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Inter in Wonderland: fino all’ultima goccia

17 Febbraio 2011 2 commenti

Inter in campo con i gladiatori di sempre più un samurai sulla fascia sinistra e un redivivo Drago a centrocampo, redivivo si fa per dire. Le scelte di formazione ci rimarrà sempre il sospetto che le facciano il Capitano e il futuro allenatore. Oggi non si può scherzare dopo il passo falso a casa dei ladri di sempre.

Partiamo bene, come spesso accade, e un tocco di Camporese toglie attribuendosela la gioia del gol a Mototopo. Come succede troppo spesso l’Inter cessa di giocare nel momento stesso del vantaggio, la viola perde Santana per infortunio e Sinisa è obbligato a schierare Ljajic che gli cambierà la partita in meglio. Mutu gioca la sua miglior partita e anche altri interpreti non scherzano. Sulla sponda nerazzurra Maicon sembra tornato il Facocero Indolente dell’inizio dell’anno scorso, e a centrocampo la benzina è davvero poca: anche da volante il Cuchu non è la Volpe Azzannatrice di una volta, il Drago è più ingolfato di un Garelli fermo da vent’anni, e il Furetto Olandese gioca più o meno da solo, peraltro per larga parte del match decentrato sulla sinistra in una posizione inspiegabile. Il Capitano da solo non può correre per tutti. Dai e dai riusciamo a prendere il gol. E la Fiorentina chiude anche in attacco i restanti 15 minuti del primo tempo.

Nella ripresa ci aspettiamo un cambiamento d’atteggiamento, ma evidentemente c’è un problema fisico perché è chiaro che ci manca fiato, dinamismo e lucidità in mezzo al campo. Fortunatamente il Facocero si sveglia un attimo e anche Mototopo prende coraggio nonostante l’ostentata indifferenza dimostratagli da Wesley. La viola conosce benissimo questa fase delle nostre partite, aspetta, resiste a infila due o tre contropiedi in cui rischiamo l’imbarcata. Ci vuole l’invenzione del Leone che si beve letteralmente Camporese e scodella al centro per un Pazzo Wrestler che infila alle spalle di Boruc il gol del definitivo 2-1.

Nei restanti 20 minuti, ancora con in campo i soliti 11 spompati e sull’orlo di ennesimi infortuni muscolari, potrebbe succedere di tutto: Big Mac corre più in questa partita che in tutta la sua carriera all’inter; Wesley ovviamente sente tirare muscoli troppo stressati al rientro da un infortunio (ma guai a fare solo un tempo o a lasciar giocare qualcun altro); il Drago gioca 86 minuti (!!!!); e il Leone rischia di fare un gol in coast to coast che non vediamo dai tempi di Berti a Monaco di Baviera. Lottiamo fino all’ultima goccia di sangue e sudore per portare a casa i tre punti e ci riusciamo. Ma una fatica immane.

Certo: è vero che noi incontriamo gli avversari quando recuperano forma e giocatori; è vero che siamo stanchi e abbiamo giocato sempre; ma è anche vero che le scelte di formazione mi paiono più orientate a soddisfare l’orgoglio di qualcuno che a valutare l’effettiva funzionalità a tutta la squadra dei giocatori e del loro stato di forma. Ed è anche vero che giochiamo veramente a sprazzi, come se ci ricordassimo solo ogni tanto di che squadra siamo. In Europa non basterà. E probabilmente neanche in Italia, come abbiamo già dimostrato con le doppie sconfitte contro squadre a strisce bianconere. Io sono felicissimo per i tre punti. Fondamentali. Però non ci si può nascondere dietro un dito. Che i ragazzi e Leopardo guardino in faccia la realtà e cerchino di fare le scelte più intelligenti e razionali. Grazie.

Inter in Wonderland: go(od)bbye sogni di gloria

14 Febbraio 2011 Commenti chiusi

In campo all’Olimpico va la stessa squadra che ha affrontato la Roma solo sette giorni fa, ma la mentalità dei giocatori in campo sembra quella dell’Imperia: nessuno che detta il passaggio, tutti che tirano indietro la gamba, troppi desaparecidos in ogni zona del campo. Dietro Ranocchia fa solo un errore ma rischia di costarci carissimo, mentre Cordoba riesce a commettere l’errore determinante per il risultato finale.

