Prima di Champions: fin qui tutto bene. E’ vero: il girone dell’Inter non è insormontabile, ma nessun avversario va sottovalutato. Il Panathinaikos in casa può contare sul sostegno della bolgia del suo pubblico, e uno scherzetto l’anno scorso (e pure quello prima in effetti) lo abbiamo già subito in un clima simile. Quest’anno no, va tutto a gonfie vele. Nel primo tempo i nerazzurri sotterrano i greci senza nessuna discussione: solo una fortuita deviazione di Matrix su tiro dai 30 metri rischia di cambiare gli equilibri di una partita già instradata, ma finisce sulla traversa davanti a un attonito Julio Cesar. Il copione è facile: i greci a tutta birra per dieci minuti, imbelli, l’Inter che domina con il possesso palla e con le avanzate precise e ordinate. Il gol al 27esimo di Mancini è tutto di Ibra – che nel frattempo se n’è mangiato uno grande come una capanna: arpiona la palla e se la tiene legata al piede in maniera decisamente improbabile (e forse anche fortunosa), appoggia a Mancini che è solo come un cactus in mezzo al deserto e non deve fare altro che insaccare. Nel secondo tempo il copione cambia: l’Inter scende di tono, soprattutto a centrocampo, e aggiunge qualche svarione difensivo per illudere i greci di poter fare qualcosa, tipo pareggiare. Il risultato alla fine sono solo tiri dalla distanza, solo un paio realmente pericolosi, e un paio di cross velenosi. Per la prima volta da anni l’allenatore dell’Inter fa gli stessi cambi che farei io, esattamente quando li farei io: Muntari per uno stanchissimo Vieira, Figo per un inconsistente (almeno dopo i primi 25 minuti del primo tempo) Quaresma, e all’80esimo Adriano per un Mancini che ha dato tutto quello che aveva. Perfetto: infatti arriva puntuale il secondo gol, che è anche in questo caso almeno al 50% di Ibra, che inventa una palla filtrante per Adriano da solo davanti al portiere. In altri tempi Adriano avrebbe chiuso gli occhi e sparato di potenza sperando di centrare la porta: stasera no, alza gli occhi, e alza di precisione la palla sopra il portiere in uscita. Che la cura Mourinho serva anche al più irrecuperabile delle nostre palle al piede? Speriamo.
I singoli. Julio Cesar oggi non appare in una delle sue migliori giornate, spesso appare sorpreso, e sbaglia due uscite nell’area piccola che sembrano farlo tornare a quello immaturo del primo anno all’Inter: speriamo che sia un caso e che la ripetizione del dribbling che a Napoli sbagliò e ci costò la vittoria sia una sua personale forma di esorcismo. Maicon è meno straripante del solito, sta nel suo, copre e ingaggia un duello con Ivanschitz degno di lui (vero è che il giocatore greco era ben più fresco): ordinato. Maxwell invece spinge di brutto, ma non si intende a perfezione con chi gli sta davanti, sia Quaresma Figo o Mancini: in crescita. Matrix gioca meglio dello scorso anno, peggio dell’anno di grazia post mondiale, e commette le sue solite ingenuità, un fallo stupido a centrocampo, due-tre palle perse a caso: certo la mossa del geco con cui fa finta di prenderla di testa e poi invece si sdraia a terra è degna del miglior mimo di corso vittorio emanuele. Cordoba è al rientro dopo mesi di infortunio e si vede: non possiamo chiedere il massimo, ma c’è di che essere soddisfatti.
A centrocampo giochiamo a tre. Vieira gioca un tempo a un buon livello, anche se è ancora lento, e al sessantesimo esce stremato, ma integro: un miracolato. Cambiasso tiene insieme tutto e tutti, non molla mai: sicurezza. Zanetti è la nota stonata: per la prima volta lo vedo appannato, lento e stanco, e addirittura si fa sradicare la palla ben due volte dai piedi!! Muntari entra e porta un po’ di freschezza in un momento in cui c’era bisogno disperatamente di ossigeno: prezioso. In attacco molte cose vanno affinate: la mia sensazione è che manchino ancora un po’ di automatismi e che manchi sempre a Ibra la punta che lo accompagna di fianco nei momenti clou. Se ne accorgerà sia Ibra sia Mourinho, e la solfa cambierà. E poi saranno cazzi per tutti. Veniamo agli interpreti. Quaresma gioca 25 minuti, poi scompare: spero che sia questione di forma e di necessità di entrare nei ritmi agonistici. Mancini: bene, bravo, bis. Figo. la dimostrazione che può giocare solo quando gli altri vanno alla metà della velocità, altrimenti fa una figura di merda: se ne faccia una ragione e bona lì. Ibra è di un’altra categoria: smaltita la sbornia di sabato fa dei numeri da circo e i gol sono più suoi che dei marcatori del tabellino; alla faccia di chi dice che non è decisivo. Adriano è la sorpresa della serata: è certamente un po’ bolso, ma negli occhi ha un’umiltà che non vedevo da parecchio tempo, e nei piedi i colpi di un giocatore che non è più un bambino. Speriamo che duri.
Intanto cresciamo e vinciamo, e questo conta più di tutto, alla fine dei conti. Almeno nel calcio, che vi ricordo non è uno sport, ma molto di più.