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Archivio per la categoria ‘cinema’

Venezia a Milano, tre: film ben fatti ma รจ tutto qui

13 Settembre 2007 Commenti chiusi

Una giornata di film un po' così: ben fatti, anzi in almeno un caso ottimamente fatti, ma non c'è molto più di questo. The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford è un grande affresco, di fattura stupenda, e il premio per il miglior attore avrebbe dovuto vincerlo anche Casey Affleck, oltre a Brad Pitt. Ci spiega tutto, indaga il dramma della morte di Jesse James, e il suo valore come icona, ma non ha il coraggio di dirci perché Jesse James sia diventato così popolare. Lo diciamo noi: perché chi ammazza i ricchi è più simpatico. La colonna sonora è semplicemente sublime e vale da sola mezzo voto:  Nick Cave e Warren Ellis ๐Ÿ™‚ Voto: 7.

Hotel Meina e La Ragazza del Lago condividono un destino: la televisione. Non erano film da cinema. Il primo tocca corde della nostra storia che andrebbero spesso e volentieri rivangate, pena l'apatia collettiva a ogni cosa che accade, e forse vedere qualche film in più di questi in tv anziché il commissario 9 e il carabinieri 10 conditi da isole e stanzette non farebbe male. Hotel Meina è storia di seconda guerra mondiale nel nord italia: ci sono i fascisti, i tedeschi, gli ebrei, i partigiani, i collaborazionisti, le staffette, un po' tutto, non manca nulla. Il finale emulo di Titanic e Atalante lascia onestamente perplessi, mentre la filosofia pacifinta della tedesca resistente che non ammazza il capitano delle SS dimostrando di essere meno feroce di lui sposa la teoria secondo la quale l'uso della forza è sempre sbagliato che ci lascia la scomoda domanda sospesa per aria: quindi dovevamo restare a guardare inermi fino a che qualcuno non veniva e usava la forza al posto nostro per macerare i nazisti nel proprio sangue? I don't think so. Voto: 6,5 (sarebbe 6 ma i brividi contano).

La Ragazza del Lago è un giallo classico, come tanti libri che ti ritrovi nello scaffale e che ti hanno divertito ma dei quali non ti rimane nulla. Ottimo sceneggiato tv, inerme film da sala. Voto: 6.

Il Dolce e l'Amaro con il picciotto evergreen Lo Cascio lascia un po' insoddisfatti. Parte in maniera interessante, ma la mafia è una cosa seria, non una macchietta. Onestamente ci aspettavamo di più, e soprattutto ci aspettavamo che tutto non si risolvesse in una faciloneria come la trasformazione del pentito in picciotto, l'assassinio del giudice, e la vita serena del pentito redento. Voto: 6

Infine il nuovo film (o metaspettacolo) di Sabina Guzzanti, Le Ragioni dell'Aragosta: divertente, riconcilia vedere un pezzo di Avanzi che ricompare in quest'epoca di piattume. Un po' di sogni e un po' di poesia e grande simpatia. Uber alles: l'incontro tra Masciarelli e Gianni Agnelli, l'ammericana contro il Bucow nell'Owzonow, la storia d'amore tra Pierfrancesco Loche e Francesca Reggiani. Certo se ci si guarda intorno ci si rende conto che ogni pagina di ogni giornale di ogni giorno è più ridicolo di qualsiasi sketch: forse è quello il momento in cui iniziare a spaventarsi e a pensare di fare qualcosa. Voto: 6,5.

 

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Venezia a Milano, due: Ken Loach non perde il suo smalto

11 Settembre 2007 Commenti chiusi

Il miglior film finora visto nella rassegna è certamente il nuovo film di Ken Loach: It's a Free World. Una recensione al volo la trovate sul sito di chainworkers (è dello stesso pugno di questo blog). Il film è il solito pugno nello stomaco, e ovviamente va dritto al sodo: "il sistema che tanto osannate è esattamente quello che vedete in questo film: una merda. Mangiatevela pure tutto d'un fiato, non vi piacerà!". Il massimo godimento è stato ascoltare i commenti differenziali all'uscita dalla sala: le sciure che storcevano il naso (puzza la merda, no?) e i/le ragazzi/e under 30 che sorridevano. Non c'è commento migliore. Voto: 8.

