Nedved fa il piangina

6 Dicembre 2006 3 commenti

Se un qualsiasi altro giocatore avesse preso a calci l'arbitro dopo aver quasi spezzato una gamba a un avversario al 90' per pura reazione di stizza, quante giornate gli avrebbero dato (ovviamente se non si chiama Zinedine Zidane e non è il cocco del presidente della FIFA)? Cinque giornate. Forse Nedved era abituato ad essere trattato da juventino anziché da giocatore di qualsiasi squadra, ma era ben ora che finisse sta storia.

La vita ordinaria è frustrante per chi è abituato a essere "speciale", tanto che il povero biondino fa il piangina fino al punto di dichiarare di essere disposto a lasciare il calcio italiano se la squalifica venne confermata: il pallone è mio e si gioca come dico io o me ne vado…. Neanche all'asilo nido. 

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Notizia di reato

6 Dicembre 2006 Commenti chiusi

 

Quando uno vede che Mancini in difesa ha schierato il 20enne Andreolli (un grande futuro certamente, ma un presente non certo da Champions League) come centrale insieme a Samuel, e con prima punta Mariano Gonzales, ha subito la sensazione che si giochi per uno spudorato 0 a 0.  Sensazione confermata dal nervosismo che perade tutti i giocatori in campo dopo il gol di Makkai per il Bayern. Vieira aspetta il 91' per confezionare un 1-1 perfetto per tutti, soprattuto per gli inquirenti ai quali suggerirei di controllare il totonero delle scommesse. Troppo evidente per non essere vero…

 

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Giovani vecchi nazismi e conclamati talenti

5 Dicembre 2006 Commenti chiusi

 

Dedico un post superveloce (la mia vita fino a settimana prossima è un po' un inferno di impegni, penso che si noti dal ritmo rallentato dei post) a due produzioni di Wu Ming, pubblicate in questi giorni: su carmillaonline è apparso un testo sistematizzato che analizza la presenza di una trasformazione culturale e antropologica dell'homo italianicus verso il neofascismo. Il testo è molto attento e spiega meglio di come potrei mai fare  io perché i territori e soprattutto le persone stanno acquisendo sempre di più una deriva culturale di estrema destra. Se vi aggirate nei vostri quartieri, per le strade negli autobus, non dovreste stupirvi più di tanto, ma chiedersi perché a volte aiuta poi a trovare un meccanismo di reazione adeguato. Prima d'ora non mi era mai capitato di trovare due vecchietti sulla 70 che mi porta verso Bruzzano che si rivendicano ad alta voce la loro partecipazione alla gioventù balilla, il tutto con grande nostalgia: un tempo questi scampati al giusto destino di essere trucidati nel 45-46 stavano ben attenti a nascondere i loro piccoli tragici segreti nel profondo della loro memoria.

Oggi è anche uscito l'ultimo anticipo di Manituana, il nuovo libro di Wu Ming, che si preannuncia decisamente gustoso. Come dicono anche loro questi estratti non sono anticipi veri e propri del libro, ma side-stories, idee narrative rimaste al margine della storia che è poi diventata Manituana. Come spesso accade: la definizione di un contesto aiuta a immaginarsi la realtà che vi si cela. Nella fantasia e nella letteratura questo è un modo affascinante di dipingere ciò che attraversa la nostra mente mentre raccontiamo delle storie: successive approssimazioni per un grande affresco.

PS: il titolo è dovuto al fatto che secondo me Wu Ming 1 è il più grande talento letterario che abbiamo in italia da un pezzo a questa parte. Non è l'unico, ma è molto bravo 🙂 

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Risse con la terza squadra dei gobbi

2 Dicembre 2006 Commenti chiusi

La terza squadra dei gobbi, il Siena (ricordiamo che la seconda è il Messina), orfana di Moggi la mette dal primo minuto sulla rissa. Riescono a farci ammonire i due diffidati nell'ignavia dell'arbitro De Marco che è evidentemente doriano (se fosse genoano, dopo l'anticipo di B di ieri sera avrebbe trattato i cugini bianconeri dei gobbi in maniera diversa), e dei suoi collaboratori De Santis (un nome un programma) e Rosi.

Il primo tempo pare poco più di un allenamento, anche se il Siena si convince che tra scarpate, gomitate e arbitro girato dall'altra parte, potrebbe anche portare a casa un pareggino fastidioso. Burdisso gliela piazza implacabilmente à la Matrix, e il Siena affonda.

L'Inter rientra in campo per l'allenamento di sabato ma si rilassa un po' troppo e il Siena riesce a farsi dare un rigore che da lontano sembra certo (da vicino mi dicono un po' meno). Julio Cesar para in maniera esemplare e suona la sveglia. Crespo la sente e se ne va solo a segnare dopo aver scartato due difensori con una freddezza encomiabile e aver messo a sedere il portiere. Golasso.

Il resto del secondo tempo sprechiamo molto ma il Siena non esiste più se non per i calci e i colpi di gomito e di mano, che però De Marco non vede mai, e neppure i due guardalinee anche se avvengono a tre centimetri dal loro naso. Siamo primi e i due diffidati saltano empoli.

Grande rammarico: Figo mette insieme i suoi tre numeri a partita al 93' e si guadagna un rigore grande come una casa che gli viene negato per puro dispetto dall'arbitro di Genova. Se eravamo zero a zero, era meglio che la giacchetta rossa aspettava la celere per portarlo a casa.

 

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Mappe resistenti

30 Novembre 2006 Commenti chiusi

 

Giro il link (e il suo seguito) che mi è appena arrivato via mail e che mi pare un ottimo report dell'incontro avvenuto il week end scorso a Genova in materia di cartografie resistenti, ovvero come mappare i conflitti e i poteri. All'incontro hanno partecipato molti amici (Natella il guru di Ufo al popolo, Ludovico di Neural, i ragazzi di hacktitektura, marghe e le sue cartografie resistenti, paolo di molleindustria, ecc.), ma soprattutto Brian Holmes, uno scrittore eccezionale e uno dei partecipanti al progetto di Université Tangente, con i quali un paio di anni fa si tentò di mettere in piedi un software per costruire in maniera automatica e intelligente mappe delle relazioni e dei poteri che vi agiscono. Ci fermammo nel mezzo di mille altre cose, ma loro sono andati avanti e fanno cose egregie. Se vi capita sotto mano uno scritto di Brian, datevi il tempo di leggerlo, perché ne vale sempre e comunque la pena (anche quando non siete d'accordo).

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China Daily?

30 Novembre 2006 Commenti chiusi

Come vi sarete accorti oggi ho finalmente un po' di tempo, e lo passo a sparare cose sul blog, anziché evadere la todo list che mi giace di fianco sulla mia agenda. Per non apparire agiografico nei confronti del paese orientale che più mi affascina da almeno venti anni, riporto la notizia che sono riuscito a recuperare da Global Voices Online, circa gli scontri che sono avvenuti negli ultimi due mesi nella provincia dello Jiangzi, in Cina, e di cui viceversa raramente sentiamo parlare.

Dal viaggio dei nostri agrumi preferiti abbiamo imparato tante cose, soprattutto quanto la Cina stia cambiando. La sensazione che ho è che troppe persone stiano confondendo la monumentalità dell'incedere del gigante asiatico con la conservazione di ciò che per tutti è stata la Cina da almeno mezzo secolo a questa parte. Il Regno di Mezzo sta evolvendo ad un ritmo spaventoso e presto ci sarà un cambiamento massiccio dei meccanismi con cui l'abbiamo conosciuta finora. La crisi di assestamento andrà molto più in là del "capitalismo di stato" che ci viene propagandato e l'arrivo di una forma occidentalizzata di democrazia apparente nel paese degli Han (e delle altre 59 minoranze, per non far torto a nessuno) potrebbe avere effetti molto diversi da quello che ci aspettiamo.

Io intanto mi maledico per l'incostanza con cui procede il mio studio di cinese, ma sarebbe anche ora per me di uscire dalla dimensione della lamentela per entrare in quella della volontà, altrimenti rischio di sembrare un vecchio trombone che si lagna di sé stesso ma che non fa niente per cambiare la situazione (ogni riferimento a una splash page che al momento troneggia su una pagina web di movimento molto conosciuta non è puramente casuale).

