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Archivio per la categoria ‘jet tech’

Dubbi legittimi

3 Novembre 2006 Commenti chiusi

Un paio di giorni fa, ha cominciato a circolare la notizia (purtroppo sempre raccontata per interposte persone e quindi difficilmente catalogabile nelle fonti certe) di una possibile collaborazione di Google con la CIA che andasse un po' più in là della ordinaria cooperazione di un cittadino con le forze dell'ordine.

Oggi sul blog di Batelle (dedicato alla ricerca e molto vicino a Google, nonostante quello che scrive con solo un annetto di ritardo il Corriere nella sua pagina culturale), è stata pubblicata una smentita (la cui fonte però è rimasta tanto aleatoria quanto la voce che l'ha generata). La cosa interessante in realtà del post sono i commenti, in particolare quelli di JG che meritano più di una lettura veloce e che non a caso hanno generato un ulteriore commento ufficiale di Google. Peccato che JG non ci lasci un sito dove seguire le sue elucubrazioni, perché diciamo che sono analoghe a quelle che stiamo facendo da queste parti. Ovviamente l'effettiva o meno collaborazione con questa o quella agenzia governativa è meno interessante dei meccanismi che potrebbe generare questa collaborazione o la sua assenza. Però si sa che specie in ambito di politica radicale si guarda troppo spesso il dito e troppo poco spesso anche la luna 🙂

"Sure, it's not CIA, it's NSA!" <g> 

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Categorie:jet tech Tag:

Intellipedia: la wikipedia dell’intelligence internazionale

2 Novembre 2006 Commenti chiusi

 

Ogni tanto leggere il Corriere della Sera serve a qualcos'altro che non farsi venire attacchi di bile e tastare il polso del "common sense making" italiano (nel senso letterale del termine). Ieri sera infatti sulla versione online del quotidiano di via Solferino è comparso un articolo sul nuovo strumento di cui si sarebbe dotata la CIA per strutturare il loro nuovo archivio: Intellipedia infatti è una piattaforma che usa mediawiki a cui hanno accesso solo agenti e informatori, e che dà loro la possibilità di costruire una knowledge base che migliori il livello e la qualità delle informazioni scambiate tra tutti gli operatori di intelligence.

Sarebbe curioso a questo punto trovare un punto di accesso e verificare se mediawiki abbia qualche vulnerabilità, no? Peraltro la cosa un po' drammatica è vedere che l'utilità di queste tecnologie è stata compresa dalle forze dell'ordine prima che dalle strutture di formazione. Un po' triste, ma una buona parabola di come funzionano le priorità nel mondo reale.

 

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Categorie:jet tech, oscuro scrutare Tag:

La noia è una brutta bestia

2 Novembre 2006 Commenti chiusi

Nel mio girovagare odierno per i meandri dei miei e degli altrui feed RSS mi sono imbattuto nell'ennesimo studio curioso più per le intenzioni perniciose che per i risultati. Perché questo baldo giovane ha speso giorni e giorni a verificare il grado di plagio all'interno delle voci di wikipedia, scoprendo che ammonta a un buon 2% (WOW!), e che le fonti principali sono altre enciclopedie. La cosa non stupisce, senza dover necessariamente rievocare tutte le discussioni sulla cultura come prodotto collettivo, perché le descrizioni ben fatte di voci enciclopediche non hanno giustamente bisogno di essere riscritte, ma semplicemente di essere diffuse. La cosa che giustamente aizza un po' di molestia è l'attitudine a non ricambiare il plagiarismo da parte di wikipedia e di chi gestisce il progetto, che in cerca di ulteriore visibilità si lamentano quando brani dalle proprie voci vengono riusati liberamente da altri… Ah, la sana vecchia abitudine della proprietarizzazione del comune, quando la perderanno gli esseri umani?

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Categorie:jet tech Tag:

Umorismo cinese sulla censura

1 Novembre 2006 Commenti chiusi

Leggo da BoingBoing e devo tradurre per forza, tanto mi sto pisciando addosso dal ridere.

"Un rappresentante ufficiale del governo cinese, parlando a un summit delle Naizoni Unite che si sta svolgendo ad Atene sul tema di Internet, ha affermato che la repubblica popolare cinese non pratica alcune forma di censura delle connessioni o dei contenuti in rete.