La giornata è proseguita non male con Andalucia: impressionismo (o forse espressionismo) cinefilo sulla schizofrenia dell'identità (post)moderna. Un film non semplice nel quale perdersi è l'unica possibilità di viverne le emozioni. Apprezzato la chiave di lettura offerta dal titolo e non solo attraverso una delle più grandi opere dell'espressionismo surreale anni 30: Un Chien Andalou di Luis Bunuel. Voto: 6,5.

Terzo film del giorno è l'italiano Tagliare le Parti in Grigio: camera a mano, luci naturali, colori sparati e polarizzati, recitazione casereccia, sceneggiatura orripilante (non tutti sono Ballard e Crash non riesce per caso, e soprattutto ripescare trame e svolgimenti che sarebbero state perfette per un video underground degli anni 80 cyberpunk non è detto che si riveli una buona idea nel 2007), dialoghi ributtanti. Premio Opera Prima che fa chiedere che razza di merda fossero le altre opere prime. Provaci ancora Sam (anzi, Vittorio Rifranti, il regista)! Qualche buon numero c'è, ma la strada è ancora lunga, e di solito non è buona la prima. Voto: 5.

In serata i due film incognita della giornata, entrambi molto premiati. La Maison Jaune di Amor Hakkar, algerino, è splendido: la storia semplice e bellissima di un contadino disperato che cerca di recuperare il corpo del figlio morto in un incidente e di far tornare il sorriso sulle labbra della moglie. La poesia dei paesaggi e dell'animo algerino traspare in ogni secondo. Tecnicamente buono, narrativamente penetrante come una punta di freccia ๐Ÿ™‚ Imperdibile. Voto: 7,5.

Las Vida Posibles è un film argentino che ricorda vagamente il primo Lynch televisivo approfittando delle suggestive atmosfere dell'Argentina meridionale. All'Apollo tutto il film era virato al rosa, lasciando il dubbio che il problema fosse nella loro copia e non nelle intenzioni del regista. Attori principali molto bravi e tensione ben retta fino alla fine. Piacevole. Voto: 6,5.

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Venezia a Milano, uno: vite

11 Settembre 2007 Commenti chiusi

Il tema della vita delle persone, delle loro vicissitudini è sicuramente una delle chiavi di lettura interessanti della mia prima giornata in giro per i cinema di Milano, dividendo le visioni in tre blocchi, però.

Il primo film, Imatra, di Corso Salani, non è malvagio: ispira parecchi sorrisi (un'arte sempre più apprezzata dal sottoscritto), dura poco (un'oretta)  scoprendo che le cose si possono dire in meno tempo di quello che l'elite cinematografica ritiene necessario per i film da festival, e soprattutto la protagonista è bellissima (la mia socia blanca ci si è ritrovata, a me ha ricordato una persona a cui voglio molto bene, nonché le vicissitudini di una nota coppia del movimento fine anni novanta che infiniti lutti ha addotto a tutti coloro che hanno conosciuto i due e che gli hanno voluto bene). Purtroppo il dramma ironico sentimentale è un po' tirato, e lo stile di direzione, montaggio e fotografia un po' buttate lì (anche se camuffate da scelta ponderata e artistica): Corso Salani poi non è Massimo Troisi, mai abbastanza compianto. Voto: 6

Il secondo blocco di film è costituito dallo spagnolo Lo Mejor de Mi, dall'americano Waitress e dal giapponese Ai No Yokan (La Rinascita). Il leit motif lo traiamo dalla prima ottima pellicola: lo mejor de mi es mi vida [La parte migliore di me è la mia vita], dice la protagonista nel dialogo finale in cui il soggetto forte del rapporto di coppia, il cacciatore, diventa preda, e la preda diventa animale libero dai vincoli. La vita di Raquel e Tomas viene messa sottosopra dall'improvvisa crisi epatica di lui, che viene risolta dalla dedizione di lei portata all'estremo della donazione da viva di metà del proprio fegato. Ma una volta salvato Tomas, Raquel scopre che la parte migliore di sé non è Tomas, ma la sua vita. Strameritato il premio per la miglior attrice. Voto: 6/7.

Waitress è una commedia americana senza arte né parte. Si sorride, il compitino viene svolto senza pecche, e tutto è bene quel che finisce bene: Voto: 6 (politico). Waitress ci dice che la vita degli americani è una merda a lieto fine, in compenso il pardo d'oro Ai No Yokan ci dice che quella dei giapponesi è una merda e basta. Apprezziamo il coraggio di sperimentare così duramente la forma cinematografica, ma forse non è necessario farlo per quasi due ore. Voto: 6 (7 per il coraggio, 5 per la rottura di palle). Indicato solo per chi non contento della propria vita di merda, necessiti di un supplemento di alienazione di un paio d'ore.

