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Archivio per la categoria ‘movimenti tellurici’

Baader-Meinhof Complex

13 Novembre 2008 Commenti chiusi

 

Il film ha destato molto scandalo in Germania e anche in Italia dove le menti telecentrifugate non riescono a elaborare una storia profonda di lotte che ha coinvolto il nostro paese meritoriamente per molti anni. E’ un film che cerca di narrare in tre ore la storia di un movimento di lotta armata che nel paese tedesco è andato avanti senza interruzioni e senza desolidarizzazione fino al 1997 (quasi dieci anni più che in Italia, dove le azioni delle BR si sono esaurite ufficialmente nella seconda metà degli anni 80 e scusate se non considero gli ultimi due episodi come coerenti con la storia della lotta armata in Italia ma proprio non mi riesce di prendere sul serio Desdemona e Galesi). Come tutti i film sulla lotta armata è spinoso e difficile da valutare. 

Io devo dire che il riassunto più sintetico che mi è riuscito è stato questo: "ottime lezioni di storia immerse in un dovuto tributo alla caratterizzazione un po’ semplicistica e politicamente comoda dei protagonisti della lotta armata come delle macchiette". In pratica l’autore ha provato a spiegare i motivi e gli sviluppi della lotta armata in Germania e non solo negli anni sessanta e settanta, lo ha fatto con la crudezza e la schiettezza che ha usato all’epoca anche in Christiane F e i Ragazzi dello Zoo di Berlino, ma si è scontrato con la necessità della cultura dominante di recuperare misura e di dipingere chi scelse la lotta armata come un insieme di bulli, ballerine e nevrotiche, tutto sommato superficiali nella loro preparazione politica e trascinati da un grande cuore, da un discreto cervello, ma da poca fortuna e lungimiranza, vittime di sé stessi prima ancora che dello Stato che combattevano. D’altronde doveva pur farselo finanziare questo film, altrimenti sarebbe rimasto una sua idea. Mi rimane un po’ oscura la figura del capo della polizia federale antiterrorismo che è l’unico a comunicare in un linguaggio non demenziale e pseudo ideologico il succo della lotta armata e della sua relazione con la società. Mi viene il dubbio che il regista non potendo far parlare i protagonisti (se non attraverso gli scritti di Ulrike Meinhof di sconcertante attualità e di incredibile forza politica) abbia deciso di trincerarsi dietro una figura "autorevole" e "alta" per portare seppure in una luce critica il suo apprezzamento per il coraggio delle scelte che molti fecero in quegli anni quando sembravano avere un senso.

Il film comunque è un buon film, basta tenere a  mente che i militanti dei gruppi di lotta armata non erano delle macchiette ma qualcosa di molto più integrato nelle piccole finestre di storia riassunta che il film offre. Imperdibili: la prima scena con i finti studenti iraniani che sprangano gli studenti che protestano democraticamente e vengono aiutati poi dalla polizia; le esplosioni di commissariati e basi nato; i brani dei testi della Meinhof; la votazione "democratica" per portare alle estreme conseguenze la strategia politica; il campo di addestramento in Giordania; il ruolo e il riconoscimento all’FPLP, unica organizzazione comunista ad aver mai attecchito in medio oriente (e scusate se è poco). 

Voto: 7.

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I burattini del potere

11 Novembre 2008 Commenti chiusi

 

Visto? Basta avere un po’ di tempo e di cose da far girare se ne trovano parecchie. Questo video l’ho recuperato oggi e mi pare un ottimo lavoro, dedicato a tutti quelli che pensano che sia sempre tutto uguale, che non ci siano differenze, che ogni opinione vale un’altra. Non è così. E non lo sarà mai. Vivere significa essere partigiani.

 

 

La Storia delle Cose

11 Novembre 2008 5 commenti

 

Beh, tanto per non parlare solo di calcio, rilancio dal sito di Chainworkers un video didattico sul ciclo di produzione così come lo viviamo nei nostri tempi. Veramente ben fatto.