Intanto godetevi questo video e gli altri che trovate sull'articolo di Global Voices.

zài jiàn

 

 

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Fantasia e cultura popolare

30 Novembre 2006 Commenti chiusi

 

Una delle cose  che più mi ha affascinato nella mia vita è la rielaborazione dei miti e delle leggende da parte della cultura popolare. Per dieci anni ho giocato di ruolo con un gruppo di amici, e per almeno quindici (in questo momento la crisi economica mi taglia i fondi disponibli) ho letto fumetti di ogni tipo possibile; tuttora almeno il 50% delle mie letture sono nell'ambito della letteratura di genere, e una buona share di quello che navigo on line ha almeno a che fare con questi argomenti. 

La rinascita del fantasy che è avvenuta verso la metà degli anni novanta è decisamente centrata sulla capacità da parte di alcuni autori di attualizzare e reinterpretare attraverso il filtro della moderna cultura popolare antichi miti e storie che fanno parte del patrimonio collettivo. I migliori giochi di ruolo che sono usciti sulla scena negli ultimi venti anni sono la serie della White Wolf che è ambientata in una versione alternativa del mondo con tinte allo stesso tempo più crude e più fosche (il cosidetto Gothic Punk), e il cui sistema di gioco per la prima volta mette la narrazione davanti all'accumulo di punti esperienza e tesori (in sostanza un passaggio netto da un focus sulla quantità a un focus sulla qualità). La letteratura di genere (l'ho già scritto in questo blog ma mi ripeto) è stata uno dei tramiti più rilevanti degli ultimi decenni nella battaglia culturale che ha cercato di spostare a destra o a sinistra il punto di vista di intere generazioni, e tuttora molti scrittori di genere fanno un uso spudoratamente politico delle proprie opere, ben sapendo che è attraverso il mito e la cultura popolare che si possono influenzare giochi di ben più lungo respiro.

E' quindi con un certo stupore che scopro oggi dal solito blog di Sterling, che esiste una lista ufficiale di capolavori della cultura popolare. La cosa bellissima è che attraverso questa lista ho letto titoli di cui non conoscevo l'esistenza. La cosa che un po' mi terrorizza è pensare che si possa catalogare con una parvenza di obiettività quali sono i "veri" capolavori che stendono un ponte tra la nostra fantasia e la cultura popolare.  Allo stesso tempo è bello scoprire che le fonti di elaborazione della fantasia e di una percezione diversa del quotidiano che ci circonda non riescono a diminuire: continuano a crescere, a modificarsi e intrecciarsi, come un gioco infinito. I miti e le leggende, la nostra fantasia collettiva, sono forse uno dei pochi aspetti eterni dell'homo sapiens. 

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You need an I

30 Novembre 2006 3 commenti

 

Tre giorni fa è arrivato a Milano Andres, un videomaker (in realtà fa montaggio e audio, ma non è rilevante questo dettaglio) argentino che ha realizzato insieme all'allampanato dj/regista Raphael il film/documentario I the film, che parla di argentina, indymedia, e movimenti. In realtà questo è quello che c'è scritto nella sintesi per attirare le persone, ma il film, le cui riprese sono state girate nello stesso periodo in cui io ero a Buenos Aires, parla di tutt'altro.

Il tema principale del film secondo Andres/Raphael è il meccanismo reticolare con cui indy ha segnato un passaggio incontrovertibile delle forme di organizzazione politica. Secondo me invece questo è semplicemente uno dei quadri che dipinge il documentario, ma non è per nulla l'aspetto più rilevante.  Su indymedia ho visto produrre molte cose, alcune belle, altre delle ciofeche incredibili. Il film di Andres e Raphael ha il pregio di essere stato costruito con calma in 4 anni, e quindi di avere un punto di vista un filo più distaccato e meno agiografico di altri lavori che ho visto. Mi piace il modo in cui segnala le cose belle, e in cui non nasconde le cose che non sono riuscite o che potenzialmente non riusciranno. Un progetto è fatto dei suoi orizzonti e anche dei suoi limiti.