In mezzo al campo Kharja ci mostra perché i genoani l’hanno voluto vedere il prima possibile su un Intercity verso Milano, e anche Sneijder anziché passare la settimana a lanciare proclami potrebbe pensare a giocare a calcio. In ogni caso di fronte a noi abbiamo il nulla cosmico, ma come da tradizione riusciamo nella nostra specialità: la Resurrezione dei Morti Viventi. Al 30esimo il Cuchu – costantemente fuori posizione per tutta la partita, una pena inguardabile – non esce su Sorensen che la mette in mezzo, Cordoba marca Matri a 2 metri di distanza e siamo sotto di un gol.

Reazioni? Nessuna. Viene il dubbio che ci sia un gentlemen agreement tra le due squadre: noi vi concediamo di vincere questo match, dato che non combinerete un cazzo per il resto della stagione. Il volto umano dell’Inter. Il volto che spaccherei su una superficie tagliente di specchi. Gli stessi specchi in cui la squadra continua a specchiarsi per 70 minuti.

Neanche l’ingresso di un Panda un po’ meglio del solito e di un giapponese che subisce il blocco mentale dei più rinomati campioni che ha intorno riescono a cambiare gli equilibri. La vera Inter si sveglia intorno al settantesimo e chiude i gobbi maledetti nella loro area. Quando un tiro a botta sicura dell’Olandesina viene parato dal Panda, quando il Leone si fa stoppare quasi ogni pallone da un pischello danese di 20 anni, quando lo stesso Black Mamba spara sulla traversa una palla che doveva solo essere spinta in porta, è evidente che la partita non la raddrizzeremo più.

Se gli scontri diretti ci dovevano dire quanta voglia avessimo di provarci veramente, questo ha dato segnali diametralmente opposti al match di settimana scorsa. Gli unici pericoli per 70 minuti sono stati tre (3) cross di Maicon, poi qualche verticalizzazione di Sneijder improvvisamente apparso in campo. Leonardo non ha molte colpe, se non quella di dover essere in grado di valutare la stanchezza dei propri giocatori: il Cuchu interno non riesce a trovare mai la posizione; fortunatamente il Sindaco si fa ammonire al 48esimo per saltare la partita con la Fiorentina e riposare, riportando Esteban davanti alla difesa dove si trova a suo agio. Non schierare Nagatomo dall’inizio e preferirgli Kharja si è rivelato un errore, ma il problema principale dell’Inter stasera è stata la testa dei nerazzurri in campo: svuotati, fragili, bloccati, come se avessero paura di giocare contro una squadra di cadaveri come quella bianconera, ormai trasformata nell’Inter dei tempi bui.

Ora è tutto più difficile, e sono purtroppo costretto ad ammettere che il treno dei sogni di gloria forse lo abbiamo salutato stasera. Peccato. Ci avevo quasi creduto.

Inter in Wonderland: Banzai Inter!

7 Febbraio 2011 2 commenti


Primo scontro diretto del girone di ritorno: la compagine di Trigoria si presenta a San Siro senza i suoi handicap – er Pupone e er Mesciato – e per questo è molto pericolosa. In campo ci va la formazione più sensata con il Capitano terzino e il Kharjaleonte ad aggiungere corsa ai rientranti furetti Cuchu e Wesley. Neanche il tempo di pensare a cosa potrebbe succedere che proprio l’Olandese volante – che nei primi sei mesi di campionato non ha fatto mezzo passaggio giusto – spara da fermo di sinistro un bolide nel sette: imparabile. La gente si guarda incredula e aspetta che il dodicesimo uomo giallo (senza rosso dato che in teoria dovrebbe essere l’arbitro) annulli per motivi di fede. Non avviene e siamo già in vantaggio.

La partita si mette sui binari giusti, la Roma attacca e l’Inter gestisce la palla: sulla destra il Facocero è in un momento di forma assurdo, e spiaccica Riise in fondo al campo, grazie anche all’aiuto che il Kharjaleonte gli fornisce in fase sia offensiva che difensiva. Davanti il Leone è in giornata sì, mentre il Pazzo sembra un po’ spaesato. Motta fa da metronomo, e Leopardo lo schiera davanti alla difesa proprio per evitargli troppi scatti: purtroppo il Sindaco sbaglia un anticipo e lascia il campo aperto a Menez che appoggia in fascia per un cross velenoso che Simplicio riesce a insaccare grazie alla complice scarsa copertura con il corpo proprio del Facocero. Pareggio e palla al centro.

E’ il momento in cui si soffre di più: e se non fosse per le mani guantate del Gatto con gli Stivali e le parate con il corpo del Sindaco (che si fa perdonare ampiamente l’errore sacrificandosi) potremmo anche andare sotto. Per fortuna il Leone e il Furetto Olandese non vogliono sentire ragioni e in combutta con uno stantuffo brasiliano pazzo come un cavallo confezionano assist e azioni una via l’altra: il Leone la mette in fondo al sacco per un meritato vantaggio.