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Onda su onda

2 Novembre 2008 Commenti chiusi

 

Ho aspettato qualche giorno prima di profferire parola. Quello che sta avvenendo nelle scuole e nelle strade italiane è interessante, ma dal mio punto di vista, un po’ tangente – nonostante la mia attuale professione di docente delle secondarie inferiori – è anche un ottima occasione di fare un po’ di riflessioni circa lo stato della soggettività nel Bel Paese (e non solo) sul finire del primo decennio targato due mila. Sembrano anni luce dal 2001, ma non lo sono. E questo è importante.

Il corteo di due giorni fa proprio in coincidenza del momento che sanciva la prima sconfitta del movimento – l’approvazione scontata ancorché autoritaria del decreto Gelmini – è stato il più grande momento di mobilitazione dal corteo del 25 aprile del 1994 (quanta cazzo di acqua ho preso!). Questo fatto non può passare inosservato, come non può passare inosservata la natura sostanzialmente movimentista di quello che sta accadendo: la presenza di partiti, sindacati e altri soggetti istituzionali è minima e in ogni caso osteggiata come indesiderata ingerenza.Io ho osservato il corteo piazzando sull’angolo di via Dell’Orso, rimanendo fermo sotto l’acqua la grandine e il sole (alla fine) tra le 9.45 e le 12.00. Non ho visto l’inizio della manifestazione, né la coda che però stava sopraggiungendo proprio mentre mi spostavo. Ho visto passare di tutto, ragazzini, invasati, politicanti, docenti, mamme, lavoratori, gente arrabbiata, gente esaltata, gente entusiasta, gente convinta di quello che diceva e gente convinta che non serviva a un cazzo ma che erano lì lo stesso. Non è una cosa nuova, ne ho viste altre di manifestazioni così, ma devo dire che difficilmente mi aspettavo una mobilitazione tanto forte di questi tempi. Per questo sostengo quanto sta avvenendo, sentendomi un po’ fuori dal giro, ma sono diffidente rispetto alla consistenza e alla prospettiva di quanto sta avvenendo. Per questo penso che abbia senso parlarne un attimo.

Il punto è che questo movimento si innesta in uno dei momenti più bui che io mi ricordi (anche dai libri se non dall’esperienza diretta) della storia culturale e sociale italiana dalla Seconda Guerra Mondiali in poi. Il momento è buio perché privo di protagonismo e di volontà. Il momento è buio perché privo di desiderio di affermazione di parzialità. E questo è un problema serio. Ovvero tutti insistono con il refrain che vorrebbe convincere ogni persona sulla faccia della terra che libertà significa equidistanza, che ogni cosa che si dice o si fa vale quanto un’altra, e che quindi il campo dell’opinabile è un campo infinito in cui il conflitto non può coesistere con la libertà. Questa è una affermazione pseudo-voltairiana che costituisce il cardine del qualunquismo ovviamente e che si scontra con la realtà della vita di tutti i giorni. Perché la vita di tutti i giorni è uno scontro di interpretazioni, una serie di scelte interminabile circa ciò che è giusto e ciò che è sbagliato per noi, del valore relativo e assoluto di una nostra o di una altrui opinione. Ma la retorica dell’equidistanza è fondamentale per sopire il dissenso e il protagonismo che sono i veri nemici di ogni autoritarismo: se ogni opinione è ugualmente valida, allora non si può pretendere di contrastarla in nessun modo. Guarda caso l’eccezione sono proprio quelle opinioni che non sono d’accordo con questa professione di ipocrita imparzialità. Per questo combattere questa retorica è il primo passo per uscire dall’impasse in cui siamo: non basta come dice una mia amica "sottrarre il campo semantico all’avversario", è necessario invaderlo e combatterlo attivamente. 

