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Strade e storielle sociali a genova

13 Dicembre 2007 Commenti chiusi

 

Segnalo, molto rapidamente che non ho moltissimo tempo, un bel lavoro che il  mio socio sta portando a termine sul suo blog, mentre siamo in sospeso sul resto dei nostro lavori narrativo-editoriali: prendi le vie famose per il g8, conoscine la storia, e raccontala a chi non la sa, con il giusto tocco di ironia che merita la realtà abbruttita che ci circonda fin troppo spesso. I due post [ uno e due ] sono molto divertenti, e forse potremmo impegnarci in due per farne qualcosa di più che una boutade.

I progetti di blackswift (molti) latitano nell’attesa di avere tempo e voglia di scrivere e leggere, cosa che sembra venire difficile a entrambi (me e il mio socio armeno), ma non temete, non cesseremo di stupirvi. Le strade, come già si può intuire dall’approccio di monocromatica, non sono neutre: i luoghi nascondono storie, soprattutto storie che si intrecciano con la cronologia ufficiale delle epoche dando uno spessore diverso a fatti che messi in sequenza riducono drasticamente il senso del processo storico. Forse fermarsi ogni tanto a raccontare come si vivono i luoghi delle proprie città basterebbe a tenere viva la loro anima.

 

Allenamento in Champions League

12 Dicembre 2007 3 commenti

 

Andiamo ad Eindhoven da primi del girone e senza alcuna necessità se non quella di onorare l’impegno. Ci permettiamo di fare un allenamento in Champions League, e vinciamo nonostante l’unica nostra problematica sia quella di mettere minuti nelle gambe di Crespo, Matrix, Bolzoni e Rivas. Dietro Rivas e Matrix con ancora molta ruggine non da grandi sicurezze, a centrocampo Bolzoni fa il suo aiutato da Chivu e da un Solari in spolvero anche se lontano dal Solari che ci piacerebbe vedere (soprattutto per 3,5 milioni di euro a stagione). Davanti giochiamo con un tridente: Suazo-Crespo-Cruz. Si intendono bene e fanno vedere buone cose, anche se Crespo deve ancora scrollarsi di dosso i mesi di poca attività. Questo post è un po’ come la partita: una formalità.

Categorie:spalti e madonne Tag:

Alle volte basta dormirci un po’ su: kernel linux 2.6.23.9 e sony_acpi

11 Dicembre 2007 2 commenti

 

Ieri, dopo le disavventure con il simpaticissimo mondo dell’assistenza sanitaria pubblica – peraltro conclusosi oggi con un successo e il necessario appuntamento allo stomatologico – ho deciso di infittirmi per avere sul mio pc le prestazioni in termini di copia su disco che vedevo sui kernel debian precompilati. Io uso il mio kernel, ed esso non voleva saperne: spostava le cose su disco a una velocità 8 volte minore che i kernel debian, in maniera inspiegabile.

Sfruttando il mio uso di una unstable mi sono installato il kernel 2.6.23-1-686, ho copiato il suo .config e l’ho schiaffato dentro la dir dei sorgenti del kernel 2.6.23.9 (ultima versione buona). A questo punto ho anche editato un minimo il .config: ho levato un botto di moduli per schede di rete o audio che non centrano con il mio pc e via dicendo. Non ho toccato nulla della parte riguardante i dischi (a dire il vero una prima volta si, ma vabbé) e ho levato il supporto degli initrd. Risultato: due o tre compilazioni in cui il kernel non ne voleva sapere di partire, e poi di partire e darmi i risultati sperati con la velocità di scrittura su dischi sata. Ieri notte ci ho bestemmiato sopra fino all’una.