Ultimo film della giornata è Estrellas, ambientato nella Villa 21 a Barracas, Buenos Aires: io sono influenzato dal piacere dell'ascoltare il gergo villero e in sé l'operazione è interessante. La vera domanda è: Julio Arrieta, hijo de puta peronista maximus o genio assoluto? Ovverosia: il film ci vuole raccontare di come la disperazione nella villa porti chi ci vive a vendere anche la propria stessa miseria come merce, oppure vuole lodare l'autoimprenditoria del buon Julio che non è diverso da tutti gli argentini che vorrebbero essere come Menem. La frase finale che constata come il cielo e le stelle che brillano sopra Villa 21 siano gli stessi che brillano su Berlino o su Londra, ci indica che anche la cupidigia umana sono le stesse, o che siccome non c'è differenza meglio che ognuni sbrani il suo pezzo di carogna? Voto: 7 (nel dubbio).

L'ultima parola su Estrellas la lascerà a Pablo del MTD Lanus, mio unico e irrevocabile metro di giudizio sulle cose di Argentina, al quale ho chiesto un parere. A domani. 

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Cannes a Milano, sette: una giornata senza incubi

19 Giugno 2007 Commenti chiusi

Ultimo giorno di Cannes a Milano, prima dell'appendice argentina di giovedì con XXY (di cui non farò recensione a meno che sia un capolavoro). I film della giornata sono stati piacevoli da vedere e ben fatti anche se nessuno assurge a film obbligatorio da mettere nel proprio portfolio ๐Ÿ™‚

Il nuovo di Gus Van Sant, Paranoid Park, è un grande esercizio di stile, bello non c'è che dire, ma un po' inconsistente, con una tensione che cresce un pochino ma non arriva mai a inchiodarti e una sceneggiatura molto traballante. Voto: 6.

Chop Shop invece è uno spaccato di realtà newyorkese duro e crudo: fa male allo stomaco e alle terminazioni nervose collegate all'anima da qualche parte, ma fa bene al cervello anestetizzato dei nostri tempi. Ben fatto e senza macchie. Voto: 7.

Il documentario su Litvinienko e la sua storia, ovverosia sulla Russia e sul suo nuovo zar, Putin, è ben fatto, anche se nelle sue due ore avrei usato i dieci minuti finali sulla conversione all'islam e sulle scene strappalacrime a qualche informazione in più e più lineare sui passaggi di potere interni e su alcune angolature della storia recente russa che a chi non la conosce bene potrebbero fare comodo. In ogni caso ottimo lavoro e auguri a chi vive nella grande madre russia sperando in un paese giusto. Voto: 7.

Per ora direi che è tutto, ci si vede a settembre con Venezia. Sperando di nuovo in un proliferare palloso e ingiustificato del tema famiglia: sembra che i registi non riescano a individuare altri legami forti su cui imperniare i loro drammi e le loro commedie. Che noia.

 

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Cannes a Milano, sei: una giornata senza delusioni

18 Giugno 2007 Commenti chiusi

 

La giornata di domenica è stata una giornata senza delusioni in cui ho passato sei ore chiuso in un cinema uscendone tutto sommato soddisfatto.

La trasposizione cinematografica di Persepolis di Marjane Satrapi è estremamente fedele al fumetto, nello stile, nella scelta artistica e nei contenuti. Il fumetto è molto bello e intelligente, e di conseguenza lo è anche il film. Imperdibile per me con gli episodi del passato di Momo, ora noto come El Presidente nel movimento squatter di Amsterdam, e soprattutto la scena con un confronto inedito tra Dio e Marx (Marx: "La lutte continue, eh?" Dio: "Ouais, ouais…"). Voto: 7.

Mio Fratello è Figlio Unico di Lucchetti è un film su cui arrivo fortemente prevenuto. Tutto sommato alla fine, in questi tempi di scarsa intelligenza e coraggio intellettuale, almeno Lucchetti mi evita la retorica becera sugli anni 60-70, la condanna moralista della lotta armata, anche se ovviamente per far capire una serie di conflitti insiti nella società italiana al popolino deve usare i caratteri cubitali e una superficialità estrema su tutto l'aspetto politico/ideologico. Tutto sommato molto meno peggio di quel che mi aspettassi. Voto: 6.