Il secondo tempo si apre con la voglia dell’Inter di chiudere i conti: Julio Sergio (migliore in campo degli avversari) prende anche le mosche, ma per fortuna ci pensa Psycho, vecchio cuore nerazzurro. Dopo un primo gol regolare annullato al Pazzo, quest’ultimo replica procurandosi il rigore e l’espulsione del difensore centrale romanista. Il Leone trasforma e raccoglie la standing ovation. 3-1 e 10 contro 11. L’Inter sale in cattedra e nel giro di poco piazza anche il quarto con un colpo di testa ad altezza Mototopo del Sindaco Motta.

Esce il Pazzo ed entra il Principe, che si ritrova almeno tre volte il gol che potrebbe dargli la gioia sul piede. Senza segnare però. Tutti pensano che con tre gol e un uomo di vantaggio la partita sia finita. Entra finalmente il nostro nuovo idolo tra i boati della folla: Mototopo esordisce in nerazzurro. Banzai! Purtroppo appena mette piede in campo la Roma batte una punizione che rimpalla su Vucinic e finisce in fondo al sacco. Il dubbio che il nippo porti rogna rimane nell’aria anche se lo stadio si entusiasma quando sfonda la fascia destra della Roma facendo piangere Cassetti come un bambino di due anni. E se non fosse per la sfiga e per la serata di grazia del portiere giallorosso, sarebbe anche assist man per un paio di gol strepitosi.

La Roma grazie a un calcio d’angolo regalato dal suo dodicesimo uomo riesce a portarsi sul 4-3 e le bestemmie verso tutti coloro che avevano pensato di aver chiuso la partita si sprecano. L’Inter però ricomincia a giocare e potrebbe farne tre o quattro: in realtà ne basta uno, del Cuchu dopo doppia parata da meno di cinque metri di Julio Sergio, per chiudere il match e portare a casa i tre punti. Recuperandone due dalla capolista. Nessuno poteva chiedere di più a questa giornata a noi sulla carta sfavorevole.

Partita sontuosa di molti interpreti e peccato per i dieci minuti di black-out non tanto della difesa quanto dei centrocampisti che hanno smesso di filtrare palloni e hanno decisamente aiutato la sorte giallorossa. Senza il culo che li contraddistingue i romanisti oggi starebbero piangendo per un altro 7 a poco, ma devo anche riconoscere loro di essere venuti a giocarsela contro una squadra che sta salendo di tono, di carattere e di condizione. Ci sono ancora molte cose da registrare e abbiamo bisogno di far rifiatare gente a centrocampo, ma i segnali soprattutto in fase offensiva sono stati molto positivi. Per ora però godiamoci il rotondo risultato e il divertimento della serata (che è tale solo grazie al lieto fine), nonché l’esordio di un nuovo idolo dagli occhi a mandorla. Inter, Banzai!

Inter in Wonderland: Vittoria in contumacia

4 Febbraio 2011 1 commento

Ero esule tra gli argentini. Abbiamo vinto. Sono felice.

PS: non si vende Kharjaaaaaaaaaa 🙂

Inter in Wonderland: pazzi-a interist-a

30 Gennaio 2011 Commenti chiusi

Nessuno sentiva veramente il bisogno di aggiungere follia alla nostra truppa di squilibrati dalla volontà di ferro. Ma perserverare diabolicamente nell’errore è ciò che ci rende speciali e incredibili. Leopardo manda in campo Facocero e Bambino Ghiro sugli esterni, Ranocchia e Orco in mezzo a dare una prova stratosferica. A centrocampo la Mangusta davanti alla difesa, il Pelato sapidissimo interno con licenza di uccidere, il Capitano a coprire tutto il campo, lo Scricciolo dai Riccioli d’Oro trequartista dietro il Leone Nero e un rientrante Principe. Una squadra ben pensata tutto sommato, anche se lo spogliatoio si assume la responsabilità di una scelta dei due punteri che forse non è quella che il campo confermerà.

I sogni di gloria sembrano essere destinati a spegnersi definitivamente in questa domenica della merla: il Bambino di Piombo abbandonato solo contro tre uomini rosanero si perde il più pericoloso, cross al centro e secco tap-in di Miccoli che si esalta sempre a San Siro. Inter sotto di un gol e entusiasmo in freezer. La reazione c’è, ma la sfiga ci insegue da vicino: nonostante tutti i tentativi la palla non entra manco a dargli dei soldi. Pochi minuti e il Bambino di Piombo si perde di nuovo l’uomo, cross in mezzo smorzato dal Gatto con gli Stivali finalmente di nuovo tra i pali, palla che finisce sui piedi di Nocerino, sul quale il Facocero va al contrasto come solo una mozzarella ubriaca potrebbe fare: palla tra le gambe del portiere e 0-2. Bestemmie a profusione e la sensazione che ci dovremo concentrare sulla Coppa dei Cachi. E quando Pastore scatta in fuorigioco (tanto per condire un arbitraggio scandaloso – ma non di parte – lungo tutti i novanta minuti anche e soprattutto grazie a uno dei due guardalinee) e coglie il palo con una botta a cento all’ora i fantasmi si moltiplicano.

Rientriamo nel secondo tempo e Leopardo ci grazia con due cambi di buon tempismo: il Geco Marocchino Kharja per Riccioli d’Oro – buona prova checché se ne dica con due tiri nello specchio e due uomini mandati davanti al portiere, che forse avrebbe meritato più tempo in campo – e il Pazzo al posto di un frastornato Bambino di Piombo di cui disperiamo di rivedere i fasti di un tempo. E il neoacquisto in attacco fa vedere i sorci verdi al Parlermo: diventa un assedio, ma la fottuta sfera gialloviola non vuole entrare. Tutti ricordano le partite dell’Inter in cui servono 20 tiri per fare un gol, e tutti accumulano rabbia per l’ingiustizia del tristo destino.

Il Principe rimane in campo per diktat dello spogliatoio, ma mostra di avere ritrovato i movimenti, ma non l’esplosività dell’anno scorso. Il Pazzo però non si fa pregare e dopo 15 minuti controlla la palla, si gira e la mette nell’angolo. Lo stadio esplode e si trasforma in una bolgia. Una bolgia umana che rischia una doccia gelida a 0 gradi Kelvin quando sul primo contropiede tre nerazzurri contro un palermitano riescono a commettere un rigore inutile: il Gatto con gli Stivali sardonico para il tiro moffo di Pastore, e 60mila persone aizzano la follia nerazzurra.

Quando il Pazzo svetta alla velocità della luce spizzando di testa in fondo al sacco il pareggio tutti sanno che andremo a vincerla. Anche i rosanero che si rintanano sperando nell’ennesimo contropiede. Ma è di nuovo il Pazzo che prende il tempo a Munoz e si fa atterrare con Rizzoli (voto 4 oggi) che punta il dito sul dischetto. Il Leone non si fa pregare e la butta in fondo al sacco: il boato si sente fino a Bergamo. Gli ultimi 15 minuti sono sofferenza, carattere e denti stretti, con la tragedia dell’uscita per infortunio del Pelato che ci priverà dell’ennesimo centrocampista.

Vincere queste partite significa dimostrare di volersela giocare fino in fondo. Ma qualche responsabilità oltre alla sfiga ce l’ha Leopardo: non riesce a dire no allo spogliatoio e arrischia un Principe Milito che non riesce a incidere e che ora sentirà finalmente il fiato sul collo di un altro attaccante, magari ritrovando la motivazione per giocare al 100%. La scelta di dare a Cambiasso la licenza di uccidere significa lasciare Santon da solo contro tre avversari per volta. Paga il Bambino, ma non è l’unico responsabile delle sue lacune: certo che a furia di aspettarlo rischiamo di diventare vecchi come Baba Yaga. Kharja ha 10 minuti di autonomia, Deki e Cambiasso non ci saranno per un po’, Mariga neanche: forse domani è l’ultimo giorno per l’ennesimo sforzo economico per non abbandonare il centrocampo in balia di difensori riciclati e rincalzi neanche lontanamente al livello dei titolari. Grinta, follia, grande cuore ci sono. Servono i giocatori a cui tramandare tutto questo.

La Coppa dei Cachi: almeno vinciamo…

27 Gennaio 2011 Commenti chiusi

Ci presentiamo ai quarti di finale della Coppa dei Cachi con di fronte un tabellone che pare fatto apposta per mandare i cugini in finale con il minimo sforzo e la massima resa. Anche noi ambiamo a un risultato simile, ma la serata da questo punto di vista sarà un flop su tutta la linea, tranne una, quella che conta: vincere. Per centrare l’obiettivo e far dimenticare il passo falso a casa della succursale dei nostri più acerrimi nemici, il Friuli, Leopardo manda in campo tutti i titolari tranne l’Orco sostituito per l’occasione dalla Rana finalmente titolare. Lui è la sola altra nota veramente positiva della serata.

La difesa sembra meglio registrata e non prendiamo gol… per centoventi (120) minuti… con in campo tutti i titolari: Rana-Speedy e poi Rana-Orco si dimostrano un’ottima linea, nonostante mi tocchi vedere per tutti i supplementari Big Marika a fare il terzino, cosa che una giraffa nera ovviamente non può fare con risultati “top” (suppongo che ora in molti esprimeranno le loro critiche nei confronti del povero kenyota vagamente fuori ruolo). I centrocampisti – sì, avete capito bene, non state avendo un incubo, il Sindaco ha fatto 120 minuti e segnato pure un rigore – danno il massimo che hanno, 50 minuti di sicurezza, fino all’evento che rende veramente indigeribile la serata, l’infortunio del Drago: cazzo, tra tutti i settori del campo, il centrocampo è l’unico che ci reggeva in piedi, e ora perde una pedina fondamentale. Dopo il nefasto evento infatti cominciamo a ballare come scimmie.

Non è solo colpa dell’uscita di Deki, ovviamente. E le note dolenti sono molte: concludiamo i 120 minuti non avendo usufruito del terzo cambio, mistero della fede; si infortuna anche Cordoba, lasciandoci con una sola coppia di centrali che si rispetti, Rana-Orco, speriamo che basti; il Leone aveva la labirintite, tanto che il Bradipo Panda ha giocato meglio di lui, cosa che potrebbe far rivoltare nella tomba gli antenati del Mamba fino alla centuordicesima generazione. Il Napoli ha più grinta, più gamba e la stessa mira nostra. Per questo finisce 0-0 con due grandissimi interventi di un redivivo Gatto di Piombo in combutta con Orchi, Rane, Ghiri e compagnia ululante.

E grazie al prezioso contributo dell’arbitro per una volta veramente scandalosamente scarso o orientato a facilitarci il compito.

Almeno concludiamo la serata da vincenti, consolazione minima considerato che lasciamo due feriti e almeno una decina di polmoni sul terreno di gioco, con la prospettiva di vedere gli stessi bipedi – privi dei sopracitati polmoni – affrontare le prossime sfide. Perdere non si poteva, ma chiuderla nei novanta minuti sì, cazzo, e l’unico che ci ha provato davvero è stato il Pelato Cambiasso: grazie di esistere. Mi sono sfibrato io, figuriamoci i nostri eroi. Meno male che le semifinali sono tra tre mesi.

Inter in Wonderland: campioni non pervenuti

23 Gennaio 2011 Commenti chiusi

In Friuli non c’è la giungla. Questa scoperta sconvolge completamente l’approccio mentale alla gara da parte delle fiere nerazzurre e del loro inserviente (il domatore sta a madrid). L’Udimerda è la squadra più in forma del campionato e si vede: pare che i 120 minuti li abbiano giocati i nerazzurri e non i friulani. Nonostante questo giocano (giustamente) i titolari, peccato che durino si e no 20 minuti, in cui il Drago scaraventa in rete un gran gol (meno male che il Sindaco non l’ha passata al Bradipo) e quasi ne fa un secondo.

Ma l’Inter è tutta qua oggi: il Leone pare perso ancora a immaginarsi ballerine nude; il Facocero perde più tempo a lamentarsi che a giocare; e così quelli che devono fare la differenza non si presentano all’appello. Se a questo si aggiungono giocatori obiettivamente non all’altezza delle nostre ambizioni la frittata è fatta: un rinvio su un calcio d’angolo arriva sui piedi del Bradipo che anziché proteggere la palla si fa uccellare da un friulano che serve un assist per Zapata che fulmina Gatto di Piombo Castellazzi a mezzo centimetro dalla sua mano. Ok che era una fucilata, ma il termine esplosività non mi sembra sia applicabile al nostro secondo portiere.

Tempo pochi minuti e Inler si procura una calcio di punizione generoso. Il Bradipo è talmente forte che Inler lo sposta con lo sguardo nella barriera e il Gatto di Marmo viene bucato una seconda volta. Finisce il primo tempo, inzia il secondo tempo. Il Drago è sulle gambe e anche il Sindaco non è al massimo, ma rimangono in campo. Almeno altri 5-10 minuti. Perché ancora prima che il Gatto di Tungsteno esca con le braccia rattrappite in posizione fetale per evitare di togliere la palla dai piedi fortunati di Domizzi per il 3-1, la partita dei titolari dell’Inter era già finita.