Poi stamattina ho riaperto il pc, ho messo il .config del kernel debian nella directory dei sorgenti del kernel 2.6.23.9, ho corretto solo il nome della local versione e il processore usato (avere un kernel per pentium I mi pareva brutto), ho lanciato make-kpkg clean e poi "make-kpkg –initrd kernel_image". Dopo un quarto d’ora di cui dieci minuti a compilare moduli che non mi serviranno mai, ho rebootato e funzionava tutto alla perfezione. Poi ho pensato bene di passare il resto della mattinata a cercare di eliminare i moduli inutili non riuscendo mai a ottenere il risultato che mi ponevo: vorrà dire che mi terrò un kernel 2.6.23.9 più grasso del previsto.

Poi mi è venuto in mente perché avevo cominciato a pacioccare: con i kernel debian e con i nuovi kernel il supporto sony-laptop è incluso nel kernel. Ovvero senza dover compilare il modulo esterno a parte sony_acpi il sistema di gestione delle risorse di linux dovrebbe vedere i comandi per gli hotkeys del vaio e altre cosucce. Indagando in rete sono riuscito a trovare dove sony_laptop.ko infila i file relativi al controllo di tutto ciò, ma avevo il problema che il wrapper che mi consentiva di controllare l’azione dei vari hotkeys sui file in /proc di sony_acpi.ko non funzionavano più. Allora mi sono messo e ho corretto il codice del wrapper fsfn, sostituendo alle varie occorrenze di "/proc/acpi/sony/brightness" i valori corretti ("/sys/devices/platform/sony-laptop/brightness" e "/sys/class/backlight/sony/brightness"). Ho compilato il nuovo wrapper e ho dovuto correggere il file /etc/fsfn.conf per leggere il device di input giusto (nel mio caso /dev/event/input0) relativo alla tastiera. Che fatica, ma ora funziona tutto!

In pratica: scaricate il sorgente di fsfn, editate acpihandler.c con i valori corretti, correggete anche lo script di inizializzazione da piazzare in /etc/init.d/ (che deve controllare l’esistenza dei file creati da sony_laptop.ko e non di quelli creati da sony_acpi.ko), compilate e settate correttamente i valori di /etc/fsfn.conf. Non è proprio immediato ma poi gli hotkeys relativi a luminosità dello schermo e volumi funzionano perfettamente 🙂 

Categorie:jet tech Tag:

Ecco quando Milano deve esplodere

11 Dicembre 2007 5 commenti

 

Sotto pressione del vice sindaco De Corato e del consigliere leghista Salvini, due elementi la cui caratura intellettuale non varrebbe neanche la pena di discutere, il sindaco Moratti si appresta ad approvare un’ordinanza sulla linea di quelle dei comuni veneti: ordinanze razziste che cercano di sancire a livello formale oltre che sostanziale l’equazione povero = criminale. Se Milano non esplode adesso, non vi è alcuna speranza di credere nel buon senso delle persone che vi abitano. Se Milano non esplode adesso tutti diventiamo giustamente dei nemici, non più persone da convincere. 

Categorie:concrete, movimenti tellurici Tag:

Una giornata con la sanità pubblica

10 Dicembre 2007 4 commenti

 

A scanso di equivoci premetto che io sono e sarò un perenne sostenitore della sanità pubblica, che ogni suo taglio o modifica dagli anni 70 ad oggi sono stati solo dei peggioramenti per le classi meno abbienti, in particolare negli ultimi anni, e che estendo questo mio approccio a ogni servizio che dovrebbe essere pubblico per definizione. Questo per evitare che questa mia frustrazione con la burocrazia italiana faccia trarre le conseguenze sbagliate. Andiamo a cominciare…

Ore 8.30: come indicato dal mio dentista, un argentino esule molto simpatico, mi reco allo stomatologico che riceve per prendere appuntamenti come assistenza sanitaria pubblica dalle otto e mezza alle nove e mezza, e dalle dodici alle tredici. Arrivo e sbaglio portone. Aspetto dieci minuti il portinaio che sta fumando una sigaretta con il parcheggiatore, e solo allora mi può comunicare che devo andare 50 metri più avanti. La giornata è lunga e sono ancora troppo rincoglionito per sbraitare. Arrivo al portone giusto, entro e inaspettatamente non c’è nessuno allo sportello: zero fila zero. Arrivo subito e chiedo alla signora bionda dietro il verto: "dovrei estrarre un dente del giudizio con la mutua…". "Ce l’ha l’impegnativa?" "No, ho chiamato due giorni fa e non mi hanno detto nulla dell’impegnativa, mi hanno solo detto di venire qui…" "No, serve l’impegnativa del suo medico della mutua. Anzi due impegnative, una per la visita e una per l’estrazione vera e propria, se le faccia fare entrambe". "Ok".