[Yang Xiaoqun]: Non penso che dovremmo usare doppi pesi per giudicare la Cina. In Cina non abbiamo alcun software che blocca l'accesso a determinati siti. Qualche volta abbiamo dei problemi a connetterci, ma questo è un problema differente. Io conosco colleghi che ascoltano la BBC nei loro uffici dal web, e ho sentito persone continuare ad affermare che la BBC non è raggiungibile dalla Cina o che è bloccata.Non capisco perché le persone dicano tutto questo, dato che noi non pratichiamo alcuna forma di restrizione dei contenuti su Internet. […] Alcuni dicono che ci sono giornalisti in Cina che sono stati arrestati. Ci sono centinaia di giornalisti in Cina e alcuni hanno problemi legali, ma questo non ha nulla a che vedere con la libertà di espressione."

Beh, che dire, staremo a vedere che cosa ci racconteranno di prima mano i nostri mandalini quando tornano, ma ho il sospetto che lo speech diplomatico di Yang Xiaoqun sia, per così dire, vagamente eufemistico.

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Categorie:jet tech, orient express Tag:

Un buon indicatore del trend di Google

1 Novembre 2006 Commenti chiusi

Considerato che dopo l'acquisto di YouTube, Google proprio ieri ha assimilato anche JotSpot, qualcuno ha pensato di mettere a frutto le sue conoscenze di ajax per fornirci un interessante grafico delle acquisizioni del colosso di Mountain View negli ultimi anni. E' molto interessante notare come fino al 2001 non ce ne siano state, un periodo in cui evidentemente l'innovazione è stata tutta farina del sacco di Page & Brin e di quello che frullava loro in testa. Più si procede nella timeline si nota come i progetti acquisiti offrissero più che un margine di ampiamento dell'indice di documenti inclusi nelle ricerche di google, uno strumento in più nel diventare un leader senza pari nel mondo delle compagnie che offrono servizi di gestione delle informazioni ai prori utenti. La timeline rende evidente più d'ogni altro come dall'interesse scientifico/tecnologico, i due fondatori di Google si siano mossi nella direzione di creare una ragnatela di relazioni complesse tra informazioni che diventasse il centro della percezione di tutti gli umani che usano il computer come un sesto senso. Obiettivo ambizioso e un po' terribile a cui pero' sicuramente Google è l'unico a poter aspirare con qualche possibilità di successo, e forse l'unico che valga la pena di studiare a fondo 🙂

 

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Categorie:jet tech Tag:

Lo sviluppo di Google e la schizofrenia

30 Ottobre 2006 Commenti chiusi

La schizofrenia imperversa nel mondo dei googlefili (peraltro anche in quello dei googlofobi). Qualche giorno fa è stato pubblicato il riassunto di un paio di documenti interni della compagnia di Mountain View in cui si cerca di descrivere in che direzione si sta muovendo il più famoso motore di ricerca del mondo – nulla di sconvolgente o che non si possa desumere dai prodotti che sta lanciando, ma vederlo nero su bianco fa un certo effetto, non si può negare. 

Da un lato è evidente che presto Google si troverà ad affrontare l'ennesima crisi sulla dimensione della monetizzazione del proprio prodotto principale: la ricerca. E' già successo in passato, prima che Page e Brin decidessero di implementare gli ormai noti meccanismi di AdWords e AdSense. Il punto è che Google cresce a vista d'occhio e come ogni organismo in crescita ha bisogno di nutrirsi, sia di sostanze (soldi) che di idee (prospettive). Per quanto riguarda i soldi la strada che sembra intraprendere è quella non solo di spingere ancora di più la sua sezione commerciale (quindi un approccio quantitativo al problema) ma anche di implementare – ma anche qui siamo ancora al livello delle indiscrezioni – una sezione di ricerca a pagamento nei suoi servizi. Che cosa si intende con questo? Per ora nessuno lo sa e basarsi su supposizioni non fa bene alla pelle (e al cervello), però uno scenario in cui una parte delle informazioni che Google è in grado di ricavare sono disponibili solo a pagamento è uno scenario di stratificazione sociale della ricerca che mi spaventa non poco: preferisco avere il mostro della pervasività in mezzo a noi usabile anche da noi, che non un mostro della pervasività in mezzo a noi usabile solo da chi ha i soldi per farlo. Meglio un pericolo democratico che non una minaccia oligarchica… o no?