Cosa ha questo  a che fare con la cosiddetta Onda? Ha a che fare di brutto, dato che questo movimento è costituito in gran parte di persone che sono vittima di un solo maestro, la retorica dell’equidistanza, proprio perché altri cattivi e buoni maestri non sono stati in grado di trasmettere alcunché a questa generazione che si affaccia ora (o quasi) sul teatro della politica e dell’azione. Allora è cruciale riuscire a scoprire se i protagonisti di questo movimento saranno in grado di trovare una chiave di volta che porti allo scoperto la drammatica contraddizione di questa ideologia afasica. Fino ad ora con mio sommo terrore ho ascoltato i microfoni aperti e gli interventi in televisione, le parole nelle strade e durante i cortei, il disperato desiderio non solo di essere considerati diversi da quanto è già stato inventato e visto – e fin qui tutto bene – ma anche di essere considerati buoni, tolleranti, in una parola – abusata e vilipesa – democratici. Sono terrorizzato perché perpetrare questo termine come connotazione di moderazione e di equidistanza è un insulto a chi ha letto un po’ di storia e combattuto perché le persone avessero più potere di decidere il proprio destino e la propria vita – un significato vagamente più alto di democrazia, no?

Il punto è cruciale, a mio parere, perché se questo movimento non acquisirà consapevolezza della necessità di una parzialità (quale che sia) non avrà mai gli strumenti per superare la dimensione di un folcloristico intermezzo giovanile. Io credo e spero che ogni movimento sia più che una boutade esistenziale, ma perché lo sia è necessario che capisca che non tutto è uguale, e che quindi si ponga il problema di quali valori e di quale battaglie è partigiano. Siamo tutti sempre partigiani, ma spesso fa molto comodo pensare di non esserlo e pavidamente sottrarsi alla necessità di determinare il proprio presente, il proprio futuro e anche il proprio passato. Finora le risposte che ho avuto da quello che vedo intorno non sono incoraggianti, ma è presto per fare i disfattisti, e l’unica cosa che possono fare persone che appartengono a generazioni che possono solo accompagnare questa protesta e non esserne i protagonisti è sostenere e interagire con chi porta avanti la baracca senza paternalismi né altri ismi. 

La vera chiave di volta di questi movimenti sarà la durata nel tempo: la mia sensazione è che molti hanno capito che non stanno mobilitandosi contro la legge Gelmini ma contro molto di più, contro un modello di società e di vita che stritolerà ben presto molti a favore di pochi. Ora bisogna capire se questo si tradurrà in una tenuta temporale che vada al di là delle sconfitte momentanee. La verifica dei fatti è dietro l’angolo e spero tanto che il mio pessimismo venga smentito una volta tanto. 

à la prochaine.

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Incursione alla Borsa

17 Ottobre 2008 4 commenti

 

Finalmente ci si diverte un po’. Non è molto, ma la faccia dei "responsabili" della Borsa (gente che lavora lì per i consueti 1000 euro al mese ma che paiono trovare nella Borsa  la loro famiglia e la loro unica ragione di vita tanto si sono "presi male" per l’azione del tutto dimostrativa) è stata decisamente impagabile. Presto anche qualche fotina, intanto incollo il report da www.precaria.org

Oggi, 17 ottobre 2008, giorno dello
sciopero generale indetto dal sindacalismo di base, San Precario è
di nuovo apparso a Milano. Ha attuato un attraversamento
metropolitano che ha lasciato il segno. 


Di primo mattino, lo abbiamo visto
davanti all’Ambulatorio Medico Popolare di Via Transiti (T28) in
attesa dell’ufficiale giudiziario che ha pensato bene di rinviare lo
sgombero al 25 novembre.


Verso le 9.30, lo abbiamo visto di
fronte a Omnia, il call-center a cui Wind ha esternalizzato 275
lavoratrici. Omnia sta procedendo a nuove esternalizzazioni
precarizzando ancora. Di fronte ai volantini e allo speakeraggio di
San Precario che denuncia il peggioramento delle condizioni di
lavoro e vita, suscitata l’attenzione dei precari e delle precarie
che si affacciano alle finestre, uno degli amministratori si è
sentito in dovere minacciare l’intervento delle cd. forze
dell’ordine. Niente di più ridicolo per la potenza di San
Precario!