Mi allontano sentendomi preso per il culo. Controllo online al volo e scopro che la mia ASL è in via Farini 9. So qual è! Ci ho fatto le analisi del sangue 4 anni fa, l’ultima volta che sono stato dal medico. Perché nel frattempo ho cambiato residenza e non ho mai più scelto il mio nuovo dottore, quindi adesso devo pure fare questo. Prendo il tram, scendo in porta venezia, prendo il passante, i cui tabelloni sono indicati al contrario, per cui mi trovo su un treno a Dateo. Scendo bestemmiando silenziosamente e salgo sul treno opposto che mi porta in Farini.

Entro nella struttura di via Farini 9 e non trovo neanche mezzo sportello informazioni. Allora vado in fondo alle  sale degli ambulatori e vedo gli sportelli della prenotazione delle visite. Prendo il mio numerino, sono solo una decina di persone, manco tanto. Non è il posto giusto dove chiedere informazioni ma qualcosa dovrò pur fare… Dopo una ventina di minuti arriva il mio turno: "Scusi, sono un po’ in imbarazzo a non sapere come fare, ma devo scegliere il mio medico della mutua…" "Non deve farlo qui, ma all’ASL! Vada in via Livigno al 3, non il 2 eh! che è un altro poliambulatorio…" "Ok"

Scendo e decido che vado a piedi, tanto se prendo i mezzi ci metto lo stesso tempo che ne devo cambiare due per fare un chilometro di strada. Salgo il ponte di Farini, via Valtellina, giro in via Jenner e arrivo all’alba delle 10 e 20 all’ASL. Nello stanzino i quattro sportelli lavorano a pieno regime, ma ci sono 60 persone davanti a me. E alle 11.00 devo andare dal dentista per fare il resto del lavoro. Cazzo. Non farò mai in tempo.

Esco e mi fiondo dall’argentino odontoiatra: sta in corso Como e nel giro di mezzoretta sono lì. Sto altri 30 minuti sotto i ferri, e poi torno a casa. Comunque mi da appuntamento a mercoledì per finire il lavoro. Cazzo. Speravo di svoltare oggi, invece nisba.

Torno a casa, guardo due mail al pc, e devo riuscire per tornare alla ASL di via Livigno, i sui sportelli riaprono alle 13:30. Sono lì alle 13:45 pronto a tutto, dopo aver perso l’82 clamorosamente sfilata a un palmo dal mio naso. Entro e non c’è nessuno. Lo sapevo che il mondo mi odia. Mi siedo e parlo con la signora dietro il vetro: "Ecco la mia card sanitaria, devo scegliere il medico della mutua, vorrei il dr. xxxx" – mi ero premunito leggendo l’elenco dei medici e scegliendolo in anticipo. "Lei dove abita?" "via xxxx" "ma è afferente alla ASL di via Doria 52 quarto piano!" "senta devo solo scegliere il medico della mutua, sono in ballo dalle 8.30, potrei diventare idrofobo, anche se non ce l’ho con lei in particolare." "Va beh, per questa volta facciamo qui" – allora è tutto centralizzato perché mi stressate le palle? – "però si ricordi che deve andare all’altra ASL…. E poi, lei è emigrato nel 2004?" "Scusi?" "Eh qui dice che è emigrato e che non ha più scelto il medico" "Ho cambiato casa, ma che ve ne frega a voi di dove sono andato?" "Eh, magari ha preso la residenza all’estero" "Eh no, comunque devo solo scegliere il medico, così oggi ci posso andare, riceve alle 16:00" "Autocertifichi che non ha preso residenza e che la sua attuale residenza è in via xxxx". Lo faccio. Finalmente ho il mio medico della mutua. Sono le 14:30. "Ok, grazie".