I restanti 40 minuti sono uno strazio: il Bradipo è francamente imbarazzante, il Leone non controlla una palla una, e l’unico cambio che Leopardo si azzarda ad imporre sulla formazione dei senatori è quello risarcitorio per l’Iguana delle Banlieues, che però dimostra perché debba diventare al più presto una contropartita in qualsiasi affare di mercato, anche con la serie B. Non ho mai visto l’Inter negli ultimi 5 anni regalare tante palle agli avversari e non perdendo un contrasto, ma proprio svagatamente appoggiando a uomini con la maglia diversa da quella della tua squadra.

Non è tanto la sconfitta su un campo (per noi) tradizionalmente ostico, sconfitta meritata nonostante la punizione da cui nasce il 3-1 sia inventata e ci sia negato un rigore grande così (tipo le dimensioni di Rocco Siffredi) sul 2-1 (grazie Morganti, ci vuoi sempre bene!), quanto alcuni segnali che cogliamo chiaramente dal campo: in primo luogo la squadra è gestita dal blocco dei senatori, che rifiutano di far entrare forze fresche anche quando non ce la fanno più (Mariga oggi non poteva rilevare Deki o Motta a un certo punto? Non era meglio Obi di questo Pandev?), conseguenza della decisione della società di assecondare i calciatori nei loro capricci e nella loro vedovanza (società primus inter pares in quanto a questo aspetto psicologico di confronto con l’anno scorso); in secondo luogo è evidente che ci siano gravi lacune nell’organico, lacune che vanno colmate se l’obiettivo vero è provare a vincere il Campionato. Altrimenti ci dicano esplicitamente che puntiamo al terzo posto e i tifosi sapranno comprendere le necessità “politiche” della società, senza farsi sangue amaro. Come già detto: servono innesti di qualità, e giovani; serve scrollarsi di dosso ancora molte zavorre (Biabiany e Pandev, oltre ai tre dell’Ave Maria Suazo-Rivas-Muntari); serve che i giocatori capiscano che il bene supremo è la squadra e non la loro vanità.

Inter in Wonderland: che giostra!

20 Gennaio 2011 Commenti chiusi

Scendiamo in campo per il primo dei due recuperi di campionato. Un solo obiettivo: vincere.

Leopardo manda in campo la solita squadra della giungla con il il Bradipo Panda al posto del Sindaco tutelato dal WWF dei calciatori rari e fragili, e Danno Matrix al posto di Bip Bip Cordoba reduce dalla testata rimediata sabato sera contro il Bologna. La squadra sembra in palla, nonostante il pressing dei bianconeri romagnoli (l’abbinamento di colori me li rende istintivamente invisi). Nel giro di due minuti il Leone in combutta con il Principe distruggono la difesa del Cesena (addirittura con il contributo non negativo del Panda) e ci portano sul due a zero.

L’adrenalina sale a palla, ma un’ombra scura si distende sulla foresta verdeggiante di gioia e gorgheggi per il doppio vantaggio: il Principe si ferma e chiede il cambio. Le bestemmie si sprecano. Leopardo va nel pallone e anziché fare il cambio più logico con un centrocampista (Gremlin Obi o Big Mac la Pantera Mariga sarebbero andati più che bene) lasciando al Bradipo la possibilità minima di fare danni con le sue palle mai difese e i suoi tagli inesistenti, lancia nella mischia l’Iguana delle Banlieues, Biabiany. Che non sa bene dove cazzo mettersi e finisce a fare il trequartista (insulto alla storia del calcio bello e buono, con Brera che si rivolta nella tomba).

La squadra arretra, smarrita, non vede la via per attraversa la fitta vegetazione, e, come succede sempre all’Inter, viene punita amaramente: in tre minuti abbiamo fatto due gol, in tre minuti ne prendiamo altrettanti. Altra vagonata di bestemmie.

Fortunatamente il carattere dei titolari viene fuori e nonostante la giostra che ogni tanto prendiamo in contropiede riusciamo a piazzare il gol del 3-2 con Ghiru Saetta (gran partita e non è manco la prima nel 2011) che segna di testa laddove a un metro da lui l’attaccante titolare della giornata aveva ciccato per l’ennesima volta il traversone.

Comincia il secondo tempo e continuiamo a giocare in nove con un Bradipo sempre più inguardabile e l’Iguana Biabiany che non sa che pesci pigliare (d’altronde le iguane non hanno nulla a che fare con l’ittica, di che stupirsi?). Nonostante tutto ciò a un certo punto Leopardo pare rinsavire e obbliga Biabiany all’onta di rientrare negli spogliatoi anzitempo (a causa di un errore dell’allenatore sia chiaro) per Furetto Obi.

La partita cambia con il dinamismo del funambolo che tanto ho vilipeso ai tempi della Primavera (mea culpa): da due discese sue e di Ghiru rischiamo di mettere due gol che il Leone spara sulla traversa per eccesso di sicurezza e Bradipo Panda sbaglia incredibilmente da mezzo metro (un gol che avrebbe fatto anche Muntari e che mi ha portato sull’orlo di fischiare un giocatore dell’Inter, cosa che ho fatto solo con Quaresma in tutta la mia vita al gol cannato in un famigerato Inter-Toro di due anni fa). Più passa il tempo più la squadra rincula, anche quando il Cesena rimane in dieci, tanto che mettiamo in scena la Giostra dell’Orrore con 6-7 traversoni del Cesena e noi asserragliati in area incapaci di reagire. Pietà. Leopardo sbaglia di nuovo: manda in campo Bip Bip Cordoba e passiamo alla difesa a tre. Il segnale del “si salvi chi può” è chiarissimo e i tifosi si cagano addosso fino al 48esimo. Per fortuna non succede niente e possiamo festeggiare il recupero di tre punti sulla capolista. Ma che fatica. E che giostre.

La squadra è allo stremo delle forze. E a reggerla sono sempre gli stessi (Cambiasso-Deki-Zanetti-Maicon-Lucio-Eto’o-Milito-Chivu). Abbiamo bisogno di innesti che diano un po’ di respiro e sappiano garantire la stessa sicurezza dei campioni di tutto. Davanti non sono abbastanza e senza entrambi i titolari siamo depotenziati di più del 50%. In mezzo Obi sembrava il messia, e questo vorrà pur dir qualcosa. Se la società non sa cogliere questi segnali, noi tifosi possiamo fare poco a parte sostenere la squadra, ma sembra allucinante che chi è pagato per accorgersene latiti. Speriamo abbia ragione lui.

Inter in Wonderland: tanta roba

16 Gennaio 2011 1 commento

I nerazzurri zoomorfi entrano in campo con l’attuale formazione titolare (stante la lungo degenza dello Stregatto con i Guantoni e del Folletto). I primi dieci minuti si parte a razzo: ci prova il Principe, ci prova il Facocero che ara la fascia come nei suoi momenti migliori, il Principe prende il palo incredibilmente di testa da un metro su torre dell’Orco Volante, e il Leone fa vedere che oggi ad ogni palla tra i suoi piedi farà scattare ogni allarme in territorio felsineo fino alla settima generazione. Mai visto sguardi di terrore così profondo nei difensori avversari, per lo meno non da molto tempo a questa parte.

Proprio mentre l’intensità scende e la giungla sembra farsi pià fitta e oscura, il Drago trova il gol (in fuorigioco, diciamolo, così almeno evitiamo che qualcuno mi stressi con discussioni di lana caprina) dopo che il Leone ha attirato su di se ogni giocatore rossoblu nell’arco di 40 metri escluso il portiere. Altri dieci minuti in cui la palla rimane sempre tra i piedi dei nerazzurri. Il Sindaco – da buona Mangusta – trotterella da tutta la partita con aria un po’ svagata, ma alza la testa e con un sinistro affetta come una lama monomolecolare 50 metri di campo e tutti e 11 i giocatori bolognesi: il Principe raccoglie, si allarga e beffa Viviano con un pallonetto delizioso, urlando di gioia insieme a tutto lo stadio.

Prima del fischio che mette fine ai primi 45 minuti c’è gloria anche per Gatto d’Argento (era di Piombo, ma sta acquisendo valore) Castellazzi, che inizia a trovare la fiducia con i compagni di reparto, e per il Facocero in tandem con il Sindaco che quasi la buttano dentro allo scadere. Al rientro dagli spogliatoi, nessuno ci ha avvisato, ma non è solo la festa per il record di presenze in A con maglia nerazzurra infranto dal Capitano, che a un certo punto fa una corsa di 50 metri per evitare un corner e non contento poi fa un secondo scatto scartando l’avversario che lo pressa commuovendo l’intero stadio. E’ anche lo showdown del Mamba. I felsinei suonano le sirene per l’evacuazione ma è troppo tardi: prende palla a metà campo, semina 3 avversari, serve il Principe che di tacco (è il primo della partita, ma ormai non sono meno di 6-7 a match) restituisce il favore, stoppa, finta, insacca, raccoglie l’ovazione dello stadio. Pazzesco.