Improvvisamente il Santo si è
materializzato di fronte alla sede regionale di Cgil-Cisl-Uil di
Sesto S.G. per denunciare l’accordo capestro che i sindacati
concertativi hanno firmato con le cooperative di servizi sociali. Poi
gli operatori sociali hanno cinto d’assedio la sede della CESED, una
delle cooperative sociali in cui la precarietà è vita
quotidiana. Nonostante la serrata immediatamente attuata, la voce del
Santo è riuscita comunque a farsi sentire.


Ma il piatto forte doveva ancora
arrivare. Improvvisamente, cogliendo di sorpresa le forse
dell’ordine impegnate a seguire le manifestazioni di questa giornata
intensa ed emozionante, il Santo ha fatto il suo burrascoso ingresso
alla borsa di Milano, in Piazza Affari, cuore simbolico del
capitalismo contemporaneo, dove il livello di sfruttamento
dell’essere umano sull’essere umano trova la sua illusoria misura.
Per la prima volta nella storia dei conflitti sociali di questa
stanca e immiserita metropoli, la Borsa è simbolicamente
occupata. Uno striscione con 95 tesi sulla precarietà è
stato magicamente calato dai piani alti; nel frattempo un centinaio
di persone gridavano in piazza affari la loro voglia di non subire
più passivamente le scelte scellerate di una finanza criminale
che succhia risorse e precarizza le vite, e di un ceto politico che
senza distinzioni di schieramenti si affanna a correre in soccorso di
un capitalismo in crisi profonda.


Non succedeva da quando, nel 1517,
Martin Lutero affisse le sue 95 tesi sull’indulgenza, fomentando una
serie di rivolte contro il dispotismo dell’epoca.


Non pago di tutto ciò, San
Precario è apparso di nuovo davanti a Mondo Wind e Vodaphone,
denunciando i piani selvaggi di precarizzazione e di costruzione di
immaginari, il cui unico scopo è la commercializzazione della
vita e dei desideri.


Possiamo solo confermare che oggi
segniamo l’inizio di un percorso di iniziative e di rivendicazione
per un welfare metropolitano adeguato ai sogni e bisogni dei precarie
e delle precarie. Non possiamo pagare noi la crisi finanziaria.


Qualunque cosa possano fare o pensare,
lor signori lo sappiano: non potranno mai comprarci l’anima e il
desideri. Siamo irriducibili!.

 

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Poche ma buone nuove

27 Settembre 2008 Commenti chiusi

 

C’è da dire che in giro non si muove quasi nulla nonostante il clima da regime ventennale che serpeggia tra le italiche genti e nelle italiche lande, ma quel poco che si muove ancora fa ben sperare e ogni tanto risveglia la voglia di cambiare ciò che sembra già predestinato a non cambiare mai. 

Oggi tanto per dirne una i ragazzi di Rho, nonostante e forse proprio perché vivono nel cuore della prossima immane culla di contraddizioni e schifezze dell’area milanese, hanno rioccupato un posto per svolgere le attività che li hanno visti protagonisti negli ultimi anni: la mobilitazione contro l’expo e contro il nuovo mostro ideologico del secondo polo fieristico della depressa Milano sopra tutto il resto. Per andare a trovarli basta andare a Pero, via D’Annunzio 25, sottopassaggio all’angolo con via Piave!

Nel frattempo è iniziata l’undicesima edizione dell’hachmeeting, la prima dall’epoca della prima edizione del 1998 a cui non sto partecipando. Fa un effetto strano, ma la scelta del periodo – lo spostamento da giugno a ottobre rende le cose economicamente e lavorativamente complicate da organizzare – nonché la fase che attraversa la mia vita mi hanno reso impossibile partecipare. Forse impossibile è un termine forte, ma diciamo che avrei dovuto mandare all’aria troppe cose per partecipare a un evento che ha necessità vitale di nuova linfa: non che non ci sia, i pischelli ci sono, tutto sta a vedere quanto e come hanno voglia di fare. Nonostante il mio notorio grumpismo voglio esprimere ottimismo, per cui se potete fatevi un giro da quelle parti 🙂

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Ciao Vale

23 Settembre 2008 3 commenti

Non ci sono parole. E quando accade le parole e i ricordi dei vivi sono solo per i vivi. Rimane solo l’eredità di vivere ancora più intensamente. Ciao Vale.

