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La Lega dei Citroni: no look!

25 Novembre 2009 1 commento

 

Ci risiamo, pensa Mourlino, la Lega dei Citroni, che palle, non posso cavare sangue dalle rape. Ma non può dirlo. Si gira verso la compagine nerazzurra e arringa: "Queste sono le sere in cui gli araldi danno fiato alle trombe, in cui tutto sembra ruotare intorno a noi e solo a noi, in cui uno stadio enorme gremito e interi paesi guardano solo noi; queste sono le sere in cui il cervello ti urla don’t look, non guardare, concentrati, gioca, segna, vinci; queste sono le sere in cui non conta nient’altro!". Tutti rimangono impressionati, pure noi che da casa non l’abbiamo sentita, ci sentiamo già trascinati nella giusta atmosfera: peccato che l’Olandesina non sia manco in panca, ma la formazione è quella che schiereremmo tutti, e forse per una volta ci crediamo. Ecco, sì, ci crediamo tutti.
Mentre i giocatori calcano il prato verde del Camp Nou un nanetto malefico si avvicina a ognuno dei nostri centrocampisti. Se avessimo potuto zoomare sulla situazione avremmo visto una cosa molto strana: lo gnomo catalano pallido ed emaciato sta distribuendo una specie di foto ai nerazzurri, poi li fissa negli occhi e le sue cornee si trasformano in opalescenti spirali di luce. Se avessimo potuto puntare un microfono avremmo sentito le seguenti frasi: "La vedi questa? Ecco è l’unica palla che vedrai durante tutta la partita, don’t look around, non guardarti intorno tanto non ne vedrai altre; perché tu sei un cinghiale, ripeti con me, tu sei un cinghiale". E uno dopo l’altro il Pelato, la Statua di Sale, il Capitano e financo il Drago hanno ripetuto con lui: "No Look, Io Sono un Cinghiale", infilandosi la foto sotto la maglietta rimirandola di tanto in tanto come un tanto agognato miraggio. La cavalcata impetuosa che tutti presagivamo nel nostro destino nerazzurro collettivo è finita lì.
Per novanta minuti l’unico No Look che abbiamo visto non è stato un passaggio di uno dei nostri eroi, né degli avversari azulgrana, ma solo quello di noi spettatori impegnati a non guardare lo scempio che ci si parava davanti. Ma se sui centrocampisti è pesata l’ipnosi del malefico folletto, sul Colosso diventato uno gnomo piccino piccò, sul Muro trasformato in una tenera tela di ragno bucherellata, su Crystal tornato il buco con il difensore intorno, non pesa nient’altro che il quintale di cacca che si sono ritrovati nelle mutande (forse contagiati da un virus di cui i mediocampisti sono storicamente portatori, così come confermato dall’odierna prestazione).
Di undici indomiti cavalieri gli spettatori riescono a vederne solo quattro accompagnati da sette spettri. Il Leone si salva ma dopo gli errori in fase di conclusione se fossimo il Presidente gli decurteremmo istantaneamente lo stipendio, nonostante la tanta corsa e la tanta qualità messa in campo a differenza dei fantasmi con cui si è trovato a calcare il rettangolo verde. Il Principe esibisce tanta generosità, ma difficile che questo basti nel calcio. L’Acchiappasogni ha fatto quello che poteva e l’Orco è l’unico a non aver smarrito la sua identità in una nottata orrenda. Nonostante tutto ciò per la quinta volta in cinque partite nella Lega dei Citroni al decimo minuto siamo sotto di un gol, un dato statistico imbarazzante e senza appello; e al venticinquesimo di due. Poi tutti decidono che basta così. Non ci sono cambi che tengano e l’ingresso della Trivella Fotonica all’ottantesimo è una specie di bandiera bianca come la nostra maglia da trasferta issata di fronte ai Campioni d’Europa e futuri Campioni del Mondo.
La sconfitta brucia, ma brucia molto di più l’inguardabilità della nostra squadra, la pavidità di giocatori che fanno i gradassi solo dentro le mura di casa sciogliendosi in una marea di maleodorante liquame semisolido quando sentono le trombe degli alfieri citroniani. Nessuno pretendeva di sbancare il Camp Nou, ma di giocare la partita senza timori reverenziali e sullo stesso piano degli avversari blasonati questo sì. Invece sia noi tifosi che qualcun altro si dovrà rendere conto che il problema non è l’allenatore. Ora, come ogni interista sa, ci attendono tre gare durissime, l’ultima delle quali sono pronto a scommettere sarà in bilico sul filo del rasoio fino all’ultimo secondo dell’ultimo minuto di recupero in uno stadio mezzo vuoto dopo l’ennesima figura di merda nel salotto buono del mondo calcistico. Don’t Look, non guardare, è una vergogna. E l’onta la paghiamo anche noi. Bastardi.
 

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Inter in Wonderland: Mork e Mindy

23 Novembre 2009 Commenti chiusi

 