Caramel è uno splendido spacchato della vita quotidiana delle donne libanesi, roba da far venire rabbia a ogni istante, ma roba che viene stemperata con un sorriso a ogni istante. Ben fatto, con una protagonista dalla bellezza imbarazzante (che è anche la regista…). Voto: 7.

 

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Cannes a Milano, cinque: un po’ di poesia e le campagne turche, un pizzico di nazismo e marxismo, e il flop della Deneuve

16 Giugno 2007 2 commenti

Oggi giornata tutto sommata fortunata, che a parte il solito flop francese ci regala diverse cose interessanti.

La Question Humaine ha una sola grande pecca: è lungo due ore e venti, vittima di uno script tratta da un buon libro ma dalla quale non si scorciano molti pezzi a cui la sceneggiatrice non riesce a rinunciare, lasciandoli appesi a mezz'aria (es: cinque minuti di cantante spagnolo che si sgola; il rapporto con la biondazza senza alcuna vera funzione all'interno della narrazione; lo stesso rapporto con la fidanzata del protagonista un po' sfilacciato e sconclusionato). A parte questo è un buon film, che narra con successo la disumanizzazione dei simboli e degli immaginari, principale veicolo di una ideologia efficientista e tecnica, che nutre le radici tanto del capitalismo moderno quanto del nazismo. Un film che non piacerà a molti perché gli sbatte in faccia una verità tutt'altro che digeribile: la continuità dei quadri economici tra pre e post seconda guerra mondiale, non è stata solo una necessità di stabilità politica, ma anche un giudizio implicito sulle basi delle "moderne democrazie". L'attore protagonista scelto con grande intelligenza (il suo sguardo è perfetto) e i dialoghi inchiodano il senso del film senza scampo (in uno stile tutto francese e quindi antitetico all'action tarantiniana). Voto: 7,5.

Il secondo film che mi è toccato è Apres Lui, il film che Catherine Deneuve ha fatto dopo aver rifiutato De Oliveira e il suo Belle Toujours: "io mi scelgo da sola quali film fare e non fare!". Certo cara Catherine, però non ti scegliere delle schifezze inenarrabili la cui unica funzione è quella di metterti al centro dello schermo. Con il vecchio Manuel e il vecchio Piccoli saresti rimasta nel nostro cuore e in quello di tutti i cinefili, mentre così rimani sola davanti allo specchio. Voto: 4,5.

Fortunatamente la poesia e il lirismo di un film turco, Yumurta,  immancabilmente lento (ma i film da festival non sono certo dotati normalmente di ritmi particolarmente sincopati), ma che stempera con uno sketch ogni 15-20 minuti che ti consente di sopravvivere e goderti la storia. Un poeta turco torna nel suo paese d'origine per la morte della madre, e la ragazza, parente alla lontana, che curava la madre, lo convince ad adempiere a un voto fatto dalla sua genitrice e a sacrificare un montone. Il tutto è lo sfondo all'innamoramento di uno per l'altra, coronato dopo una notte di riflessioni in balia di un cane pastore gigante, dal ritorno a casa del poeta dalla giovane studentessa. Le vecchie zie di entrambi sono di gran lunga i personaggi migliori: oracoli e sentenza del romanticismo del film. Voto: 6,5.

L'Age des Tenebres di Denys Arcand è un film intelligente, ironico, lucidamente triste. Per questo è un bel film: si guarda volentieri e non si può evitare di pensare. Senza contare il pregio non indifferente di essere fatto bene dal punto di vista tecnico. Voto: 7,5.

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Cannes a Milano, tre e quattro: continua la sagra dello spaccamento di palle, con poche eccezioni (meritevoli)

15 Giugno 2007 Commenti chiusi

Faccio due giorni in uno dato che ieri ho visto un solo film, We Own the Night, motto della NYPD: è la versione americana di Mio Fratello è Figlio Unico, con gli sbirri al posto dei comunisti e i malfattori al posto dei fascisti… Perplessi? Non siete gli unici! L'ottica statunitense sui problemi sostituisce la politica (comunque nobile) con la morale, con evidenti risultati. Polpettone da megaplex che riuscirebbe guardato con sufficienza anche dai tabbozzi del mio quartiere originario. Voto: 5,5.

