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Archivio per la categoria ‘movimenti tellurici’

Alla fine sono solo sei anni

12 Ottobre 2007 Commenti chiusi

Sei anni: da genova sono passati sei anni, e nessuno sembra più voler ricordare o volersi scandalizzare delle enormità che vengono dette nelle aule di tribunale da pm sempre più compiacenti a una visione del mondo che sembra essere stata pensata da una divisa [ unoduetrequattro ], o della faccia tosta di testimoni falsi come giuda (che forse di secondo nome fa Toccafondi). Mentre a genova si consuma lo stupro della nostra memoria collettiva (v. sotto l'editoriale a firma SupportoLegale uscito su Liberazione e Manifesto mercoledì), a Milano è cominciato il processo di appello per i fatti dell'11 marzo. Da un pezzo sul mio blog e da uno sul blog del mio socio blackswift ha elaborato un intervento su carmilla dedicato alla nouvelle vague culturale da cui stiamo venendo invasi.

In compenso sei anni sono anche il numero di anni che i nuovi lavoratori vedranno come tempo minimo di contratto a termine grazie all'ipocrita e vergognoso patto sul welfare che in tutta fretta dopo un referendum bulgaro (tra l'altro caratterizzato da scarsa partecipazione e dubbi sistemi di votazione) i sindacati confederali si sono affrettati a sostenere e il Governo a trasformare in ddl. Nulla di buono uscirà da questo accordo, che non è nient'altro che un altro passaggio nel quale i precari vengono presi in giro, i problemi della ristrutturazione del mercato del lavoro esasperati, il tutto camuffato da un generico appello al welfare che con il benestare delle persone non ha nulla a che fare. Mi ricorda la situazione in cui mia madre mandò finalmente affanculo i sindacati confederali, dopo l'accordo sulla scala mobile: direi che il salto nella merda è abbastanza analogo, con buona pace di democratici e "innovatori" di sinistra alla ichino. Se dobbiamo essere governati da ragionamenti di destra, ridatemi quella vera, almeno lo scontro è senza maschere.

Sembrano due cose distanti, ma il problema è che non lo sono per niente. L'offensiva culturale e politica che subiamo è la stessa, è bipartisan, e gli unici a non farne parte sono quelli nella nostra stessa situazione di merda. O forse anche loro sono parte di quella platea silente, ipocrita e compiacente, che non si smuove mai, a meno che non si tocchino quelle poche schifosissime cose da cui è coinvolta direttamente. Troppo facile così. Troppo facile lo scandalo a tempi alterni.  

PS: ah, dimenticavo quasi, hanno dato il Nobel per la pace ad Al Gore e il Nobel per la letteratura a Doris Lessing. QUalcuno ha ancora dei dubbi sulla regressione cerebrale planetaria?

 

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Venerdì al folletto, sabato in darsena

10 Ottobre 2007 8 commenti

 

 

 

 

Venerdì sera al folletto di abbiategrasso si parla di processi con il mio avvocato preferito. Ovviamente tutti coloro che hanno curiosità rispetto a genova e come si stanno concludendo i casi legali è invitato a fare un salto. Il giorno dopo, sabato 13 ottobre, alle 14.00 presumo sia obbligatorio andare a dare una mano anche solo con la propria presenza al rifacimento del graffito per commemorare Dax in darsena sui navigli. Ci vediamo lì. 

UPDATE: ovviamente la questura ha negato il permesso in darsena, con prevedibili problemi di OP. Altrettanto ovviamente ci manca il cinismo per invitare Sgarbi che pur essendo notoriamente un paraculo è l'unico che in questo momento sta difendendo questi graffiti ed è l'unico che potrebbe garantirci un minimo di visibilità in positivo sul problema di OP che si verificherà. Ci vediamo lì in ogni caso.

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Milano torna agli anni 80. Qualcuno aveva nostalgia?

10 Ottobre 2007 1 commento

 

Ieri a Milano un banchetto di studenti di destra spalleggiati da naziskin dell'area di Cuore Nero in Università Statale, di fronte alle contestazioni verbali di altri studenti di sinistra,  ha menato i contestatori facendone finire uno all'ospedale. All'uscita dall'ospedale, di fronte alla non disponibilità dell'aggredito di sporgere denuncia gli uomini delle volanti hanno pensato bene di pestare i quattro malcapitati, insultandoli. Il solito approccio democratico delle forze dell'ordine.