Mentre vado a fare il resto delle cose che avrei dovuto fare oggi, provo a chiamare il mio nuovo medico curante, che ovviamente siccome riceve alle 16:00, fino alle 15:59:59 non risponde. Quando mi risponde spiego il mio problema: "Salve, ho scelto oggi il dr. xxxx come medico della mutua, e ho bisogno di una impegnativa, anzi due, per estrarre il dente del giudizio…" "Eh ma la mutua non le passa più le visite odontoiatriche" "In che senso scusi?" "Eh, ho qua davanti una circolare della ASL che mi dice che le visite odontoiatriche non vengono più passate dalla mutua" "Beh, ma oggi allo stomatologico mi hanno detto che serviva l’impegnativa!" "Eh, non so cosa dirle, venga qua." "Ok, lei mi faccia ste due impegnative, poi al limite le butto via, ma almeno domani posso litigare con loro e non con lei" "Ok, era solo per spiegarle" "Ok, anche io, però capisce che per prendere un appuntamento per togliermi un dente ci ho messo un giorno" "Eh, e io cosa c’entro?" "Nulla, però mi faccia le impegnative che tanto a lei non costa nulla no?" "No, però non le servono" "Ho capito, ma me lo faccia dire dallo stomatologico" "Va bene, contento lei… venga qui che gliele faccio" "ok"

Vado dal dr. xxxx, mi faccio fare le impegnative dopo mezz’ora di anticamera tra vecchietti in pensione che cercano di farsi prescrivere cose impossibili e insensate. La signora segretaria del dottore mi ripete tutta la tiritera, e io le rispiego quello che mi serve. Alla fine alle 17:20 esco con le mie due impegnative. Domani ore 8.30 si torna allo stomatologico, sperando di non ricominciare tutto da capo e di avere un appuntamento per una visita prima del 2009. Uff… che fatica…

 

Categorie:concrete, conscienza Tag:

Ogni tanto un barlume di ragione

10 Dicembre 2007 Commenti chiusi

 

Ogni tanto anche nella giustizia italiana esiste un barlume di buon senso: il processo a venti persone per alcuni scontri verificatisi in due cortei a Torino si è concluso con il rigetto delle accuse di devastazione e saccheggio e la loro derubricazione a danneggiamento e resistenza. Nella mia vita mai mi sarei aspettato di rallegrarmi per una condanna, ma nel clima di terrorismo giudiziario che le procure di mezza italia hanno instaurato con precisi mandanti e obiettivi politici, una derubricazione è ampiamente da considerarsi una vittoria. Ovviamente la speranza è che in appello il tutto diventi sentenza di assoluzione, ma per il momento giochiamo a sperare che anche a Genova si mostri lo stesso buon senso. 

Categorie:movimenti tellurici Tag:

Venti minuti possono bastare

9 Dicembre 2007 Commenti chiusi

 

Entriamo un po’ molli e distratti, in una formazione inedita contro un Torino che vorrebbe almeno fare bella figura: rombo con Burdisso vertice basso, Cambiasso vertice alto, un desaparecido Cesar a sinistra e Zanetti a destra, Ibra prima punta e Cruz seconda punta. Non funziona e nel giro di dieci minuti Mancini corregge in corsa il rombo in 4-4-2 spostando a centrocampo Chivu e Burdisso come terzino. Ancora non funziona e l’Inter stenta anche se il Torino è praticamente imbelle. 

Nella ripresa Jimenez rileva Cesar e si torna al rombo con il Mago dietro le punte e Cambiasso vertice basso, Chivu e Zanetti laterali: tutto funziona meglio e in meno di un quarto d’ora chiudiamo la partita. Poi è solo melina per evitare di seppellire i granata con dieci gol.