Ho rivisto moltissime persone che conosco nelle immagini, e mi sono ricordato delle scommesse che facevano i pibe di Lanus su quanto tempo ci avrei messo a tornare per una seconda visita. Io avrei scommesso sui due anni, ma intanto ne sono passati 4, e ancora non vedo alla distanza i soldi o l'occasione per tornare in un posto che per me è come una seconda casa. Ho riascoltato persone incredibili, che senza nascondersi hanno sempre cercato di dare il meglio di cui erano capaci per un sogno, quello di essere la voce dei senza voce. 

Il testo di Sebastian che ascoltate alla fine è un documento che si mandò alle liste internazionali di indymedia, al tempo in cui c'era una fronda italo-greco-latinoamericana contro i nordamericani che volevano prendere un finanziamento da Ford per non si sapeva bene quale fantomatica necessità economica. Il testo di Sebastian, che è il fondatore di indymedia argentina e uno dei migliori giornalisti e scrittori che io conosca, è uno dei testi più belli scritti su una delle due componenti fondamentali del sogno che c'era dietro il progetto di indymedia: essere uno strumento per amplificare la voce di chiunque combatta lo stato di cose presenti. Per un testo che inizi a rivelare anche l'altro pezzo del sogno potete provare a incrociare in un ibrido medio raro il film di Andres e Raphael e il mio post su indy di qualche giorno fa'.

Nel frattempo l'attuale collettivo di indymedia è andato avanti con il progetto che avevano delineato dieci giorni fa': una chiusura temporanea in attesa di spostare il sito altrove e di ridefinirne le funzioni (più che altro tecnicamente). Sulle liste si sono improvvisamente accorti che esiste un aspetto tecnico di manutenzione e finanziamento che non pensavano esistesse, e contemporaneamente si sono accorti di quanto l'attuale uso e abuso di indymedia sia lontano dal sogno che avevamo quando abbiamo cominciato. Il punto però non è una critica nostalgica di quello che mi sarebbe piaciuto, ma una visione un po' sarcastica del ritardo con cui si notano le dinamiche rispetto ai progetti che ci circondano. La sensazione che mi rimane addosso è che nessuno abbia un idea chiara di cosa vuole, e che anche la chiusura per quasi tutti sia più un atto di assoluzione indotta (se si lamenta qualcuno si riapre e si scarica la responsabilità di una scelta su chi si è lamentato; se non si lamenta nessuno allora ecco non valeva la pena continuare), facendomi pensare lontana la capacità di scegliere che è l'atto politico per eccellenza. Senza prendersi responsabilità non esiste dimensione né politica né progettuale.

Forse un giorno qualcuno andrà avanti con il lavoro che avevo iniziato a fare tre anni fa di raccolta e sistematizzazione di una storia delle liste, delle feature e del newswire, che rendesse merito di come il progetto di indymedia si andava evolvendo nelle sue dimensioni organizzative, ma anche nell'uso che se ne faceva o che non se ne faceva. Indymedia come bacheca non è un dramma, ma solo la rappresentazione della soggettività che la sta usando in questo momento. Certo se oltre a essere una mera bacheca, è pure una bacheca che funziona male, allora non ci siamo. Ma sistemare una bacheca rotta ha più senso che chiuderla per riflettere su come farla diventare una farfalla, senza la minima nozione di biologia.

 

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Allenamento per i quarti

30 Novembre 2006 1 commento

 

Una breve: sessione di allenamento in campo per i ragazzi: io ho visto solo il primo tempo, ma è bastato a capire perché la Coppa Italia (ora Tim Cup) diventa interessante dalle semifinali in poi. Che noia, che barba! 

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Sintesi in sciopero

26 Novembre 2006 1 commento

La sintesi della partita è in sciopero per protesta nei confronti del mio socio che mi ha fatto penare la partita più importante del girone di andata in compagnia di due rossoneri che non hanno smesso un secondo di parlare e di menarla sull'onda della loro delusione per il pericolo serie B. Per chi apprezza, comunque, abbiamo dominato la partita, ma, essendo l'Inter, abbiamo rischiato di pareggiare da dementi negli ultimi 5 minuti. Niente di diverso da quello a cui la beneamata di ha sempre abituato, solo che quest'anno il rischio non si è ancora tramutato in realtà. Speriamo di vedere il tramonto 🙂 [se siamo riusciti addirittura a rivedere Adriano come un calciatore anziché come una lavatrice, forse vuol proprio dire che c'è qualcosa di diverso quest'anno]

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