, passano agli spalti, ai tifosi, allo stadio intero, all’isola. Anche il mare sembra essere diventato una lenta e piatta superficie oleosa. Lentamente, ogni cosa si assopisce, e quando meno chiunque se lo aspetti, ecco il colpo ferale: il Leone con una finta di corpo che anche al rallentatore sembra velocissima manda a stendere mezza difesa – Astori penso avrà gli incubi con il nostro puntero come protagonista ancora per qualche giorno – e la piazza nell’angolino di precisione e potenza.

Il tempo scorre inesorabilmente. Passano 45 minuti, poi 60. Non succede nulla se non una fortuita traversa di Chivu nella nostra porta (se non ci pensiamo noi a scaldare il match, si potrebbe giocare per altri due mila minuti senza scorgere un’accelerazione significativa di alcun tipo) e una doppia parata di Giulione Manolesta, giù proiettato verso la svolta corsara della nostra saga. Entra il nostro Homo Dribling al posto di Totò che ha fatto una buona partita; entra il Sindaco finalmente di nuovo su un campo di calcio e per scaldare un po’ gli animi anestetizzati dal Narcocastello finge di farsi male dopo appena 5 minuti; entra anche Calimero al posto dell’Olandesina, la notte e il giorno a confronto sulla riga del fallo laterale, praticamente.

Finisce con l’anestetica vittoria nerazzurra. E fin qui tutto bene. Però uno si sarebbe anche stufato di ripetere che “contano i tre punti”. Quando in tempi non sospetti ho sostenuto che il “bel gioco” alla Barça è in realtà una gran rottura di palle, sono stato sbeffeggiato, ma spero che la partita di oggi mi renda merito. Per fortuna che Ciccio punta sullo spettacolo: se fosse stato uno che cercava il risultato a tutti i costi, in una partita come quella di oggi avrebbe potuto solo sfoderare l’araldo dell’eutanasia e farla finita al minuto numero cinque.

Zzzzzzzzzzzzzzzz