Passando a un po’ di valutazioni ad personam: in porta Julio non corre rischi e non si preoccupa, c’è quando serve. La difesa vede rientrare Matrix che fa un ottima partita per sessanta minuti, mentre Maicon scorrazza a destra vittima della maledizione di "Inter 100 e lode" (chi fa l’intervista in settimana gioca sottotono la domenica). Cordoba provoca i soliti terrori nei tifosi, ma poi segna e fa un paio di recuperi incredibili, e tutti lo perdonano. Burdisso a centrocampo fa cagare, non so se Mancini lo capirà mai, mentre terzino sinistro non fa male, di sicuro ha due piedi che sono incapaci di impostare. Chivu io lo vedo bene dietro o in mediana sulla fascia, di centrali ne abbiamo abbastanza.

A centrocampo senza qualcuno a inventare gioco il rombo non è la soluzione adatta, ma appena Cambiasso o Jimenez salgono in cattedra passa la paura. In momenti di incertezza schemi più regolari sono tranquilli e lineari. Cesar ancora non si è ripreso (o forse erano solo un caso le partite di inizio campionato), e Pelè entrato a rilevare Matrix gioca con tranquillità ma evidenzia una preoccupante velocità ridotta nello scatto che per un ventenne non è il massimo. Zanetti fa la solita partita di mestiere e quantità, e non vi è altro da dire.

Davanti Cruz dietro Ibra non convince, ma forse il Mancio lo fa giocare così visto che tutti chiedono di provarlo al contrario dietro due punte: il solito bastian contrario. Il Genio ancora  riesce a farsi ammonire saltando il Cagliari e preparandosi al derby, mentre Cruz nonostante una scarsa prestazione la mette. Il gol di Jimenez è sicuramente il migliore dei quattro e mi costa dirlo visto che avevo tanto vituperato il cileno. 

Ora testa a Cagliari e in mezzo facciamo esordire un po’ di gente ad Eindhoven.  

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Genova: il processo ai 25 è finito

7 Dicembre 2007 1 commento

 

Oggi il primo processo sui fatti del g8 2001 a genova è praticamente arrivato alla sua conclusione. Neanche a dirlo, il primo che vedrà una sentenza (mancano ancora l’udienza del 14 dicembre per repliche e controrepliche e l’udienza in cui si leggerà la sentenza che sarà la settimana successiva) è il processo contro 25 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio. Ci sono volute 150 udienze circa, quasi 200 testimoni (che poi l’accusa non ha quasi usato), migliaia di ore di lavoro: il processo si chiude sulle parole di alcuni imputati e sul ghigno del pm Andrea Canciani mentre i nostri compagni parlano con il cuore in mano della propria vita. Come ultimo sgarro il pm ha voluto consegnare la memoria di accusa non all’inizio durante la sua discussione, ma alla fine dopo averla corretta per bene durante le arringhe dei difensori: un’ultima scorrettezza formale per avere l’ultima parola, o l’ultimo sorriso di sbieco. Quando ho cominciato a lavorare su questo processo nel 2004 pensavo che sarebbe durato una vita, invece sono passati tre anni e vorrei che ne mancassero almeno tanti quanti ne servono per la prescrizione. Qualunque sarà la decisione del tribunale, i pm avranno la soddisfazione di poter dire di aver dato vita a un processo storico e storicamente temo ingiusto. Sotto potete leggere le dichiarazioni di VV, uno degli imputati, che mi paiono molto belle e condivisibili. Avrei voluto che si facessero all’inizio del processo, sarebbe stato tutto molto più politico e intenso, anche se non so se avrebbe cambiato qualcosa. 

Innanzitutto vorrei fare una breve premessa: in quanto anarchico,
ritengo i concetti borghesi di colpevolezza o innocenza totalmente
privi di significato.
La decisione di voler dibattere in un processo di “azioni criminose”
che si vogliono imputare a me e ad altre persone, e soprattutto
l’esprimere qui le idee che caratterizzano il mio modo di essere e di
percepire le cose, potrebbe essere oggetto di valutazioni sbagliate: è
necessario quindi precisare da parte mia che lo spirito con cui
rilascio questa dichiarazione, dopo anni di spettacolarizzazione
mediatica dei fatti di cui si dibatte qui dentro,è quello in cui anche
la voce di qualche imputato si faccia sentire. Con questo breve
intervento comunque non cerco né scappatoie né giustificazioni: per me
sarebbe assurdo anche il fatto che la corte decida che sia legittimo
rivoltarsi non spetta ad essa.