I ragazzi di Mourlino reduci dalla soporifera pausa per le nazionali avendo perso per strada il Bambino d’Oro e solo precauzionalmente l’Olandesina Volante, si affacciano su un campo della serie di Oz per ricominciare a correre. Sbarcano dall’astronave con il nostro Mago nerazzurro che chiama a gran voce: "Qui Mork chiama Oz, rispondi Oz". I mindyiani rossoblu, poveri terrestri, osservano con stupore e si adeguano al loro ruolo. Checché voi ne diciate, Mindy era carina e intelligente e piaceva a tutti, ma il protagonista indiscusso della serie è sempre stato Mork: questo è il riassunto del match, Mork è ed era nerazzurro.
Mourlino schiera la formazione aliena titolare, e i terrestri cercano di rispondere senza mostrare timori, ma il match è a senso unico: il bombardamento è incessante e dopo le schermaglie di un paio di decine di minuti il Principe scarica in rete un bolide senza esitare. Si presagisce la goleada, ma il Panterone ex gobbo che ci purga ogni volta appare in area e con un incantesimo salvato nel medaglione regalatogli da un suo nonno sudamericano riesce a far scomparire la palla e trasferirla direttamente nel sette. Tutto nel giro di trenta secondi dal gol del vantaggio. Gli alieni per un attimo paiono sbigottiti.
Si ripigliano subito, prendono la palla e non la restituiscono più agli avversari. Sul finire del primo tempo Supermario dopo il solito giallo guadagnato a caso, mette nel sacco il secondo gol nerazzurro.
Nell’intervallo Mourlino capisce che non si può giocare 10 contro 11 e spomparsi prima della gara del Camp Nou e sostituisce Supermario con il Leone. I difensori del Bologna iniziano a vedere le streghe aliene di Oz. Prima prendiamo due pali e la palla incredibilmente esce sotto gli occhi attoniti del Pelato. Poi il Principe da un metro spara un missile terra aria sulla traversa. Poi il Drago quasi uccide il povero Viviano con un altro proiettile e un difensore fa del suo corpo scudo alla discesa tipo slalom gigante del Colosso. Alla fine i mindyiani capiscono l’antifona e accettano di prendere un altra pera facendo fare un figurone sia al Principe per l’assist che appoggia al Pelato per la tega di sinistro al volo.
Partita finita. Al Colosso però come al solito risale la grappa nel momento sbagliato e si esibisce in un doppio insulto al guardalinee al minuto 46 del secondo tempo. Non chiamandosi né Totti né Camoranesi viene giustamente espulso e rischia di prendere due giornate di squalifica che gli costeranno la partita con i gobbi. Fin d’ora dichiaro che Mourlino è talmente pazzo da far esordire con la Viola Donati, e io lo stimerei, ma mi cagherei addosso. Il match ci dice solo che siamo in forma tutto sommato e che siamo concentrati verso martedì. Meno male, ma speriamo che non salga anche ad altri la grappa nel momento peggiore. 

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Buone nuove

19 Novembre 2009 1 commento

 

Ogni giorno si potrebbe scrivere di quintali di nefandezze che il Paese che Non c’è ci propina. Si potrebbero riempire diari di quanto ci stiamo assuefando a un mondo orribile che ci circonda, a persone schifose e prive di dignità e di rispetto degli altri, di quanto i luoghi e i tempi in cui viviamo scendano nel maelstrom dell’orrore: dal Bianco Natale a caccia di immigrati irregolari su cui apporre una bella stella gialla (o magari nera, per restare in tema) a Coccaglio, passando per la morte di Stefano Cucchi e di decine di altri, fino ad arrivare a scempi quotidiani. Ma la testa si stanca ancora prima di cominciare ad affrontare questa marea nera e appiccicosa, il fronte del maremoto di uno Zeit Geist lontano migliaia di chilometri e di eoni da ciò che io penso sia l’umanità. Allora scegliamo una notizia piccola, ma che ci ricorda che prima o poi la biologia ci salverà: con una catastrofe, una pandemia o anche semplicemente con il decorso naturale della breve vita umana. Prima o poi anche il peggiore dei nostri nemici dovrà lasciare questa valle di  lacrime e fuor di falsi e ipocriti moralismi noi dovremmo sempre brindare. Addio Caradonna, non ci mancherai!

PS: per l’autore dell’articolo. Il soggetto non era una macchietta, ma un ex picchiatore tra i più violenti. Carta canta. E pure un processo che ecn.org ha vinto per non cancellare dal web la memoria di quanto quest’oscuro figuro ha fatto nella sua fin troppo lunga vita. 

Inter in Wonderland: m&ms, mestizia, misericordia e microrganismi

9 Novembre 2009 2 commenti

 

I Burini Imperiali si presentano al cospetto dei Signori della Guerra nerazzurri. Asce di guerra? Catapulte? Tempeste di frecce dalle piume nere e blu? Niente di tutto ciò. I problemi del match sembrano essere ben più moderni: un rebus epidemiologico per alcuni, una mesta questua per altri. In entrambi i casi uno spettacolo indignitoso.

Che ci fosse qualcosa di strano nell’aria lo si capisce praticamente da subito. Mourlino dispone di tutti i suoi uomini, fatto più unico che raro, ma decide di schierare una formazione con una disposizione tattica che il Professore Scoglio avrebbe giustamente definito ad minchiam: la Statua di Sale interno sinistro, Calimero interno destro, il Leone d’Africa a spazzare la linea del fallo laterale e sua lentezza Barbalbero a dettare i tempi dalla cabina di regia. Praticamente un sonnifero non convenzionale liberato su tutto il fronte. I più attenti tifosi capiscono subito che ci deve essere qualche problema e si dividono istantaneamente in due fazioni: quelli che attribuiscono il tutto a labirintite e quelli che propendono per la meningite. Una sparuta minoranza sostiene la presenza di entrambe le patologie, altro che H1N1 e panico mediatico.

In effetti Mourlino deve avere entrambe perché oltre alle difficoltà tattiche non si accorge che in campo ci sono dodici giallorossi, anche se uno per errore è stato dotato di fischietto: combinati come sono i Burini Imperiali possono pure giocare in 15, ma difficilmente dovrebbero poter avere ragione degli eroi nerazzurri. Purtroppo però quest’ultimi sono decisamente debilitati: la Statua di Sale non riesce a capire neanche da che parte è la metà campo avversaria, mentre Calimero ha una sua versione molto personale del virus, concentrata nei piedi.

