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Archivio per la categoria ‘jet tech’

C’è del marcio in… America

24 Ottobre 2006 Commenti chiusi

Si, ho capito, non è una novità e potrei usare lo stesso titolo per un post di qualsiasi tipo per gli Stati Uniti, ma oggi la mia fantasia non mi assiste, quindi vi adeguate 🙂

L'affare GooTube si tinge già di grigino con la notizia (riportata con particolare cura dall'impagabile Xeni Jardin) secondo la quale YouTube avrebbe consegnato per ordine dei giudici i dati personali dell'autore di un video che la Paramount voleva rimuovere. Come sottolineato su BB (un po' meno sull'agiografico blog di Batelle), l'atto segna un passaggio significativo rispetto all'abituale pratica di rimozione dei video oggetto di proteste da parte delle major (es: 30.000 video rimossi il mese scorso per un accordo con una media company giapponese).

Il problema però evidentemente non sono tanto le smanie dei produttori, quanto la legislazione americana (e peraltro quella italiana, vedi recente caso sui diritti per le rassegne stampa fatta passare tra le righe di una finanziaria con già una marea di problemi, per un evidente promessa da mantenere da parte del governo ai grandi editori che lo hanno spinto nel periodo preelettorale) non solo compiacente con i grandi interessi della lobby del copyright, ma impegnata a dare maggiori poteri pro-attivi nella persecuzione di faide che sembrano onestamente fuori dal tempo. Forse si accorgeranno prima o poi che la distribuzione on demand dei loro materiali protetti da copyright gli eviterebbe un sacco di sbattimenti e gli aprirebbe un mercato enorme, che di fatto annullerebbe o quasi il fenomeno della so-called pirateria <g> (sempre che questa venga considerata un elemento di freno allo sviluppo di un mercato e non un elemento di accelerazione in realtà favorito dalle major stesse come forma di pubblicità indiretta e marketing).

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Categorie:jet tech Tag:

Corporate Community: when will you learn?

23 Ottobre 2006 Commenti chiusi

Oggi su uno dei photolog che seguo di più, quello di Katie West a cui sono arrivato seguendo il blog del guru Warren Ellis, è apparsa una notizia che offre un perfetto spunto per ragionare sul concetto di community e sulla svendita della valorizzazione sociale delle relazioni che praticamente tutti sono disposti ad accettare nel magico mondo del social networking. 

La notizia scatenante la discussione è la cancellazione senza preavviso da parte di Flickr di un altro photolog molto bello (e seguito :): tetheredtothesun. In un secondo, semplicemente per il metro di giudizio di flickr, il sito è stato cancellato: decine e decine di foto, immagini, impressioni, relazioni, annullate dalla "morale" del sito a cui migliaia di persone si affidano per il proprio social networking.

L'assurdità reale però non sta tanto nel fatto che flickr decida o meno di cancellare un photolog e i motivi per il quale lo faccia – il sito è di una compagnia che può decidere pienamente cosa fare delle proprie risorse – quanto più nelle reazioni della community a questo evento: la maggior parte delle reazioni è di impotenza e sdegno, ma nessuno mette in discussione la possibilità di lasciare flickr. I commenti sembrano più quelli di qualcuno in preda a una pesante dipendenza che di qualcuno che sta facendo qualcosa che ha un senso per lui indipendentemente dalle condizioni in cui lo può fare.

Evidentemente le migliaia di persone che si sono tuffate nel mondo del social networking non riescono a inquadrare minimamente il problema: ovvero che le loro relazioni, il valore immenso di tutti quegli scambi, è alla mercé di chi le sta monetizzando. Il controllo che i reali produttori di valore all'interno delle community esercitano sul mondo che stanno creando è nullo, e il fatto che questo sia il nocciolo del problema non li sfiora neanche. E' un fenomeno socialmente e politicamente singolare, che dimostra quanto sia penetrato profondamente nella psicologia collettiva il concetto della privatizzazione e economicizzazione di tutto ciò che ci contraddistingue come esseri umani.

Perché non esigere che le strutture controllate da una società che deve fare profitti ma che trovano il loro valore nelle relazioni che produciamo siano sottoposte ad una dimensione di maggiore democrazia collettiva? Anche mettendosi nei panni degli ultraliberisti (panni scomodi e non graditi) non c'é alcun motivo per cui il controllo della community sia in antitesi alla monetizzazione da parte della compagnia che gestisce il sito. Ovviamente portando il ragionamento un po' più in là: perché non capire che l'unica soluzione è la capacità di gestire in proprio le proprie community? Sperimentare il social networking come forma reale e incondizionata di democrazia e di socialità e non come un surrogato commerciale delle relazioni che abbiamo tutti i giorni? O forse le relazioni che abbiamo tutti i giorni sono già da tempo schiave di una commercializzazione meno pervasiva ma che costituisce parte integrante della nostra socialità distorta: riuscite a pensarvi sociali senza il vostro pub di fiducia? se la risposta è sì, siate felici di essere un'eccezione.