Per quanto riguarda le prospettive la scena si fa filosoficamente più interessante, e congrua con il recente lancio di Google CSE, il sistema di creazione di piccoli Google personalizzati da inserire nei propri contesti cognitivi. Gli esperimenti condotti con Google CSE ne dimostrano la potenzialità e sottolineano come la creazione di reti di conoscenza che siano capaci di agire in maniera "intelligente" rispetto al contesto relazionale in cui si muovono sia un obiettivo praticabile in questo momento e un orizzonte che può fare una certa differenza. E' ovvio che rendere le capacità di trovare un'informazione in maniera sempre più precisa e intelligente costituiscono un margine di miglioramento per Google (anche qualitativo), ma il salto che viene cercato è nella direzione dell'integrazione delle informazioni e della loro capacità di rispondere alle relazioni che costituiscono l'origine e il termine della ricerca stessa. Così se da un lato si punta ad avere il laboratorio di ricerca sul tema dell'Intelligenza Artificiale più avanzato del mondo, dall'altro si cercano meccanismi per porre su un'unica gigantesca time-space line le informazioni che vengono raccolte e distribuite da Google (e Google News in particolare, ma questo potrebbe solo essere un prototipo).

Ovviamente i problemi di un evidente conflitto di questo tipo di obiettivo (se praticato fino alle sue ultime conseguenze) con l'attuale implementazione del sistema capitalista (un sistema decisamente chiuso) continuano ad emergere. Il dubbio che Google se vuole veramente essere il paladino di un capitalismo open source (questa è l'evidente approccio speranzoso e ottimista dei googlefili) deve capire che non avverrà senza scontri, come il caso del materiale video coperto da copyright dimostra, inizia a fare breccia anche negli difensori più determinati della compagnia di Page, Brin e Schmidt. Allo stesso tempo il fatto che un sistema così efficiente di recupero informazioni, rielaborazione e processing qualitativo dei dati sia un pericolo concreto per le libertà individuali e che Google potrebbe non essere poi così diverso da chi governa l'attuale paradigma politico-economico continua ad agitare i sonni di coloro che vedono in maniera non naive il mondo che gli gira attorno. Probabilmente nessuno ha ragione e la schizofrenia non è solo in chi legge i fenomeni ma in chi li sta generando: non sono sicuro che sapere che l'ipertrofia di Google è maniaco depressiva mi tranquillizzi 🙂

 

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Categorie:jet tech Tag:

Come truccare un’elezione americana

27 Ottobre 2006 Commenti chiusi

Se c'è una cosa per cui adoro l'approccio americano ai problemi, è l'attitudine alla disclosure delle peggio cose, ovverosia, tradotto in parole povere, la capacità che hanno di esporre i meccanismi che si celano dietro gli eventi più banali in maniera esaustiva. E' il caso di questo articolo dove si spiega come fare per truccare un'elezione americana, tecnicamente parlando. Ovviamente nell'articolo non si prende minimamente in considerazione la parte politica della questione (e come le forme di manomissione spesso avvengano a quel livello, come nelle ultime due elezioni presidenziali americane) o la parte criminale del tutto (che invece in Italia l'ha sempre fatta da padrone, dai 100 euro a cranio offerte da Forza Italia in Campania alle ultime elezioni, fino alla tradizione siculo-cuffariana di evidente successo). Simm' a mafia, che ce ne facciamo del giochino hi-tech? 🙂

Tra l'altro la soluzione è semplice: fare politica tutti i giorni senza andare a votare. 

 

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Categorie:jet tech, movimenti tellurici Tag:

USA e Sudan: trova la differenza.

27 Ottobre 2006 Commenti chiusi

Quello che mi colpisce di due simpaticissime notizie odierne è quanto abbiano in comune nonostante riguardino due ambiti della comunicazione anche abbastanza distanti: la prima notizia riguarda il Sudan e si riferisce al divieto imposto dal governo ad ogni attività giornalistica non esplicitamente autorizzata e organizzata dal governo sudanese stesso. La seconda notizia riguarda la prima sentenza nei confronti di un amministratore di un tracker bittorrent negli Stati Uniti. Il gioco è: trova differenze e similitudini tra le due notizie.

Andiamo con ordine: da oggi fare il giornalista in Sudan è passibile di pena di morte. Una misura democratica, evidentemente, che però è solo lievemente distante dalla posizione americana nell'ultima guerra in Iraq in cui i giornalisti non embedded venivano banalmente ma velatamente minacciati di essere lasciati al proprio destino se non di diventare degli obiettivi sensibili (non penso di dover citare il caso Sgrena per allenare la memoria di nessuno). 