Il dramma si tocca al 13esimo quando il malefico virus si manifesta anche nell’Acchiappasogni, che improvvisamente vede le dimensioni della sua porta oscillare e prende un gol che neanche Dida nei suoi peggiori momenti di obnubilazione. Il Mago non si è accorto dei suoi problemi microbiologici dato che deve aver trasmesso l’agente patogeno un po’ a tutti in ritiro: il Leone non riesce a fare un passaggio che sia uno, tutto il centrocampo gira a vuoto come se avesse davanti l’Ajax di Cruijff, in difesa il Colosso ciondola disperato come un alcolista anonimo all’ennesima ultima sbronza, mentre il Principe sembra il solo immune ai germi mouliniani, dato che riesce a fare l’unica azione da gol degna di questo nome del primo tempo.

In compenso i Burini Imperiali si rendono protagonisti di una delle scene più tristi e umilianti della storia del calcio italiano: appena un nerazzurro si avvicina, si buttano a terra, implorando ogni forma di pietà e misericordia. Ci provano un po’ tutti, da Pizarro a Perrotta, da Motta a De Rossi, ma i peggiori in assoluto sono i due mangialumache trapiantati nella capitale. Mexes comincia con una lagna che fa spazientire tutto lo stadio: "dai, su, o sapete com’e’, tenemo famija, roselli’ m’ha detto che er vostro presidente nun ce po’ fa anda’ via da milano a mani vuote, dai semo in crisi, i tifosi ce scuoiano, e lasciateci sti tre punti, no? che ve costa?". Il tutto mentre rantola a terra come se fosse stato colpito da un cecchino del terzo anello. Peggio di lui – dato che non ha alcun legame sentimentale a giustificare il melodramma – fa quel piangina di Menez: "e dai, ragazzi, lasciateci fare, vi prego. fate la carità a un povero storpio che ha trovato casa nella ex capitale dell’impero, fatemi fare bella figura, su, siate misericordiosi…" e via così per un’ora e mezza. E poi ci si chiede dove gli italiani abbiano preso il vizio dell’abiura della propria dignità….

Nel secondo tempo l’agente patogeno sembra dare un po’ di tregua a Mourlino che almeno azzecca i cambi. Purtroppo anche i rincalzi sono infetti: l’Olandesina sembra quello con la forma più lieve di labirintite, mentre Supermario ciondola prorompendo a minuti alterni in un mestissimo blues. Gli altri continuano a non dare segni di miglioramento epidemiologico. I Burini continuano a gettarsi in terra e a pregare gli eroi nerazzurri. Il Leone azzecca un tiro sui duecento palloni che tocca e riporta la squadra in parità, e un po’ tutti hanno sul piede prima o poi nel secondo tempo la possibilità di chiudere i conti, ma la labirintite non perdona: tiri sparati fuori da posizioni incredibili, passaggi a due metri sbagliati grossolanamente, e via dicendo.

Dopo altri 45 minuti di imprecazioni e fastidi – in gran parte dovuti al dodicesimo giallorosso a cui non è certo imputabile il pareggio, ma che ha contribuito a rendere la serata ancora più infernale per i poveri spettatori – il match finisce in parità.

Concludiamo così questo secondo tour de force prima dell’ennesima stramaledetta pausa per le nazionali. Gli eroi nerazzurri si sono ripuliti il curriculum religioso facendo la carità ai Burini Imperiali, e quest’ultimi hanno strappato l’ennesimo punto d’oro alla Beneamata a San Siro, beneficienza che non manca mai sull’asse Moratti-Sensi. C’è da sperare che Mourlino trovi la soluzione all’epidemia, dato che al rientro in campo per la Serie di Oz i nostri saranno attesi da una serie di match determinante per l’andamento dell’attuale anno di grazia, in ogni competizione.

A volte capita una partitaccia, ma come dice Mourlino "una grande squadra gioca sempre con la stessa grinta e la stessa voglia di vincere". Forse noi dobbiamo ancora fare un po’ di strada in questa direzione.

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Torterie

8 Novembre 2009 1 commento

 

Ingredienti

  • 1 barattolo di yogurt cremoso (no pezzi di frutta)
  • 3 barattoli di farina
  • 2 barattoli di zucchero
  • 3 uova
  • 1/2 barattolo di olio extra vergine di oliva
  • 1 bustina di lievito
  • scorza di limone q.b.
  • cannella in polvere q.b.

Preparazione

Svuotate il barattolo di yogurt in una terrina e usatelo come misurino. Aggiungete lo zucchero e miscelate bene. Aggiungete poi alternativamente un barattolo di farina e un uovo intero. Alla fine aggiungete tutti gli altri ingredienti e continuate a miscelare fino ad ottenere una crema senza grumi e perfettamente omogenea. Lasciate riposare per mezz’ora l’impasto.

Infornate a 180 gradi possibilmente in un forno con ventilazione adeguata per avere una perfetta cottura in ogni direzione. Se avete deciso di fare una torta, ci vorranno più o meno 30-40 minuti a seconda del forno e di altre sfighe. Se invece avete usato come noi uno stampo per muffin e tortini,  ci vorranno all’incirca 20 minuti. Voilà. — Credits: blanquita 🙂

 

 

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La Lega dei Citroni: muerte a los vampirlas!

5 Novembre 2009 4 commenti

 

La parola d’ordine per Mourlino è: smettere di fare la figura dei citroni. Il mago nerazzurro si affaccia nella terra dei vampirla passando il messaggio chiaro e tondo ai nostri eroi: non fate i pirla, fuori gli occhi della tigre! E in effetti l’Acchiappasogni e compagnia si presentano in campo meglio del solito, se non proprio un maestoso felino, quantomeno non il solito micino cacasotto. Nonostante tutto la partita non decolla, l’Olandesina – alla faccia dello stiramento di primo grado svela il suo hobby di fare la linguaggia ai pinguini – piglia al minuto tre una traversa che ricorda a tutti gli interisti nefaste sfighe passate in cui la palla non entrava mai in porta manco a piangere.
Il match preso con il piglio giusto fa capire subito che tipo di serata è: al ventunesimo, al primo tiro in porta dei vampirla, il loro capo, che ha l’abitudine di purgarci ogni qual volta gli sia possibile dai tempi in cui indossava la divisa della Rappresentativa del Signore della Terra dei Cachi, riesce a imbroccare di culo una traiettoria imparabile. Sembra impossibile, ma ancora una volta siamo sotto. Ancora una volta siamo i Citroni della situazione.
Mourlino è incazzato come una biscia mannara e negli spogliatoi lascia amabilmente un elettrodo collegato alle panche di ferro della cara vecchia terra sovietica dei vampirla. Fuori il Pelato – anche se è il Drago quello che non sembra molto in palla – e Crystal, il buco con il difensore intorno, impresentabile in partite come questa – ancorché e soprattutto se semi infortunato. Lo spirito della biscia mannara passa nei corpi dei nostri eroi nerazzurri. I vampirla continuano a non esistere – d’altronde li ho inventati io – e i nerazzurri schiacciano sull’acceleratore. Il Muro e l’Orco dietro sono una barriera impenetrabile e il Capitano d’Acciaio spostato terzino evita di farmi perdere il senno dall’incazzatura per i suoi maledetti 18 tocchi prima di dare il pallone. Il Colosso è assente ingiustificato: sono queste le partite dove far vedere di che pasta è fatto un giocatore, e stasera il ragazzo ha dimostrato per ora di essere un po’ un frollino. Quando a mediocampo la palla viaggia, magicamente tutti giocano meglio: solo all’Inter da 10 anni se ne sono accorti tutti tranne chi scuce il grano, mannaggia a lui.
Il Principe e il Leone fanno il loro, Supermario appena entrato è un’ira d’iddio, l’Olandesina semina il panico tra le linee. Ma sembra proprio una di quelle sere in cui la palla non entra mai, puoi tirare duecento volte e quella non entra mai: una volta per errori macroscopici di uno degli attaccanti, un’altra per il palo, un’altra per il rimpallo sfigato, ma non entra. In campo e sugli spalti c’è chi sembra rassegnato rabbiosamente alla sfiga e chi decide di abbattere a suon di bestemmie il papà dell’unico palestinese che rimarrà nella storia. Ma il papi è un osso duro e la palla continua a non entrare. Maldida!
Minuto 86: l’Olandesina passa a fil di spada la palla, il Principe la stoppa, si gira e la svirgola nel punto balisticamente più improbabile, beffando la sorte, il padre eterno e pure il portiere dei vampirla. Pareggio e delirio in sala.
Minuto 89: botta da fuori del Leone, il portiere dei vampirla fulminato sulla via di Kiev devia, il Principe la rincorre, tira da posizione impossibile, il maledetto la prende di nuovo, non trattiene, arriva l’Olandesina e con la punta del piede la sbatte nel sacco. Tripudio e disonore sulla signora sfiga. Mortacci sua. Bollettino nella Terra dei Cachi: almeno 200 morti tra i pensionati – si sa che siamo filantropi e vogliamo aiutare la Cassa Straordinaria per i Disoccupati con i risparmi dell’INPS – e svariati infarti. Io mi sono strappato un pettorale a furia di agitare i pugni e stringere spalle.
Si gode, ma se dobbiamo vincere sempre così i nerazzurri devono pensare a un forte ricambio generazionale tra i tifosi, perché di over 35 ne rimarranno molto pochi. Alla fine conta solo una cosa: morte ai vampirla e a loro leader, questa volta il suo gol non è servito a un cazzo.
 

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Inter in Wonderland: Meditazione e Trance nel Vuoto Pneumatico

2 Novembre 2009 Commenti chiusi

 

Mourlino sa di avere una sola missione: risparmiare uomini in vista di mercoledì. La strategia Mourliniana è chiara: oggi non si gioca, si fa meditazione tutti insieme, costi quello che costi. Aiuta la concentrazione, pacifica gli spiriti ed evita gli infortuni. Il solito culo nerazzurro lo aiuta: la Statua di Sale si scopre infortunato – chissà come ha fatto senza manco giocare a calcio – l’Olandesina lo è già, Calimero si infortunerà in partita nonostante le pose yoga e Supermario ha ancora la febbre. In due giorni ci vorrà un miracolo per recuperare uomini e quasi quasi sarebbe meglio rimandare la Lega dei Citroni per sperare di rigirarsela diversamente qualche giorno più in là.

In campo gli eroi nerazzurri vengono selezionati a caso, d’altronde seduti a gambe incrociate e braccia conserte si possono schierare anche Bertoldo e Cacasenno. In effetti una mediana di eroi di tutta qualità come Calimero (finché c’è), Barbalbero e Krhipton il Vulcaniano la dice lunga su come Mourlino pensa finirà il match. E il frenetico circo della Serie di Oz ha bisogno di recuperare la dimensione di sé stesso: un bel novanta minuti di nulla sono proprio quello che ci vogliono per concentrarsi in vista degli impegni futuri e per ricordarsi che si vive nel Paese che Non Esiste (altrimenti alcuni eventi della cronaca e della politica risulterebbero incomprensibili nel contesto di un luogo nel Mondo Reale).