A Milano è solo l'ultimo episodio che ripiomba la città nella atmosfera gretta e cruda dei suoi anni 80, pieni di eroina, cocaina, socialisti, e rapporti per nulla mediati tra i soggetti di conflitti sociali. Forse qualcuno ne sentiva la mancanza, soprattutto in questura. Io personalmente stavo bene così, senza averli conosciuti come adolescente ma solo come ragazzino. 

Adesso l'eroina e la cocaina la usano insieme i pischelli più danarosi, mentre per i poveracci ci sono ketamina tagliata male e crack. I fasci sono in salute e governano la città insieme agli imprenditori, cancellando pezzi storici dell'immaginario della città e pretendendo sedi ufficiali. Intanto i posti vengono sgomberati a ruota e nulla si muove, manco per lamentarsi. La gente si accontenta delle panzane su sicurezza e violenza, e quando c'è di mezzo un motivo politico i reati usati si aggravano di un paio di ordini di grandezza (vedasi la devastazione e saccheggio per i fatti dell'11 marzo, o la violenza privata per un picchetto). Ma anche quando le faccende giuridiche riguardano la marginalità meno "pulita", come rom, migranti, e via dicendo (l'ultima è il GIP Panassiti che ha condannato una rom a 2 anni per rapina di shampoo e bagnoschiuma motivandola con la "chiara esasperazione dei commercianti": di fronte ai bottegai come non comprendere il dovere morale di punire con severità?). I ragazzini si trovano in corso Como, si riempiono di bamba e poi tirano a sorte una persona dall'aspetto "di sinistra" da gonfiare di botte, mentre i loro fratelli minori si litigano le sigarette mentre sono ancora all'elementari. La città è devastata di parcheggi e lavori abusivi, ma gli unici problemi sono due murales in croce (tra l'altro pure belli e ben fatti). Ci ritroviamo con Vittorio Sgarbi unico protettore della libertà di espressione, vedete un po' come siamo messi. Qualcuno veramente aveva nostalgia di tutto questo? 

Materiali: report di asso | report del mio socio

 

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I reati associativi in Germania: l’articolo 129a (analogo del nostrano 270 bis e seguenti)

8 Ottobre 2007 1 commento

Ripropongo qua sotto la traduzione di un testo che verrà pubblicato su Statewatch a breve, scritto da una dei loro attivisti, circa la vicenda che ha visto recentemente sollevarsi un certo putiferio in Germania: tre attivisti e quattro sociologici vicini al movimento sono stati arrestati con l'accusa di fare parte di un gruppo terroristico. Le prove, soprattutto per i sociologici, starebbero nelle parole che usano nei loro articoli ("gentrification", "marxista-leninista") e nella possibilità di accedere alle biblioteche universitarei, oltre al fatto di aver dimenticato il proprio telefono a casa una sera andando a bere una birra con uno degli attivisti arrestati. Questo popò di prove basta usando le misure dell'articolo 129a del codice penale tedesco (analogo al nostro 270/bis) per portare una persona normale a farsi oltre un mese di isolamento 23 ore al giorno, nelle forme detentive più dure inaugurate per punire i rivoluzionari della RAF ma tuttora usate come una sorta di Guantanamo tedesca. Il testo è molto completo e secondo me vale una lettura. Per maggiori informazioni: il sito della campagna.

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Una settimana densa di segnali

7 Ottobre 2007 3 commenti

 

E' stata una settimana intensa, dura da digerire, in cui
controllare la voglia di spaccare i banchi delle aule di tribunale è
stato tutt'altro che facile. E' stata una settimana che ha aperto con
decisione la chiusura di alcuni tra i processi più importanti della
nostra fase di movimenti, che ne definiranno la coda repressiva e la
verità storica che molti associeranno agli eventi oggetto del caso
processuale. In questi giorni sia io che il mio socio stiamo
riflettendo molto sul senso del lavoro che ormai da qualche anno
facciamo nello stare dietro ai processi, ai loro meccanismi
comunicativo/burocratici e al loro senso politico, anche perché le
operazioni in atto sono di fatto convergenti (che avesse ragione
Mastella? 🙂

Infatti a Genova si stanno lentamente esaurendo le
testimonianze degli imputati del processo di Bolzaneto, l'unico in cui
forse giudici e procuratori trattano le forze dell'ordine con il
sarcasmo necessario: sarà anche perché è il processo in cui queste
ultime rischiano meno. In ogni caso le panzane che tutto il personale
del lager di Bolzaneto è venuto a raccontare in aula non sono
meritevoli di attenzione, se non per iniziare a far salire il livello
di bile.

In compenso nel processo contro 25 manifestanti per
devastazione e saccheggio relativo agli scontri di piazza i pm Anna
Canepa e Andrea Canciani hanno esordito con una requisitoria
estremamente politica pur dichiarando dall'inizio che loro malgrado si
devono occupare solo dei fatti del processo, ovvero dei crimini
commessi dai manifestanti. Condannano le violenze della polizia e dei
carabinieri, e la loro incapacità di gestire l'ordine pubblico in
maniera diversa da quella di una guerra tra bande, ma di fatto offrono
agli avvocati difensori della polizia nel processo Diaz elementi facili
da strumentalizzare per portare un attacco ai pm che hanno causato le
dimissioni di Gianni De Gennaro e l'unico processo politico ai vertici
della polizia italiana a memoria di uomo. Quello che si dice
solidarietà professionale. 

Canepa e Canciani sono infuriati,
questa è la verità: ma non tanto con i manifestanti, che comunque
secondo loro si arrogano il diritto di manifestare e protestare sopra
le righe (o forse fuori dalle linee), ma soprattutto con politici, con
leader, con tutti coloro che sono venuti a testimoniare solo per
partito preso, ricordandosi le violenze della polizia e non quelle dei
manifestanti. I pm sono la verità incarnata, si sa, si sentono
depositari del verbo e non tollerano che qualcuno a parte loro si
permetta di fare politica in un'aula di tribunale. Quindi la loro
rabbia va verso chi si permette di ricordarsi il sangue dei
manifestanti e non che l'assalto al blindato poteva finire in una
tragedia dieci volte maggiore che non quella del defender in piazza
alimonda, oppure che alla fine della fiera le cariche sono durate in
tutto un paio di minuti, in termini di contatto corpo a corpo, e che
quindi non possono giustificare tutta questa enfasi sulla reazione dei
manifestanti totalmente illegittima.

Canepa e Canciani, come farà
anche il capo procuratore Fontana nell'appello del processo per i fatti
dell'11 marzo a Milano, confermano di negare in apertura di
requisitoria, proprio il senso ultimo delle loro arringhe: manifestare
a genova con qualsiasi cosa che non fosse pura testimonianza era ed è
reato, la reazione delle forze dell'ordine è stata esagerata ma neanche
troppo, e se non fosse stato per loro ci sarebbero state più vittime, e
tutto quanto è avvenuto a genova è avvenuto con la imperdonabile
copertura di politici che non sono capaci di fare il loro mestiere,
ovvero governare il potere per conto del potere. I due pm prevedono le
linee difensive e le impugnano, gridano come ossessi contro chi
cercherà di dimostrare che la reazione dei manifestanti era legittima e
che le forze dell'ordine hanno fatto alcunché. Quello che di male
potrebbero aver fatto sta in altri processi e non ci riguarda, perché è
evidente a tutti che non si tratta di un'unità temporale definita, in
cui ogni evento influenza gli altri, o meglio lo è ma solo per lo stato
psicologico delle forze dell'ordine.

L'aggressione politica dei
pm a tutto ciò che non è la loro personale visione della democrazia e
dell'ipocrita moralità della legge, è netta e senza alcun tentativo di
diplomazia. I difensori dei 25 siano avvisati.

Intanto l'altro
processo genovese, quello per l'irruzione alla Diaz e al mediacenter,
entra nella fase della guerra totale: se da un lato la procura ha
tirato in ballo il capo della polizia come concorso in istigazione in
falsa testimonianza, inanellando una serie di richieste di indagine per
false testimonianze a carico di pubblici ufficiali che non si vedevano
da tempo (ma che tutti sanno avvenire regolarmente quando ci sono da
coprire le malefatte del corpo), dall'altro gli avvocati delle difese
rilanciano usando i tipici strumenti di chi non trova nei fatti alcuna
salvezza: attacchi mediatici ai pm, accuse di furto ai danni dello
Stato, tentativi di dilazione nel tempo, sarcasmo e l'attesa e
innegabile complicità del tribunale, che piuttosto che ammettere il
marcio che si annida nelle forze dell'ordine nostrane si taglierebbe
tutte e due le mani, nonostante le evidenze.

In questo contesto
processuale si è inserito l'appello per i fatti dell'11 marzo a Milano.
L'apertura del capo sostituto procuratore ci dice esattamente di che
cosa si tratta, attraverso una negazione (excusatio non petita…):
"questo non è un processo politico; le scelte fatte dal pm Basilone non
sono state delle operazioni di speculazione policia". Come a dire: non
provate a dire che i magistrati fanno parte del meccanismo del potere,
perché vi spezziamo le reni, pezzenti che non siete altro!

Infatti
è chiaro a tutti che una condanna a 4 anni (in realtà 6 ma ridotta per
il rito abbreviato) per essere presente a qualche metro da una
barricata in fiamme, non è per nulla una conduzione politica di un
processo. Come le scazzottate su un treno con un fascistello divenute
rapina con 3 anni e 8 mesi di condanna non lo sono. O l'assoluzione
delle forze dell'ordine che irruppero nel pronto soccorso del San
Paolo. O gente che è in autoesilio per essere stata condannata a 4 anni
per aver rubato un prosciutto. Tutto questo non è politico e non è
strumentale: anche dire che il fatto più grave è l'incendio dell'AN
point in un palazzo chiaramente abitato (è disabitato da dieci anni ed
è anche stato occupato circa un anno prima dei fatti a scopo
dimostrativo). 

La bile sale. I processi che affrontiamo sono
un'offensiva assoluta non solo contro alcune persone, presi come
vittime sacrificali della chiusura di una fase storica, ma anche contro
la realtà storica di quello che è avvenuto e di quello che ha
significato. Intorno non accade nulla: quelle trecentomila persone che
sul lungo mare sono state violentate dalle cariche e dai lacrimogeni
per ore non sentono il bisogno di gridare a canciani che i lanci non
"erano esclusivamente limitati a piazza Rossetti"? O che la sensazione
delle cariche in via Tolemaide era molto di più che quella di "un paio
di minuti di corpo a corpo"? O che ancora quando ci racconta che tutti
gli attacchi più gravi delle forze dell'ordine contro i manifestanti
(Manin, Tolemaide, Corso Italia) diversamente da quanto sbandierato
sono stati iniziati proprio dalla polizia e dai carabinieri, dovrebbe
vergognarsi? Dove sono queste trecentomila persone? Si nascondono in
una vita che gli faccia dimenticare di vivere in un regime più subdolo
di quello che c'era mezzo secolo fa, ma che non è molto diverso in
termini di obiettivi? E dove sono le persone che hanno reso Milano
medaglia d'oro della resistenza? Stanno facendo una faccia schifata
mentre fascisti di ogni risma se la ridono nei salotti buoni e nel
consiglio comunale? Che cosa fanno per cambiare qualcosa? Nulla.

Perché
agire è sbagliato. E' immorale. E' pericoloso, soprattutto perché
rischierebbe di convincere un po' tutti che è la cosa più normale e
naturale da fare.

Materiali

Udienze di Bolzaneto: PeruginiGugliottaPoggiTolomeo e FornasiereNurchis

Udienze Diaz

Udienze 25: prima parte e seconda parte della requisitoria del PM

Processo 11 marzo: requisitoria PM all'appellodovevadoevado

Processo San PaoloI fatti del San Paolo

I punti di vista al volo miei e del mio socio

Supportolegale

Mentre a Genova vola la merda, a Milano speriamo torni il bel tempo

4 Ottobre 2007 3 commenti

 

UPDATE: io e il mio socio come blackswift abbiamo pubblicato un testo estrapolato dai nostri rispettivi interventi anche su carmillaonlineleggere per credere! 🙂

A Genova tra procura e difese dei poliziotti implicati nell'irruzione alla Diaz vola letteralmente la merda, complici pennivendoli e gente che continua a preferire una finta buona fede di gente in divisa che la cruda verità delle persone normali, a Milano domani venerdì cinque ottobre 2007 inizia il processo di appello per i fatti dell'11 marzo.

L'11 marzo un gruppo di 200-300 persone circa ha cercato di impedire che circa mille neofascisti sfilassero nel centro della città. Non riuscendo a raggiungerli per l'imponente schieramento di polizia in piazza Oberdan (Porta Venezia), i presenti hanno eretto delle barricate e ingaggiato un rapido scambio di lanci con le forze dell'ordine (durato in tutto 30 minuti). Durante la carica le forze dell'ordine hanno arrestato 45 persone, di cui un terzo sono state rilasciate perché non c'entravano nulla facendosi però qualche giorno di galera, un altro terzo è stato assolto perché non vi era una sola prova che avessero fatto alcunché, un terzo è stato condannato a 4 anni (ovvero 8, ridotti a 6 per le attenuanti e a 4 per il rito abbreviato) per devastazione e saccheggio. Questi ultimi hanno almeno una foto che li ritrae travisati in piazza (notare che sono stati sparati decine di lacrimogeni). Solo due o tre di questi hanno foto in cui lanciano uno o due sassi. Nessuno di questi si e' reso protagonista di incendi, di lancio di razzi, o di lancio di bombe carta imbottite di chiodi (che non ci sono mai state, dato che la foto a cui viene associato questa affermazione della polizia è in realtà il tipico cartone in cui ti vendono i chiodi a tre punte in un qualsiasi ferramenta). Quattro anni per essere presente a una manifestazione che degenera. I naziskin che hanno accoltellato quattro persone fuori da conchetta (di cui due in pericolo di vita) hanno visto in appello derubricato il tentato omicidio in lesioni: due anni e condizionale. Forse l'indicazione è: smettetela di giocare e datevi sul serio alla barbarie. Dovremmo tenerne conto.

In occasione del processo contro i 29 imputati per devastazione e saccheggio per i fatti dell'11 marzo, complici le elezioni e un sempre più spinto moralismo che confonde violenza e sicurezza, barbarie e legalitarismo, nonché la contemporaneità delle elezioni comunali, nessuno ha avuto la coscienza di affermare che l'uso politico dei reati del codice penale è ormai totalmente fuori controllo. Il comitato dei genitori e i pochi che si sono spesi per difendere le persone accusate sono stati lasciati sostanzialmente da soli per mesi, mentre 27 persone (di cui poi 9 assolte) passavano mesi in galera.

Ora è passato del tempo. Non ci sono più le elezioni. Non c'è più lo shock mediatico di mezza barricata che brucia in mezzo alle vetrine di Milano. E' tempo di ridare alle persone la loro libertà per una cosa che non è come la si è voluta dipingere con la complicità di Basilone (il pm titolare dell'inchiesta) e dei favori che deve ai carabinieri (che sono i veri "spingitori" dell'inchiesta). E' tempo per tutti di ammettere di essere stati vittima di un abbaglio misero e moralista, e di aver lasciato soli persone che non lo meritavano. E' ora di capire che se un tentato omicidio diventa lesioni, allora le nostre accuse per devastazione e saccheggio, rapina, e chi più ne ha più ne metta dovrebbero smettere di esistere. A meno che le "toghe rosse" continuino a operare come quando c'era il PCI, per eliminare tutti coloro che stanno a sinistra e per mettere in difficoltà mediatica, ma senza colpire veramente gli avversari politici che però combattono per le stesse poltrone. A buon intenditor…

 

Genova non è finita

1 Ottobre 2007 Commenti chiusi

Gianni Biondillo, che ho beccato al cinema mentre ci gustavamo entrambi la rassegna sui film di Venezia, mi ha chiesto se era possibile avere un report a scadenza regolare su come stava andando Genova. I processi sono in dirittura di arrivo, e io mi sto puppando tutte le udienze che riesco grazie al sostegno dei miei compagni e compagne in supportolegale. Le udienze sono sette in cinque giorni quindi dovrei essere pure ubiquo, ma ancora non ce la faccio. In compenso trovare spazi dove fare emergere che i processi non sono finiti e che come sempre a pagare di più saremo noi, è fondamentale (ogni gancio è ben accetto, anche la rivista Gnosis, se vogliono 🙂

Ripropongo il pezzo che è uscito oggi su Nazione Indiana anche qui. Presto ne farò uno anche per Carmilla. Intanto forse sarebbe il caso che ci si ricordasse che a novembre finirà il processo contro 25 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio che verosimilmente prenderanno 10 anni a testa di galera, mentre tra novembre e febbraio finiranno i processi per l'irruzione alla Diaz e per le torture di Bolzaneto, che si spera vedranno almeno in primo grado qualche condanna (ovviamente non ve lo dico neanche che in questo caso ci penserà la prescrizione a chiudere il processo prima di una sentenza definitiva).

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Dieci anni di hackmeeting: una critica politica per incitare a una nuova prospettiva

27 Settembre 2007 5 commenti

 

L'hackmeeting è arrivato al suo decimo anno di vita. Nel 1998 parlavamo di free software, di attitudine hacker, di privacy, di diritti digitali, di accesso e accessibilità, di apertura, di produzione cooperativa dal basso degli strumenti di comunicazione e di informazione. Nel 1998 ancora pochissime persone avevano idea di che cosa fosse un sito o un email, mentre le strutture autorganizzate avevano già fanzine, circuiti telematici, mailing list e un vero e proprio network digitale. L'attitudine hacker, la voglia di mettere le mani in pasta nelle cose e di trasformarle era facilmente mixabile con la voglia di una realtà diversa, l'istinto per l'insurrezione e la rivolta. L'hackmeeting è nato su queste basi, dallo sforzo di tutti gli smanettoni ante litteram che circolavano in Italia di trovarsi e ragionare insieme su tecnologie, politica, cultura digitale.

Facciamo un saltino in avanti: tra il 1998 e il 2007 sono successe molte cose, molti progetti hanno segnato dei passaggi senza ritorno dell'evoluzione delle tecnologie di comunicazione e molti ancora si sono conclusi con una parabola spesso anche molto ripida. Gruppi spontanei di smanettoni politicizzati sono sorti un po' ovunque dando vita agli hacklab e a decine di campagne, di corsi e di seminari, mentre le energie di molte persone si focalizzavano in progetti di infrastrutture alternative e autonome come ecn.org, autistici.org/inventati.org, e soprattutto indymedia. E' stata una stagione di relazioni incredibili in cui per la prima volta dopo anni quello che dicevamo non è rimasto confinato nei nostri ghetti ma ha rotto gli argini, coinvolgendo centinaia di migliaia di persone.

Lentamente i nostri contenuti e i nostri cavalli di battaglia sono permeati nel linguaggio comune, nelle cognizioni ordinarie delle persone che ci circondano: la differenza tra l'essere raggiunti dal e il conquistare il contesto in cui ci si muove sta tutta nella dimensione delle sfumature e della prospettiva. Tutte politiche. Tutti sanno cos'è linux, tutti sanno cos'è il free software e la creative commons, il termine privacy è diventato di uso comune, e addirittura la crittazione non è una parola tabù relegata nei testi sacri degli hacker. E noi? La nostra proposta culturale e politica è cresciuta?

La drammatica risposta è no. Dopo una fase di grande distacco rispetto al mainstream, non siamo stati in grado di aggiornare la nostra agenda di intervento culturale e politico. Siamo rimasti schiacciati dal nostro orizzonte, non siamo riusciti a spostarlo in avanti alla stessa velocità della realtà.

Soprattutto quanto del portato non strettamente tecnologico è riuscito a permeare chi ci circonda? Tutti hanno imparato a usare un sistema UNIX (si fa per dire, ovviamente!), ma quanti al momento necessario saranno disponibili a cospirare con noi? Quanti staccheranno la spina nel momento in cui sarà necessario colpire un sistema che ci vede come virus da sfruttare per produrre le proteine giuste per le proprie cellule ordinate e disciplinate?

La valutazione sul nostro successo sta in queste domande: abbiamo portato anche gente molto giovane a transitare per l'hackmeeting, ma quanto hanno portato a casa del nostro modo di vedere la realtà? Poco.

E' naturale che le persone si inseriscano nel mondo reale, trovando reddito attraverso le competenze che hanno acquisito, ma il punto è quanto sono consapevoli del loro ruolo strategico, della loro forza contrattuale nella definizione della realtà? Quanto insieme al reddito hanno acquisito anche la mentalità del loro datore di lavoro o di etica? I nostri amici esperti di sicurezza informatica, di fronte a un ragazzino che gli sfonda il server, lo copriranno magari facendosi una risata, oppure correranno dalla polizia e dal proprio principale per denunciarlo?
Il nostro limite sta tutto nelle risposte a queste domande. Che sono quasi sempre diverse da quello che ci piacerebbe che fossero.

La verità è che dei nostri discorsi è stato recepita solo la porzione compatibile con il mainstream (o che poteva essere resa tale con una attenta operazione di comunicazione/influenza), con il beneplacito di tutta la comunità, che non è stata quasi mai in grado di distinguere dove finiva la manovra tattica nostra e dove iniziava la controffensiva strategica dei nostri avversari culturali.

Ovviamente questa critica è feroce e ingenerosa, e nessuno si stupirà che sia io a farla, con la mia fama di stronzo cosmico: abbiamo fatto tantissimo in questi dieci anni, cose che nessuno si sarebbe aspettato potessimo fare (tanto per dirne una, avere un sito di informazione con più contatti del maggiore quotidiano online :), ma come dice il saggio se si cade da più in alto ci si fa più male. E soprattutto incensarsi non serve a individuare prospettive interessanti, ma solo a compiacersi (cosa che ognuno di noi può fare agilmente nel suo intimo ogni giorno).

A onor del vero ci sono anche una serie di ragioni che prescindevano da noi (almeno in parte) e che hanno contribuito a questi nostri limiti: il contesto politico in cui ci siamo mossi è stato incapace di evolvere e di crescere, confermando la natura conservatrice di gran parte della sinistra extra-istituzionale (e istituzionale). Ci si è fermati sempre a un passo dall'osare il balzo oltre il nostro stesso margine ideologico. E nessuno è stato in grado di passare il testimone a una nuova generazione contemporaneamente anagrafica e politica. Ci sono dei pischelli che ci accompagnano, ma sono figli della nostra stessa generazione politica, e ne scontano sia le sconfitte che le amarezze.

Ricominciamo da zero: l'occasione di una cifra tonda ci offre la possibilità di ripensare dal nulla il tipo di intervento su tecnologie e comunicazione che ci porti a non ripetere gli stessi errori e a non incontrare gli stessi ostacoli. Abbiamo chiuso la sinusoide della nostra fase. Ora ne inizia un'altra, tutta da inventare e in cui sono ancora tutte da decidere le cose importanti e le prospettive. Non ci facciamo sfuggire l'occasione. 

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Affinità e divergenze…

26 Settembre 2007 Commenti chiusi

Molti racconteranno un'altra versione del primo incontro in un ciclo che vedrà la banda di cw affrontare sempre più impervi (in quanto surrettiziamente vicini) nemici, ma quella che leggete nel post del compagno rozzoblu è come l'abbiamo vissuta noi, anche se ha dimenticato il lancio di volantini per l'abolizione della schiavitù del lavoro e l'inno all'internazionale cantato da tutto il quartiere isola in sedici lingue diverse.

A breve arriveranno anche valutazioni più opportune, ma vogliamo lasciarvi il dubbio su dove sia la verità e dove il sogno 🙂 

Intanto potete trovare l'audio completo qui: intelligence precaria 

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Mangiatevi sta mmerda!

24 Settembre 2007 1 commento

Ieri a Milano si inaugurava la mostra di Vivienne Westwood guru della moda con il vizietto di scopiazzare le sue idee dove nascono, ovvero dalle parti dei movimenti controculturali (per dirla con un eufemismo). Il creattivismo di Serpica Naro e delle sue militanti ha colpito ancora presentandosi all'inaugurazione e riuscendo a intortare senza colpo ferire l'orgoglio di Westwood, Sgarbi e soci. Devo dire che il buon Vittorio recupera sempre più punti, e pensare che l'ho sempre detestato. Gustatevi il report di blanquita e il video montato da espanz: imperdibile

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