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Il silenzio e la percezione del sé di un poliziotto dell’antimafia

13 Febbraio 2008

 

L’altro giorno sono entrato in libreria in zona centrale, e spulciando qua e là, più per perdere tempo che peraltro, dato che avevo già speso bei soldi in volumi dall’inizio del mese, mi sono imbattuto in questo libro della Piemme Edizioni: Il Silenzio, sottotitolo Racconto di uno sbirro antimafia. Il libro si presenta come scritto da un poliziotto "puro" dell’antimafia di Catania, sotto lo pseudonimo Gianni Palagonia. Si sa che io, il mio socio e altri abbiamo un po’ lavorato sul tema della percezione del sé da parte delle forze dell’ordine, sulla loro psicologia e sui loro processi di riorganizzazione, quindi ero curioso e il giorno dopo, passando nella medesima zona sono entrato e me lo sono comprato. Bando all’avarizia!

Il libro è molto interessante, ben scritto – anche perché chi racconta storie della propria vita densa ha fin troppe cose da mettere nero su bianco – e scorrevole. Ma non è questo il punto: il volume è infatti un ottimo documento su come pensa, come si percepisce e come agisce uno sbirro diciamo "ispirato", non uno qualunque che si è trovato lì, ma uno che voleva essere ed è diventato un poliziotto. Da questo punto di vista penso sia un documento molto interessante per chi vuole fare il militante, anche se ovviamente ha i suoi limiti.

E’ molto interessante per tutti gli altri invece perché sfrondato dalla lieve retorica del buono contro i cattivi, mostra la realtà della criminalità organizzata e della vita da poliziotto, del modo di condurre le indagini, della creazione di organizzazioni parallele in seno allo stato e alla stessa polizia, che ritengo – per come conosco io le cose – molto vicine alla realtà e molto crude se si vuole, senza concessioni alle soluzioni facili. Il libro sbatte in faccia a un po’ di benpensanti – e anche di stereotipati militanti – un po’ di verità scomode. Il vero problema è: non si spinge fino a far capire come questo meccanismo di stato nello stato tipico non solo della mafia ma anche del mondo delle forze dell’ordine in ambienti in cui non si rischia troppo la vita, diventi una vera e propria associazione mafiosa, con annessi e connessi. E il problema sta anche e soprattutto lì. Noi l’esempio lo abbiamo con l’antimafia di Palermo da cui escono molti dei vertici della Polizia Italiana attuale e imputati nel processo Diaz e in altre nefandezze in cui si difendono come veri cumpari, memori di quello che hanno rischiato forse, ma che non giustifica l’applicazione del medesimo metro di misura a movimenti e società civile. 

Interessante è anche la sfiducia nello Stato e nella democrazia. Se anche il paladino della giustizia contro la mafia ritiene di essere da tempo in emergenza democratica allora vuol dire che la situazione è molto grave. Sono sicuro che Gianni Palagoni concorderebbe con me nella voglia di far saltare un tot di gente che anziché lavorare per creare un posto migliore dove vivere, si arrabbata a trarne sempre e comunque profitti personali. In ogni caso il libro è altamente consigliato e un ottima fonte di studio.

Voto: 7

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