Da menzionare la palma d'oro per la regia Le scaphandre et le Papillon, che non sono andato a vedere ma oggi tutti osannavano in tutte le sale in cui sono andato. Deve valere la pena. Voto: 7 (sulla fiducia ๐Ÿ™‚

Oggi è il turno di Control, due ore di film sulla vita e la morte di Ian Curtis, mai troppo compianto leader dei Joy Division. Il film si fa guardare e non annoia. Se vi piacciono i mitici JD, vi piacerà anche il film, tutto sommato, anche solo per un po' di goduria nell'ascoltare Isolation al cinema ๐Ÿ™‚ Voto: 6.

Subito dopo passiamo all'ennesima rottura di coglioni di sto festival (e con questa fanno quattro su nove film). Il livello è decisamente basso, e La Influencia non contribuisce certo a migliorare la media. Film lento, abulico come la protagonista, borghese e fastidioso nella sua noia. Che la vita moderna sia vuota e priva di stimoli non è una novità, ma che ci siano modi migliori di raccontare la tragedia della quotidianità moderna troppo coltivata per essere goduta, è una certezza. Voto: 4.

Infatti il brasiliano Mutum ci risolleva un po' lo spirito: vita difficile di un bimbo nelle zone più periferiche e desolate del Brasile. Nessuno sconto e nessun pietismo, ma solo  tanta cruda realtà in tutta la sua semplicissima poesia. Da vedere appena possibile. Voto: 7.

Ultimo film della giornata è Auf der anderen Seite, produzione turco greco germanica e premio meritato per la miglior sceneggiatura. Il film è ben dosato e ben realizzato, gli attori meritano (in particolare Nejat, suo padre e Yeter, nonché menzione speciale per Hannah Schygulla, che è riemersa dalle battute della mia infanzia sul cinema), e la storia regge. L'affresco sulla Turchia è impietoso e innamorato al tempo stesso, e i momenti d'ironia sulla "democrazia turca" e la "democrazia europea" danno una certa soddisfazione. Voto: 7+.

 

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Cannes a Milano, due: poche cose e non particolarmente interessanti

14 Giugno 2007 1 commento

 

Seconda giornata della rassegna milanese sul festival di Cannes. Anche oggi non riesco a scuotere il mio entusiasmo, ma almeno uno dei tre film che ho visto è stato divertente, e uno aveva un gran bel lavoro di inquadrature e fotografia.

Tout est pardonné, è una specie di piccola quotidiana tragedia familiare fatta da un francese anziché da un italiano: ritmo lento, regia e fotografia ordinarie, attori ordinari, trucco urfido, sceneggiatura pallosissima. Un flop: il tipico film francese che fa odiare il cinema francese quello buono. Per mera buona creanza gli affibio un insufficienza misurata, dato che per arrivare ai livelli di noia di Tehilim si deve impegnarcisi. Voto: 5.

Le Voyage du Ballon Rouge di Hou Hsiao Hsien è forse il meno peggio della giornata: sembra un film fatto da un regista appena uscito dall'accademia del cinema (un po' come il doppio del regista tra i protagonisti del film, Song Fang), ma alcune cose ne tradiscono la maggiore esperienza. La parte visiva è estremamente curata, con una insistenza molto interessante (per me) su specchi, riflessi, ombre. I doppi delle immagini protagoniste del campo visivo si sostituiscono alla visione principale e viceversa, in un continuo gioco di luci e messa a fuoco. Buone inquadrature, richiami costanti, e un tema del film in più rispetto all'originale del '56 citato e omaggiato per tutta la durata della pellicola. La grande pecca è questa infatti: due ore sono veramente eccessive. Gli attori (in particolare la sempre apprezzabile e apprezzata Juliette Binoche e il piccolo ma veramente bravo Simon Iteanu), le musiche e l'ennesimo gioco di sdoppiamenti con il teatro delle marionette gli regalano anche qualche stellina in più nel mio notes. Voto: 7.

Ultimo film della giornata è il nuovo Smiley Face di quel pazzo furioso mitomane di Gregg Araki. Il suo pregio migliore è la sua attrice protagonista e il sorriso che ti evoca durante tutto il film. Ma il suo spessore si ferma qui. Plauso anche per l'ironia con cui tratta il marxismo, che però riabilita spargendo le pagine del Il Manifesto su tutta la California. Voto: 6.

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Cannes a Milano, uno: due schifezze insopportabili e una rivelazione rumena

13 Giugno 2007 6 commenti

 

Ieri è cominciata la rassegna sui film di Cannes a Milano. In questi anni, destreggiandomi tra i mille sbattimenti, ero riuscito a seguirla un pochino, ma quest'anno sabbatico ha ALMENO il grosso vantaggio di darmi abbondanza di tempo di cui disporre. Quindi mi sono fatto la tessera e mi sono messo programma alla mano per centrare tutti i film della rassegna (30). Sono arrivato a programmarmente 24 in 7 giorni, e scartarne 4-5: buono direi.

