中国 03: tenore di vita e spazio pubblico
Oggi abbiamo deciso di restare a 西安 fino alla partenza per Chongqing (重庆) di martedi’ 22, in modo da girare meglio questa citta’ che ci sta decisamente conquistando. Oggi e’ tra le altre cose successa quella piu’ importante da quando sono in Cina. Una cinese musulmana del quartiere islamico della citta’ che vendeva delle frittelle alle verdure buonissime, mentre discuteva del solito piu’ e meno, alla notizia che venivamo da Milano mi ha detto: guoji milan, 国际米兰, fc internazionale. Finalmente ho trovato lo spirito originale cinese verso il calcio che avversa i fottuti milanisti e premia i primigeni (la Beneamata e’ stata la prima squadra occidentale a solcare i campi cinesi nel lontano 1971) interisti. Grazie Xi’an.
Ma non era di questo che volevo parlarvi, ma un episodio vale l’altro per partire. Infatti una delle cose incredibilmente interessanti dei cinesi e’ come non abbiamo perso il loro senso dello spazio pubblico. Sara’ il socialismo, sara’ che le case sono anguste e misere, ma i cinesi stanno tantissimo per strada. Non solo. E’ difficile vederli da soli a fare una cosa. Si muovono sempre in gruppo, ma non si toccano mai. Sembrano avere trovato una sintesi molto curiosa tra senso del pudore e dell’intimita’ come qualcosa di prezioso e fragile, e momento pubblico e sociale, che invece e’ onnipresente e impossibile da evitare. In questo assomigliano a quello che e’ rimasto dell’Italia che fu nel meridione, dove la strada e’ ancora un luogo della comunita’, uno spazio dove le persone si incontrano, si confrontano e si comprendono (o anche no, ma poi finisce male 🙂
Questo aspetto che mi affascina proprio perche’ forse e’ quello che era l’aspetto piu’ importante che faceva la differenza tra i progetti come quelli che abbiamo animato noi a milano e quelli arroccati sulla loro storia e nei loro piccoli ghetti a Milano. Devo dire che sono orgoglioso quando sento gli abitanti dell’Isola specificare "da due anni quel posto e’ sempre chiuso e non sappiamo neanceh quello che ci accade": mi sento orgoglioso perche’ notano la differenza con il periodo in cui lo gestivamo noi o anche periodi precedenti in cui lo gestivano persone che volevano o che di fatto erano inserite nel territorio. In cina questo e’ del tutto naturale. E’ impensabile che cio’ che avviene non abbia una interazione con la strada, con la dimensione pubblica.
Devo dire che mi sono chiesto se questo abbia la sua origine non solo nel numero di persone. Il punto e’ che il tenore di vita dei cinesi sta cambiando. Lo si vede anche senza aver avuto esperienze precedenti in Cina, perche’ le tracce di come era e di come tuttora e’ il livello di agio o di poverta’ dei cinesi e’ ampiamente visibile appena usciti dalla cerchia delle grandi citta’. Nonostante tutto anche nelle campagne qualcosa si muove, ma il processo e’ sufficientemente lento da essere constatabile da un osservatore non prevenuto. E’ altrettanto evidente che la scommessa per il Governo e’ quella di consentire ai suoi cittadini di iniziare ad ottenere parte di quei privilegi e di quel superfluo che e’ tipico di una consumer society. Il passaggio alla via cinese al capitalismo di stato e’ una necessita’ storica, che il Governo deve affrontare per non finire come Cuba (stretta in una morsa che la portera’ pericolosamente vicina agli Stati Uniti per il fascino che questi esercitano sui seclusi giovani cubani, che si accorgeranno tardi dell’inculata verso la quale si inoltrano) o come la Russia in cui la forbice tra ricchi e poveri e’ ogni giorno piu’ ampia.
Il Governo cinese pero’ e’ evidente che voglia dirigere dove questo mercato immenso di consumatori si puo’ esprimere e dove invece deve rimanere vincolato alle sue logiche egualitarie (non per mecenatismo, ma per necessita’ di mantenimento del controllo delle risorse e della societa’): la mia impressione e’ che tutti i servizi, la casa, i beni primari rimangano a un livello basso (si’ anhe in termini di qualita’, ma soprattutto in termini di costi), mentre il resto offra un range piu’ ampio di possibilita’ di consumo.
In pratica: uno puo’ prendersi una casa da riccone, ma il mercato immobiliare offre soluzioni estremamente economiche, per quanto misere; le utenze costano nulla, calmierate dallo stato; il cibo non puo’ mancare a nessuno in Cina. Viceversa tutto il mercato "leisure" diciamo e’ selvaggio, e questo sta facendo affluire soldi in quantita’ immani in Cina. Soldi che per legge non possono che essere Yuan, cambiati in dollari al tasso fissato dalla banca centrale del governo. In questo modo e’ il Governo centrale che tiene per le palle sia i produttori che i consumatori. Geniale.
Tornando al discorso iniziale (non quello della Beneamata, l’altro), cosa c’entra questo con lo spazio pubblico. C’entra. Perche’ per quanto stiano comparendo i grandi magazzini e i cinesi si invasino come ogni altro popolo per questi mostri totalizzanti, la strada rimane il luogo principale dove approfittare di questo enorme mercato che e’ il territorio cinese, dove ricavarsi la propria nicchia, tanto che anche i grandi magazzini sono solo una versione piu’ scintillante e ripulita dei mercatini di strada che imperversano ovunque e del loro proliferare di bancarelle. E poi il fatto che le case siano quello che sono obbliga i cinesi a vivere molto di piu’ la strada di quanto forse farebbero.
Quanto durera’ questo equilibrio? E’ difficile prevederlo, ma e’ facile prevedere che il governo spera che quando si rompera’ l’equilibrio il boccino lo abbia in mano lui, cosi’ da girare verso l’esterno le necessita’ di espansione per soddisfare le esigenze cinesi. La sopravvivenza del Governo e della Cina stessa sono legate alla sua capacita’ di soddisfare molto pragmaticamente i propri cittadini. La sopravvivenza dei cittadini e’ legata al fatto di essere una potenza in espansione. Il tutto e’ un giochino molto delicato, che o si rompera’ in maniera esplosiva, o garantira’ alla Cina la forza di farci un culo a capanna, per dirla con un francesismo.