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Morte feroce, morte indifferente

15 Settembre 2008 17 commenti

 

Ieri nella prima fredda domenica di autunno milanese vero e proprio, un ragazzino di 19 anni è stato ammazzato a bastonate. Ci è voluto un attimo perché la canea politica prendesse il sopravvento, tra chi faceva notare – giustamente – come questo omicidio sia frutto dell’aizzamento razzista e fascista che ormai riempie il nostro quotidiano e la quotidiana sfera pubblica del comunicare e del sociale, e chi sgattaiola definendo la morte di Abdoul un banale episodio di violenza metropolitana – e ci permettiamo di dissentire sulla definizione che tali persone possono dare di banalità o normalità. 

Io non conoscevo Abdoul, quindi non mi permetto di dire niente sulla sua storia, sulla sua vita e sulla sua morte. Ma vivo nella zona in cui è stato ucciso, vivo Milano da quando sono nato, combatto la parte più orrenda e oscena di questa città da quando sono nato – non la odio, la combatto. Per cui qualcosa da scrivere ce l’ho, soprattutto dato che la canea ha sommerso le affermazioni più vere e più semplici: quello di Abdoul è un omicidio esemplare, un momento che riassume perfettamente e atrocemente la ferocia e l’indifferenza di questa città e non solo, di tutto il Belpaese schifoso. Infatti nessuno si cura di far notare che il luogo dove è avvenuto l’omicidio di un ragazzino di 19 anni per un pacco di biscotti è a 500 metri da dove le unità militari volute dall’esimio La Russa poltriscono tutto il giorno per "garantire la sicurezza dei cittadini" – ma forse Abdoul non è un cittadino, anche se tutto fa pensare il contrario. Nessuno dice che intorno al luogo ci sono tre (3!) commissariati di polizia e una stazione dei carabinieri (che io sappia, ma forse sono di più), e che le strade intorno alla zona sono un pullulare di volanti a tutte le ore del giorno. Ma anche senza scomodare i tutori dell’ordine in pausa pranzo o caffé, quello che qualsiasi persona dotata di un briciolo di cervello e ancora di un briciolo di umanità dovrebbe chiedersi è: ma non passava nessuno in quei minuti, in quei momenti, che potesse alzare una mano o una parola per fermare il pestaggio? E se passava, perché non ha fatto nulla?

La risposta più feroce di Milano è quella a questa domanda. Ve lo dico io: passava sicuramente qualcuno, ma ha tirato dritto. Ha tirato dritto perché non ci si fa mai i cazzi degli altri, soprattutto quando serve, perché la gente ha paura, e piuttosto che fare una cosa che ritiene giusta ma che è pericolosa, preferisce subire qualsiasi umiliazione e qualsiasi violenza. E ognuno di noi dovrebbe guardarsi allo specchio e chiedersi che cosa avrebbe fatto lui: la risposta onesta a questa domanda distingue chi ancora pensa che ci sia una speranza – in un miliardo – per essere umano, e chi ormai ha perso anche questa ultima triste battaglia. 