Il mio pessimismo cosmico rispetto all'umanità mi dice che gli esseri umani non impareranno mai che essere padroni di sé stessi e della propria libertà significa anche essere gli unici giudici delle proprie relazioni: finché flickr sarà il prete che decide i costumi del villaggio e chi deve essere esiliato, sarete in balia di una morale ben misera, quella della corporate policy più adatta in un dato momento in un dato luogo, ovvero quanto ti più prossimo ci sia alla morale comune (che diciamo raramente è sinonimo di indipendenza e tolleranza).

 

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Categorie:imago, jet tech Tag:

Vertigine

19 Ottobre 2006 Commenti chiusi

A volta è duro ammettere di provare una vertigine. Sentitevi liberi anche voi di perderci le prossime ore. Sigh!

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Categorie:jet tech Tag:

Google: la dialettica elementare del business e l’energia solare

17 Ottobre 2006 Commenti chiusi

Dopo una settimana burrascosa che ha visto la creatura di Brin e Page bersagliata da critiche e funesti presentimenti, in seguito all'operazione con YouTube e alla battuta al rialzo praticamente immediata di Time Warner, Google dimostra quanto sia elementare la dialettica del suo business model: se una settimana perdi popolarità perché hai messo in luce esageratamente il tuo lato aggressivamente legato ai soldi e agli affari, la settimana dopo fai una massiccia cura di bellezza lanciando la più grande installazione di pannelli solari in una corporate area, annunciando che risparmierai il 30% del consumo elettrico del Googleplex e svariate centinaia di migliaia di dollari, nonché che vuoi dimostrare che una corporate policy ecologicamente responsabile è possibile. Bingo: non solo Google recupera ciò che ha perso settimana scorsa ma taglia in volata il traguardo del plauso anche dei suoi critici più feroci. E' difficile criticare un'operazione di questo tipo da sinistra, per cui una volta tanto ci tocca ammirarne il tempismo e l'opportunità. 

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Categorie:jet tech Tag:

Reazioni a catena: YouTubers da un lato e Time Warner dall’altro agitano le asce di guerra

13 Ottobre 2006 Commenti chiusi

Era abbastanza ovvio che l'operazione Google-YouTube scatenasse una serie di reazioni a catena da entrambi i lati della barricata. Ogni giorno infatti i blog e i siti di news-on-line sono tempestati di una nuova reazione all'affaire. In particolare oggi si sentono i rullii dei primi tamburi di guerra: la TimeWarner (proprietaria anche di AOL partner di google in un contratto milionario che ha segnato uno dei grandi successi di Google sul rivale Yahoo) ha dichiarato che non intenderà fare sconti alla società di Mountain View per quanto riguarda il materiale protetto da copyright. La cosa suona un po' come uno sparo di avvertimento, dato che proprio la Warner è stata una delle compagnie protagoniste di uno dei primi accordi tra siti di video sharing e major: la sensazione che ho è che si tratti di un modo alquanto banale di alzare la posta e cercare un compromesso con Google. Cosa che avverrà senza dubbio dato che la monetizzazione delle relazioni e il business sono il pane di entrambi (appena due giorni e Marc Cuban sul suo blog gioca a ipotizzare le possibili relazioni tra Big Media Companies e GooTube).

Ma non sono solo le reazioni dei colossi economici che si iniziano a far sentire, anche se forse il grido di battaglia degli utenti di YouTube fa meno rumore che una minaccia della Time Warner. L'articolo di Wired però giustamente al di là del titolo un po' sensazionalistico fa notare come la maggior parte degli addomesticati utenti di YouTube sono contenti per l'affare fatto dai fondatori del progetto. La sensazione che ho è che il valore delle relazioni che sottendono tutto il costrutto dei social networks non sia ben pesato dagli stessi che le vivono, ma non è una grande novità che la deriva culturale che svaluta tutto tranne la capacità di fare un affare sia ormai giunta alla conclusione della sua parabola. Possibile che nessuno si renda conto che le reti sociali e i progetti come YouTube hanno valore solo in quanto riempiti di relazioni possibili? Possibile che tra i milioni di utenti di YouTube solo qualche decina si ponga il problema? 

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Categorie:jet tech Tag:

Wikipedia batte Zhong Guo!