Rileggere dei fatti accaduti sotto una certa ottica, con un certo
tipo di linguaggio (quelli della burocrazia dei tribunali per intenderci) non equivale solo a considerarli parzialmente, ma significa
distorcerne la portata, la loro collocazione storica, sociale e
politica, significa stravolgerli completamente da tutto il contesto in
cui si sono verificati.

Quello che mi si contesta in questo processo, il reato di
devastazione e saccheggio, implica secondo il linguaggio del codice penale che “una pluralità di persone si impossessa indiscriminatamente
di una quantità considerevole di oggetti per portare la devastazione”:
per questo tipo di reati si chiedono condanne molto alte, e questo
nonostante non si tratti di azioni particolarmente odiose o crimini
efferati.
Mi sono sempre assunto la piena responsabilità e le eventuali
conseguenze delle mie azioni, compresa la mia presenza nella giornata
di mobilitazione contro il g8 del 20 luglio 2001, anzi sono onorato di
aver partecipato da uomo libero ad un’azione radicale collettiva, senza
nessuna struttura egemone al di sopra di me.
E non ero solo, con me c’erano centinaia di migliaia di persone, ognuno
che con i propri poveri mezzi, si è adoperato per opporsi a un
ordinamento mondiale basato sull’ economia capitalista, che oggi si
definisce neoliberista…la famigerata globalizzazione economica, che si
erge sulla fame di miliardi di persone,avvelena il pianeta, spinge le
masse all’esilio per poi deportarle ed incarcerarle, inventa guerre,
massacra intere popolazioni: questo è ciò che definisco devastazione e saccheggio.

Con quell’enorme esperimento a cielo aperto fatto su Genova (nei
mesi precedenti e nelle giornate in cui si tenne quella kermesse di
devastatori e saccheggiatori di livello planetario) che qualche
ritardatario si ostina ancora a chiamare gestione della piazza, è stato
posto uno spartiacque temporale: da Genova in poi niente più sarebbe
stato come prima, né nelle piazze né tanto meno nei processi a seguito
di eventuali disordini.
Si apre la strada con sentenze di questo
tipo ad un modus operandi che diventerà prassi naturale in casi simili,
cioè colpire nel mucchio dei manifestanti per intimorire chiunque si
azzardi a partecipare cortei, marce, dimostrazioni…non credo sia fuori luogo luogo parlare di misure preventive di terrorismo psicologico.

Non starò qui a dibattere invece sul concetto di violenza, su chi la
perpetra e su chi da essa si deve difendere e via dicendo: questo non
per assumere atteggiamenti ambigui riguardo l’utilizzo o meno di certi
mezzi nella lotta di classe, ma perché reputo questa sede non adatta
per affrontare un dibattito che è patrimonio del movimento antagonista
al quale appartengo.

Due parole in merito al processo alle forze di polizia.

Si prova con il processo alle cosiddette forze dell’ordine a dare un
senso di equità…i pubblici ministeri hanno voluto paragonare ad una
guerra fra bande le violenze tra polizia e manifestanti: senza troppi
giri di parole dico solo che io non mi sognerei mai di infierire
vigliaccamente su persone ammanettate, inginocchiate, denudate, o in
palese atteggiamento inoffensivo col preciso intento di umiliare nel
corpo e nella mente…
Sono ormai abituato a sentirmi paragonare a provocatore, infiltrato ecc
ed è dura, ma essere paragonato ad un torturatore in divisa no… questa
affermazione è a dir poco rivoltante!
È degna di chi l’ ha formulata.

