E anche per il 2008 Venezia sbarca a Milano con l’abituale rassegna. Devo ammettere che fatico un po’ a comprendere i ragazzi che l’organizzano che nel corso dell’ultimo anno hanno preso più granchi che altro (contrariamente alle mie precedenti esperienze). Ad esempio per questa rassegna – che include anche Locarno – hanno selezionato 50-60 film: passi che i film che hai sono quelli che ti danno le distribuzioni, ma perché accorciare la rassegna da dieci a otto giorni come l’anno scorso e infine a sette? Perché obbligare la gente a non poter vedere tutto, ma neanche tanto? Mistero. Se poi ci aggiungete che ovviamente il mondo del lavoro cospira contro di me piazzandomi tutti gli appuntamenti solo in questa settimana e lasciando vuota sia la precedente che la successiva, capite la mia vaga preoccupazione. Ad ogni modo, comincio la dissertazione odierna.
Il primo film che ho visto è stato Il Sol dell’Avvenire, di Pannone, documentario che ha scatenato le ire di benpensanti, politici e associazioni delle vittime del terrorismo. Comprensibilmente e con merito, io dico. Perché il film racconta con le parole degli ormai vecchi protagonisti e senza andare in profondità più di tanto la storia di un gruppetto formatosi tra fuoriusciti del PCI e altri, parte dei cui membri confluiranno poi nell’esperienza delle Brigate Rosse e parte invece nella FIOM e nel PCI/PDS/DS/PD. Sapete perché tutti ne fanno uno scandalo? Perché senza pretendere di spiegare che cosa sono state le BR o che cosa sia oggi la politica, il film dice una cosa molto banale e molto semplice, ma che tutti con forza stanno cercando di cancellare dal buon senso e dalla storia italiana: chi ha scelto all’epoca la lotta armata non era un pazzo mitomane, mostro della porta accanto, ma una persona normale, intelligente, curiosa, convinta di quello che faceva e della propria storia. Il film mostra con semplicità disarmante che "i terroristi" sono persone normali, con il corollario abbastanza lineare che quelle scelte, che ognuno può giudicare per sé stesso, non erano aberrazioni, ma una delle possibili scelte politiche, inserite nella storia politica italiana e non fuori da essa. E’ una realtà scomoda, e per questo molti si sono inalberati, ma se ci fosse più onestà intellettuale in Italia vivremmo meglio, e questo film cerca di dare il suo contributo. Voto: 7,5.
Il secondo film è stato Birdwatchers – La Terra degli Uomini Rossi, di Marco Bechis: il film è uno spaccato della vita e delle lotte dei Guaranì-Kaiowà in Brasile, semplice nudo e crudo, appena appena romanzato per metterne insieme i pezzi. E’ la dimostrazione che non ci vogliono grandi trame o grandi budget per fare un buon film che ti spiega cosa sta avvenendo nel mondo intorno a te. Non mi dilungo perché ne avrete letto sperticate lodi un po’ ovunque, anche se non capivo e non capisco neanche adesso l’aspettativa per il Leone d’Oro che giornalisti e protagonisti del film avevano: è una bella pellicola e forse (vedremo) avrebbe meritato più di the Wrestler, ma sono convinto che durante la rassegna si possano vedere lavori più densi 🙂 Voto: 7.
Il terzo film è un mio classico: più li guardo più i film turchi mi piacciono. A sto giro si tratta di The Market – Una piccola storia del commercio, di Ben Hopkins, meritatissimo premio per il miglior attore a Locarno. E’ una commedia leggera e umana, che scorre leggera e ti trascina nelle sue pieghe. Cinema vero senza tanti trucchetti. Voto: 6,5.
Ultimo film della giornata è Choke, tratto dall’omonimo libro di Chuck Palahniuk, di cui riesce a trasporre il registro ovviamente scorciando la trama. Il libro è divertente e sagace come Palahniuk sa essere e anche in sala il tempo vola via: Anjelica Houston supera sé stessa e meriterrebe più premi di quanto non abbia raccolto in carriera; Sam Rockwell, già indimenticabile Zaphod Beeblebrox, e Kelly MacDonald – conturbante – sono perfetti nel ruolo di psicopatici, e ti agganciano come se fossero tuo amici di lunga data. Notevole. Voto: 7.