12 Ottobre 2006 Commenti chiusi

Leggo oggi sul solito brillante boing boing, che le autorità cinesi hanno deciso di rendere visibile wikipedia nonostante il progetto abbia rifiutato di auto censurarsi. Ovviamente la censura di stato verrà effettuata attraverso un proxying del sito (presumo), ma è certo che è un bello smacco per Google, Yahoo e compagnia che per amor di un mercato da cento milioni di utenti hanno beatamente sorvolato sulla questione della libertà di espressione (e nel caso di Google sul suo motto Don't Be Evil, sul quale non commentiamo per decenza).

Ulteriori commenti su: Virtual Economics, presto altri.

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Categorie:jet tech, movimenti tellurici Tag:

Google compra YouTube: dietro l’hype il Nuovo Mondo

10 Ottobre 2006 Commenti chiusi

thanks to warren ellis

Una delle due notizie del giorno (a parte il test nucleare in Corea del Nord) è l'acquisto da parte di Google, Inc. di YouTube. L'operazione ha scatenato un putiferio di discussioni, ma le più interessanti, almeno nel dibattito pubblico italiano, rimangono al margine. Infatti direi che la questione più rilevante per quanto riguarda questa operazione non riguarda certo la sua dimensione economico/finanziaria, ormai nel solco del dare un volto nuovo al vecchio capitalismo, ma senza alterarne la realtà di fondo. In proposito presto uscirà un libro di Ippolita che sarà interessante vedere a che conclusioni giungerà sulla questione: esiste un capitalismo Open Source? O è una mera operazione di immagine? Oppure siamo difronte a un passaggio che da un lato rinnova i meccanismi del capitalismo avanzato e dall'altro ci propone qualcos'altro? E che cosa è questo qualcos'altro?

Una delle questioni fondamentali è ovviamente questa, ma nelle discussioni in rete non se ne trova praticamente traccia: l'elaborazione sulle trasformazioni filosofiche, antropologiche e semiotiche che Google e ciò che gli gira intorno stanno esercitando  sulla percezione di sé, sulla costruzione di una prospettiva sul mondo e sugli strumenti della conoscenza, non è un argomento molto in auge. Tutti (o quasi) quelli che parlano di Google si perdono in una diatriba che vede schierati gli entusiasti positivisti da un lato e i paranoici distopisti dall'altro. Decisamente poco interessante. Certo è che, come scrive Xeni Jardin su BoingBoing, "Today, most bystanders are flabbergasted. Wait five years, and it will probably all make sense, whatever form of sense it ends up making." [tradotto: oggi, la maggior parte di coloro che sono rimasti a guardare mentre l'accordo veniva stretto tra YouTube e Google sono senza parole. Tra cinque anni forse capire dove andrà a finire tutto questo e in un modo o nell'altro avrà un suo senso]. Il punto è ovviamente: cosa sta costruendo Google? che tipo di cambiamento sta esercitando nello strato più profondo di come gli esseri umani si percepiscono e percepiscono il mondo? Se c'è un fenomeno che dovessi scegliere per rappresentare un deciso balzo nella direzione del mondo descritto da William Gibson e la generazione Cyberpunk è sicuramente quello che Google è riuscito a fare in questi ultimi 5 anni. Direi che è paragonabile solamente, come dice anche l'agiografo John Batelle, a ciò che ha fatto Tim Berners-Lee. Il vero problema è che non vi è il minimo livello di problematizzazione di quello che questa trasformazione antropologica significhi. Senza fare i bastian contrario a tutti i costi, direi che non è difficile immaginare che avrà anche i suoi contraccolpi: tanto per citarne uno, la scomparsa del concetto di privacy e di gestione del proprio flusso di dati. Chi controlla chi? E perché?

In giro per la rete (ovviamente non in Italia) la discussoine pià interessante riguarda il rapporto tra le recenti operazioni di Google e il variopinto ed economicamente cruciale mondo del copyright. I due commenti più citati sono quelli di Mark Cuban (che dopo due giorni rincara la dose) e di Forresters (anche se mano a mano che passano i giorni i commenti si moltiplicano ponendo anche altre questioni): il titolo dei primi due ("Penso ancora che quelli di Google siano pazzi!") chiarisce il punto di vista degli autori: la mossa di Google rappresenta un azzardo pesante nel campo del copyright. La società di Page e Brin infatti sta mettendo da tempo i piedi nel piatto di uno dei settori in cui infuria una guerra senza esclusione di colpi: quello dell'infotainment e della produzione di materiale coperto da diritto d'autore. Le vecchie Corp del settore non riescono minimamente a tenere sotto controllo il proliferare degli abusi (e meno male!) e si rifiutano categoricamente di evolvere il loro approccio nonostante la dimostrazione lampante della Apple con iTunes e dello stesso Google. Il sapore che ha l'operazione non è solo quello di assorbire il principale concorrente di GoogleVideo per non correre rischi, ma anche quello di rischiare il tutto per tutto sul tema del diritto d'autore.