E non è finita: passano nemmeno dieci minuti e da fermo su punizione pennella all’incrocio una palla imprendibile per Viviano. Doppietta, game e partita. Il gol del Bologna, l’ingresso di Big Mac, del Bambino Addormentato nel Bosco e di Bradipo Bandev sono solo accessori.

Infatti lo stadio e la curva inneggiano al Capitano e lo guardano saltellare sotto gli spalti anziché seguire gli avvenimenti del campo. Altri 3 punti. Bene. Giocando un buon calcio, il vecchio calcio dell’Inter degli ultimi anni. Servono cambi in mezzo per non sfiancare chi sta facendo finalmente il suo. Però intanto allo stadio ci si diverte. Ed è già qualcosa. Io stasera mi godo Eto’o, mi godo Zanetti, mi godo la mia squadra del cuore.

La Coppa dei Cachi: onoriamo la competizione

13 Gennaio 2011 Commenti chiusi

Sugli spalti gli ottavi di finale della Coppa dei Cachi sono un po’ come una specie di grande picnic tra tifosi che chiacchierano, ridono e scherzano del più e del meno, brindando alla dipartita definitiva di Amantone il Calciatore Ciccione. Peccato che la cosa avvenga come sempre a temperature intorno o sotto lo zero, con almeno una decina di seggiolini per uno. Per fortuna ci è stata risparmiata la nebbia.

In campo le nostre fiere nerazzurre vanno in edizione ridotta e sperimentale: ma bastano due lampi di classe del Leone spostato al centro dell’area per dichiarare chiusa la contesa. Il resto è accademia. Nel secondo tempo, per evitare il surgelamento, Ranocchia confeziona un regalo per i suoi ex compagni, tanto per tenere aperta la partita fino in fondo. Kharja segna su rigore, risponde il Big Mac nazionale, la Gazzella delle praterie del Meazza, che fionda un palla all’incrocio di testa alla velocità del tuono. Nel recupero, per scaldare gli animi e le membra, concediamo il gol dell’ex a Sculli (ah, non è un ex? ops!), ma è solo per far fare bella figura a tutti. Quando arriva il triplice fischio, i primi ad applaudire sono i giocatori rossoblu.

Gli schemi in campo cambiano duecento volte: partiamo a rombo, poi albero di Natale, poi 4-3-3, poi boh. Cambiano gli interpreti, fortunatamente non cambia il risultato. Proviamo a fare un bilancio degli uomini in campo: Castellazzi ha mostrato discreti riflessi e si è guadagnato la pagnotta; Matrix riesce a far sembrare più brocco il suo compagno di reparto, nella fattispecie Ranocchia, che ha mostrato le sue migliori qualità – l’anticipo – e anche i suoi limiti – non è un mostro dei recuperi; Santon fa una partita sufficiente, ma ci vuole altro per convincermi che si stia riprendendo, mentre Maicon ara la fascia come ai bei tempi, la maggior parte delle volte ignorato dai centrocampisti per la sua disperazione. A un certo punto è talmente disperato che gli viene su il vomitino da post-sbronza, ma nonostante tutto confeziona tre assist. Bentornato.

In mezzo al campo Big Mac Mariga mostra quello che vale, ed è di più di quello che molti tifosi vogliono accettare, mentre Muntari mostra perché potrebbe stare all’Inter – corsa, dinamismo, un discreto sinistro – e perché invece forse non ci può stare – discontinuità mentale e uscita dal match a un certo punto appena prima del cambio. Pupi e Cuchu sono in gran spolvero e non c’è bisogno di altre parole. Davanti Eto’o si dimostra un giocatore incredibile, che ha messo biglie in tutte le competizioni stagionali, mentre Goran Pancev non riesce a toccare una volta la palla nel modo corretto, a difendere un pallone, a fare la pensata giusta, nonostante Eto’o si prodighi per farlo segnare e la squadra lo cerchi con continuità. Il passaggio sul difensore in occasione del tre contro due appena prima del raddoppio genoano è il manifesto del suo momento difficile (per usare un eufemismo). Obi, Biabiany e Rivas menzione d’onore: presenziano e fanno il loro.

Abbiamo onorato l’impegno. Il campo e lo stadio con due anelli aperti per tenerli mezzi vuoti (aprire solo il primo no?) molto meno. E andiamo al prossimo step, verosimilmente con il Napoli