Palle
Gli zero a zero sono iconograficamente chiari: due palle. Non c’è discussione in merito. Quando poi sono due di fila, ancorché con squadre che hanno meritato il pareggio senza discussioni, diventano palle al quadrato, al cubo, e via dicendo. Non è che la squadra giochi particolarmente male, ma neanche particolarmente bene. Non è che manchino le occasioni da goal, ma le loro concretizzazioni, come non mancano i pericoli, ma sono puntuali le neutralizzazioni degli stessi da parte di difesa e portiere. Palle come quelle che non vogliono mai entrare neanche se le disegni nella porta con un pennarello. Il tutto lascia al tifoso bauscia, forse troppo ben abituato dagli ultimi anni di dominio assoluto, un sapore un po’ bislacco in fondo alla gola.
Fortunatamente non perdiamo, altrimenti apriti cielo, e soluzione ponte con Beppe Baresi – idea tremenda che sono sicuro è balenata nelle menti di tutti gli interisti dopo il burrascoso cambio di panchina estivo come esito delle rinnovate bizze morattiane. D’altronde ci sono fatti che non si possono ignorare: questa cazzata che non conta la disposizione in campo ma la mentalità a me personalmente ha ampiamente rotto il cazzo. Se fosse vero non si spiegherebbe come quando la squadra passa dal 4-3-3 al 4-4-2 immediatamente il gioco migliora, pur con interpreti di medesimo (se non peggior) livello. Poi dovranno ancora essere digeriti gli schemi, smussate le asperità delle relazioni con il tecnico e quello che volete, ma è un dato di fatto che il 4-3-3 funziona a ritmo estremamente alternato (tipo montagne russe elettromagnetiche).
Capiamoci: io non sono una vedova di Mancini, e non avrei messo in campo una formazione diversa da così – forse avrei spostato Chivu davanti alla difesa e tenuto Zanetti e Stankovi come vertici alti della difesa a tre – però ci sono alcuni fatti su cui è importante riflettere. Per la prima volta in tre anni scendiamo in classifica anziché salire; per la prima volta in tre anni il Milan è davanti a noi (ennesimi punti regalati dall’ennesimo rigore regalato, poi a pensar male si fa peccato, ma almeno Silvio non sta decidendo il campionato per decreto ma con i suoi vecchi cari metodi mafioso-mercantili); per la prima volta in tre anni nessuno ha la sensazione che l’Inter domini le partite, ma sembra tornata essere una squadra come tutte le altre (squadre forti). Questi sono fatti. Non si possono negare. Come ho già detto molto tempo fa io aspetterò fine anno per giudicare la complessità della stagione interista, ma non so come dirlo, il mio deja vu è quello delle stagioni dove partivamo strafavoriti e a ottobre-novembre eravamo terzi, continuando a esserlo fino alla fine del campionato. Ovviamente lo dico sperando di sbagliarmi, ma la sensazione terribile emerge dal profondo del mio animo tafazziano e nerazzurro. Toccatevi anche voi palle destre e tette sinistre alla bisogna.
Parliamo di calcio ora: Julio Cesar si conferma una certezza, anche se non particolarmente impegnato da un reparto avanzato – quello viola – che non segnerebbe neanche senza portiere a difendere i pali avversari, in particolari quando il terminale d’attacco è Pazzini. Maicon è un po’ stanco e sembra meno prorompente del solito, ma non si può certo criticare o mettere in discussione. Burdisso e Cordoba sono una coppia da thriller: possono fare benissimo per molti secondi di gioco, ma a un certo punto potrebbero combinarne di tutti i colori. Maxwell è una delle note positive della serata: spinge, chiude, imposta. Gli manca solo il tiro, ma tornerà.
A centrocampo soffriamo: tra il culo dei viola nel avere tutti i rimpalli tra i piedi e l’assenza dei nostri centrocampisti, non vediamo una palla. Zero (il primo zero delle due palle). Chivu in posizione avanzata soffre e non si trova a suo agio come forse potrebbe essere di fronte alla difesa. Zanetti fa il suo compitino ma non strafà. Stankovic non azzecca un pallone che sia uno: sarà stanco, ma se deve giocare così, è meglio che sta a casa a dormire. Come si nota, non c’è un protagonista del centrocampo che convinca: l’eccezione è Vieira, al rientro, porta autorità, penetrazione e visione di gioco. Speriamo che sabato rientri anche Cambiasso che con il francese d’ebano fanno un team di centrocampo che mi fa godere.
Davanti non mettiamo un pallone dentro che sia uno da 180 minuti. Zero (l’altro delle due palle). Obinna sembra notevolmente un Oba Oba Martins più magro. Aiuto. Ibra e Mancini si intendono bene e si vede da subito, ma poi calano. Il brasiliano scompare progressivamente dal campo e si mangia un gol per sparare un tiro al volo quando c’era tutto il tempo di stoppare e piazzare la palla dentro la porta sguarnita. Ibra subisce come al solito il fischietto di Rosetti (che gli fischia più falli che a Gattuso in tutto il campionato), ma sfodera come sempre grandi numeri. Inguardabile l’egoismo con cui non appoggia una palla facile facile a Quaresma per finire perdendola. Ammirabile la rabbia e determinazione con cui insegue il giocatore che gli ha sottratto la palla fino all’area nerazzurra. Se si vuole capire perché Mario non gioca e Ibra sì, questo è un buon punto di partenza. In campo si rivede Crespo che nel giro di dieci minuti fa capire la differenza tra un puntero vero che sa muoversi lì davanti e un bidone brasiliano assimilabile a una rinnovata lavatrice antropomorfa. Peccato che abbia una certa età. Quaresma entra troppo tardi per essere realmente valutato. Speriamo che abbia ragione José ed emerga più avanti.
Ora non ci resta che osservare la bagarre che i giornalai ci scateneranno addosso, in un campionato che sembra la serie A che fu nel 1980 con la differenza che di campioni ce ne sono poco, di spettacolo ancora meno, e di business fin troppo. Forse il paragone migliore è con il 1925, e solo i genoani capiranno questa battuta. Poi la Repubblica delle Banane non può putroppo rimanere confinata fuori da un campo di calcio. Forza ragazzi.