E poi allestire un processo a poliziotti e carabinieri, giusto per
ricordare che siamo in democrazia significa ridurre il tutto ad un pugno di svitati violenti da una parte, e dall’altra a casi di
eccessivo zelo nell’applicazione del codice. Questo, oltre ad essere sinonimo di miseria intellettuale, indica la debolezza delle ragioni
per cui sprecarsi al fine di preservare l’attuale ordinamento sociale.

Dal mio punto di vista processare la polizia parallelamente ai
manifestanti significa investire le cosiddette forze dell’ordine di un ruolo troppo importante nella vicenda; significa togliere importanza ai
gesti compiuti dalla gente che è scesa in strada per esprimere ciò che
pensa di questa società, relegando tutti quanti nel proprio ruolo
storico di vittime di un potere onnipotente. Carlo Giuliani, così come tanti altri miei compagni, ha perso la vita
per aver espresso tutto ciò col coraggio e con la dignità che
contraddistingue da sempre i non sottomessi a questo stato di cose e
finché i rapporti tra le persone saranno regolati da organi esterni
rappresentanti di una stretta minoranza sociale, non sarà l’ultimo.
E siccome sono disilluso ed attribuisco il giusto significato al
termine democrazia, l’idea che un rappresentante dell’ordine costituito
venga processato per aver compiuto il proprio dovere mi fa sinceramente
sorridere. Lo stato processa lo stato direbbe qualcuno a ragione.

Sicuramente ci saranno delle condanne e non le vivrò di certo come
segnale di indulgenza o di accanimento nei nostri confronti da parte
della corte. Esse andranno valutate, in qualsiasi caso, come un attacco
a tutti coloro che in un modo o nell’altro avranno sempre da mettere in
gioco la propria esistenza al fine di stravolgere l’esistente nel
migliore dei modi possibile.

L’effetto dei moralizzatori sul calcio e sulla società

6 Dicembre 2007 7 commenti

 

L’effetto principale di Lotito il moralizzatore sulla Lazie è quella di metterla nella condizione di rischiare la serie B se continua il percorso in coppa. L’augurio più grande che si possa fare ai tifosi lazieli è  quello di mollare la coppa e salvare il campionato. In campo stasera nel recupero di serie A si è vista una sola squadra e ha una maglia a striscie nero azzurre. Il risultato è signorile come al solito, non c’è bisogno di umiliare gli avversari per dimostrare di essere i più forti.

Julio Cesar quando viene chiamato in causa c’è: ormai è a livelli altissimi come specialista nel ruolo, e sta imparando anche le uscite, al contrario di Ballotta che sul secondo gol ha più di una responsabilità dato che Maicon arriva come un disco volante solitario in mezzo all’area piccola. Maicon corre sempre, anche se a furia di lodarne le doti di dribbling lo stiamo convincendo a indulgervi troppo: il gol corona una stagione da grande campione, e ci manca poco che i due assist che scodella per Crespo mandino in gol il rientrante Valdanito. Come centrali Samuel è semplicemente insuperabile, mentre Burdisso nonostante qualche incertezza si conferma un grandissimo difensore a disposizione della squadra. A sinistra Maxwell non consoce il termine "posizione esterna" come già in altre partite e continuo a non vederlo bene in quel ruolo, ma Mancini figurarsi se ascolta un picio come me. Quando Matrix entra al posto di Pelé, Mancini infatti insiste nel posizionare Burdisso a centrocampo come già a Valencia e contro la Roma in Coppa Italia, dimostrando a volte troppa testardaggine. Matrix però così mette in mostra ottimo affiatamento con Samuel e grandi tagli senza palla: sta tornando e punta dritto al derby.

A centrocampo Mancini schiera il rombo con l’onnipresente Cambiasso che sta inanellando una serie di prestazioni indefinibili, une e trine. Ci mancano 3 centrocampisti titolari, ma Cambiasso vale tre, quindi siamo pari, no? No, però è una grande sensazione vederlo giocare con questa autorevolezza. Il suo stato di grazia consente a Zanetti di amministrare palloni con grandi recuperi – a 34 anni si fa almeno un paio di volte 80 metri di campo per chiudere su Pandev impeccabilmente – e a Pelè di fare un esordio morbido in cui deve limitarsi ad appoggiare la palla a Cuchu o Maicon: il ragazzino ha dei numeri e quando due volte prova la conclusione da fuori San Siro applaude. La nord lo premia nonostante la tremarella con un coro di tutto cuore. Il vero dramma è che quando entra Solari fa capire a tutti che nella rastrelliera di partenza l’argentino sta dietro anche al portoghese: mi si stringe il cuore. 

Davanti Jimenez dietro le punte regge il gioco e quasi segna due gol incredibili (uno in palleggio avrebbe meritato di più che un sinistro alto). Ibra è in giornata di grazia e oltre al gol su rigore rischia più volte di infilare Ballotta. Il momento topico si ha quando si fa mezzo campo palleggiando e seminando difensori lungo il percorso: il gol sarebbe stato un pezzo di antologia. Anche Suazo è ormai inserito e inizia ad avere grande affiatamento con Ibra e gli altri partner del settore avanzato della squadra. Lo scatto rimane fenomentale e anche la capacità di scrollarsi di dosso gli avversari con rapidi movimenti. Se continua così ci darà grandi soddisfazioni, come quella che ci da rivedere Valdanito in campo, e un suo gol sarebbe stato il coronamento di una serata già eccellente.

 

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Tanto per fare il pari con l’etica dei pm Canepa e Canciani: l’assoluzione di De Rosa in appello per i pestaggi del 21 luglio 2001

4 Dicembre 2007 3 commenti

 

Oggi a  Genova, mentre nell’aula al V piano si celebrava la terzultima udienza del processo contro 25 manifestanti, nell’aula della corte di appello Giuseppe De Rosa, in forza alla DIGOS di Milano e distaccato nel capoluogo ligure in occasione del vertice G8, veniva assolto in secondo grado. Per chi non lo ricordasse Giuseppe De Rosa era fino a questo momento l’unico condannato tra le forze dell’ordine per fatti di piazza, ovvero per i pestaggi, gli arresti illegali, le violenze di quei giorni: è uno dei protagonisti del pestaggio dell’allora minorenne MM il sabato pomeriggio e di altri ragazzi che stavano prendendo in giro lo schieramento di polizia seduti per terra. MM è il famoso ragazzino preso a calci dall’allora vice capo della DIGOS genovese Alessandro Perugini, quello con uno zigomo che sporge fuori di diversi centimetri dal viso (guardatevi la foto). A processo per lesioni per quegli eventi finirono 6 poliziotti (Del Giacco, Raschellà, Perugini, De Rosa, Pinzone, Mantovani), mentre l’allora capo della DIGOS è stato archiviato. De Rosa in primo grado scelse il rito abbreviato: meno prove in cambio di uno sconto di pena di un terzo. Risultato: un anno e otto mesi. Facciamo notare che De Rosa e’ facilmente riconoscibile nella persona che prende parte al pestaggio, ed è ufficialmente riconosciuto da uno dei suoi coimputati (l’ispettore Del Giacco), ma il giudice della corte di appello lo assolve dicendo non che il fatto non è avvenuto, ma che non c’è certezza dell’identificazione dell’imputato. Per convincervi guardatevi le foto sotto. Misteri della fede, oppure il vero segno dell’etica della giustizia nei confronti del fenomeno Genova, con buona pace di Canepa e Canciani i moralizzatori. puah. 

l'ispettore giuseppe de rosa della digos di milano all'opera il 21 luglio 2001 l'ispettore della Digos di Milano Giuseppe De Rosa all'opera nei pestaggi sabato 21 luglio 2001l'ispettore de rosa e altri indagati nell'ambito del cosiddetto processo perugini l'ispettore de rosa soddisfatto osserva il suo operato dopo l'arresto illegittimo di 10 persone che non stavano facendo niente e il loro pestaggio. complimenti!