Ieri i primi due film mi hanno lasciato l'amaro in bocca: due schifezze senza qualità cinematografica e né narrativa, né in alcun altro settore. Gegenuber è la storia della vita nevrotica e repressa di un poliziotto tedesco, forzata fin nell'eccesso della sua compressione psicologica dal regista a corto di altri strumenti: il top del film penso sia la festa in casa di polizisten che inneggiano "1600 euro netti al mese, viva la polizia tedesca"… Vedete un po' voi. Voto 5.

Tehilim (salmi in ebraico) è un film sulla tragedia familiare in terra israeliana. In pratica una specie di schifezza a metà tra un documentario sulle parti più pallose della religione ebraica e sulle crisi di un adolescente a cui scompare il padre. Il tutto senza uno straccio di profondità e in una lentezza ingiustificabile e semplicemente noiosa. Inoltre per gli allergici alle religioni monoteiste come me, una vera rottura di palle. Voto 4

L'ultimo film che sono riuscito a vedere, nonostante la sala gremita e le complicazioni di averlo piazzato al colosseo, uno dei cinema più scomodi per gestire il grosso flusso di persone in contemporanea (insieme ad apollo e agli altri multisala cuniculari :), è stato il vincitore della Palma d'Oro: 2 luni, 3 septamini si 2 zite (2 mesi, 3 settimane e 2 giorni). Rivelazione rumena, sono arrivato al cinema nutrendo grandi aspettative. Il dramma di due ragazze impegnate in un aborto abusivo viene raccontato con grande ritmo e sufficiente crudezza, ma quello che mi ha impressionato più positivamente sono state regia e fotografia, degne di un ibrido un po' raro tra le camere fisse alla Antonioni [grazie socio per la segnalazione del terribile typo] e le cavalcate hitchcockiane ๐Ÿ™‚ Consigliato a tutti. Voto 8.

 

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Masticare cinema come se fossero caramelle

10 Giugno 2007 3 commenti

Dopo diverso tempo ripopolo la categoria cinema del blog per celebrare degnamente il ritorno nelle sale forse del miglior regista americano degli ultimi venti anni: Quentin Tarantino. Nonostante le continue accuse di talento in perenne fase di fioritura, articolate dai soliti noti che nella loro incapacità di produrre si limitano a cercare di dirimere le mode, il nuovo film di QT in due episodi entra come i suoi precedenti dritto dritto nella leggenda del cinema. Devo dire che forse è il primo film suo a ricordarmi fortemente i tratti di Pulp Fiction, ed è certamente un merito ๐Ÿ™‚

La fotografia (di cui QT è il direttore in questo film) è strepitosa, in un costante e ormai caratteristico carosello di citazioni e scene cult, di quadri magici di immagine in movimento: le carellate su gambe e piedi infinite, i rimandi costanti di immagini nelle immagini, la pioggia sono sostanzialmente incommentabili. 

Momenti irrinunciabili i dialoghi, come al solito. Se il primo in macchina è un po' forzato e si vede che QT vuole calcare la mano, lo spezzone nel ristorante del secondo episodio è un autentico momento di genio totale. Rimangono il suo pezzo forte, con brani interi che potrebbero diventare aforismi della modernità, se non si fosse troppo snob per farlo.

Le protagoniste femminili del secondo episodio spaccano e fanno da giusto contraltare alle pupe non molto interessanti del primo. Kim e Zoe leggenda pura, Ebby di una bellezza imbarazzante, Lee in realtà fa da comprimaria, ma la sua uscita di scena è un monosillabo da antologia ๐Ÿ™‚ 

In conclusione una dovuta citazione e un sentito ringraziamento a Kurt Russell, che con il suo ghigno e il suo volto segnato dall'età mette Stuntman Mike nell'olimpo del nostro immaginario insieme a Jack Barton (del Pork Chop Express) e Iena Plissken. Difficile fare di meglio. Grazie Kurt ๐Ÿ™‚

PS: peraltro si lavora le sue vittime a suon di Virgin Colada, che come chi mi ha accompagnato a vedere le partite al 4-4-2 sa, è il mio cocktail ๐Ÿ™‚

 

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