Una delle due notizie del giorno (a parte il test nucleare in Corea del Nord) è l'acquisto da parte di Google, Inc. di YouTube. L'operazione ha scatenato un putiferio di discussioni, ma le più interessanti, almeno nel dibattito pubblico italiano, rimangono al margine. Infatti direi che la questione più rilevante per quanto riguarda questa operazione non riguarda certo la sua dimensione economico/finanziaria, ormai nel solco del dare un volto nuovo al vecchio capitalismo, ma senza alterarne la realtà di fondo. In proposito presto uscirà un libro di Ippolita che sarà interessante vedere a che conclusioni giungerà sulla questione: esiste un capitalismo Open Source? O è una mera operazione di immagine? Oppure siamo difronte a un passaggio che da un lato rinnova i meccanismi del capitalismo avanzato e dall'altro ci propone qualcos'altro? E che cosa è questo qualcos'altro?
Una delle questioni fondamentali è ovviamente questa, ma nelle discussioni in rete non se ne trova praticamente traccia: l'elaborazione sulle trasformazioni filosofiche, antropologiche e semiotiche che Google e ciò che gli gira intorno stanno esercitando sulla percezione di sé, sulla costruzione di una prospettiva sul mondo e sugli strumenti della conoscenza, non è un argomento molto in auge. Tutti (o quasi) quelli che parlano di Google si perdono in una diatriba che vede schierati gli entusiasti positivisti da un lato e i paranoici distopisti dall'altro. Decisamente poco interessante. Certo è che, come scrive Xeni Jardin su BoingBoing, "Today, most bystanders are flabbergasted. Wait five years, and it will probably all make sense, whatever form of sense it ends up making." [tradotto: oggi, la maggior parte di coloro che sono rimasti a guardare mentre l'accordo veniva stretto tra YouTube e Google sono senza parole. Tra cinque anni forse capire dove andrà a finire tutto questo e in un modo o nell'altro avrà un suo senso]. Il punto è ovviamente: cosa sta costruendo Google? che tipo di cambiamento sta esercitando nello strato più profondo di come gli esseri umani si percepiscono e percepiscono il mondo? Se c'è un fenomeno che dovessi scegliere per rappresentare un deciso balzo nella direzione del mondo descritto da William Gibson e la generazione Cyberpunk è sicuramente quello che Google è riuscito a fare in questi ultimi 5 anni. Direi che è paragonabile solamente, come dice anche l'agiografo John Batelle, a ciò che ha fatto Tim Berners-Lee. Il vero problema è che non vi è il minimo livello di problematizzazione di quello che questa trasformazione antropologica significhi. Senza fare i bastian contrario a tutti i costi, direi che non è difficile immaginare che avrà anche i suoi contraccolpi: tanto per citarne uno, la scomparsa del concetto di privacy e di gestione del proprio flusso di dati. Chi controlla chi? E perché?
In giro per la rete (ovviamente non in Italia) la discussoine pià interessante riguarda il rapporto tra le recenti operazioni di Google e il variopinto ed economicamente cruciale mondo del copyright. I due commenti più citati sono quelli di Mark Cuban (che dopo due giorni rincara la dose) e di Forresters (anche se mano a mano che passano i giorni i commenti si moltiplicano ponendo anche altre questioni): il titolo dei primi due ("Penso ancora che quelli di Google siano pazzi!") chiarisce il punto di vista degli autori: la mossa di Google rappresenta un azzardo pesante nel campo del copyright. La società di Page e Brin infatti sta mettendo da tempo i piedi nel piatto di uno dei settori in cui infuria una guerra senza esclusione di colpi: quello dell'infotainment e della produzione di materiale coperto da diritto d'autore. Le vecchie Corp del settore non riescono minimamente a tenere sotto controllo il proliferare degli abusi (e meno male!) e si rifiutano categoricamente di evolvere il loro approccio nonostante la dimostrazione lampante della Apple con iTunes e dello stesso Google. Il sapore che ha l'operazione non è solo quello di assorbire il principale concorrente di GoogleVideo per non correre rischi, ma anche quello di rischiare il tutto per tutto sul tema del diritto d'autore.
Il punto, come ben delineano i due commenti citati, è semplice: se Eric Schmidt e i due fondatori riescono nel loro intento il modo in cui avviene l'enforcemente del copyright in rete cambierà radicalmente (passando da una dimensione centralizzata a una dimensione on demand, abbattendo i costi e rivoluzionando tutto il sistema finanziario ed economico (industriale) che gira intorno al mondo della distribuzione); se non ci riescono e anche una sola causa va in porto, la breccia nella diga di chi sostiene che il copyright non sia difendibile nell'era digitale nelle forme in cui vogliono le major si allargherà fino al collasso di un buon pezzo dell'economia e della cultura che si è creata intorno alla concreta possibilità di uno scambio senza alcun limite di risorse in rete (ovviamente più teoretico / utopico che reale, ma stiamo parlando di prospettive). A parte l'esempio di iTunes, gli ultimi accordi che hanno stretto Google e Youtube con Sony e Warner (che hanno lasciato basita un bel po' di gente) potrebbero deporre in favore di una scommessa con le carte in mano da parte del colosso di Mountain View. E' altrettanto vero che nel passato quando Google si è trovato di fronte problemi legali che avrebbero potuto portare al collasso di tutto il suo mondo (uno per tutti: i casi di Patent Infringement, e la manomissione dei risultati della ricerca solo in corrispondenza del distretto del giudice, un vero e proprio tradimento sia dell'etica dei "risultati di ricerca puri" che della "never do evil"), Page e Brin non si sono fatti alcuno scrupolo pur di portare a casa il risultato. Decisamente distante dall'aura idealista che gli entusiasti vorrebbero dipingere intorno ai due padri fondatori della compagnia che sta di fatto fondando il Nuovo Mondo, ovvero il modo in cui percepiremo ciò che ci circonda nei prossimi anni.
Ma basteranno la determinazione di Page e Brin, e la convergenza storica e tecnologica verso una rivoluzione nell'implementazione della proprietà intellettuale a cambiare un'intera economia? E una volta che sarà cambiata siamo sicuri che questo costituirà un vantaggio? O Google come il soma di Huxley non sarà che un miraggio per nascondere il riciclo di un vecchio mondo basato sul cane mangia cane che necessita di un volto molto più presentabile che quello che vediamo tutti i giorni intorno a noi? Un mondo che dominare il flusso di informazioni permette perfettamente di costruire a tavolino, un mondo in cui tutto è a portata di mano, talmente a portata di mano che non ha senso lamentarsi ma solo lavorare ed eseguire, è proprio il mondo in cui amerei vivere?
Ancora una volta il problema non è Google o non Google, ma capire come stanno funzionando le cose intorno a noi, e soprattutto come vorremmo che funzionassero.
Prosegui la lettura…