Nonostante il vuoto pneumatico, Mourlino si diverte un mondo, come si evince dal suo viso rilassato e per nulla imbronciato (solo gli sprovveduti credono a questa favola delle gite negli ospedali pediatrici, mentre i più cinici sanno che nella cantina di casa il nostro mister nasconde una stanza delle torture agli infanti, ed è la scoperta di questo nefando segreto la verità dietro il suo scontro con gli eroici e onesterrimi giornalisti della rosea). Per far divertire anche il pubblico schiera anche Amantone il Calciatore Ciccione per giocare 10 contro 12 dato che sistematicamente il nostro disprezzabile obeso passa la palla all’avversario, già in superiorità numerica per la sola sua presenza in campo, se non per il fatto di giocare da seduti. Il match scorre lento e soporifero. Nonostante tutto l’imbelle squadra di caciucchi fa un solo tiro in porta – su punzione – in tutta la partita. Due lampi squarciano la noia: dribbling e saetta del Principe; contropiede e puntata in controtempo del Colosso, che dovevano sgranchirsi le gambe dopo 70 minuti accartocciati sulle propria ginocchia. Per i caciucchi basta e avanza. Chissà cosa servirà mercoledì.

Nessuno degli eroi nerazzurri e dei loro sostenitori dorma sonni tranquilli. Perché bisognerà sudare sangue. Nella terra dei vampirla (quella dei vampiri è la Transilvania, per chi non avesse studiato).
 

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Inter in Wonderland: psichiatria unica via

30 Ottobre 2009 Commenti chiusi

 

La Terra dei Cachi e la Serie di Oz sono luoghi dell’impossibile e dell’improbabile, spazi in cui storie tramandate di generazione in generazione possono vivere una nuova, diversa e incredibile vita. Mourlino lo sa e intende perfettamente lo spirito guascone di Halloween, decidendo per l’occasione di vestire i panni di Dick Dastardly. I nostri eroi per una notte saranno tutti simulacri di Mutley e insieme cercheranno di riscrivere una versione di Stop the Pigeon in cui a vincere siano finalmente i cattivi, e non i dannati piccioni picciotti dalle piume rosanero guidati da un vecchio eroe nerazzurro che lo stadio incita e saluta più della squadra stessa. Chi ha più di vent’anni si è certamente commosso vedendo Walter calcare ancora una volta il terreno di gioco di San Siro. Lui ci ripaga dando una sola indicazione ai suoi: "giocatevela". Peccato che la sagacia di Mourlino Dastardly abbia preparato un gioco in cui i rosanero sono prede e i nostri eroi cacciatori, senza alcuna intenzione di finire con un "…e vissero tutti felici e contenti."
Il piano funziona perfettamente e in campo si sparge il panico. Ne succedono di tutti i colori: catapulte infernali, aerei carichi di tritolo in picchiata sui piccioni, trappole aeree, fionde, lazos, cannonate alla mia destra, cannonate alla mia sinistra. E poi, mettetevi nei panni dei poveri pigeons: vedere tre Mutley grandi come un Drago, un Leone e un Supereroe dalla pelle scura ghignarvi in faccia sbraitando "medaglia medaglia medaglia" mentre danzano sul pallone manco fossero Nureev è una storia di merda. Proprio una storia di merda. Il cui risultato sono quattro gol tondi tondi e almeno altri quattro divorati. Medaglie per tutti.
Intervallo: relax; Mourlino Dastardly non si avvede che la simbiosi con la mente di Mutley sta per giocare un brutto scherzo ai suoi. Nella fortunata serie a cartoni animati il canovaccio prevede che a un certo punto il cagnaccio ne combini una di troppo, mandando all’aria i piani del suo mentore Dick. Supermario si è calato un po’ troppo nella parte: rientra in campo, finge un attacco febbrile ed esce recando con sé un sacchetto sospetto grondante sangue. Non sono gli scalpi dei piccioni picciotti, ma i cervelli originali dei suoi compagni. Qualcuno giura di aver visto un ghigno satanico illuminargli il viso d’ebano lungo gli scalini degli spogliatoi. Ecco il patatrac che fa chiedere a tutti i tifosi a gran voce l’intervento di una unità di emergenza psichiatrica: in quindici minuti prendiamo tre pere in azioni così demenziali da essere degne di un cartone animato, più che della realtà perquanto non tanto solida, della Serie di Oz.
Improvvisamente Mourlino Dastardly capisce cosa sta succedendo. Scende negli spogliatoi e strappa di mano il sacco a Mutley Balotelli. Al suo rientro le borracce che arrivano ai giocatori in realtà contengono la loro identità e magicamente i nerazzurri tornano a giocare.
E qui arriva il classico colpo di culo Mourliniano: il Colosso, che dimenticandosi del turno infrasettimanale aveva deciso di uscire con gli amici il mercoledì per la sbronza del secolo, sceglie proprio questa fase della partita per avere lo scatto del tossico, l’istante in cui il tasso alcolemico scende sotto il livello di guardia. Infoiato semina il panico sulla fascia, entra in area, scodella il pallone in mezzo e il Principe redivivo la butta nel sacco. Mancano sette minuti più recupero, ma ormai la situazione è sotto controllo. Mourlino ha finlamente dato un senso al titolo del suo serial a cartoni preferito.
Cala la nebbia su Milano e sulla partita: speriamo che raffreddi i cervelli troppo sollecitati e che convinca ulteriormente il Mou a far riposare chi deve riposare. Con il Livorno deve bastare anche la Primavera – tera-sgraaaaaat – sempre che il cervello dei nostri eroi rimanga al suo posto. Halloween finisce la notte del 31 ottobre, chiaro?
 

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Inter in Wonderland: espiritu circensi

25 Ottobre 2009 Commenti chiusi

 

Il Premiato Cementificio Etneo LoMonaco sbarca sul terreno rizollato a strisce di San Siro con le idee chiare e le motivazioni giuste. "Venderemo cara la pelle", dichiara il giovane tecnico emergente Aztori (che a dispetto del nome, è italiano almeno quanto Supermario), e Mourlino ci crede: lascia a casa 4 titolari, schierando un rombo senza arte né parte. I più sagaci osservatori avrebbero potuto notare subito che con l’Orco e Speedy Pizza coppia di difesa centrale e la rapidissima copertura di Barbalbero Vieira, la comica sarebbe stata dietro l’angolo, ma nessuno avrebbe immaginato che cosa la partita era sul punto di rivelare.
Minuto 12: Calimero pennella il primo cross dalla tre quarti a spiovere in area, il Leone Nerazzurro cerca di raggiungere il pallone ma lo manca clamorosamente, la sfera rimbalza a terra e Campagnolo – nomen omen in porta per gli operai specializzati in calce – la rincorre goffamente, novello emulo di Ridolini. Il più classico dei gol a voragine inaugura le marcature. Pochi minuti e si capisce che la partita è un enorme omaggio all’arrivo in Italia del più famoso Circo del mondo: il Circo Barnum.
Ci si mettono tutti: Giannoccaro fa due pernacchie (a Balotelli, e qualcuno riferisce di aver anche sentito "gné gné gné di rigori per te no ghe n’è") e tutti i giocatori lo scambiano come il nuovo segnale che la FIFA vuole sperimentare (si veda mie precedenti cronache dalla Terra dei Cachi). Cominciano per un minuto buono a giocare solo a rimbalzi di testa o tiri al volo, in una riedizione del Campionato delle foche monache – che non è la Serie di Oz, vi ricordo. Il pubblico è un po’ basito, ma lentamente entra nello spirito e se la ride rilassato. Ma il primo tempo è una specie di riscaldamento, come confermato anche dal secondo gol dell’Olandesina Volante, finalmente su punizione.
Il secondo tempo è molto più spumeggiante dal punto di vista circense: Capuano capeggia la riscossa etnea con discese d’altri tempi concluse con tiri che non si qualificano neanche come tali, ovviamente colpa del Destino cinico e baro, e qualcuno pare abbia sentito dagli spalti una voce urlare distinta in un momento di silezio "Sei un povero stronzo patetico!" e aver visto il giocatore chinare il capo consapevole dei propri limiti; Speedy Trottolino Ramiro Gonzales Cordoba si contorce a mezz’aria nei recuperi o si lancia a piedi uniti sull’avversario, ostentando misconoscenza delle regole del calcio e della gravità terrestre; l’Orco svariona ogni 5 minuti in preda ai fumi della droga, tanto per tenere alta la tensione; Calimero svirgola e fa partire delle fagiolate inguardabili; il Capitano addirittura partecipa a un contropiede (il colmo della comicità); Mourlino fa riscaldare per 45 minuti Astronautovic per poi far entrare Krhipton il klingoniano sloveno a freddo e guarda beffardo i tifosi mentre Matrix si fionda sul campo come a chiedere "centravanti o non centravanti, questo è il problema…"
Mourlino partecipa anche lui con palleggi e tocchi di prima allo spettacolo, così come tutti i nostri uomini avanzati. L’Acchiappasogni a dieci minuti dalla fine si impietosisce e si dà alla giocoleria, regalando un generoso rigore con la collaborazione dell’arbitro. I presenti allo stadio, che fino a quel momento avevano vissuto la serata come una specie di picnic, si intesiscono, ma è solo la preparazione per il grande colpo di scena finale. Punizione dal limite, il Leone va sulla palla, la scaglia verso l’incrocio e poi con un colpo di genio sposta la porta cinque centimetri a sinistra per lasciar sfilare la palla e uscire dal campo tra gli applausi di chi non ha voluto mortificare l’avversario. Coup de teatre e triplice fischio.
Ogni tanto vincere senza faticare, rilassandosi e sorridendo, è un toccasana per il fegato e i nervi provati dei tifosi della Beneamata. Burp.
 

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Scoop: gobbi e tendenza al crimine

22 Ottobre 2009 1 commento

 

Giuro, se gli juventini non ci fossero bisognerebbe inventarli. Riporto senza commentare oltre questo articolo da adminchiam.

 

Erano ormai giunti ad un punto di rottura e pronti a catalogare lo
studio come inclassificabile, unico caso dopo decenni di studi portati
tutti a termine e con precise indicazioni sociologiche. Finché un
italiano non gli ha dato la soluzione…

Sulle pagine dell’autorevole Sociology Review è stato recentemente
pubblicato(1) un breve saggio che, pur essendo passato inosservato qui
in Italia, possiede risvolti se vogliamo anche un po’ comici, non
fosse che per il quadro assai poco lusinghiero che emerge del nostro
Paese.


Qualche mese fa, un gruppo di ricercatori statunitensi ha completato
uno studio sulle cause della microcriminalità in Italia, commissionato
a quanto pare dal Ministero degli Interni all’Università dell’Iowa per
identificare le cause sociologiche della criminalità non-organizzata
al fine di individuare strumenti alternativi con cui combatterla.

Come spesso accade sulle riviste accademiche, l’articolo presentato è
soltanto un spunto iniziale di studio relativo alle prime impressioni
suscitate dal periodo di osservazione dei firmatari. "I risultati
verranno resi noti tra qualche mese" (2) è infatti la frase di
chiusura dell’articolo che però, seppur a questo stadio embrionale, ha
fornito all’equipe della Iowa University of Des Moines spunti
sufficientemente interessanti per iniziare a interessare l’intera
comunità scientifica d’oltreoceano.

Non trapelano molte notizie sul campione statistico preso in esame, ma
nella parte introduttiva si accenna a "migliaia di volontari
sottoposti al test" (3) cosa che dovrebbe rendere lo studio quantomeno
attendibile.

Per certi versi, come anticipavo all’inizio, i risultati sono stati
imbarazzanti e, non fosse per l’impianto assolutamente rigoroso
dell’indagine e per l’autorevolezza della rivista che ne ha pubblicato
i primi stralci, potrebbe facilmente non essere preso sul serio. A
stupirsene sono gli stessi firmatari della pubblicazione, ammettendo
candidamente "Before the final, surprising proof, we didn’t think
anything like that could ever be taken in serious consideration" (4).

Se la realizzazione del micro-crimine rimane a livelli di normalità
col resto d’Europa — pur mantenendosi leggermente superiore ad altri
paesi quali Francia, Grecia e Spagna — a preoccupare è quella che gli
stessi autori definiscono "tendenza al crimine". (5) Un numero
impressionante di intervistati (poco più del 79%), ha infatti
confessato che, avendo l’assicurazione di non essere scoperto o, in
alternativa, avendo garanzie anche minime di incorrere in condanne più
o meno lievi, "avrebbe volentieri commesso un crimine". (6) In molti
casi, "un crimine qualunque" (7) "per il semplice gusto di farlo" (8).
Gli stessi (soggetti anonimi, come precisato nell’identificazione
della procedura adottata nel paragrafo di preambolo), hanno ammesso di
"sentirsi impunibili o quasi". (9)

E’ proprio qui, come ammettono i ricercatori, che la loro indagine si
è trovata "a un punto morto" (10). Il motivo è presto spiegato: "Non
esisteva un solo comun denominatore che potesse determinare la causa
di un simile atteggiamento perché i soggetti intervistati non
possedevano radici comuni di alcun genere: non la categoria sociale,
non l’estrazione culturale, non l’educazione né il censo… niente che
potesse ricondurre quei sorprendenti risultanti a un unico ceppo
individuabile che fosse poi possibile sottoporre ad analisi
ulteriore". (11)

Da notare che il team coinvolto nell’indagine è tutt’altro che poco
preparato: Johnson, Reynard, Berkovitz (i primi tre firmatari) sono da
decenni consulenti dell’Unione Europea e della Casa Bianca, e i
ricercatori co-firmatari dell’articolo (McKenzie, Hutchinson, Smith,
Rice e Stratton) hanno all’attivo diverse pubblicazioni su riviste di
settore, spaziando dall’analisi statistica (è il caso di Smith) alla
matematica (Rice) per finire con la sociologia antropologica
(Stratton, Hutchinson).

Come ammesso candidamente in sede di pubblicazione, "la soluzione
all’enigma non arrivava".(12)

"Eravamo sul punto di abbandonare lo studio", ci ha confessato Ezekiel
Reynard quando l’abbiamo contattato via mail, "finché un cameriere,
durante la cena della sera prima della partenza, si è lasciato
scappare una battuta apparentemente innocua che inizialmente non
abbiamo nemmeno compreso". Si tratta di una battuta, però, a cui noi
italiani siamo abituati. Per farla breve, nel sentirli discutere di
tante persone così diverse tra loro unite solo dal desiderio e
dall’inclinazione a commettere un reato — uno qualunque purché fosse
reato — il cameriere ("che per nostra fortuna, lavorando in una
rinomata località turistica, conosceva perfettamente l’inglese",
aggiunge Reinhard direttamente nell’articolo) (13) ha esclamato
ridendo: "Saranno certamente dei gobbi". (In originale nell’articolo
la parola adoperata è l’arcaico "Hunchbacks") (14)

La storia sembrerebbe finita lì, con una battuta.

"Quando vidi Paul [Johnson, NdT] alzare le sopracciglia in quel modo
capii che aveva subodorato qualcosa" ci confessa via mail Phil
Mckenzie, il più giovane dei sociologi, al primo impegno di questa
portata ma già in ambiente accademico considerato un precoce genio.
"Ci siamo ammutoliti tutti perché Paul quando fa così trova sempre la
soluzione al problema. E infatti la soluzione è arrivata".

L’articolo della Sociology Review prosegue così: "Paul chiese che
qualcuno gli traducesse il termine ‘gobbo’, ma la traduzione non ci
fornì ulteriori segnali. Nessuno degli intervistati, infatti, aveva
caratteristiche fisiche che potessero portare alla mente problemi alla
spina dorsale (15) […] "Mentre tutti noi avevamo già derubricato la
questione a puro folklore italiano" prosegue McKenzie nelle note a
margine dell’articolo,(16) "Paul non volle fermarsi e richiamò il
cameriere. Il ragazzo all’inizio sembrava spaventato… gli abbiamo
spiegato il problema e ha cominciato a ridere come se avesse visto il
miglior film comico della sua vita."(17)

Dopo essersi calmato, il giovane cameriere (18) spiega a McKenzie e a
Paul Johnson che, in Italia, il termine "gobbo" (19) è riferito ai
tifosi della Juventus. "Sono pronto a scommetterci la mancia che mi
lascerete" conclude il cameriere.

Nei giorni seguenti, rimandato il viaggio di ritorno, il team "ha
richiamato i soggetti dello studio, tentando di rintracciarli tutti".
Ciò non è stato possibile (20), ma la percentuale di "astenuti in
seconda analisi" (21) è talmente irrisoria da non aver inficiato,
secondo Paul Johnson, i risultati dello studio stesso. Ai richiamati è
stata sottoposta la precisa domanda "Per quale squadra di calcio fai
il tifo?" (22). Domanda che, stando sempre alle Note a Margine firmato
da McKenzie, "aveva riscontrato diverse opposizioni tra gli altri
membri del team, che non la ritenevano sufficientemente seria. Se Paul
e Ezekiel [Reynard, NDR] non avessero fatto valere tutta la loro
autorità accademica, credo avremmo dichiarato conclusa l’indagine con
un insuccesso" (23) chiosa McKenzie.

Il risultato della ripetizione dello studio è stupefacente: soltanto
lo 0,2% dell’iniziale 79% "tendente al crimine" ha dichiarato di
supportare una squadra di calcio diversa dalla Juventus. E, di contro,
soltanto lo 0,28% del restante 21% si è dichiarato "juventino" (24).
Numeri inequivocabili che, oltre allo stupore che possiamo immaginare,
ha portato a un’ulteriore verifica, effettuata questa volta con
"soggetti diversi, selezionati con il preciso scopo di tenere al di
fuori della ricerca i tifosi della Juventus" (25). E il risultato, se
vogliamo, è stato ancora più imbarazzante: il 99,65% del secondo
campione non ha mostrato tendenze alla criminalità. "Tra gli scartati
perché tifosi della Juventus, il rapporto era inverso: il 99,73% era
incline a commettere un reato qualunque." (26)

"E’ innegabile", riferiscono Paul Johnson e Ezekiel Reynard in un
recente articolo integrativo apparso nel supplemento della Sociology
Review (27), "che i risultato siano anomali, ma d’altra parte non era
possibile in alcun modo mettere in discussione la prassi scientifica
consolidata secondo cui lo studio è stato condotto. Lo studio è stato
ripetuto con gruppi di persone meno folti, in cui è stata tentata
un’omogeneizzazione in altri ambiti quali, per esempio, l’estrazione
sociale, il reddito e l’area politica di appartenenza" (28).

E le conclusioni sono sconcertanti. "L’unica cosa che giustifica
questa tendenza in Italia è la squadra di calcio supportata dal
soggetto", ammette (29). "Ci sarebbe da capirne i motivi, e sarà
oggetto di un prossimo studio comprenderne le cause e gli effetti. Non
posso che affermare, dati alla mano, che chi tifa Juventus, in Italia,
è innegabilmente tentato di commettere anche solo un micro-crimine
privo di significato alcuno, purché abbia la seppur minima garanzia di
impunità."(30). Un altro punto che Johnson e Reynard intendono
analizzare è se sia il tifo per la Juventus la causa e la "tendenza al
crimine" l’effetto, o viceversa.

"Per far questo avremo bisogno di ritornare in loco e affrontare uno
studio su scala più vasta", è la conclusione dei due sociologi
dell’Università dello Iowa. (31)

Di sicuro, nell’ambiente accademico, italiano e non solo, l’articolo
pubblicato dalla Sociology Review ha suscitato non poco scalpore.

[Ma.Ric.]

NOTE:
(1) Johnson P., Reynard E., Berkovitz P.; McKenzie F., Hutchinson S.,
Smith A., Rice A. & Stratton, J. – "Micro-criminality in Italian
modern culture, a case study: Introductory Notes" – in "Sociology
Review" vol.VIII issue 7, pagg. 17-34. Des Moines, UIDM Academic
Press, 2009.
(2) Ibid., pag 34.
(3) "The subjects were thousands", Ibid., pag. 24.
(4) "Prima della sorprendente prova definitiva, non avremmo mai
pensato che una cosa del genere potesse essere presa in seria
considerazione", Ibid, pag. 31.
(5) Nel testo originale "proclivity to crime" (art. cit., pag. 18)
(6) "Would gladly commit a crime" (cit.)
(7) "Any crime would do" (cit.)
(8) "For the mere sake of it" (cit.)
(9) "They felt immune to any kind of possible punishment" (art. cit,
pag. 19)
(10) "We were at a dead end" (art. cit, pag. 27)
(11) Ibid.
(12) "We were unable to solve the riddle" (art. cit., pag. 27)
(13) Ibid.
(14) "We were shocked, mistakenly perceiving this as an archaic,
out-of-time form of physical discrimination we didn’t expect" (art.
cit., pag. 28)
(15) E’ interessante notare come, in modo del tutto naturale, gli
autori dell’articolo abbiano inizialmente pensato all’ovvia deformità
fisica suggerita dal significato letterale del termine. [NdT]
(16) McKenzie F, & Stratton, J. – "Complementary Notes to
Micro-criminality in Italian modern culture" – in "Sociology Review",
vol. VIII issue 7, pagg. 35-38. Des Moines, UIDM Academic Press, 2009.
(17) Ibid., pag. 37.
(18) Descritto come "simpatico, affabile, un po’ sbruffone" ("Nice,
funny, kind – if a bit boasting"), Ibid., pag. 36.
(19) Ancora una volta qui viene adoperato l’arcaico "Hunchback" (NdT)
(20) Secondo i dati di McKenzie, tre persone non sono state
rintracciabili e non hanno quindi potuto partecipare alla seconda
sessione dell’analisi statistica. (NdT)
(21) "Second-wave subjects" – Johnson P., Reynard E., Berkovitz P.;
McKenzie F., Hutchinson S., Smith A., Rice A. & Stratton, J. –
"Micro-criminality in Italian modern culture, a case study:
Introductory Notes", art. cit.
(22) "Which soccer team do you support?" – Ibid., pag. 30.
(23) McKenzie F, & Stratton, J. – "Complementary Notes to
Micro-criminality in Italian modern culture", art. cit.
(24) Qui viene adoperato l’ibrido "juventine", chiaramente mutuato
dall’italiano (NdT) – Johnson P., Reynard E., Berkovitz P.; McKenzie
F., Hutchinson S., Smith A., Rice A. & Stratton, J. –
"Micro-criminality in Italian modern culture, a case study:
Introductory Notes", art. cit., pag. 31.
(25) Ibid., pag. 33.
(26) Ibid.
(27) Johnson, P. & Reynard, E. – "Integration to Micro-criminality in
Italian Modern Culture" – in "Sociology Review", vol. VIII appendix C,
pagg. 11-18. Des Moines, UIDM Academic Press, 2009.
(28) Ibid., pag. 14.
(29) Ibid., pag. 16.
(30) Ibid., pag. 17.
(31) Ibid., pag. 18.