à la prochaine

Le brutte notizie non vengono mai sole

4 Settembre 2008 9 commenti

 

Come ripromessomi vedo di parlare anche di altro che non sia la Beneamata, anche se tragicamente in questo post in qualche modo i nerazzurri (intesi come alcuni dei gruppi ultras della Nord) sono i negativi protagonisti. Infatti in Italia di cose allegre, positive e costruttive da raccontare ce n’è ben poche, immersi nella palude del qualunquismo e dell’individualismo peggio delle versioni più cupe degli anni Ottanta. L’Italia è ferma e stagnante, la gente vive al di sopra delle proprie possibilità, tappandosi le orecchie e gli occhi quando va bene, contribuendo attivamente alla caduta nell’abisso quando va male. La gente, perché non c’è un altro termine più nobile per definire le masse che animano le strade e le città italiane in questo momento, vuole colpevoli del proprio disagio, vuole puntare il dito, vuole spingere il proprio dito nell’occhio di qualcuno, vuole colmare con l’odio il senso di inadeguatezza e di sfiga che percepiscono avviluppare il paese. E hanno scelto di conseguenza. Il mio cinismo e il mio approccio etico nichilista mi fa dire "muoiano sotto le macerie che creano", se non che ci sono anche io e non riesco del tutto a rassegnarmi. Così, mentre distruggono a suon di decreti legge quanto costruito (nel bene e nel male) in anni di pseudo welfare e pseudo interesse pubblico, i commentatori si occupano costantemente delle questioni accessorie: nella scuola ad esempio il problema sarà il voto in condotta (sti cazzi) o l’aggressione diretta e senza mezzi termini al tempo pieno e al valore formativo dell’unica parte di scuola italiana che funzionava (le elementari)? Sarà che si cerca sempre più una scuola buona per i ricchi e terribile per i poveri, oppure no? Invece tutti a parlare di sto cazzo di voto in condotta, come se d’incanto risolvesse o meno la scarsa penetrazione della capacità educativa nelle famiglie (perché il problema è lì mica a scuola). 

Arriviamo al tema del post, perché la peggiore notizia della settimana a Milano (se non del mese) è la prossima inaugurazione di Cuore Nero. Per chi non lo sapesse, il circolo culturale dal simpaticissimo nome sarà il punto di ritrovo dei naziskin di tutta la regione, soprattutto di quelli legati alle curve di estrema destra (i protagonisti sono personaggi legati agli Irriducibili dell’Inter, ma non solo loro considerato che il tutto è fatto con i soldi dell’ex cassiere dei NAR, Lino Guaglianone, candidato da AN alle passate elezioni locali). Fin qui in sé sarebbe già una pessima notizia, ma la realtà è sempre peggiore degli incubi, e quindi sarebbe giusto far notare che questo simpatico ritrovo di nostalgici aprirà a 150 metri dalla Cascina Autogestita Torchiera, ampliando il negozio di simpatiche magliette di uno dei militanti del gruppo in un baretto di dubbia frequentazione. Un anno fa più o meno  i loschi figuri stavano per inaugurarlo a 50 metri dalla Cascina, è vero, ma purtroppo pochi giorni prima del lancio qualche benemerito cittadino diede fuoco ai locali rendendo impossibile l’inizio dell’avventura hitleriana. Purtroppo pare difficile che si ripeta il miracolo e nessuno in città si pone il problema di mettere un bel covo di accoltellatori di fianco al luogo in cui le loro vittime preferite si recano ogni giorno. 

Ora, fatto salvo che un posto ai topi di fogna non dovrebbe esistere per svariati motivi che non starò a elencare, ma che sono scritti nei libri di storia e nella Costituzione (unico libro di legge che rispetto, ragione per cui non ne cito altri che pur sarebbero coinvolti), l’idea di aprirlo vicino a uno spazio sociale è buffa e particolare, come anche il fatto che nessuno abbia pensato di dissuaderli, con le buone o con le cattive – e parlo ad esempio dei simpatici omini in divisa, che forse hanno troppo poco lavoro per le mani ultimamente e hanno pensato di  procurarsi un fertile passatempo sulla pelle di qualcun altro: non ci voleva molto a consigliarli nello scegliere un altro territorio no? Ma forse le strategie di prevenzione dei disastri non sono la specialità delle istituzioni italiane e quindi dovremo accontentarci. Come al solito toccherà alle persone difendere la propria libertà di muoversi e di agire dai modi e dalle idee che la storia avrebbe dovuto seppellire con più decisione di quanto non abbia fatto. 

Lo scrivo così nessuno poi potrà recriminare: la responsabilità di ogni macello che succederà è di chi ha scelto di aprire Cuore Nero, di aprirlo in un certo luogo con un certo fine, e di chi lo sta consentendo facendo finta che non abbia alcun effetto su quanto di peggio la città di Milano ha già da offrire. D’altronde dimenticavo che la cosa importante è cancellare un graffito di amore e memoria fatto su una parete di 20 metri di un’area semiabbandonata in una via priva di qualsiasi decoro e cura urbana: questo sì che è il pugno duro contro i violenti e i teppisti. Di fronte a tanta solerzia dell’amministrazione cittadina bisogna essere orgogliosi, dato che il sillogismo è spontaneo: se le autorità non si preoccupano di un circolo di nazisti, vuol dire che non sono pericolosi o problematici, no?

Appuntamento dalle 15.00 in Cascina Torchiera sabato 6 settembre 2008. Ah, dimenticavo, non c’è il campionato sto week end quindi indovinate tutti i dementi che popolano gli stadi del Nord Italia dove saranno? Su, alzate il culo e sostenete la Cascina (parafrasando i CCCP). 

Corsa indietro nel tempo

14 Giugno 2008 3 commenti

 

Dopo le leggi razziali e quindi dopo aver riportato l’orologio al 1938, le notizie di oggi ci recano la lieta novella di un ennesimo passo indietro. Con il DDL che prevede l’uso dell’esercito come forza di polizia penso infatti che ci potremmo collocare all’inizio degli anni 30. Devo controllare l’anno esatto, ma penso risalga a quell’epoca il precedente se non collegato ad emergenze nazionali come i vespri siciliani. Ovviamente nessuno troverà strano che dei signori in tuta mimetica con fucili mitragliatori si aggirino per le strade di una moderna democrazia alla soglia del 2010, ma se avessero un minimo di intelligenza e cultura storica si preoccuperebbero. D’altronde quando descrivono i paesi distrutti da guerre civili e da un economia da terzo mondo la prima cosa che balza agli occhi è la confusione nell’uso della forza e nei suoi protagonisti. Strano che adesso nessuno lo noti, no? Non vi preoccupate: il prossimo passo è l’istituzionalizzazione delle ronde come forme di polizia dal basso (nessuna analogia con le squadracce e le camice brune, non vi fate abbindolare dai "comunisti"!!!). Poi manca solo il partito unico.

Nel frattempo, tra un passo indietro delle lancette e l’altro, il governo Berlusconi e i suoi alleati hanno trovato il tempo di fare milioni di DL, DDL, decreti e decretini sulle vere emergenze del popolo italiano, quelle becere e nazional populiste fomentate dai giornali di cui sono proprietari confindustria e lo stesso governo (un’altra strana analogia con il passato) e non certo l’economia o il welfare.
 Ma non solo: con il necessario decreto sulle intercettazioni riprende l’antico vizietto delle leggi ad personam cancellando con un colpo di spugna i propri processi, quelli passati e futuri, eventuali problemi per tutti coloro che fanno parte della gestione della cosa pubblica fino ad arrivare al processo all’ex capo della polizia Gianni De Gennaro per istigazione alla falsa testimonianza. Certo io difendo la privacy e la tutela dall’intercettazione selvaggia, come anche dall’esposizione dei nomi delle persone. Ma per me chi fa parte della vita pubblica di una democrazia non dovrebbe temere la pubblicità della propria vita, ma forse sono io che la vedo stranamente e che ho un concetto arcano di "responsabilità". In ogni caso non temete: per un pluriomicida romeno le intercettazioni si potranno fare, ma per un mafioso no, per un rapinatore albanese sì, ma per un politico corrotto si devono trovare altre prove. Quali? Andate a chiederlo ai magistrati, non certo al governo in carica, mica potranno fare e disfare tutto loro!

Voto: 3 (a scendere, per l’Italia)

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