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Ti farò male più di un colpo di pistola

23 Febbraio 2012 5 commenti

Ieri, 22 febbraio, due ragazzi di 20 e 21 anni sono stati condannati a 4 e 5 anni per gli scontri di Roma del 15 ottobre per resistenza aggravata. Pochi giorni fa Spaccarotella, il poliziotto che ha sparato a sangue freddo da un lato all’altro dell’autostrada uccidendo un tifoso laziale, è stato condannato in via definitiva a poco più di nove anni per omicidio volontario. Quattro anni fa 15 persone arrestate durante un corteo avvenuto l’11 marzo 2006 per impedire a un gruppetto di fascisti di sfilare a Milano e degenerato in una barricata e qualche vetrina in frantumi in centro sono state condannate a 4 anni (pena ridotta per il rito abbreviato altrimenti il minimo edittale erano 8), e quasi contemporaneamente due persone pestate a sangue dalla polizia nel pronto soccorso dove erano andate a recuperare la salma di un loro compagno assassinato da due naziskin sono state condannate (!!!) per resistenza a due anni e decine di migliaia di euro di danni. Dal 26 gennaio 12 persone (su 25 arrestate) sono ancora in carcere per gli scontri in Val Susa, in attesa che prima o poi cominci il processo. Dopo due giorni dalla tragedia il comandante Schettino era già ai domiciliari. I tre militari che hanno stuprato una ragazza con un manico di scopa, colti con tanto di sangue su mani e vestiti, sono a piede libero. Mi fermo. Ho solo citato casi eclatanti, per non entrare nel dettaglio, ma per avere un campionario di fatti da cui partire per un breve ragionamento.

Molti dei ragazzi arrestati o condannati li conosco bene. Altri (quelli di Roma ad esempio) no. Per la notav è ancora lì che aspetta i domiciliari un mio amico fraterno. Tra i condannati dell’11 marzo molti sono (o sono stati) miei compagni di strada per tanti anni. Ma questo non conta. Perché penso a quelli che vengono dopo di noi e al messaggio che i fatti sopra elencati comunicano a caratteri cubitali. Perché è evidente a tutti che per il sistema italiano (e purtroppo anche per la cultura popolare italiota) è meglio ammazzare una persona (se si è legittimati a farlo da una divisa o dal guadagno personale come nel caso di una rapina a mano armata per la quale vi ricordo di solito le pene sono inferiori a quelle comminate ai ragazzi di Roma) che protestare attaccando le cose e i simboli di un potere lontano e arrogante. Non solo è normale, ma è giusto sparare a uno che ti minaccia con un estintore, o inseguire a colpi di pistola una persona che potrebbe (forse non si sa) aver commesso una rapina, perché difendere la “roba” è sempre la cosa più importante.

Non importa che per difendere e condannare chi ha osato contravvenire a questa regola di “buon senso” si rovini la vita di ragazzi di venti e poco più anni. Non importa che la disuguaglianza sia talmente lapalissiana da non richiedere altri commenti. Nulla importa. Il messaggio è chiaro. Se dovete ribellarvi, è meglio se lo fate armi in pugno, possibilmente per un ritorno personale. Non pensate alla politica. Non pensate al bene comune. Non pensate che la vostra rabbia sarà intesa e tradotta. Perché se pensate di cambiare il mondo che vi circonda la reazione sarà feroce. Non dite che non vi avevano avvisato. E le persone perbene non dicano di non aver scelto quale società desiderano nel loro presente e nel loro futuro. La società della guerra e della violenza in ogni strada, in ogni quartiere, per quattro tozzi di pane.

Disclaimer per le solerti (quando vogliono) forze dell’ordine: questo articolo è una provocazione, lo scrivo prima che venga usato per allunga la mia lista di denunce e precedenti penali. Come dovrebbero sapere io ho fatto pure l’obiettore totale, quindi l’uso delle armi è molto lontano dal mio stile di vita. Forse dovrei aggiungere putroppo? Temo di sì, per come gira il mondo.