La notizia fa il paio con la prima condanna in USA nei confronti del gestore di un tracker bittorrent in america a 5 mesi di prigione e 3000 euro di multa. Bittorrent per chi non lo sapesse è uno dei sistemi più usati di p2p e un tracker è un sito in cui utenti bittorrent si scambiano opinioni e consigli su dove trovare cosa e come ottimizzare le proprie ricerche. E' abbastanza evidente che non ci sia nulla di illegale in tutto ciò se non il fatto che colpire gli amministratori è ormai l'unica arma di "terrorismo" che le major riescono ad agitare, anche considerato il fatto che la maggior parte degli utenti dei loro spot moralisti della serie "la pirateria è un reato, se scarichi un film fai una rapina" se ne fottono ampiamente. Ancora una volta notiamo che in America, come in Sudan, i diritti civili e la libertà di espressione sono un optional spesso dimenticato a favore degli interessi di stato (in guerra) e degli interessi economici (in "pace"). Forse se le major e il governo americano si abituassero ad ascoltare quello che accade intorno a loro nella società  e nelle relazioni quotidiane tra le persone, troverebbero un modo intelligente di fare soldi sul p2p anziché pensare di risolvere tutto con l'uso di tribunali e sentenze.

 

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Categorie:jet tech Tag:

Quando la privacy è un problema per gli affari

26 Ottobre 2006 Commenti chiusi

E' curioso notare come in America si sia finalmente sollevato un polverone sugli effetti collaterali che la paranoia securitaria della destra statunitense sta aizzando nella società e nella legislazione del paese da ormai un decennio a questa parte (in effeti anche qualcosa di più): ovviamente il problema rispetto alla tutela della privacy e della sfera della riservatezza dei propri dati è emerso solo quando i grandi manager e i businessmen d'oltreoceano hanno scoperto che i servizi di sicurezza americani potevano copiare, sequestrare e trattenere i loro computer portatili senza dover addurre alcuna motivazione; il tutto grazie alle nuove legislazioni antiterrorismo che come noi tutti conosciamo fin troppo bene hanno in una decina di anni di fatto distrutto ogni parvenza di tutela dall'arbitrarietà dell'esercizio del potere (già in sé quasi un ossimoro, ma a volte già la formalità può essere una buona conquista di partenza).

Una situazione analoga a quella italiana, in cui dopo decenni e decenni di intercettazioni ai danni di chiunque, si grida allo scandalo solo quando a essere coinvolti in una palese violazione ingiustificata della sfera privata sono politici e grandi nomi delle industrie: in un consueto doppiopesismo dove le angherie subite da chi ha più soldi e potere sono più rilevanti di quelle subite tutti i giorni da centinaia di persone (doppiopesismo che ha il suo riflesso nella commissione delle pene detentive e pecuniarie, guarda caso!!). E' curioso, ma nessuno ci fa mai caso… Peccato, no?

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Categorie:jet tech, movimenti tellurici Tag:

Outside.in Inside.out

25 Ottobre 2006 Commenti chiusi

Non passa giorno (o quasi) che non venga inaugurato un nuovo servizio di community, un nuovo strumento che cerca di esplorare un ambito diverso della relazione tra persone, relazioni e tecnologie di comunicazione. Questo da un lato dovrebbe avvisarci di quanto rilevante sia questo aspetto della nostra realtà, non solo da un punto di vista sociale e politico, ma proprio dal punto di vista antropologico. Una delle poche cose insindacabili che scrive John Batelle nel suo libro su Google è che il futuro senso della parola umanità avrà molto a che fare con le sue capacità di interpolare la realtà e le informazioni, con la sua effettiva capacità di cercare, codificare e definire il mondo che ci circonda in relazione a ciò che siamo e che desideriamo. In questo senso la sperimentazione sui modelli relazionali di informazione, ovvero sulle connessioni possibili tra le varie informazioni e su come presentarle nella forma più direttamente assimilabile sta concretamente alterando la percezione di sé degli esseri umani.