Il punto, come ben delineano i due commenti citati, è semplice: se Eric Schmidt e i due fondatori riescono nel loro intento il modo in cui avviene l'enforcemente del copyright in rete cambierà radicalmente (passando da una dimensione centralizzata a una dimensione on demand, abbattendo i costi e rivoluzionando tutto il sistema finanziario ed economico (industriale) che gira intorno al mondo della distribuzione); se non ci riescono e anche una sola causa va in porto, la breccia nella diga di chi sostiene che il copyright non sia difendibile nell'era digitale nelle forme in cui vogliono le major si allargherà fino al collasso di un buon pezzo dell'economia e della cultura che si è creata intorno alla concreta possibilità di uno scambio senza alcun limite di risorse in rete (ovviamente più teoretico / utopico che reale, ma stiamo parlando di prospettive). A parte l'esempio di iTunes, gli ultimi accordi che hanno stretto Google e Youtube con Sony e Warner (che hanno lasciato basita un bel po' di gente) potrebbero deporre in favore di una scommessa con le carte in mano da parte del colosso di Mountain View. E' altrettanto vero che nel passato quando Google si è trovato di fronte problemi legali che avrebbero potuto portare al collasso di tutto il suo mondo (uno per tutti: i casi di Patent Infringement, e la manomissione dei risultati della ricerca solo in corrispondenza del distretto del giudice, un vero e proprio tradimento sia dell'etica dei "risultati di ricerca puri" che della "never do evil"), Page e Brin non si sono fatti alcuno scrupolo pur di portare a casa il risultato. Decisamente distante dall'aura idealista che gli entusiasti vorrebbero dipingere intorno ai due padri fondatori della compagnia che sta di fatto fondando il Nuovo Mondo, ovvero il modo in cui percepiremo ciò che ci circonda nei prossimi anni.   

Ma basteranno la determinazione di Page e Brin, e la convergenza storica e tecnologica verso una rivoluzione nell'implementazione della proprietà intellettuale a cambiare un'intera economia? E una volta che sarà cambiata siamo sicuri che questo costituirà un vantaggio? O Google come il soma di Huxley non sarà che un miraggio per nascondere il riciclo di un vecchio mondo basato sul cane mangia cane che necessita di un volto molto più presentabile che quello che vediamo tutti i giorni intorno a noi? Un mondo che dominare il flusso di informazioni permette perfettamente di costruire a tavolino, un mondo in cui tutto è a portata di mano, talmente a portata di mano che non ha senso lamentarsi ma solo lavorare ed eseguire, è proprio il mondo in cui amerei vivere? 

Ancora una volta il problema non è Google o non Google, ma capire come stanno funzionando le cose intorno a noi, e soprattutto come vorremmo che funzionassero.  

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Categorie:jet tech Tag:

Come leggere e scrivere in cinese sotto linux

25 Settembre 2006 4 commenti

Un paio di mesi fa, quando mi sono cimentato nuovamente con l'idea di studiare cinese, mi sono anche posto il problema di come poter leggere e scrivere in caratteri cinesi sotto linux. Se per leggere non è stato particolarmente arduo il compito, per scrivere non è così banale come sembra. Su lilith trovate anche tutti i link su cui mi sono documentato per ottenere il tutto.

Per leggere: dovete banalmente scaricare tutti i font  BIG5, GB, HK e via dicendo . Aiuta configurare il vostro sistema per leggere e comprendere i caratteri in UTF-8.

Per scrivere:  dovete in primo luogo configurare i vostri locale adeguatamente. Successivamente installare xcin (debian ha un suo pacchetto che funziona perfettamente). Dovrete anche installarvi il supporto   zh per openoffice. Una volta fatto questo non dovreste far altro che lanciare dal vostro menù applicazioni la voce "XCINterm (GB2312)" o "XCINterm (BIG5)" :  otterrete come risultato un terminale da cui lanciare openoffice con tutte le variabili già adeguatamente configurate per consentirvi di scrivere in cinese. Una volta aperto openoffice, per passare dalla scrittura in caratteri occidentali a quella in caratteri cinesi vi basterà cliccare su alt+spazio e il gioco è fatto.

Per configurare i locale: dovrete editare il file /etc/locale.gen e inserirvi le seguenti righe (in aggiunta a quelle del vostro charset preferito):

zh_CN GB2312
zh_TW.UTF-8 UTF-8
zh_TW.EUC-TW EUC-TW
zh_TW BIG5

Dopodiché lanciate il comando locale-gen ed è fatta.

A conclusione ringrazio sentitamente il mio mentore davidone, sua moglie e il loro blog 

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Categorie:jet tech, orient express Tag: