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40 anni di miserie e ipocrisie all’italiana

12 Dicembre 2009

 

Quaranta anni fa, il 12 dicembre 1969 alle ore 16 e 37 minuti, una bomba esplodeva nella Banca dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano: una strage di cui tutti sanno tutto (i mandanti, gli esecutori, i capri espiatori, le insabbiature e le coperture istituzionali, le conclusioni processuali ingiuste) e di cui tutti fanno finta di non sapere niente. Una strage che ha inaugurato il periodo più miserevole, falso e infame della recente storia italiota: quello della Strategia della Tensione, in cui sulla pelle delle persone normali si è cercato di inventare scuse per evitare che il pericolo rosso arrivasse al potere (perché poi si può girarci intorno finché si vuole, ma questo è stato). A 40 anni di distanza è continuato il teatrino: zero commemorazioni, piede a tavoletta sulla speranza che la gente dimentichi, confonda, annebbi e che finalmente tutto possa tornare ad essere "normale".

Come ogni anno centinaia di persone (quest’anno ancora meno degli anni scorsi, segno dei tempi che corrono) si sono ritrovate a marciare per le strade di Milano, giusto per non dare l’impressione che proprio a tutti stia bene che si dimentichi, che si cancellino interi pezzi di storia collettiva. Una volta arrivati davanti a piazza Fontana le persone si sono trovate di fronte camionette, forze dell’ordine schierate e transenne per impedire l’accesso alla piazza. Alla domanda semplice: "perché alcuni cittadini possono entrare normalmente in piazza Fontana e ricordare la strage e altri come quelli che hanno partecipato a un corteo perfettamente legittimo non possono farlo?" La risposta sono state un paio di cariche. La gente non se n’è andata. Fino a quando non se ne sono andati gli uomini in divisa, che una volta di più anziché difendere i valori democratici si sono ritrovati ad essere idiota strumento delle necessità del potere: una bella scazzottata che i media possano usare per alimentare il mito dei manifestanti cattivi e intolleranti. E il problema è che la maggior parte delle persone sono disposte a bersi qualsiasi stupidaggine pur di continuare con il proprio tran tran.

Sono i tempi che corrono. Tempi che fanno infuriare e allo stesso tempo fanno riflettere sul fatto che se un popolo non vuole diventare adulto, non ci saranno speranze per il suo futuro e per quello delle generazione che lo seguiranno. Che mestizia.

UPDATE

Apprendo oggi dalla registrazione di Radio Popolare (complimenti, sempre dalla parte del popolo, ovviamente) e da La Repubblica che il problema ieri sono state le persone che volevano entrare in piazza e che tutti i presenti in piazza in quel momento (o almeno quelli che stavano sul palco) si sono indignati non perché una piazza che è di tutti nel giorno del 12 dicembre fosse asserragliata di sbirri, ma del fatto che personaggi che nulla hanno a che fare con la commemorazione come Letizia Moratti, Roberto Formigoni e Guido Podestà fossero sonoramente fischiati. Anche i familiari delle vittime cadono nell’equivoco e anziché pretendere che la piazza fosse aperta non sanno fare meglio che mugugnare per la "festa rovinata". Io sono allibito. Non ci sono altri termini. Solo io penso che l’anormalità ieri fosse nelle transenne che chiudevano la piazza e nelle istituzioni della destra sul palco e che la cose positiva fosse il desiderio di centinaia di altre persone di essere presenti nel luogo dove si commemora un evento purtroppo fin troppo attuale?  Il mondo alla rovescia, il mondo attraverso una telecamera. E per tutti i benpensanti: speriamo che di scontri se ne vedano presto di molto più recrudescenti perché a furia di ingoiare si finisce per assomigliare agli struzzi più che agli esseri umani.

 

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