Negli ultimi giorni infatti abbiamo assistito al lancio di almeno due o tre progetti rilevanti per quanto riguarda la sperimentazione in questo campo e il desiderio evidente di dominarlo in maniera sempre più subdola e determinante (le avvisaglie di flickr evidentemente non accendono lampadine in testa a nessuno degli Homo sapiens sapiens o quasi): il primo progetto è outside.in, un progetto che punta decisamente sul concetto di proximity search e community lore (ovvero "ricerca di prossimità" e "tradizioni della comunità"). In sostanza outside.in vorrebbe essere uno strumento per localizzare la ricerca di informazioni relative a una comunità e sulla comunità stessa. Il concetto base è che il tipo di informazioni che si stratificano all'interno di una comunità sono ovviamente diverse dal tipo di informazioni che trovate sul giornale, e costituiscono una parte rilevante di come conoscere il luogo (fisico o virtuale) dove si vive e si lavora. L'idea del creatore, Steven Johnson, è quella di poter combinare mappe ad alta qualità con la produzione di informazione locale e di dibattito locale, una sorta di versione evoluta del bar e del panettiere sottocasa dove sapere tutto quello che c'è da sapere del tuo quartiere. Ora, diciamo che la cosa è uno strumento molto potente (in potenza, scusate il gioco di parole), ma è altrettanto preoccupante l'assenza di riflessione sull'impatto che ha l'esposizione della "lore" comunitaria a chi non ha alcuna relazione con essa. La relazione con il mio panettiere di fiducia è davvero sostituibile da uno strumento di questo tipo? In cosa cambia il mio rapporto con la conoscenza del luogo in cui vivo nel momento in cui è mediato non più da  persone ma da un software? E la solita domanda, chi controlla che non vi siano interferenze nella costruzione di una comunità di questo tipo? Interferenze con una certa direzionalità? Il rischio concreto è quello ancora una volta di sostituire i meccanismi di verifica e di iterazione delle informazioni interni a una comunità dotata di livelli di fiducia variabili e multidirezionali, con un meccanismo totalmente unidirezionale inverificabile di processing delle informazioni della comunità. E' un assillo che non mi abbandona, e che purtroppo non è particolarmente scalabile, perché chi può garantirmi rispetto a un soggetto terzo che fa partire questo strumento? Forse se ogni comunità potesse dotarsi di uno strumento autogestito si potrebbe accordargli maggior fiducia? Forse sì, ma ciò non toglie che l'effetto di mutazione antropologica non ne verrebbe ridotto, anche se mi metterebbe più tranquillo sapere che siamo noi (tutti, collettivamente) a dirigere il flusso di questo cambiamento.

Sempre più lanciato nell'inventarsi strumenti per dinamizzare il processo di creazione di una propria ontologia (camuffandola da personal ontology 🙂 è invece il colosso di Mountain View Google,inc. che ovviamente rappresenta la punta di diamante di un processo ennesimo (dopo il web) di questa mutazione antropologica. Proprio ieri infatti il motore di ricerca più famoso del mondo ha lanciato il suo nuovo prodotto: Google CSE, un meccanismo per creare in proprio un piccolo google a misura delle proprie esigenze. Mi pare che non sia molto difficile immaginare perché questo sia un passaggio abbastanza pesante nella direzione della personal ontology targata Page & Brin: ognuno potrà essere parte del grande sogno, personalizzato, autosettato a piacere, sotteso tutto da uno stesso grande meccanismo di indicizzazione della realtà. Un sogno magnifico e pieno di diversità, una rifondazione della variabilità antropologica targata INC (sta per Incorporated, per chi non lo sapesse). A me un po' di agitazione la mette.

Non per questo ovviamente ritengo si debba aver un atteggiamento retrogrado di sottrazione, però bisogna essere coscienti che chi gioca con il fuoco può fare grandi cose oppure rimanerci secco. Google punta evidentemente a rendersi lo strumento principe di interfaccia tra la percezione del singolo di sé stesso e il mondo, un obiettivo per nulla ambizioso <g> che dovrebbe metterci un po' sul chi vive: qualcuno dice che prima di Google, ci aveva provato Microsoft, e io direi per dare un esempio ancor più chiaro che ci provano Cristianesimo, Islam e Ebraismo (certo al momento con strumenti meno validi di google e un po' anacronistici, ma l'umanità è più facile prenderla con il passato che con il futuro, sinora….)

Nella stessa direzione va la sperimentazione di un nuovo servizio di ricerca che dovrebbe evolvere l'attuale search engine, searchmash, che però è ancora lungi dal sembrare questa ira d'iddio. Certo la relazione tra Google e Mac per creare un meccanismo intuitivo di interazione con il mondo della ricerca di informazioni garantirà credo maggiori soddisfazioni che non questo primo molto marginale esperimento (nonostante l'entusiasmo di punto informatico 🙂

Il futuro è adesso? Non credo, ma sicuramente si stanno ponendo le basi per un cambiamento molto denso nella stessa percezione della parola umanità e nella relazione di tutti noi con quello che ci circonda. Fortunatamente esiste il digital divide, ma penso che peggiorerà la situazione più che migliorarla regalandoci una distopia disegnata da un elite in grado di definire la realtà intorno a sé e una frazione ampissima del genere umano relegato nella crudeltà più feroce. Bello no? Non vi ricorda HGW?

 

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Categorie:atlas, jet tech Tag: