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Archivio per la categoria ‘pagine e parole’

E’ uscita la quarta e ultima parte di Novecento e Uno, il racconto di blackswift ispirato ai fatti di catania

8 Aprile 2007 3 commenti

 

Oggi, dopo due settimane di gestazione (il mio socio è una persona impegnata) è uscita finalmente la quarta e ultima parte del racconto di blackswift ispirato ai fatti di Catania. Questa parte comprende gli ultimi capitoli (dal 13 al 19) che includono un viaggio nel mondo degli Uffici Reperti dei tribunali, un cimitero, salme, cadaveri, autopsie, e la verità sul golpe del temutissimo Grossolani, futuro premier in barba al suo passato indiscutibilmente fascista.

A breve sul sito di blackswift troverete anche una prestigiosa versione in PDF di Novecento e Uno con alcuni allegati per chi ha la memoria corta. Ringraziamo anche i vari siti di malati di mente che hanno deciso di dare visibilità al racconto, tanto per evitare di guardare gli eventi che ci circondano ogni giorno sempre da una sola prospettiva, quella più banale, più facile, quella che vorrebbero propinarci sempre come l'unica possibile.  

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Blackswift su radiopop

7 Aprile 2007 Commenti chiusi

Un paio di settimana fa, senza che noi ne sapessimo nulla, Carlo Oliva ha recensito su Zoe, a Radio Popolare, Monocromatica. Vi offriamo il suo punto di vista nonostante sia molto impietoso nei nostri confronti anche senza conoscerci né sapere chi siamo e cosa facciamo, e nonostante sia impietoso lo scempio che fa della lingua italiana e lingua inglese il recensore stesso (melting bot… blackswith….). Individua bene o male qualche tema del libro, ma non coglie minimamente il nostro totale disinteresse per "l'originalità" e per la "fama", forse memore di suoi precedenti amici o conoscenti emersi dalla scena "underground" la cui attitudine cerca-successo ci cuce ingiustamente addosso. Cerca di individuare nel libro secondi e terzi fini che non ci sono, ma fortunatamente lo conquistiamo con la vera protagonista del libro: Milano. Il desiderio di rimbrotto del critico fa un po' sorridere, soprattutto quando coglie un riferimento a Tito Livio che vive solo nella sua testa. Ringraziamo per aver comunque dato visibilità a quello che abbiamo scritto, ma ci spiace che l'età e l'esperienza di Oliva non gli consenta di vedere più in là del suo fine naso di critico (siamo sicuri che con il suo benestare saremo prima o poi dei "grandi autori", come sembrano essere quelli che lui ama e apprezza, ihihihihih).

PS: speriamo che non si offenda per l'irriverenza, ma se avesse provato a confrontarsi con noi magari avrebbe scoperto sia il nostro gusto che per la polemica che il nostro totale disinteresse per l'arrivismo 🙂

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Blackswift e Kai-Zen a Tutti i colori del Giallo (Radio 2)

2 Aprile 2007 Commenti chiusi

Domenica alle 13.00, prima di scagliarmi verso San Siro, io e il mio socio siamo finiti negli studi di Radio 2 in compagna di Luca Crovi, Kai-Zen ed Eveline, a parlare e straparlare di Monocromatica e de La strategia dell'Ariete. La chiacchierata è stata molto piacevole, e oltre a trovarla sul podcast della trasmissione Tutti i colori del giallo, la ripubblico qui a una qualità un poco inferiore 🙂

 

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E sette: fantasy magazine

25 Marzo 2007 Commenti chiusi

 

La settima inaspettata recensione è sul sito Fantasy Magazine. Ripubblichiamo e ringraziamo 🙂

Monocromatica, oscuri misteri del passato incombono su Milano

Dietro uno pseudonimo il romanzo di due autori italiani, a metà tra il noir e il fantasy. Da Mondadori nella collana Colorado Noir

Si presenta all’attenzione dei lettori R. S. Blackswift, con il romanzo Monocromatica. Ma questo è un nom de plume dietro al quale si nascondono due autori italiani; come scritto nel risvolto di copertina, due "attivisti dell'underground milanese".

La Colorado noir, distribuita dalla Mondadori, sta presentando romanzi del tutto particolari e interessanti nel campo del noir. Questa volta aggiunge un altro tassello dove il genere è ben miscelato al romanzo storico e al fantasy.

Come dichiarano gli autori nel sito blackswift.org il romanzo, pubblicato su questo sito con il titolo Rapsodia Monocromatica, è molto cambiato e si è evoluto, anche grazie all’esperienza e ai consigli di chi ne ha proposto la pubblicazione (Sandrone Dazieri e Andrea Cotti).

La trama si svolge in una riconoscibilissima e moderna Milano, che con il suo carattere cosmopolita fa da sfondo a questa storia intricata; dove prevale il mistero, la complessità dei quattro personaggi e un libro scritto in una lingua che non esiste. Il libro, se decifrato, sarà la chiave per trovare un misterioso luogo dentro Milano, che sarebbe dotato di poteri soprannaturali.

Monocromatica, ripetiamo è una commistione di generi, tra il noir (killer, bassifondi, pedinamenti) e il fantasy con la classica “quest”, fatta da un gruppo etereogeneo di personaggi, magia e tanto altro. Il romanzo è disponibile anche online, sul sito citato.

Un brano del romanzo:

"Il druido è molto più vecchio di Grunhir, lo si nota dalle strisce grigie nei capelli ancora folti e lunghi. Si avvicina al luogo dove la scrofa si è fermata, senza appisolarsi, come se quello fosse il punto in cui era previsto e deciso che si accucciasse. È bianca e la luce della luna la trasforma in una specie di torcia naturale che illumina tutt’intorno.

Il druido ha lo sguardo soddisfatto. Chiude gli occhi e ascolta il rumore dell’acqua e il fruscio degli steli d’erba. Grunhir si chiede se i fili d’erba del cerchio intorno al cinghiale producano un suono diverso, ma le sue orecchie non sono fini abbastanza.

«Vai a prendere una pietra. Dev’essere grossa e liscia. Lunga quanto tu sei alto e larga la metà. Sceglila bene, Grunhir, come se dovessi usarla per costruire la casa per la tua donna e per i tuoi figli, solida e pesante. Prendi i buoi e il carro e trasportala qui» ordina il druido.

Grunhir non dice nulla. Conosce i riti, anche se non è in grado di praticarli.

Ma sa che cosa serve per consacrare la fondazione di una città. S’incammina verso le montagne per cercare una pietra ed è fortunato, o forse la dea ha fretta di veder nascere una nuova città a lei dedicata: la luna non si è mossa di molto nel cielo quando trova quello che cercava."

La quarta di copertina:

"Una giovane cinese che vive travestita da uomo, un ragazzo arabo che cerca di sopravvivere senza diventare un delinquente, uno sciamano africano che ricorda quello che il mondo ha dimenticato, un esperto di informatica troppo curioso. Sono quattro eroi metropolitani uniti da un unico scopo: decifrare un libro scritto in una lingua inesistente e trovare un luogo di Milano che, secondo le leggende, è dotato di straordinari poteri. Ma il mondo dell’occulto è pronto a tutto pur di mettere le mani sul prezioso volume, anche a uccidere, e per questo invia sulle loro tracce Fernando, un professionista dell’omicidio che comincia a trovare insopportabile il proprio lavoro. E tra le vie di una città oscura, i cui segreti affondano nella notte dei tempi, si scatenerà una spietata caccia all’uomo. In bilico tra giallo, romanzo storico e fantasy, Monocromatica è un libro che rinnova i canoni del genere. E Milano non è mai stata così noir…"

 

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Prime impressioni su Manituana

24 Marzo 2007 8 commenti

 

Ho appena terminato di leggere l'ultimo libro di Wu Ming, Manituana. Il libro è molto bello, molto ben scritto. Sembra essere destino che io incontri sulla mia strada in questo periodo narrazioni di miti senza epica, ordinarie storie di trasformazioni epocali, straordinari racconti sugli esseri umani.

Manituana parla della fondazione della cultura americana, del suo primo vagito, la rivoluzione di indipendenza, e di ciò che ha significato per tutto quello che il continente americano era stato prima di quell'evento. Manituana vuole essere una storia contro la storia, ma ho la sensazione che invece sia una storia sulla storia.

Wu Ming sono esperti: colpiscono duro subito, in modo da portarti nel territorio inesplorato del racconto, dell'immedesimazione nei personaggi e nei loro antagonisti. Non penso di essere un soggetto a digiuno di versioni culturalmente poco diffuse della storia del mondo, ma devo dire che l'incipit del romanzo ha colpito anche me.

Siamo abituati ad associare profondamente la rivoluzione d'indipendenza americana con la rivoluzione francese, a collegarle all'idea di una rivoluzione contro la tirannia monarchica e per l'avvento degli uomini liberi. Ritrovarti al centro di una storia che riporta questa visione propagandata con forza da anni e anni di studio della storia classico nelle scuole italiane, sui giornali, nella nostra cultura "mainstream", a quello che è, ovverosia una storia di guerra, di culture che scompaiono, di uomini che distruggono quello che temono o quello che bramano, è uno shock culturale abbastanza forte da strapparti dalla tua quotidianità e calarti nella narrazione.

Mentre leggi Manituana senti le tue abitudini culturali che si tendono, cercando di ricondurre il racconto che stai leggendo agli schemi a cui sei abituato, fino a che ti rendi conto che quello che stai assaporando non è nient'altro che qualcosa di più autentico della storia dei libri di tutta la tua infanzia. Manituana è una storia sulla storia, su come plasma la nostra cultura, la nostra visione di quello che è stato e di quello che non è stato, dei buoni e dei cattivi, di ciò che difendiamo e di ciò che condanniamo. Per me Manituana è stato un viaggio tra gli uomini, per scoprire quello che conosciamo già: che la guerra non ha un volto umano, che il sangue non dimentica, che gli uomini sono creature abiette ed egoiste, ma allo stesso tempo capaci di sogni incredibili.

L'unico rischio nell'attraversare una storia come Manituana è perdersi nella nostalgia di ciò che si è perso, in un languido esistenzialismo che ha già fatto troppe vittime tra chi si mette in gioco e tra chi vi rinuncia ancora prima di provarci. Ma se il romanzo è una storia sulla storia, la sua lettura è un percorso di formazione, di godimento del presente e di determinazione a lottare per un futuro che sia diverso da quello già designato dai nostri libri delle superiori.

 

Adesso devo solo aspettare il 19 aprile per fare i complimenti a Roberto di persona. Sperando che come mi ha promesso abbia letto il libro e mi faccia una recensione meno lusinghiera ma altrettanto onesta di questa :))))

Per il resto invito tutti a leggere il libro e ci penso ancora un po'. Anche se come al solito dal confronto nascono le discussioni più interessanti sul significato delle cose, libri inclusi.

 

 

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Monocromatica, sesta recensione su affari italiani

20 Marzo 2007 1 commento

La sesta recensione (con annessa intervista) è su Affari Italiani, nella sezione culturale, ad opera di Bruno Perini, che ringraziamo per non aver tagliato neanche una riga dell'intervista via mail (a parte travisare radicali con radical ihihihihi).  La riporto qua sotto integralmente 🙂

 

Noir/ Un giallo nella Milano multirazziale: ecco "Monocromatica" di Blackswift, due anonimi attivisti 'ispirati' a Wu Ming

"Monocromatica. La storia è scritta col sangue". Il titolo, enigmatico e altisonante al tempo stesso, rispetta tutti i canoni del thriller o del giallo classico. E dunque ci si attende anche una Milano, la città dove si svolge la storia, alla  Piero Colaprico. Ma non appena si mette il naso nelle pagine del libro scritto dal misterioso R. S. Blackswift e pubblicato dalla Colorado Noir si scoprono tante cose curiose. Intanto il misterioso Blackswift non esiste, è un nome di fantasia dietro il quale si celano due "attivisti dell'underground milanese" che non cedono al disvelamento dell'anonimato neppure durante l'intervista. E l'altra cosa curiosa è proprio Milano: di Colaprico c'è soltanto la presenza di una Milano ormai multirazziale, per il resto la Milano di Blackswift è ben lontana dalla "Trilogia della città di M.".  Ed è lontano mille miglia lo stile: Blackswift, non sappiamo ancora con quali risultati, osa mischiare generi diversi, dall'occulto al mistery con un tocco di storico, un'operazione difficilissima che è riuscita soltanto a Margaret Atwood con "L'assassino cieco".

"Monocromatica" è la storia di una giovane cinese travestita da uomo, un ragazzo arabo un po' sbalestrato, un africano e un esperto di informatica alla ricerca di un mistero. E un killer dai tratti eroici. Il presente si sovrappone al passato che sprofonda in un caso fino al 397 dopo Cristo. Nel peregrinare spericolato dei personaggi Milano c'è tutta: da piazzale Loreto a viale Corsica, dal Ticinese a Paolo Sarpi fino ai meandri del centro. Abbiamo rivolto agli autori qualche domanda, rispettando il loro rigido anonimato.

Come nasce il libro?
”Dalla nostra voglia di raccontare alcune vicende che viviamo tutti i giorni trasponendole con ben poche correzioni (più che altro con un po' di sarcasmo e un po' di fantasia) in un contesto narrativo. Da questo desiderio è nato l'esperimento del sito Blackswift. Poi dalla semplice satira è cominciata la voglia di raccontare anche molte altre sfumature di come la realtà si possa percepire”.

Perché la scelta dell'anonimato?
”Attenzione non è una scelta di anonimato, ma al contrario una scelta di polinomia, in un certo senso. Ogni cosa che facciamo, ogni progetto a cui ci dedichiamo ha una sua identità e alcune caratteristiche: alle volte una identità già definita è più un peso, un filtro attraverso cui nel bene e nel male si filtra ciò che si esperisce di un progetto. La nostra vita come narratori era una vita nuova rispetto ai progetti a cui abbiamo partecipato e ci sembrava giusto dargli l'adeguata dignità, la possibiltà di giocarsela indipendentemente da chi si cela dietro il nome Blackswift. Molti giornalisti lo vivono come una specie di dispetto e come una scelta di non assunzione di responsabilità, ma dovrebbe invece essere vissuto come un gioco e come una possibilità di slegare Blackswift almeno in parte dalle nostre identità storiche (già un racconto vive molto dell'identità degli autori e dei lettori, ma questo è un altro discorso)”.

Chi siete? Potete raccontarmi, pur nell'anonimato, qualcosa di voi?
”Siamo due attivisti della scena milanese, anche se non siamo entrambi nati a Milano (uno sì e uno no). Abbiamo partecipato a molte esperienze politiche della città e non solo, che ci piace annoverare tra quelle più innovative e radical”.

Nel romanzo convivono diversi generi letterari. Ricorda un po' "Assassino cieco" di Margaret Atwood. Come mai questa scelta?
”Uh-uh, paragoni complicati… Nel romanzo convivono generi diversi perché non ci piaceva confinarlo a uno solo. In realtà si potrebbe dire che i generi rappresentano anche la sensibilità di chi lo ha scritto: da un lato un fantasy moderno in cui il mito e il rito diventa strumento per interpretare la realtà, per trasfigurarla in qualcosa che non è ordinario ma che allo stesso tempo fa parte della nostra quotidianità, quello che per esempio Wu Ming definirebbe un po' un processo di mitopoiesi pop. Dall'altro lato le tonalità del noir che rendono meglio i chiaroscuri, i cambi di tono, in una visione del mondo che ci circonda che difficilmente si adatta agli acquarelli in cui tutto è sempre relativo, tutto è sempre uguale, in cui le differenze non sono qualcosa che riempie la vita, ma qualcosa che deve essere allontanato come una specie di spauracchio. L'idea da un certo punto di vista è che questa sua dimensione mista aiuti anche a renderlo un libro su cui ci si sofferma un po' di più, e nel caso piaccia diventi parte di una identità culturale che necessita fortemente di essere rifondata nelle nostre città, e non certo sulle stesse linee di quella che ora va per la maggiore. Ci immaginiamo questo libro come un libro che cresce nella considerazione delle persone a medio termine più che un libro che si divora, infervora e poi scompare nei meandri dei quintali di fogli buttati al macero ogni anno. Un'operazione di incursione nella cultura pop in un certo senso, o magari ci piace anche solo illuderci che possa esserlo”.

L'impianto narrativo, passato presente, ogni tanto non è chiaro. E' una scelta?
"Alla prima esperienza con un ‘mediometraggio narrativo’ non era facile bilanciare tutti gli strumenti dell'arte del raccontare. Abbiamo fatto il possibile e pensiamo che ne sia uscito qualcosa di buono. La dimensione della confusione in ogni caso è sempre parte della definizione del rito: se tutto fosse limpido, nessuno cercherebbe di calarsi nel racconto e lo farebbe proprio. In parte c'era la voglia di provare a dare una strutturazione non banale al raccontare, dall'altro il libro in fondo in fondo è la storia di un rito che attraversa la storia di Milano in cerchi concentrici e che attraversa la vita dei personaggi. Un rito di passaggio che trasforma la città, le vite delle persone che ci vivono, la percezione della sua storia e dei suoi angoli, la città come uno spazio soggettivo più che oggettivo. Se la protagonista "nascosta" (mica tanto!) del libro è Milano, allora è naturale che ci sia anche un po' il desiderio di ricordarla attraverso alcune delle cose che ha vissuto nella storia, di reintepretare non solo il presente attraverso la trasposizione narrativa, ma anche la storia, per cercare di raccontarla da un altro punto di vista”.

Interessante la Milano multietnica che ne esce. E' quello il modello che avevate in mente?
"Più che un modello è la realtà che viviamo tutti i giorni. Basta mettere il naso fuori di casa un po' più spesso che per un semplice aperitivo al bar. Attraversando le contraddizioni della città, vivendone le strade, non è difficile accorgersi delle persone estremamente diverse che ci vivono e che cercano costantemente qualcosa, che alle volte è difficile conoscere. Molti dei personaggi nel libro sono  sostanzialmente persone che appartengono alla nostra vita quotidiani, leggermente romanzati nel ruolo e nelle abitudini. Milano come ogni città è molto viva, magari non secondo la vita rifinita e patinata che qualcuno vorrebbe rappresentare, ma non passa istante che non accada qualcosa, che non si accenda una possibilità. Inoltre c'era la voglia di raccontare le identità, la loro trasformazione, la loro malleabilità, la difficoltà di liquidare tutto con un po' troppo qualunquismo come siamo fin troppo abituati a fare da una cultura mainstream che con quest'arma ha distrutto ogni capacità di elaborazione intelligente da parte delle persone nei confronti della loro vita. Il rito che è al centro del libro è anche il rito del superamento delle identità, della loro evoluzione (in direzioni talvolta parecchio impreviste)”.

Il giallo è un pretesto o vi rifate a qualche giallista classico? Qual è il vostro modello, se esiste?
”Domanda un po' impegnativa e che ci costringerebbe ad atteggiarci da persone più serie di quello che siamo. Amiamo molti autori, spesso per nulla vicini l'uno all'altro, e le influenze di quello che leggiamo e vediamo penso si percepisca chiaramente nel libro. Da Gaiman a Miller, da Leonard a Pynchon (questo non si vede ma vi assicuro che almeno uno di noi due è praticamente malato per TRP), da Stephenson a Gibson, da Derek Raymond a moltissimi autori del noir. Forse quello che è più interessante è a quale operazione culturale sarebbe bello sentirci accostati pur non pensando di essere all'altezza: certamente il percorso di Wu Ming e tutto il loro ragionamento sulla cultura pop, sulla necessità dell'incursione nel terreno della mitopoiesi, il loro tentativo di attraversare la storia e la letterattura di genere per entrare in contatto con chi altrimenti non si affaccerebbe mai su determinate tematiche e determinati punti di vista. In quanto attivisti anche questo nostro esperimento narrativo non può essere considerato distante dal nostro desiderio di intervento politico, ma questo non era difficile da indovinare, anche se speriamo che non appesantisca le nostre storie. Le storie vivono di vita propria e potremmo dire che se c'è una cosa che si può dire riuscita di questo libro è che ogni lettore incontra qualcosa di diverso, che si intreccia con la sua vita e con le sue esperienze, trasformando il racconto in una parte della sua identità culturale, dei riferimenti attraverso i quali percepisce la realtà e sé stesso in relazione con il tempo e con lo spazio. Forse descritto così sembra un po' presuntuoso, ma quello che abbiamo appena descritto è per noi l'indice che distingue un buon libro da una cartelletta di fogli”.

Bruno Perini

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Nuova intervista su Monocromatica su Radio Alt

20 Marzo 2007 Commenti chiusi

Altra intervista radio fatta un paio di settimane fa ma pubblicata solo in questi giorni su Radio Alt. Vi riporto sotto sia l'articoletto di introduzione scritto da Matteo sul sito della radio che l'audio. Stavolta visto che mi si taccia di narcisismo non trascrivo un cazzo 🙂

 

 Intervista a R.S. Blackswift
Uno pseudonimo per due attivisti dell'underground milanese. Un'intervista su Monocromatica.
Col nom de plume R.S. Blackswift, una nuova voce metropolitana si presenta ai lettori: Monocromatica allude a un colore – il grigio – che è quello tipico della città di cui si racconta: Milano.
Colorado Noir prosegue nella sua personale via al noir, aggiungendo un tassello in più ad un repertorio di storie che – pur attingendo largamente alla narrativa di genere – sanno gettare uno sguardo attento sul contemporaneo.

Intervista raccolta da Matteo Baldi.

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Segnalazioni in e out

18 Marzo 2007 Commenti chiusi

 

Ringraziamo Tommaso Pincio per la segnalazione di Monocromatica sulla sua newsletter aperiodica Aliens don't suck

Ne approfittiamo per segnalarvi che domenica prossima verso l'una di pomeriggio saremo in studio con Kai Zen a parlare di libri ed altro. La strategia dell'Ariete, il libro scritto dai quattro che si celano dietro lo pseudonimo sinofilo, non è per niente male, e devo dire che la cosa che mi è piaciuta di più è stato il dettaglio delle ambientazioni. Il libro parte un po' lento ma dopo un po' la trama appassiona molto e i personaggi stupiscono a ritmi regolari. Mi sono divertito molto a leggerlo, anche se mi piacerebbe chiacchierare con loro (in particolare con Aldo con cui siamo abbastanza amici nonché soci nell'avventura Serpica Naro) sul senso non letterale del libro: la retorica del potere malvagio non mi soddisfa molto ma sono sicuro che c'è di più nel simbolico dispiegarsi della strategia di sopravvivenza di un oscuro demone e nella pochezza etica delle società che ne difendono il diffondersi…

Last but not least, domani esce la nuova fatica collettiva di Wu Ming, e sarà la mia prossima lettura: Manituana 

 

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Terza parte di Novecento e Uno

14 Marzo 2007 Commenti chiusi

 

Novecento e Uno, il racconto di blackswift ispirato ai fatti di Catania e a un po' di sano complottismo vede la sua terza parte pubblicata oggi. Siamo in dirittura d'arrivo e i segni di un'epoca scura si fanno sempre più espliciti….  🙂

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Monocromatica, quinta recensione, Il Manifesto

10 Marzo 2007 Commenti chiusi

Quinta recensione per Monocromatica (ovviamente escludendo le tre o quattro interviste radio :), su Il Manifesto a opera di Mauro Trotta, che ringrazio: evidentemente il libro gli è piaciuto! 

 

Noir d'esordio
La compagnia del manoscritto in fuga da un killer a progetto
Labirinti urbani Una metropoli «Monocromatica» per due attivisti della scena underground milanese
Mauro Trotta


Quattro strani personaggi si aggirano tra le strade di Milano. Si tratta di una giovane cinese travestita da uomo, un ragazzo arabo che cerca di non diventare un delinquente, uno sciamano africano che di professione fa il pusher e un giovane esperto di informatica. Sulle loro tracce c'è un killer, Fernando. Uno che fa un mestiere improponibile a Milano, dove «nessuno cerca mai qualcuno per ammazzare qualcun altro». Eppure lui finalmente un incarico l'ha trovato: deve stare alle costole di quello strano quartetto in attesa che ritrovino qualcosa, per poi farli fuori ed impossessarsi dell'oggetto.
Certo, il suo datore di lavoro e i suoi scagnozzi non gli sono per niente simpatici, ma quello è solo lavoro.
Intanto succedono cose strane, si materializzano mostri, persone uccise sembrano risorgere, si tagliano teste e il mistero aleggia ovunque, impalpabile. Tutto è iniziato quando Hassan, il ragazzo arabo, è entrato in possesso di – o meglio, è stato incaricato di ricopiare e custodire – uno strano testo, scritto in una lingua sconosciuta. Poi, un po' alla volta il giovane ha incontrato quelli destinati a diventare i propri compagni di viaggio, una sorta di improbabile «compagnia dell'anello» alla ricerca di non si sa bene cosa per le vie della metropoli lombarda.
Così Monocromatica, di R. S. Blackswift, recentemente pubblicato da Mondadori nella collana Colorado noir (pp. 250, euro 15), si caratterizza per l'inedita e originale commistione di generi che rappresenta. Da un lato c'è il noir, con le sue atmosfere e i suoi personaggi, con i pedinamenti, le strade oscure, i bassifondi, il killer. Dall'altro il fantasy, con la classica quest, la ricerca di un qualcosa prevedibilmente dotato di poteri, da parte del gruppo di eroi e dei cattivi di turno, la magia, i mostri in agguato. E la miscela è davvero ben confezionata, nel senso che i due elementi di base non rimangono separati, prendendo a turno il sopravvento nel corso della narrazione, ma si integrano perfettamente creando un'atmosfera inconsueta ed affascinante. Del resto il noir si è sempre prestato a contaminazioni con altri generi. Basti pensare ai romanzi di Philip J. Farmer, che vedono protagonista il detective Herald Chine, o a Noir di K.W. Jeter, in cui la detective story si coniuga perfettamente con la fantascienza e, nel caso di Farmer si arricchisce con contributi horror, grotteschi ed erotici.
Ma nel caso del romanzo di Blackswift c'è ancora qualcosa di più. Quella che poi sembra emergere come la vera protagonista della storia, ovvero la città di Milano.
Una Milano raccontata in maniera affascinante ed indimenticabile, un «magma che continua a travolgerti». E non soltanto dal punto di vista territoriale e geografico, ovvero nella descrizione delle sue vie e delle sue piazze, dei suoi quartieri eleganti e delle sue periferie, ma anche dal punto di vista storico e leggendario. Leggendo il libro, infatti, ci si imbatte negli avvenimenti fondamentali che hanno coinvolto la città lombarda, dalla sua fondazione mitica agli anni Settanta.
Emerge, così, una Milano davvero potentemente in grado di «raccontarti qualcosa a ogni angolo, a ogni svolta del tuo senso di marcia, e spesso anche indipendentemente dalla tua voglia». In questo, Monocromatica sembra avvicinarsi a La voce del fuoco di Alan Moore, il romanzo in cui l'autore di capolavori fumettistici come From Hell o V for Vendetta narra della sua città, Northampton, riattraversandone, in una atmosfera magica e angosciante, i fatti e le leggende fondamentali dalla preistoria ai giorni nostri.
Insomma, l'esordio di R.S. Blackswift, pseudonimo dietro il quale si nascondono due attivisti della scena underground milanese, rappresenta un tentativo riuscito nell'esplorare nuove strade all'interno della letteratura di genere, grazie all'utilizzo di idee originali e a una scrittura al tempo stesso evocativa e tagliente. Da segnalare, infine, il sito http://blackswift.org, dove, oltre alla versione definitiva di Monocromatica, è possibile trovare la stesura precedente del romanzo e altre prove narrative degli autori.
 

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